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INTRODUZIONE
Nella prima parte si introducono i concetti e gli attori fondamentali delle democrazie.
Nella seconda parte ripercorriamo le tappe di una importante ricerca sulle democrazie
contemporanee, le premesse teoriche e i risultati empirici e normativi (Seguendo il testo di Lijphart)
Nella terza parte descriviamo in dettaglio il funzionamento dei principali regimi democratici
europei e degli USA.
CHE COS'E LA SCIENZA POLITICA?
In primo luogo occorre dire che differenza tra:
Scienze politiche.
È il nome di una “scuola/istituzione” oppure di un insieme eterogeneo di discipline: storia, diritto,
filosofia e scienze politiche, sociologia, ecc...
Esse hanno come obiettivo di ricerca la politica e le sue varie articolazioni. Poco altro hanno in
comune.
Scienza politica
È una disciplina, un insieme di studi e di approcci metodologici e la collettività che ci gira attorno (i
prof e i ricercatori, ecc...). È un po' lo studio empirico della politica.
Essa è costituita, al suo interno, da varie sottodiscipline:
-relazioni internazionali
-analisi delle politiche pubbliche
-governi locali
-comunicazione politica
La Scienza politica si occupa di “meccanismi di funzionamento dei fenomeni e delle azioni
politiche al fine di individuarne le regolarità e spiegarne gli effetti, sia quelli intenzionali sia
quelli non intenzionali”.
Quindi, ovviamente, ci si interessa di fenomeni politici:
Al fine di individuarne le regolarità: non andiamo a studiare il singolo fenomeno, magari lo
facciamo, ma il fine è di andare a fare delle descrizioni sistematiche, descrizioni più ampie.
In secondo luogo cerchiamo, fin dove possiamo, di individuare effetti causali: es. i sistemi elettorali
che favoriscono alcuni partiti piuttosto di altri, stabilità di governi che favorisce il controllo
dell'inflazione, ecc...
Cerchiamo quindi rapporti causa-effetto. Questo tipo di nessi sono frequenti nella scienza
politica.
Gli effetti intenzionali o non intenzionali ci fanno capire che non sempre i comportamenti o gli
effetti politici sono quelli dichiarati.
Quindi andiamo alla ricerca di una spiegazione realistica di ciò che succede nel mondo politico,
non ciò che ci dicono oppure ciò che dovrebbe succedere.
La Scienza Politica cerca di essere empirica, di trovare una corrispondenza con ciò che realmente
succede.
Naturalmente quando parliamo di comportamenti politici essi vanno intesi sia a livello individuale
(perché i singoli votano tizio piuttosto che macro, per esempio), quindi a livello micro, oppure
anche a livello macro (i partiti, le istituzioni, cosa fanno e come si comportano, ecc...).
Potremmo concretizzare la disciplina in alcune domande tipiche della Scienza Politica. Queste,
naturalmente, sono esempi tra i più semplici ed intuitivi:
I regimi parlamentari sono più stabili dei regimi presidenziali?
La domanda è piuttosto interessante: se scoprissimo che l'uno è più stabile dell'altro, potremmo
influenzare i politologi e gli statisti in quel senso.
Questa è una domanda tipica della Scienza Politica: per esempio il diritto pubblico non si porrebbe
mai questo problema. O neanche la storia contemporanea, che certo potrebbe andare a vedere i vari
periodi di uno stato e quali governi possono essere durati di più, ma non va a cercare regolarità
sistemiche.
Quali sistemi elettorali favoriscono la stabilità dei governi?
La scienza politica va a vedere le differenze tra sistemi elettorali e come esse influenzano le
stabilità, in maniera causale.
I partiti tendono a convergere verso proposte di policy simili tra loro?
Perché alcune categorie di persone partecipano alla vita politica più di altre? Perché alcune
categorie riescono a fare sentire la propria voce più di altre?
Queste domande cercano di individuare regolarità nello spazio e nel tempo, spiegazioni causali.
Certo, a monte c'è la spiegazione di un singolo episodio, ma si cerca di andare al di là delle
peculiarità dei singoli casi.
Le risposte a tali domande devono essere fondate empiricamente.
Questa distinzione pone la Scienza Politica lontana dalla filosofia politica: quest'ultima, infatti, può
prescindere dalla fondazione empirica perché si chiede quale sia il governo ottimo, si occupa del
“dover essere”, di come dovrebbe funzionare la politica.
La Scienza Politica, diversamente, si occupa dell'essere, di come effettivamente funziona la politica.
Ciò è vero in parte anche per il diritto pubblico: esso guarda alla formalità, guarda cosa la
costituzione prevede, guarda la legittimità dei comportamenti rispetto all'ordinamento.
La Scienza Politica, magari, parte dagli ordinamenti e dalle costituzioni ma poi va a vedere come
accadono effettivamente le cose.
Quindi la Scienza Politica riesce a guardare oltre la coerenza o meno con l'ordinamento
giuridico.
Per esempio: la Scienza Politica ultimamente sta indagando se effettivamente in Italia si stia
sviluppando una forma di presidenzialismo, come sostengono alcuni, pur non modificando la
costituzione.
Altro esempio: Che effetto hanno i sistemi elettorali sulla rappresentanza femminile in parlamento?
Dal punto di vista filosofico posso chiedermi si è giusto che le donne abbiano la rappresentanza
paritaria in parlamento: questo è ambito della filosofia politica; è un governo migliore quello che ha
una rappresentanza femminile?
Lo scienziato politico fa, invece, questo ragionamento: se si vuole avere una rappresentanza
femminile paritaria, come si deve fare?
A questa domanda la scienza politica può rispondere.
E, nello specifico, secondo uno studio la risposta è la seguente: i sistemi proporzionali permettono
una maggiore presenza di donne in parlamento.
Quindi:
-i sistemi elettorali hanno un effetto sulla rappresentanza femminile
-e in particolare i sistemi proporzionali garantiscono una maggiore rappresentanza femminile in
parlamento.
Come si ottiene una risposta di questo tipo?
Si cercano informazioni su un largo numero di paesi (in questo esempio relativamente a due
variabili: numero di donne in parlamento e sistema elettorale). Quindi prima faccio una
osservazione empirica.
Poi, stando ai dati che ottengo, provo a trovare una relazione causa-effetto.
CHE COS'E' LA POLITICA?
Capito che la Scienza Politica si occupa di azioni e fenomeni politici, la domanda successiva non
può che essere: cosa sono azioni e comportamenti politici?
Qual'è, nello specifico, l'ambito di studio della Scienza Politica?
Naturalmente l'ambito di studio è la politica.
Ma cos'è la politica?
La risposta a questa domanda assume significati diversi da un'epoca all'altra. Data tutta una serie
di sovrapposizioni di significato, quindi, oggi usiamo questa parola di continuo ma in realtà ne
abbiamo perso completamente il suo nucleo centrale.
Quindi occorre, prima di cominciare, trovare un punto di accordo su come definire la politica.
Il primo autore (non stiamo a vedere gli antichi, da Aristotele) che definisce la politica in termini
moderni è Machiavelli:
La grande innovazione di Machiavelli è di osservare la politica con realismo: il principe si
comporta A, perché se si comporta A ottiene B. Se si comporta C, invece, allora ottiene D, ecc...
In questo senso Machiavelli è un precursore della scienza politica moderna, perché va a vedere
cosa succede nella politica e lo fa a prescindere dalla filosofia, morale o religione.
Seguendo questa linea, e facendo un bel salto in avanti, troviamo Weber: egli in qualche modo
precisa una cosa che Machiavelli ha già detto.
Secondo Weber la politica è ambizione di potere, “aspirazione ad esercitare al potere”.
Di nuovo siamo nell'ambito del realismo: questa aspirazione non ha un aspetto morale, è concreta.
Due parole su cos'è il potere:
Chi esercita il potere è capace di ottenere un certo comportamento dal proprio interlocutore a
prescindere dal fatto che esso voglia o no assumerlo.
Quindi in primo luogo, secondo Weber, abbiamo una dimensione verticale della politica. Intesa
come decisione di un qualcuno che sia in grado di imporla su qualcun'altro.
Certamente la politica ha a che fare con il potere.
Ma possiamo anche superare Weber:
È vero che tutte le relazioni politiche implicano esercizio e gestione del potere. Ma d'altra parte non
è vero che tutte le relazioni di potere siano politiche: il potere è un qualcosa di più ampio, che va
oltre alla politica.
C'è il potere economico (ad esempio le relazioni in una fabbrica tra datore di lavoro e lavoratore,
rapporti tra aziende grandi ed aziende piccole), c'è il potere del prof che può farti studiare un libro
che non vuoi, ecc...
Quindi dobbiamo andare oltre a Max Weber ed analizzare come, concretamente, il potere possa
essere politico.
Qui ci viene in aiuto Giovanni Sartori:
“La politica è la sfera delle decisioni collettivizzate, sovrane, coercitivamente sanzionabili e senza
uscita”.
Di questa definizione abbastanza complessa possiamo scomporre:
Decisioni collettivizzate: decisioni prese da pochi ma che valgono per tutti.
1. Decisioni sovrane: sono decisioni prese in un ambito che non riconosce alcun tipo di ambito
2.
al di sopra di sé stesso.
Tali decisioni non dipendono da altre decisioni/decisori.
Le decisioni prese nella sfera non politica dipendono dalle decisioni prese dalla sfera politica, ma le
decisioni prese nella sfera politica non dipendono da altre.(Per esempio la decisione di una azienda
grande di abbassare i prezzi per eliminare l'azienda piccola non è politica perché lo stato potrebbe
aver deciso un tetto massimo per un bene).
Decisioni coercitivamente sanzionabili: se uno di coloro che deve rispettare la decisione
3.
politica non lo fa viene sanzionato dall'ente che ha preso tale decisione.
L'ente che prende le decisioni politiche ha gli strumenti per sanzionare i comportamenti
difformi.
Decisioni senza uscita: i destinatari delle decisioni politiche sono tutta la collettività. Non ci
4.
sono uscite.
Questa definizione è sicuramente vicina alla definizione che Weber aveva dato di Stato: ciò ci dice
che per Sartori la politica è l'insieme delle decisioni prese nell'ambito dello stato sovrano.
Quindi la politica è definita più che da una relazioni di potere dalla sede in cui tali decisioni
vengono prese.