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L’altra spiegazione è prettamente politica, infatti, il regno di Yamato si basa sulla

cultura yayoi e si espande entrando in contatto non solo con territorio di cultura yayoi,

ma anche con popolazioni culturalmente distanti come le popolazioni del nord est,

caratterizzate da una cultura Jomon, di conseguenza l’imposizione dell’agricoltura

come attività principale è un modo per affermare la cultura Yamato su tutto lo stato

Giapponese.

L’altro grande monumento politico dell’VIII secolo sono le capitali imperiali. Anche in

questo caso si sente l’influenza del modello cinese a livello urbanistico e

architettonico. Nella mappa della città di Nara e nelle ricostruzioni a posteriori della

città si nota questa influenza. Il principio di fondo su cui si strutturava la capitale era

quello della geomanzia cinese e del Feng Shui, cioè disporre gli edifici in un

determinato modo per scongiurare gli influssi maligni sulla città. Tutte le vecchie

capitali giapponesi erano strutturate con una divisione della città su due assi centrali,

tutti gli edifici pubblici erano situati lungo un’asse centrale longitudinale secondo

ordine gerarchico, per cui a nord vi erano gli edifici più importanti e poi andando verso

sud vi erano quelli via via meno importanti, questo perché si pensava che da Nord est

venissero le energie maligne, infatti il palazzo imperiale era posto come baluardo della

capitale. La capitale era suddivisa in jo – delle specie di quartieri. La prima capitale

stabile fu basata a Fujiwara, ma fu probabilmente logisticamente sconveniente, di

conseguenza fu spostata a Nara dall’imperatrice Genmae, dove fu costruita da zero la

capitale imperiale, in un sito comodo sia dal punto di vista della conformazione del

territorio, sia dal punto di vista della comunicazione, in quanto era al centro dell’area

di scambi. Si ritiene che all’epoca la capitale fosse di circa 20km2 che poi si andarono

espandendo. Non si badò a spese per la sua costruzione in quanto doveva

rappresentare il potere imperiale. Nara non aveva mura e questo ci fa capire che in

questa fase storica ci fosse una relativa pace, ad eccezione della parte nord est del

territorio. A Nara sono presenti numerosi tempi Buddhisti a dimostrazione del potere

politico esercitato da questa religione, che divenne una vera e propria religione di

stato, infatti veniva celebrate cerimonie pubbliche organizzate dalla famiglia imperiale

che si affiancavano ai rituali shintoisti, che funzionavano anch’essi come strumento di

legittimazione del potere. (A Kyoto si metteranno delle restrizioni alla costruzione di

templi perché essi cominceranno a praticare delle ingerenze sullo stato). I riti

Buddhisti venivano utilizzate per attirare la protezione delle divinità Buddhiste sullo

stato, esso non sostituisce lo Shintoismo, ma è un bislgietto da visita più efficace a

livello internazionale, in quanto abbracciata dai governanti cinesi e da molte degli stati

con i quali il Giappone si rapporta. Questo è il motivo per il quale si diffonde

l’architettura Buddhista a Nara, infatti, vennero costruiti 48 templi e di questi il più

rilevante a livello politico è il Todaiji, il quale era strettamente legato alla corte della

quale rappresentava il nuovo potere centralizzato. Questo templio era legato alla Setta

Kegon, - quella più si associava alla corte Giapponese - introdotta nel 736, che

praticava tutti i riti promossi dalla famiglia imperiale e che per questo divenne la setta

con maggiore influenza politica a Nara. Essi organizzavano la lettura di sutra buddhisti

di modo da allargare la protezione offerta dalle divinità a tutto il novello stato

Giapponese. Si crea uno stretto rapporto tra la famiglia imperiale e la setta Kegon e

questo è dimostrato dal fatto che non solo essa riceveva donazioni per gestire questi

rituali pubblici, ma la stessa famiglia reale fa delle donazioni a questa setta per far in

modo che essi costruiscano dei templi in ciascuna provincia del nuovo stato. Vengono

così costruiti i Kokubunji (= monasteri a gestione maschile) e i kokubuniji (=templi a

gestione femminile) – sistema che ricalca il sistema di templi ufficiali cinesi ed è una

forma di estensione del controllo su tutto il territorio giapponese.

(Non fu un caso che nel Todaiji nel 752 venne performata la Cerimonia di apertura

degli occhi, durante la quale vennero incisi gli occhi dell’enorme statua di bronzo che

rappresentava il Buddha Daigutsu - Grande Buddha - che è una delle figure principali

delle diverse scuole Buddhiste e che rappresenta l’unità dell’universo. La cerimonia

venne celebrato per volere di Shoumu e venne performata alla presenza di dignitari e

monaci mandati da tutti i paesi con i quali il Giappone aveva rapporti. Fu una

cerimonia simbolica in quanto attraverso di essa l’imperatore si presentava come

autorità universale rappresentata dalla divinità.)

Per quanto riguarda le relazioni con il mondo esterno, esse continuano sulla falsa riga

del secolo precedente, infatti, a seguito dell’ingresso tra gli stati tributari cinesi, esso

allarga la sua cerchia di relazioni diplomatiche, infatti iniziarono relazioni con il

Vietnam e il Kohai (Manciuria) oltre quelle con la Corea. La Cina rimane il partner

privilegiato e le ambascerie partite da Naniwa cominciano ad essere molto consistenti

per via del numero di persone che partono ad ognuna delle nove spedizioni partite

durante questo secolo. La ricchezza dei rapporti viene testimoniata, oltre che dalle

fonti scritte, anche da quelle archeologiche, in particolare Shoumu (724-749)

collezionò oggetti portati in dono da ambasciatori da tutte le parti dell’Asia e non solo,

arrivarono anche oggetti di provenienza Persiana, Egiziana e dell’Antica Roma

(monete,etc.), alla sua morte, la moglie donò questi oggetti (9000) al Todaiji che li

pose all’interno dello Shousouin, una specie di magazzino che divenne, in seguito, una

sorta di tesoreria imperiale. Parte di questo processo diplomatico è anche il Buddhismo

che diviene la religione ufficiale di corte affianco allo Shintoismo.

Lezione 5 - 08/10/18

Non è da sottovalutare il ruolo dello Shinto sia a livello politico-istituzionale sia

a livello popolare, in quanto esso, ancora legato all’aristocrazia, è legato alla

vita quotidiana delle popolazioni agricole del Giappone. Il Buddhismo

raggiungerà, invece, una dimensione popolare solo in periodo Kamakura e, in

precedenza, nel periodo Eian, con l’avvicinamento dello Shinto al Buddhismo e

la creazione di forme sincretiche in cui i Kami sono trattati come diverse

incarnazioni di Buddha o viceversa (= Shinbutsushugo). Lo Shinto continua,

inoltre, ad esercitare il suo ruolo di legittimazione della famiglia imperiale e ciò

si realizza soprattutto in due testi ordinati da Tenmu alla fine del VII secolo, il

Kojiki e il Nihonshoki (Nihongi), compilati in concomitanza con il processo di

riforma statale. Sono due testi che nascono con l’intento di raccontare la storia

nazionale Giapponese e spiegare come la famiglia imperiale sia salita al potere

e lo fanno rifacendosi ad una tradizione sia scritta che orale preesistente che

include tutte le storie delle varie famiglia di corte, inclusa la famiglia imperiale,

tutto il patrimonio ideologico dello Shinto e una serie di testi scritti che

rappresentavano le varie storie famigliari stilate nel momento in cui si era

diffusa la scrittura cinese. Soprattutto il Kojiki, verrà ripreso in periodo

Tokugawa come esempio di cultura autoctona non influenzata dalla cultura

Cinese, perché va a mettere in evidenza un passato ed una tradizione

antecedente l’introduzione della scrittura cinese. (Non sono però assenti le

influenze Cinesi, soprattutto i riferimenti alla pratica Confuciana di buon

governo e all’ideale di buon sovrano, ma sono opere nelle quali ha maggior

peso il patrimonio ideologico Shintoista).

Queste due opere sono state scritte in maniera diversificata e sono rivolte a

due pubblici differenti:

- Il Kojiki è un opera in tre volumi scritta in sinogiapponese, questo perchè il

compilatore Ono Yasumaro si pose il problema di voler scrivere in Giapponese,

così utilizzò i caratteri giapponesi tal volta per il loro valore semantico e altre

per il loro suono, cioè usò un metodo di scrittura vicino al moderno

Kanjikanamajiri (Kanji+Hiragana+Katakana) – vista la complessità di questo

testo, in periodo Eian esso fu ripreso e furono create delle glosse per facilitarne

la lettura. Questo perché il Kojiki è pensato per essere letto in Giappone.

-Il Nihonshoki è un’opera in tre volumi scrittà, però, in Cinese classico, perché

rappresentava una specie di biglietto da visita della Corte Giapponese da

presentare ai paesi con i quali ha rapporti diplomatici, soprattutto la Cina. Dal

punto di vista della struttura, esso ricorda una storiografia Cinese, a differenza

del Kojiki che è, invece, un testo narrativo. Rappresenta l’inizio di una

tradizione storiografica che si rifarà alla storiografia cinese.

Il periodo coperto è più o meno lo stesso, si parte dalla cosiddetta Era degli

Dei, che fa riferimento alla creazione dell’arcipelago da parte delle divinità.

Esse cadono dalla piana del cielo e intingendo una lancia nel brodo primordiale

e tirandola su, lasciano cadere delle gocce di fango che diventano l’arcipelago

giapponese. In seguito, le due divinità mandate a governare sull’arcipelago,

Izanami e Izanagi si accoppiano e danno vita alle divinità che popolano

l’arcipelago. Si parla del fatto che Izanami, dopo aver partorito il Dio del Fuoco,

muore bruciata e viene mandata nel regno degli Inferi, Izanagi vuole

recuperarla, così va’ a recuperarla, ma vede che lei è già parte del regno dei

morti, così decide di abbandonarla lì (Mito di Euridice). Izanagi scappa e riesce

a uscire dalla grotta degli Inferi che chiude con una pieta – evento che

simboleggia la separazione del mondo dei vivi da quello dei morti e l’entrata in

gioco dei tabù legati al mondo della morte. Essendo entrato con il regno dei

morti, Izanagi deve purificarsi e dal rito di purificazione nascono tre divinità,

Amaterasu Omikami, Susanoo no Mikoto e Tsukuyomi. A partire da questo

momento si parla della rivalità tra Susanoo no Mikoto e Amaterasu Omikami, in

quanto la prima era il kami di Zumo, uno degli acerrimi nemici di Yamato.

Susanoo no Mikoto non perdona ad Amaterasu il fatto che Izanagi abbia

assegnato quest’ultima il controllo della terra, mentre a Susanoo il controllo dei

mari. Così Susanoo no Mikoto inizia a sottoporre la sorella ad una serie di

angherie legate a tabù dello Shinto. A

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/22 Lingue e letterature del giappone e della corea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Selisa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del Giappone 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Favi Sonia.