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D
Questa sarà una funzione del salario
reale, ciò vuol dire che la domanda
dipende dal salario reale e che tale
dipendenza è governata soltanto da
quella determinata funzione (ci vanno
bene tutte le funzioni che sono
caratterizzate dal fatto che la derivata
della funzione è pari al salario reale,
questo fa sì che la PML sia pari a “w”
e quindi siamo in condizione di
massimo profitto, ovvero al ridursi
del salario reale aumenta la domanda
di lavoro).
In corrispondenza di un salario
reale w quale sarà il numero degli
0
occupati? Dobbiamo conoscere la funzione di produzione perché abbiamo una relazione tra il
prodotto y e gli occupati E che ci dice che la produzione aumenta al crescere degli occupati, ma
l’incremento avviene a tassi decrescenti (PML decrescente).
Quindi la pendenza della tangente in ogni punto della curva è l’incremento di produzione derivante
da un incremento unitario del fattore lavoro lasciando invariato il fattore capitale; in corrispondenza
di ogni livello di occupazione posso determinare il PML. Così in E sarà la pendenza della tangente
0
nel punto in cui E incontra la curva , lo stesso per E e così via. Tuttavia le pendenze vanno a
0 1
diminuire man mano che si incrementa l’occupazione.
L’incremento, cioè la derivata prima della funzione, non è altro che PML. Questa derivata è
maggiore di zero perché ogni incremento dell’occupazione mi dà incremento di produzione, se
faccio la derivata seconda è minore di zero, quindi ogni incremento è più piccolo del precedente.
Ritorniamo al primo grafico, in corrispondenza di E l’impresa max il profitto solo a patto che il
0
w
0 = PML 0 w
1 =PML 1 curva di
salario reale e lo stesso con E (quindi ); abbiamo ottenuto la
1
domanda del lavoro. Lo facciamo per una singola impresa, sommiamo orizzontalmente le imprese
che fanno parti di una singola industria, sommiamo tutte le industrie e otteniamo la curva di
domanda del lavoro dell’economia nel suo complesso (le imprese stanno massimizzando il profitto;
le imprese in corrispondenza di w non domanderanno mai occupazione pari ad E perché possono
0 1
ottenere un profitto maggiore riducendo l’occupazione fino ad E ; in corrispondenza di un salario
0
w non domanderanno mai E perché possono incrementare l’occupazione generando un incremento
1 0
dei costi inferiori a quello dei ricavi).
Da un lato ci sono le imprese che domandano lavoro e dall’altro le famiglie che lo offrono; e in
base a quale logica lo fanno?
curva di offerta di lavoro
La logica che governa la è quella della massimizzazione dell’utilità e di
scelta tra lavoro e tempo libero.
Sappiamo che ci sono due beni dai quali devo ottenere la massima utilità. Dal momento che siamo
marginale decrescente”
in presenza di una “utilità se ho consumato troppo di un bene posso
incrementare l’utilità consumandone di meno e aumentando il consumo dell’altro bene (per il quale
non ho ancora esaurito gli incrementi più alti di utilità). Il discorso si sviluppa tra il paniere di beni
funzione del
che posso comprare lavorando e il tempo libero. Abbiamo un’offerta di lavoro E che è
s
salario reale, tuttavia è una funzione diversa da quella della domanda di lavoro: nella domanda
minore è il salario reale maggiore sarà la domanda, nel caso di offerta di lavoro invece minore è il
salario reale minore sarà l’offerta. All’aumentare del salario reale il tempo libero diventa più
costoso perché rinuncio a più beni; se facciamo l’ipotesi che l’effetto di sostituzione supera l’effetto
reddito (visto che non necessariamente accade che quest’ultimo vada nella stessa direzione del
primo) abbiamo un’offerta di lavoro che è positivamente inclinata.
Possiamo per comodità rappresentarla nel piano OccupazioneProduzione costruendo delle curve di
indifferenza: se aumento l’occupazione e riduco il consumo di tempo libero resto sulla stessa curva
di indifferenza solo a patto che consumo più beni. Dal momento che aumento l’occupazione, più
perdo utilità marginale, devo avere degli incrementi sempre maggiori dei beni che sto consumando.
Ora, la massimizzazione di utilità del soggetto avviene nel punto in cui la sua curva di indifferenza è
tangente ad un’ipotetica linea di bilancio (tracciata dall’origine degli assi che ha un coefficiente
angolare pari al salario reale). Quindi se il salario reale è w l’utilità sarà massimizzata in
0
corrispondenza di E , se il salario diventa w maggiore del precedente, a patto che l’effetto di
0 1
sostituzione superi quello di reddito, l’utilità sarà massimizzata in E . Possiamo ora riportare questo
1
risultato nel piano occupazionesalario reale: quando il salario reale è w l’occupazione è E mentre
0 0
quando è w l’occupazione è E ; abbiamo ottenuto una curva di offerta di lavoro.
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L’equilibrio
Intorno a questi due pilastri si struttura la condizione di equilibrio. Abbiamo la funzione di domanda
di lavoro che ci dice che la domanda di lavoro aumenta al ridursi del salario reale, poi abbiamo la
funzione di offerta di lavoro che, invece, ci dice che l’offerta di lavoro aumenta all’aumentare del
salario reale e poi abbiamo una condizione di equilibrio: il mercato del lavoro è in equilibrio a patto
che domanda e offerta di lavoro sono uguali. Poniamo sullo stesso piano
l’occupazione, il salario, la curva di
domanda e quella di offerta.
dove è l’unico livello del salario reale in
corrispondenza del quale il lavoro che le
famiglie vogliono offrire è esattamente
pari al lavoro che le imprese vogliono
domandare.
Questa coincidenza avviene in
corrispondenza del numero di occupati ;
la quale indica l’occupazione di pieno
impiego (ovvero quella di tutti i
lavoratori che vogliono lavorare a quel
salario, quindi disoccupazione
involontaria vi sarà nel caso in cui vi
sono lavoratori che non trovano salario
pur volendo lavorare a quel salario).
Quindi l’equilibrio di pieno impiego è
quello in cui è assente la
disoccupazione involontaria; il sistema
di flessibilità di w assicura l’ottenimento
di pieno impiego.
Consideriamo un salario reale w (maggiore del salario di equilibrio), in questo punto non abbiamo
1
coincidenza tra domanda e offerta di lavoro (con questo salario la domanda di lavoro delle imprese è
pari a E mentre l’offerta delle famiglie sarà E ). Non vi è equilibrio, quindi vi sarà una parte di
D1 s1
disoccupazione involontaria in quanto una parte dei soggetti che vorrà lavorare non verrà preso in
considerazione dalle imprese, che ad un salario più elevato chiedono meno lavoratori.
La presenza di disoccupazione involontaria porta a ridurre il salario reale; quindi i lavoratori
tenderanno ad offrirsi ad un salario ridotto, le imprese assumeranno di più mentre ci saranno meno
lavoratori disposti a lavorare al salario più basso, così fino a quando non si giunge al punto di
equilibrio.
Considerando un salario reale w (minore del salario di equilibrio), in questo punto la domanda di
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lavoro da parte delle imprese è pari a E mentre l’offerta da parte delle famiglie è E . Siamo in
DII SII
una situazione di squilibrio determinata dal fatto che le famiglie, in corrispondenza di questo
salario, vogliono fornire una minor quantità di lavoro e le imprese vogliono domandare di più. Non
vi è disoccupazione involontaria, siamo in pieno impiego ma le imprese non sono sulla loro curva di
domanda e quindi saranno portate ad offrire un salario maggiore, portando a desiderare meno
lavoro; tuttavia le famiglie saranno portate ad offrire più lavoro (arrivando così all’equilibrio).
pieno impiego.
Abbiamo quindi chiarito la nozione di
Noi sappiamo che y è funzione del numero degli occupati, ma che il numero degli occupati di
equilibrio è ; esiste un unico prodotto di equilibrio ottenuto quando nella funzione di produzione
mettiamo il livello di occupazione in corrispondenza del quale domanda e offerta di lavoro sono
uguali.
Vediamolo graficamente: dove grazie alla condizione di equilibrio è possibile trovare il prodotto di
equilibrio; è il prodotto di pieno impiego e contemporaneamente il livello di produzione effettiva, è
il numero di pieno impiego e contemporaneamente il numero di occupati effettivi (cioè quel numero
in corrispondenza dei quali non vi è disoccupazione involontaria).
Questo schema ha anche una struttura intorno a questo risultato, l’aspetto da considerare è quello
relativo alla domanda:
se guardiamo (prodotto di pieno impiego) come facciamo ad essere certi che tutto questo prodotto
sarà comprato?
Ricordiamo che l’impresa massimizza il profitto non solo quando la PML è uguale a w, ma quando i
prodotti sono tutti venduti.
La certezza deriva dalla condizione di massimo profitto, perché questa ci dice che la PML deve
essere uguale a w, però consideriamo che PML indica di quanto viene incrementata la produzione
incrementando di un’unità il lavoro (mantenendo fisso il capitale), quindi ci dice che la PMC
(produttività marginale del capitale) deve essere uguale al tasso di interesse. Io assumo un nuovo
lavoratore se al margine mi aggiunge un prodotto pari al suo salario reale, introduco un nuovo
macchinario solo se il prodotto addizionale che mi dà è pari almeno al costo e sostengo per prendere
a prestito i fondi per comprarlo.
Quindi il tasso di interesse è uguale a PMC (produttività marginale del capitale); così posso
costruire una curva di domanda di capitale partendo dalla funzione della PMC (decrescente).
Quindi tutto il discorso circa la scheda di domanda di lavoro si può fare anche sulla scheda di
domanda di capitale, dove la variabile chiave è il tasso di interesse. Lo stesso per l’offerta,
riferendolo ad un problema di massimizzazione di utilità che riguarda la scelta tra consumo oggi e
consumo domani (consumo intertemporale, dipendente dal tasso di interesse); posso quindi trovarmi
una curva di offerta di capitale.
curva dell’investimento curva del risparmio.
Queste curve sono la e la Troviamo il massimo
profitto e la massima utilità quando le
due curve sono uguali.
Ecco perché trova sempre una domanda:
perché i redditi che vengono distribuiti
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