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CANTO XVII - CERCHIO VII, GIRONE III, VIOLENTI CONTRO DIO: USURAI (pena: accovacciati al riparo da sé)
È un canto cerniera fra l'inferno superiore e quello inferiore, dove sono i peccatori più vili. La consistenza è affidata alla vivezza e novità delle sensazioni fisiche. La prima parte descrive la sozza immagine di froda. Fonti sono classiche e bibliche. Emerge un elemento dominante, quello animalesco. Dante guarda con disprezzo gli usurai quasi tutti fiorentini. La storia riprende con il volo sulle spalle di Gerione (un mostro). Si carica di elementi fantastici e nuovi anche a livello linguistico.
CANTO XVIII - CERCHIO VIII (O MALEBOLGE); BOLGIA I RUFFIANI (pena: SEDUTTORI frustati da diavoli alle spalle) BOLGIA II, LUSINGATORI (pena: immersi nello sterco)
Si entra nel mondo della frode, uso della ragione a danno del prossimo. Ambiente freddo; 10 fossati (o bolge) concentrici. Stile comico o umile. Linguaggio umile. Malebolge, luogo.
più misero dell'Inferno, il luogo della frode contro chi non si fida (ingannatori). Diviso in 3 parti:
- Descriptio loci.
- Punizione dei ruffiani e seduttori, frustati da diavoli alle spalle.
- Presenta la seconda bolgia, dei lusingatori.
Per entrambi i peccati presenta un personaggio contemporaneo e uno preso in prestito dal mito: per i ruffiani Venedico dei Caccianemici e Giasone; per i seduttori Alessio Interminelli e la Taide di Terenzio. I contemporanei sono affrontati e apostrofati con violenza, i personaggi mitici sono visti da lontano. È un nuovo modo di approccio coi dannati: cade la pietà di Dante.
Al termine sono presentati i lusingatori immersi nello sterco (vocaboli vili, suoni gutturali, appesantimento fisico...), colpa: CANTO XIX - MALBOLGE; BOLGIA III, SIMONIACI vendono cose dello spirito; peccatori confitti a testa in giù nella pietra.
È l'unico canto dell'Inferno a forte vocazione politica: il primo
Canto latematica civile si limita alla città, qui si evidenzia il tema politico centrale del poema, cioè l’avarizia che rovina l’umanità. Vi è una forte invettiva di Dante contro il papa simoniaco che lascia allibiti per la profonda conoscenza del Vangelo, lui che era laico: vi era all’epoca una forte libertà di rapporto fra laici ed ecclesiastici andato poi perduto. Tuttavia Dante non scade mai nel volgare, porta sempre rispetto: è l’amore alla Chiesa che gli fanno proferire tali rimproveri.
Svolto in 3 tempi:
- Presenta la bolgia con la pena: la pietra del fondo e delle pareti è forata: dentro sono confitti i simoniaci a testa in giù. E’ simili agli eretici perché la simonia è in qualche modo un’eresia. Il contrappasso è che costoro, col pensiero sempre rivolto ai beni materiali e mai al cielo, ora sono costretti a vivere con la testa rivolta verso la terra. Il fuoco sui piedi
è il fuoco dello Spirito Santo sulle teste degli Apostoli. La pietra è comune per tutti coloro che sono attaccati ai beni materiali (avari, simoniaci e cupidigi): la pietra è infatti ciò da cui sicava l’oro.
Incontro col papa simoniaco Niccolò III: su un registro amaro e sarcastico. Egli profetizza l’arrivo dei papi successori (Bonifacio VIII che ingannò Firenze e farà esiliare Dante) e Clemente V che portò la Chiesa ad Avignone e ingannò Arrigo VII. Dante si appella ai Vangeli e Atti degli Apostoli con fare profetico rivolgendosi a tutti i papi simoniaci. Ricorda il dono (illegittimo) di Costantino.
Chiusura, riprende l’immagine iniziale, Dante e Virgilio risalgono la bolgia fino al ponte successivo. (pena: CANTO XX – MALEBOLGE; BOLGIA IV, INDOVINI corpo travolto, testa rivolta dietro) Dante si intromette parlando al lettore rivelando la tristezza nel vedere le pene infernali. Dante qui piange.
Perché vede distorta l'immagine di quell'uomo che Dio ha destinato alla resurrezione. Virgilio lo rimprovera e gli presenta i peccatori. Virgilio ha qui importanza: è suo l'excursus sulla città di Mantova (dove nacque), fondata dalla maga Manto. Egli vuol togliersi di dosso la fama di mago datagli da una leggenda popolare. Dante fa di tutto per scagionarlo e nel poema è infatti guida; lo fa perché vede il peccato nelle arti di divinazione. La cosa era aggravata dalla considerazione scientifica dell'astrologia, che invece Dante pone come frode, separandola da ciò che è razionalmente perseguito. La divinazione, l'influenza astrale, se fosse esistita, allora avrebbe limitato ciò che Dante ha sempre difeso: il libero arbitrio. Perciò gli indovini sono per Dante così scellerati. Personaggi sono: dell'antichità classica (dà più spazio, antichi indovini dà tuttavia).
Un'aura di grandezza); della modernità (meno spazio, li cita appena). La leggenda di Mantova introduce il concetto di paesaggio: c'è quello dei laghi e pianure (simbolo dell'umanità della vita) e quello paludoso dove si fanno le arti divinatorie (simbolo di umanità di chi si dedica alle magiche frodi). (pena: CANTO XXI - MALEBOLGE; BOLGIA V, BARATTIERI immersi in un pantano di pece vischiosa e bollente, appena escono sono ricacciati da diavoli con uncini).
3 Parti, ognuna delle quali è scandita da una similitudine:
- Descriptio loci (similitudine: arsenale di Venezia dove ribolle la pece per i lavori invernali): qui vi abitano diavoli come erano raffigurati popolarmente. Dante è protagonista, cacciato da Firenze per baratteria: è fra i demoni barattieri che vogliono attuffarlo così come i fiorentini in vita volevano attuffarlo. La confusione della bolgia è simbolicamente la confusione morale e politica.
didellacittà: qui prende di mira Lucca.
2. Virgilio che si confronta coi demoni (similitudine: egli è assalito daidiavoli come un mendicante dai cani)
3. Scena ponte, Dante è pieno di paura (similitudine: assedio diCaprona). E’ la vera scena comica di questa bolgia.
Si può fare il paragone con il canto IX dove Virgilio, anche lì,o affrontò i diavoli della città di Dite. Le differenze sono: lì eradrammatica, qui comica; lì c’è un vero pericolo per Dante, qui èinverosimile. Non sono questi i veri diavoli del male, ma diavolibonari e la loro malizia sarà vinta dalla malizia dell’uomo. Per lagoffezza e stoltaggine dei diavoli essi saranno vinti e i due poetise ne andranno.
Nomina comedìa, opposta volontariamente alla tragedia delo Virgilio.
CANTO XXII – stessa bolgia e peccatori del canto XXI
Narra il viaggio coi demoni. Si svolge tutto sull’argine del fossatoo della pece.
Emerge un uomo pescato dai diavoli. È un Navarrese ignoto: importante è il suo rapporto coi diavoli. Egli sfugge dalle loro mani, ma è Dante che essi vogliono. Subito dopo due diavoli si azzuffano per essersi fatti sfuggire l'ignoto uomo: gli corrono dietro e quasi finiscono nella pece. I due poeti approfittano per fuggire.
Dante ritrae la psicologia dei diavoli: il furbo Cagnazzo, l'iracondo Calcabrina, l'orgoglioso Alichino. Psicologia uguale agli uomini (similarità uomo-diavolo) (pena: CANTO XXIII – MALEBOLGE; BOLGIA VI, IPOCRITI processione lenta e silenziosa, coperti da cappe di piombo, dorati solo all'esterno).
Calatisi nel pendio per sfuggire ai diavoli, si apre questo lento scenario. La maggior parte sono monaci: critica alla casta sacerdotale, o condannata violentemente anche nel Vangelo per questa colpa. Vi sono i giudici di Cristo (Caifa e Anna): essi sono crocifissi in terra con tre pali e su di loro passa la processione.
Forse perché causò la morte di Cristo l'ipocrisia è posta nella bolgia centrale, dove son frantumati tutti i ponti per il terremoto prodotto dalla morte. Vi è un aspetto religioso e politico-civile: la figura degli uomini è o l'abito religioso; l'opera compiuta è provocatrice di discordie e morte per il potere. (pena: CANTO XXIV – MALEBOLGE; BOLGIA VII, LADRI corrono e trasformano in serpenti) Primi 60 versi riprende il canto XXIII: Dante è sgomento per il turbamento di Virgilio che riacquista poi serenità. Stanno salendo faticosamente, Virgilio ammonisce Dante: non si può poltrire, ma bisogna vincere le difficoltà del cammino (similitudine del villano che vedendo la brina la scambia per neve e si dispera perché non può portare il gregge al pascolo. Si riprende vedendo che compare la terra: è simbolo del cammino di Dante che si sconforta e riconforta). Giunti al nuovo ponte comincia laVII Bolgia. È un fitto intrico di serpenti, dove corrono nudi peccatori avvinghiati variamente fra loro. Richiami latini: da Lucano riprende l'intreccio dei corpi di serpente e uomo, da Ovidio la metamorfosi. Contrappasso: da una parte il ladro è serpente; dall'altro comeo tolse agli altri ciò che era loro, ora gli è tolto ciò che è suo, il suo corpo. Dante vede un peccatore, morso da un serpente, incenerirsi o risorgere. Lo si conosce dopo che Virgilio chiede chi sia: Vanni Fucci, dei Neri di Pistoia; nemico politico di Dante, parla del suo furto nel Duomo di Pistoia superbamente. Predice a Dante la disfatta dei guelfi bianchi e la sua sventura. Qui si chiude il canto. Nel successivo Vanni sfiderà Dio con un empio gesto. CANTO XXV - continua bolgia VII del canto sopra. Forte cambio di registro. Rispetto al vario canto XXIV, questo è monotono. Si apre con Vanni che sfida Dio: Dante risponde con un'invettiva.Pistoia.Appare Caco, mostro che presiede questo cerchio.o Si mutano Dante e Virgilio, avvengono due metamorfosi: serpenteo e uomo si mescolano (simbolo perdita aspetto umano di questipeccatori); un’altra uomo e serpente si scambiano la natura.Serpente è nelle Scritture simbolo del male.o I peccatori sono a malapena nominati, sono senza identità: perde lao fisionomia storica.La freddezza descrittiva accompagna il decadere umano: più sio scende più l’uomo perde dignità; la pietà, però, permane finoall’ultima bolgia. (pena:CANTO XXVI – MALEBOLGE; BOLGIA VIII, FRAUDOLENTI girano avvolti nelle fiamme; contrappasso: fiamma è la ragione illuminante dicui fecero cattivo uso).Prime quattro terz