Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Dove in particolare rappresenta l’entalpia totale, p la pressione statica e ρ la densità.
0
In particolare, la derivata temporale dell’entalpia totale è pari al rapporto 1/densità per la derivata
parziale della pressione statica nel tempo. Questa ci dice sostanzialmente che affinché sia possibile
variare l’entalpia totale nelle turbomacchine è necessario che sia presente un campo di pressione
statica variabile nel tempo e perciò che il flusso sia non stazionario. Sappiamo inoltre che una delle
equazioni fondamentali delle turbomacchine è l’equazione di Eulero che ci dice che in condizioni
adiabatiche (nessun scambio termico) il lavoro specifico è uguale alla variazione di entalpia totale
specifica, dove quest’ultima può essere espressa mediante rappresentazione del triangolo di
velocità. Perciò se non si ha a che fare con un campo di pressione variabile nel tempo non sarà
neanche possibile avere a che fare con una variazione dell’entalpia totale specifica e perciò non
potremmo garantire uno scambio di lavoro tra fluido e macchina.
Molto spesso per valutare il lavoro specifico non si tiene conto del fatto che il flusso sia non
stazionario ma si tende a ignorare questa condizione ed usare i triangoli di velocità per valutare il
lavoro scambiato. Questo è reso possibile grazie al fatto che ci si può considerare solidali al
riferimento assoluto ed inerziale quando si va a studiare il flusso nello statore, mentre ci
metteremo nel sistema relativo non inerziale quando andiamo a studiare il flusso nella palettatura
rotorica. Sfruttando questo cambiamento del SDR si introducono i triangoli di velocità e si può
stimare il lavoro specifico andando a vedere le variazioni dei triangoli tra ingresso ed uscita della
macchina. Questo naturalmente introduce degli errori nel calcolo ma permettono di ottenere una
stima abbastanza corretta del lavoro scambiato.
Nell’immagine abbiamo a sinistra i triangoli di velocità del compressore centrifugo, mentre a
destra abbiamo un triangolo di velocità di un compressore assiale in cui è possibile valutare il
lavoro specifico come variazione della componente tangenziale della velocità assoluta, perciò
graficamente siamo in grado di valutare se il rotore sta facendo o meno lavoro.
Lo scambio di energia tra flusso e palettatura avviene mediante uno scambio di azioni di pressione
e sforzi di taglio sulla superficie palare. Si parla di sforzi normali per individuare le azioni di
pressione e sforzi tangenziali o di taglio per indicare gli sforzi associati alle azioni viscose.
Le perdite in generale sono associate alle componenti del tensore di stress tangenziali ovvero
associate agli sforzi di taglio. L’insieme di questi sforzi sono quelli responsabili della generazione
pag. 4
delle forze nel sistema, se si volesse perciò determinare la forza risultante su una palettatura
statorica o rotorica sarebbe necessario conoscere tutte le distribuzioni di pressione e di sforzi di
taglio sulla superficie della palettatura (mediante integrazione si ricava la risultante).
Questo approccio fornisce un risultato esatto ma non è immediato conoscere la distribuzione delle
pressioni e degli sforzi di taglio sulla superficie palare (impossibile sperimentalmente), si deve
infatti ricorrere alla fluidodinamica computazionale per cui è possibile andare a discretizzare il
dominio di calcolo che si va ad analizzare, risolvere le equazioni del flusso attraverso i vani palari
(Navier- Stokes), ed infine ricavare la soluzione puntuale che ci dice come variano la pressione e gli
sforzi di taglio puntualmente. Sebbene sia possibile ricorrere ad approcci di questo tipo, si tratta di
una metodologia scomoda che richiede tempi di calcolo molto lunghi.
Un altro metodo integrale importante è quello basato sul volume di controllo nel quale si fa ad
effettuare un bilancio della quantità di moto. Il principio di conservazione della quantità di moto ci
dice che la variazione della quantità di moto attraverso un volume di controllo arbitrariamente
definito è uguale alla risultante delle forze che agisce sulla superficie del volume di controllo.
Se siamo perciò in grado valutare la variazione della quantità di moto attraverso la superficie
possiamo ricavare la risultante delle forze senza dover conoscere la distribuzione di pressione e di
sforzi di taglio puntuale. Naturalmente questo metodo fornisce risultati approssimativi e richiede
che siano soddisfatte alcune ipotesi importanti come quella di flusso stazionario, flusso uniforme
sulle superfici di controllo, e così via.
pag. 5
1) Meccanismi di perdita all’interno di una turbomacchina:
Per capire quali sono i principali meccanismi di perdita nelle turbomacchine è ancora necessario
partire dallo studio dell’aerodinamica esterna, poiché storicamente i progettisti che si occuparono
dell’aerodinamica interna sono partiti dalle conoscenze già fondate dell’aerodinamica esterna.
In quest’ultima la misura dell’efficienza, che in questo caso è più una perdita di prestazioni è la
resistenza aerodinamica, ovvero il cosiddetto drag. In generale però l’obiettivo di un profilo alare
non è quello di ottenere una minima resistenza aerodinamica, ma quello di avere un valore
minimo del drag con un massimo valore di portanza. Quello che infatti stabilisce l’efficienza
aerodinamica è proprio il rapporto lift/drag.
Lo scopo del progettista è infatti l’ottenimento del massimo lavoro scambiato e delle minime
perdite. Inizialmente si cercò perciò di applicare la conoscenza della resistenza aerodinamica alle
palettature, il problema che si incontra però è legato al fatto che, al fine di definire un drag è
necessario definire anche una direzione preferenziale. Come sappiamo infatti nell’aerodinamica
esterna il drag è la forza che si oppone all’avanzamento quindi avremo a che fare con una
direzione di avanzamento, una forza diretta in tale direzione e con verso concorde
all’avanzamento stesso che è rappresentata dalla spinta fornita dai motori, una forza che si
oppone all’avanzamento che è proprio il drag ed infine un effetto utile rappresentato dalla
portanza diretta perpendicolarmente alla direzione di avanzamento.
Mentre nel caso dei flussi esterni la scelta della direzione prevalente del flusso è banale lo stesso
non vale nel caso di flussi interni, perché in generale in un flusso interno una forza che agisce nella
direzione del moto delle pale è essenziale poiché si abbia scambio di lavoro tra fluido e
palettatura. Tuttavia, questa forza è essenziale anche al fine di ottenere delle variazioni di
pressione. In generale in una turbomacchina non si ha a che fare con una direzione preferenziale
poiché questa varia localmente e le forze che agiscono in questa direzione risultano essenziali per
ottenere l’effetto desiderato e pertanto non possono essere definite come drag.
Oltre a quelli viscosi nel caso dell’aerodinamica interna ci sono numerosi altri contributi che
determinano effetti dissipativi. Tra questi si deve infatti tener presente che la quasi totalità dei
flussi con cui si ha a che fare nelle turbomacchine sono flussi disuniformi e presentano delle zone
in cui pressione e temperatura sono più o meno alte. La disuniformità in generale può essere
radiale o circonferenziale.
pag. 6
Se si ha a che fare con un flusso disuniforme in maniera circonferenziale e si vuole a valle ottenere
un flusso che sia uniformato il processo di miscelamento è un processo che per flussi viscosi
determina delle perdite legate alle dissipazioni di energia e per effetto di tale dissipazione si ha un
incremento dell’entropia anche in assenza di superfici solide e di generazione di forze.
Dovremo perciò introdurre un concetto generale che ci consenta di studiare e descrivere le
perdite all’interno di una turbomacchina. La quantità che in generale ci permette di descrivere la
generazione delle perdite è quella grandezza nota come Entropia.
L’Entropia è una funzione di stato o termodinamica e rappresenta la quantità che ci consente di
determinare nella maniera più corretta la generazione delle perdite.
Quando si ha a che fare con una turbina per esempio l’efficienza isoentropica è valutabile come
rapporto tra lavoro reale e lavoro isoentropico, ovvero lavoro in assenza di perdite.
Da questa definizione si capisce che tutti gli effetti che ci allontanano da una condizione
isoentropica (ovvero da un mantenimento dell’entropia costante) sono quelli responsabili della
generazione delle perdite.
In generale l’entropia di un sistema può essere aumentata per due effetti principali:
• Mediante un meccanismo di scambio termico, se trasferisco calore al sistema questa
aumenterà, viceversa se sottraggo calore dal sistema questa può essere anche ridotta;
• Per irreversibilità di tipo termodinamico, ovvero per dissipazione di tipo viscoso;
Quando si studiano le turbomacchine molto spesso si fa l’ipotesi di flusso adiabatico, questo non
perché questa ipotesi viene sempre verificata ma perché è un’ipotesi di lavoro utile, ed
eventualmente gli effetti dello scambio termico possono essere aggiunti successivamente.
Quando perciò si sfrutta questa ipotesi la variazione di entropia è unicamente legata alle
irreversibilità di tipo termodinamico e ciò ci consente di semplificare il problema.
Le proprietà che rendono l’entropia “attraente” dal punto di vista dello studio delle perdite sono:
1) È un’Invariante Galileiana, ovvero la quantità è la stessa in qualunque sistema di
riferimento in cui la si vada a studiare, ovvero non esiste una entropia assoluta ed una
relativa e non ne esiste una componente statica ed una dinamica;
2) È additiva, ovvero se si va a valutare l’incremento di entropia in un certo componente e poi
si valuta l’incremento in modo indipendente nel componente successivo alla fine si
possono sommare i due contributi per ottenere l’incremento complessivo di entropia nei
due componenti.
L’entropia è una funzione di stato e come tale non ci interessa il valore iniziale né quello finale, ma
unicamente la variazione rispetto allo stato iniziale che rappresenta la perdita interna al sistema.
Esistono però anche degli svantaggi nell’impiego dell’entropia come parametro di studio delle
perdite in una turbomacchina, in particolare uno di questi è rappresentato dall’impossibilità di
poterla misurare direttamente (mentre si può misurare la pressione statica, quella dinamica, la
temperatura, ma non l’entropi