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A B
w’ X
(z) B
Produttività A
u’ u* u’’ Tasso di disoccupazione (u)
Se invece la curva di Philips corrisponde al caso BB, si pone un problema di trade off fra inflazione e
disoccupazione: il tasso di disoccupazione frizionale u* , che corrisponde alla piena occupazione, implica
un tasso di inflazione pari a quello precedente, p = w’-Z .
In questo caso, tuttavia , una politica economica che riduca a 0 il tasso di inflazione aumenta il tasso di
disoccupazione al di sopra di quello frizionale u*: l’obiettivo di un tasso di inflazione pari a 0, per w=z ,
implica un tasso di disoccupazione u’’ superiore al tasso di disoccupazione al di sopra del tasso frizionale
u*. Un’inflazione maggiore è il prezzo della piena occupazione oppure la disoccupazione involontaria p il
prezzo dell’inflazione 0. Se si desidera tenere l’economia al livello di piena occupazione u* i salari crescono
in misura superiore alla crescita della produttività , il che implica un tasso di inflazione pari a p = w –z.
Se invece l’obiettivo di politica economica è quello di un tasso di inflazione pari a 0, e quindi w=z ciò implica
un tasso di disoccupazione pari a u’’, maggiore del tasso frizionale u*.
La curva di Phillips in mercati concorrenziali
L'equilibrio del settore reale determina il livello di occupazione, il salario reale e il livello di produzione. La
relazione inversa tra Π e disoccupazione crea un problema di informazione e aspettative dei salari e dei
prezzi. Esistono 2 tipi di problemi informativi:
Riguardo ai lavoratori: prezzi si alzano, salari monetari rimangono invariati, salari reali diminuiscono e
le imprese aumentano la domanda di lavoro. A un tasso di inflazione più elevato corrisponde una
diminuzione della disoccupazione: ciò non rappresenta una situazione di equilibrio. I lavoratori
adeguano le loro aspettative all’inflazione aumentata e chiederanno un aumento dei salari monetari in
modo da aumentare il salario reale, l'occupazione a questo punto scenderà e il tasso di disoccupazione
aumenterà.
Riguardo alle imprese: esse non sono in grado di distinguere tra un aumento generalizzato dei prezzi,
l’inflazione o il cambiamento dei prezzi relativi al loro mercato. Questa interpretazione è anche
chiamata modello delle isole di Lucas: le isole sono mercati e l'economia è un arcipelago di isole con
difficoltà di comunicazione. In concorrenza la curva dell'offerta di un’impresa coincide con il tratto
crescente del costo marginale: se i prezzi aumentano nel mercato, aumenta la produzione dell'impresa
in corrispondenza del prezzo più elevato, se il prezzo aumenta ovunque, la produzione dell'impresa
rimane costante.
In entrambe le interpretazioni la domanda e l'offerta di lavoro dipendono dal salario reale e non da quello
nominale.
Il tasso naturale di disoccupazione è il tasso di disoccupazione che corrisponde all'equilibrio del mercato
del lavoro e quindi alla piena occupazione poiché in corrispondenza a questo tasso la disoccupazione è di
tipo volontario. Il tasso di disoccupazione che si osserva nel mercato è quindi la differenza rispetto a una
offerta potenziale di lavoro, da parte di lavoratori che sono disponibili a lavorare per un salario reale
superiore a quello di equilibrio. Al tasso naturale di disoccupazione corrisponde il livello di produzione
naturale, y* definito come il livello di produzione corrispondente alla piena occupazione, che risulta
dall’equilibrio nel mercato concorrenziale del lavoro.
uN = L – N*/ L = 1 - N*/L dove N* è il livello di occupazione di pieno impego e L è la forza lavoro.
La curva di Phillips si modifica in una curva di Phillips corretta per le aspettative e in forma lineare diventa:
pt = pte + β - αut. Se si ipotizza che il tasso di inflazione attesa pe sia approssimato dal tasso di inflazione
dell’anno precedente, pt-1, si può ottenere: pt – pt-1 = -α (ut – uN); questa formulazione fornisce una
definizione alternativa del tasso di disoccupazione naturale: è infatti possibile stimare quel tasso di
disoccupazione in corrispondenza al quale l’inflazione non aumenta, quindi pt – pt-1 = 0: si chiama tasso di
disoccupazione non inflazionistico (NAIRU), cioè non-accelerating inflation rate of enemployement
La legge di Okun
Stabilisce una relazione tra il tasso di disoccupazione e la crescita economica.
Consideriamo la relazione che lega tasso di variazione della disoccupazione alla variazione dell'occupazione
Ut Ut−1 Nt Nt−1
− − ) − (1 − )
=(1
Lt Lt−1 Lt Lt−1
Se supponiamo che la forza lavoro rimanga costante nei due periodi, cioè , L = L = L
t t-1
ΔU ΔN N ΔU ΔN
= − → è circa −
L N L L N
La seconda relazione deriva dall'ipotesi che il rapporto N/L, la quota di occupazioni N sulla forza di lavoro L, sia
molto elevato e vicino a 1.
Ora utilizziamo la funzione di produzione Y = A x N semplificata usando A = 1 , quindi Y = N
ΔU ΔN ΔU ΔY
è circa − → è circa −
L N L Y
La seconda relazione stabilisce quindi un legame tra il tasso di crescita dell'economia e la variazione del tasso di
disoccupazione, cioè u - u = -g
t t-1 t
Per formulare la legge di Okun è necessario correggere questa espressione per tenere conto dell'aumento di
produttività e della forza di lavoro.
Perché l'occupazione cresca, il tasso di crescita dell'economia, g, deve essere superiore alla crescita della
produttività, z: a ciò aggiungiamo la crescita della forza di lavoro, l, e in particolare della mobilità generazionale.
In concreto, l'evidenza empirica indica che solo una parte, β, di questa differenza si trasforma in diminuzione
della disoccupazione. Con queste considerazioni abbiamo la relazione che definisce la legge di Okun:
u - u = -β (g – (z + l) )
t t-1 t
Il confronto del coefficiente β fra diversi paesi fornisce indicazioni sulla natura dei diversi meccanismi
istituzionali nel mercato del lavoro: un coefficiente elevato fornisce una indicazione di un mercato del lavoro in
cui le imprese licenziano e assumono senza vincoli al variare del ciclo economico, il che implica una maggiore
frammentarietà dei rapporti di lavoro. Viceversa, un coefficiente basso implica che le imprese preferiscono
mantenere l'occupazione stabile anche nei momenti di crisi economica, il che implica rapporti di lavoro di più
lunga durata.
La curva di Beveridge
La curva di Beverige è nota anche come curva-UV (U=disoccupazione, V=posti vacanti), ed è una
rappresentazione grafica del rapporto tra la disoccupazione e il tasso dei posti di lavoro vacanti, dove i posti
vacanti sono sull'asse verticale e la disoccupazione in orizzontale.
Essa è una rappresentazione grafica di una forma
iperbolica e degrada verso il basso quando vi è un
più alto tasso di disoccupazione con un basso tasso
di posti vacanti. Una posizione sulla curva può
indicare lo stato attuale di un'economia nel
corrispondente ciclo economico.
La curva di Beveridge è utile per delineare diversi tipi di disoccupazione :
Se si muove verso l’alto nel corso del tempo, determina un aumento sia dei posti vacanti sia dei
disoccupati, delineando una disoccupazione frizionale.
Se aumentano i posti vacanti c'è un eccesso di domanda, se crescono i disoccupati c'è un eccesso di
offerta. Aumenti di questo tipo delineano una disoccupazione strutturale.
Se il punto di interesse cambia curva, allora si è in una fase di disoccupazione ciclica.
(NB: se voglio diminuire il tasso di disoccupazione devo sportare la curva)
DEMOGRAFIA
Lezione 8 -
Malthus
Nel saggio sulla Popolazione Thomas Malthus (1798, definitivo 1803): l’idea centrale è che le risorse
agricole aumentano in proporzione aritmetica e la popolazione aumenta in proporzione geometrica; Da qui
l’importanza di “freni” preventivi e “freni” successivi che riducono l’eccesso di popolazione.
Egli sostiene che in ogni epoca o stato in cui l'uomo esiste:
L’aumento della popolazione è necessariamente limitato dai mezzi di sussistenza;
La popolazione aumenta sempre con l'aumentare dei mezzi di sussistenza
L’eccesso di popolazione è represso e la popolazione effettiva è in equilibrio con i mezzi di
sussistenza
→ in altre parole esiste una stretta relazione tra l'aumenti della popolazione e i mezzi di sussistenza, la
quale presuppone un'automatica spinta nella procreazione appena la natura lo consente.
Per Malthus quindi non esisteva la scelta razionale sul numero di figli: gli uomini sono guidati da un
incontrollabile istinto di riprodursi. Solo quando una crescita troppo veloce incontra il limite delle risorse
allora si attivano freni naturali come carestie, malattie e guerre.
Il saggio venne pubblicato nel 1798, proprio quando il mondo sta per uscire dalla trappola malthusiana
perché poco prima della rivoluzione industriale: infatti in quel periodo il progresso tecnico realizza grandi
aumenti di produttività e si formano le premesse per la Rivoluzione Industriale; la mortalità infantile
diminuisce come conseguenza di un miglioramento delle condizioni di vita, e si avvia una diffusa transizione
demografica.
Secondo Malthus l’idea era che la maggior disponibilità di alimenti facessero fare più figli, troppi figli
facevano andare in crisi il grano che frenava la crescita della popolazione (malattie, guerre).
Dall’anno 0 fino al 1800 il PIL pro-capite e la popolazione sono rimasti praticamente allineati, non ci sono
stati aumenti/diminuzione, poi, dalla metà del 1800 c’è un aumento vertiginoso, c’è stato un cambio
repentino e radicale nel quale si fugge dalla millenaria trappola malthusiana della stagnazione.
Molto dipende dall’innovazione scientifica e sociale, la loro combinazione è davvero il motore del
cambiamento umano nel tempo.
Marshall
Alfred Marshall osserva che l'età del matrimonio dipende dall'età in cui l'uomo raggiunge la massima
capacità di reddito: poiché questa età cresce all'elevarsi della professione, la classe media tenderà a
sposarsi a un'età più elevata rispetto alla classe operaia.
Il tasso di natalità invece, nota che è più basso tra i benestanti, questo implica una relazione negativa tra
tassi di natalità e il reddito pro-capite.
Keynes
Analizza i problemi della popolazione riprendendo le analisi di Malthus, e individua che una dell