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LA SACRA RAPPRESENTAZIONE E LA PRODUZIONE MEDICEA
Il genere della sacra rappresentazione si colloca tra gli anni quaranta e cinquanta del XV secolo, con i primi testi databili agli anni
quaranta. Ingegno di Brunelleschi - la sacra rappresentazione
Nel 1434 Firenze subì una svolta politica col ritorno di Cosimo de'
Medici, elemento importante che spiega la nascita e la commistione di
aspetto sacro e politico di questo nuovo genere letterario e teatrale. La
sacra rappresentazione si può definire un "unicum" tra queste due
caratteristiche, per la necessità di trasmettere al pubblico vasto il
messaggio sacro legato ad un programma politico e culturale guidato
dalla politica medicea e dal vescovo Sant'Antonino.
In questi anni si diffusero le cosiddette Compagnie di Fanciulli, o di
Laudesi, sul modello del Duecento e Trecento, che si ritrovavano per
lodare la Vergine ed avevano nel loro piano culturale l'educazione dei
fanciulli nella morale cristiana: papa Eugenio IV nel 1443 emanò una
bolla pontificia che le regolava.
Nel corso del Quattrocento ogni spettacolo sacro era legato ad un luogo
preciso nel quale si ripeteva annualmente la rappresentazione. Il
prototipo d'inizio della scenotecnica è quello del Brunelleschi, ricostruito dai suoi schizzi e dalle descrizioni dettagliate dei
contemporanei che ne descrivevano in varie lettere il meccanismo utilizzato per la festa dell'Annunciazione, uno spettacolo che
attirava spettatori anche da fuori città (esempio ne è la lettera del 1439 di Abramo di Suzdal). Ai personaggi di rilievo che
sostavano a Firenze venivano offerti questi spettacoli sacri anche fuori periodo.
Il genere sacra rappresentazione si rileva da elementi tecnici:
il testo è composto in poesia tramite lo strumento dell'ottava rima, il metro poetico popolare per eccellenza, che indica la
volontà di essere destinato ad uno spettro sociale ampio, poiché nelle Compagnie dei Fanciulli si trovava sia il figlio del
signore benestante sia l'orfanello;
il testo si apre e si chiude sempre con la figura dell'angelo annunziante, che ha funzione di enunciare il prologo e di
chiudere il plot dell'opera;
sul piano delle fonti, si basavano su fonti bibliche e di carattere agiografico, quali ad esempio la Legenda aurea di Jacopo
da Varagine, dalla quale è ripresa anche la Rappresentazione di San Giovanni e Paolo di Lorenzo de' Medici);
sul piano della trasmissione dei testi si parla di un genere piuttosto fortunato, sia come manoscritti che come stampa, che
continuò ad avere successo in ambito letterario nell'ambiente fiorentino anche quando diminuì la fortuna della
rappresentazione scenica.
Nella Firenze di questo periodo in ambiente politico si era affermato il dominio di Cosimo il Vecchio, in quello spirituale quello
del vescovo Sant'Antonino, ed in quello poetico l'arte di Feo Belcari. Il primo scrittore di sacre rappresentazioni fu, appunto, Feo
Belcari; egli nacque nel 1410 e divenne il poeta più importante in ambito religioso perché costituì una rete di rapporti pedagogico-
politici nel legame indissolubile con la famiglia Medici. Belcari era un poeta militante, col richiamo ad una fede profonda, che
determinò la situazione politica fiorentina: l'atteggiamento del poeta fu quello di sacrificare il proprio talento poetico per
santificare la parola di Dio (come sostenevano anche Savonarola e Sant'Antonino). La rappresentazione quando la nostra donna
Vergine Maria fu annunziata dall'angelo Gabriello è il testo di Belcari basato su tutto ciò che era stato preannunciato sulla venuta
di Cristo, una psicomachia sul concetto di uomo che se "muore bene" può tornare ad ambire il paradiso, in virtù
dell'annunciazione come nuovo periodo per l'umanità. L'apertura del sonetto di Belcari è una dedica a Piero di Cosimo de' Medici,
che voleva celebrare la Santissima Annunziata. La devozione del poeta sarà totale nel periodo da Cosimo a Lorenzo, e durante la
vita di quest'ultimo, produrrà anche altri testi. Quest'opera, come molte altre, se non furono commissionate dalla famiglia
fiorentina si trovavano comunque sotto il suo patrocinio.
Nel 1471 a Firenze soggiornò il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza con la moglie, che si diceva si trovassero lì per sciogliere i
voti matrimoniali alla Santissima Annunziata; era il tempo del primo governo del giovane Lorenzo, che doveva dimostrare di
essere in grado di amministrare una città: in loro onore fece allestire ben tre rappresentazioni, accompagnate dalla tragedia
dell'incendio della Chiesa di Santo Spirito (dove si preparavano i fuochi d'artificio).
LUCREZIA TORNABUONI
La festa della Santissima Annunziata il 25 di marzo, corrispondeva al capodanno fiorentino, un momento fondamentale per la
sacra rappresentazione, poiché tra 1436 e 1439 con gli investimenti di Cosimo de' Medici, la celebrazione a San Felice in Piazza
divenne ancora più spettacolare; il 1439 fu un anno importante per Firenze perché ospitò il Concilio che doveva essere tenuto a
Mantova, strappatole da Cosimo il Vecchio: la buona riuscita della celebrazione e del volo dell'angelo era quindi fondamentale.
Questa serie di feste, dalla Santissima Annunziata a San Giovanni, era tutta di carattere politico e rappresentava il momento
migliore per le antiche famiglie fiorentine di mettersi in vista: si trattava di dinastie di vecchio casato, particolarità che sarà
sempre rinfacciata ai Medici per il loro carattere di "nuova aristocrazia". Lorenzo il Magnifico chiamò quindi Brunelleschi per
imporsi maggiormente sulla città.
Trasposto sotto al calendario liturgico si trova quello agricolo, perché queste feste religiose si legavano in larga parte a quelle
pagane, in questo caso nel periodo dell'equinozio di primavera che rappresentava la rinascita della natura; la chiesa porrà sempre
le proprie feste in date simboliche. I festeggiamenti culminano col periodo della festa madre di San Giovanni. Dal 1454 le
celebrazioni si estesero a ben quattro giorni di festa, di fondamentale importanza per la visibilità del Comune.
o Il primo giorno, il 21 giugno, si teneva la "mostra" della città, che veniva ricoperta di drappi di stoffa celesti che
mostravano le bellezze della città e ne nascondevano le brutture: le botteghe dovevano pagare una tassa per partecipare
ed esporre tutti i propri manufatti, escludendo così quelle che non potevano permettersi di dare fulgore a Firenze.
o Il secondo giorno, il 22 giugno, era dedicato agli edifici ed ai carri, con una sfilata nella quale si cantavano laudi e si
portavano il processione una serie di carri addobbati: è il primo anno che viene introdotta questa fase perché le lotte tra le
varie famiglie non facevano che disturbare i canti all'interno degli edifici.
o Il terzo giorno, il 23 giugno, era il giorno della "purificazione", nel quale tutti gli ordini religiosi dovevano sfilare
mandando in parata tutti i loro esponenti; la stessa sera sfilavano poi i gonfaloni, durante l'accensione dei ceri di ogni
antica famiglia in San Felice in Piazza, fino a San Giovanni.
o Il quarto giorno, il 24 giugno, nella mattina del 1454, sfilavano i territori sottomessi che rendevano omaggio a Firenze
(fondamentale fu la presa di Siena); dopo questa si teneva il palio, sostituito poi dal calcio storico.
Nel 1473 Luigi Pulci consigliò a Lorenzo de' Medici di impegnarsi in questa festa laica e religiosa: il suggerimento era stato
recepito in precedenza, perché il 3 giugno si unirono in matrimonio Piero de' Medici e Lucrezia Tornabuoni, dando un'impronta
del tutto medicea alla festa di San Giovanni (visto che i festeggiamento non duravano soltanto un giorno); la seconda mossa fu il
matrimonio tra Lorenzo e Clarice Orsini.
Alla base di tutto questo c'è un sostrato pagano che traspare: la notte tra il 23 e il 24 giugno è lo sposalizio tra gli elementi,
l'unione tra il sole e la luna, tra l'acqua e il fuoco, gli elementi tipici della festa del Battista; il solstizio è il punto massimo del sole,
che ridiscende il 25 dicembre nel solstizio invernale e che determina lo spegnersi di San Giovanni ed il sorgere di Cristo. Il 27
dicembre è la festa di San Giovanni Evangelista, colui al quale Cristo affida la madre prima della sua morte. La festa di San
Giovanni si trasformò in seguito alla Congiura dei Pazzi, ripartendo nel 1488 dopo un fermo di dieci anni, ripristinata poi sotto
l'egemonia medicea. Con Cosimo I si parò non più di lode alla città, ma di celebrazione al governo del signore.
Lucrezia Tornabuoni era figlia dell'antica famiglia fiorentina Tornaquinci, che accettò di entrare in comunione con la nuova
aristocrazia medicea; questo matrimonio fu una saggia mossa politica, per dimostrare che la famiglia dei Medici voleva restare
nell'ambito fiorentino: Lucrezia tuttavia sentirà molto questa differenza anche dal punto di vista culturale. Legata a Belcari, Pulci e
Sant'Antonino sotto il profilo poetico, politico e religioso, sarà lei a gestire l'iter matrimoniale dei figli e a volere lo sposalizio tra
Lorenzo e la famiglia di principi romani Orsini (in comunione col Vaticano e che durante l'esilio sarà loro molto d'aiuto). Con la
Congiura dei Pazzi rimarrà col figlio Lorenzo a Firenze, mentre il resto della famiglia era stato messo al sicuro nel contado.
La Vita di Sancto
Giovanni Baptista è un
poemetto da lei composto
quasi sicuramente dopo la
Congiura dei Pazzi, con
uno stile così semplice che
si pensò subito che non
fosse indirizzato ai figli
(che avevano, come
Lucrezia, un'educazione
molto alta) ma al popolo.
La struttura dei cantari è
quella dell'ottava rima. La
I ottava è un'invocazione
alla trinità, mentre la II,
alla Vergine Maria; segue
una "captatio
benevolentiae", ed il
richiamo ad ogni ottava
della precedente. In ogni
pezzo si ha la presenza di
figure bibliche come
autrici e come figure
responsabili. Lucrezia
segue con fedeltà assoluta
i quattro vangeli come in
una sintesi, eliminando
però gli elementi mitici
della storia di San
Giovanni, attenendosi al
dettame evangelico.
Quello di San Giovanni è
un tema caro alla famiglia
Tornabuoni: Giovanni, fratello di Lucrezia, fece affrescare la Cappella Maggiore di Santa Maria Novella, la Cappella Tornabuoni,
con le storie della vita del Battista ad opera di Ghirlandaio, in una perfetta commistione tra il testo della sorella e l'opera
iconografica. Vi sono rappresentati anche lo stesso Giovanni Tornabuoni con la moglie Francesca Pitti. I momenti fondamentali
del poemetto sono quelli riportati anche negli affreschi.