PERCHÉ LA GUERRA?
La reazione di Sigmund Freud di fronte agli avvenimenti della Prima guerra mondiale è
quella di un uomo in cui l’iniziale slancio patriottico, avvertito allo scoppio del conflitto,
lascia spazio ad un profondo senso di smarrimento di cui il saggio “Perché la guerra?”
costituisce una chiara testimonianza. La drammaticità degli eventi infatti costringe tutti gli
individui a fare i conti con la perdita di apparentemente solidi punti di riferimento e la
gravità di tale perdita è tanto maggiore quanto più elevato è il presunto livello di civiltà dei
popoli coinvolti.
Questo saggio rappresenta lo scambio epistolare con Alberto Einstein. Il carteggio tra i
due fu il risultato di un invito, promosso nel 1931 dall’istituto internazionale per la
cooperazione intellettuale per stimolare un dibattito tra gli intellettuali del periodo su
questioni di particolare rilevanza.
(La Società delle Nazioni fu un’organizzazione sopranazionale fondata il 25 Gennaio 1919
durante la prima parte del Trattato di Versailles per il mantenimento della pace e della
sicurezza, la soluzione delle controversie internazionali, la cooperazione tra gli stati
membri. Ideata da Wilson, fu il primo organismo internazionale a perseguire tali scopi nel
clima pacifista seguito alla guerra mondiale.)
Quando e perché il carteggio tra Einstein e Freud? Quale l'argomento di discussione? Il
carteggio tra Einstein e Freud risale al 1932 quando la Società delle Nazioni invitò alcune
delle più importanti figure intellettuali a promuovere un dibattito epistolare su argomenti di
generale interesse. Einstein ritenne di primissima importanza discutere sul perché l'uomo
è portato alla guerra. e) Quale "la presente condizione del mondo" che spinge Einstein a
scegliere la guerra come tematica urgente da discutere? Il mondo è in un periodo di
massima delicatezza. Dopo un periodo di pace seguito al Trattato di Versailles, si trova
nuovamente in un periodo di grande crisi: le discriminazioni razziali sono sempre più forti,
la Società delle Nazioni comincia a perdere autorevolezza non riuscendo a sedare alcuni
conflitti internazionali come quello cino-giapponese, poiché la sete di potere di alcuni
individui trova nella guerra una possibilità di ampliare il loro potere.
Einstein è consapevole che bisogna cercare di mantenere un livello di pace, perché una
nuova guerra internazionale come la Prima Guerra Mondiale sarebbe ancora più
devastante, visto il progresso tecnologico in campo militare.
Cosa propone Einstein per "liberare gli uomini dalla fatalità della guerra"?
Secondo Einstein l'uomo per liberarsi dalla fatalità della guerra deve delegare le questioni
internazionali ad un'organizzazione sopranazionale, che abbia pieno potere e non possa
essere raggirata ne contestata. Le sue decisioni dovrebbero essere assunte come leggi
dagli stati che la compongono. Si nota quindi come diritto e forza sono inscindibili: le
decisioni del diritto si avvicinano alla giustizia, solo nella misura in cui tale comunità ha il
potere effettivo di imporre il rispetto del proprio ideale legislativo.
Einstein giunge poi al suo primo assioma: la ricerca della sicurezza internazionale implica
che ogni stato dovrebbe rinunciare a una parte della sua libertà d'azione, cioè alla sua
sovranità.
Appare quindi chiaro che difficilmente si può arrivare ad una siffatta sicurezza. Ad
esempio ci sono forti fattori psicologici che paralizzano gli sforzi per realizzare
questa meta:
Sete di potere della classe dominante è in ogni stato contraria a qualsiasi
- limitazione della sovranità nazionale.
Vi sono piccoli ma decisi gruppi che vedono nella guerra (nella fabbricazione e
- vendita di armi), solo un’occasione per promuovere i loro interessi personali e
ampliare la loro personale autorità.
Secondo Einstein, la massa si lascia asservire dalle decisioni dei pochi, in quanto questi
hanno in pugno l’istruzione, l’informazione e le organizzazioni religiose, cioè tutte cose che
consentono di sviare i sentimenti delle masse. Inoltre, egli sostiene che la suddetta
minoranza può contare su un alleato dentro ognuno di noi: l’istinto alla distruzione. Perché
l’uomo ha dentro di sé il piacere di odiare e di distruggere. In tempi normali la sua
passione rimane latente, emerge solo in circostanze eccezionali, ma è abbastanza facile
attizzarla e portarla alle altezze di una psicosi collettiva.
Per questo, chiede al padre della psicoanalisi se «c’è un modo di dirigere l’evoluzione
psichica degli uomini in modo che diventino capaci di resistere alle psicosi dell’odio e della
distruzione».
Nel rispondere a tale lettera Freud ripercorre le tappe indicate da Einstein con l’intento di
svolgerle più ampiamente seguendo le sue migliori conoscenze. Dunque anch’egli parte
dal rapporto “diritto-forza” sostituendo quest’ultima parola con “violenza”. Infatti i conflitti di
interesse tra gli uomini sono decisi, come in tutto il regno animale, di cui anche l’uomo fa
parte, dalla violenza. Grazie alla violenza il singolo riuscì inizialmente a prevalere sui molti,
ma in che modo siamo passati dalla violenza al diritto? L’unione delle violenze dei molti
riuscirono a sopraffare la violenza del singolo. Il diritto perciò è pur sempre violenza: opera
con gli stessi mezzi e persegue gli stessi scopi, la differenza è che ora a prevalere è la
volontà della comunità. Ma affinché si compia questo passaggio dalla violenza al nuovo
diritto deve adempirsi una nuova condizione psicologica. L’unione deve essere stabile e
durevole. La comunità deve essere mantenuta permanentemente, organizzarsi,
prescrivere gli statuti che prevengano le temute ribellioni, istituire organi che veglino
sull'osservanza delle leggi e che provvedano all'esecuzione degli atti di violenza conformi
alle leggi. Quando vi è una comunione di interessi si instaurano tra i membri di un gruppo
quei sentimenti sui quali si fonda la sua vera forza. In questo gruppo il trionfo sulla
violenza viene ottenuto trasferendo il potere a una comunità più vasta, che viene tenuta
insieme dai legami emotivi tra i suoi membri
Ciò è semplice finché la comunità è piccola ed è formata da individui aventi la stessa
forza. Ma nella realtà ciò è impossibile poiché la comunità comprende fin dall’inizio
elementi di forza ineguale (uomini e donne, genitori e figli, ecc.). Il diritto della comunità
diviene allora espressione dei rapporti di forza ineguali all’interno di essa, «le leggi
vengono fatte da e per quelli che comandano e concedono scarsi diritti a quelli che sono
stati assoggettati». Da qui nascono nella comunità due funti di inquietudine: da un lato vi è
il singolo che vuole ripristinare l’antico stato di violenza, cioè cercano di ergersi al di sopra
delle restrizioni valide per tutti; dall’altro lo sforzo costante dei sudditi per procurarsi più
potere e veder riconosciuti dalla legge alcuni mutamenti, quindi le masse tentano di
tornare ad un diritto uguale per tutti.
È inevitabile quindi la lotta all’interno di una comunità: infatti spesso, la classe dominante
non è pronta a tener conto di questo cambiamento, si giunge all'insurrezione, alla guerra
civile, cioè ad una temporanea soppressione del diritto e a nuove testimonianze di
violenza, dopo le quali viene instaurato un nuovo ordinamento giuridico. Ma queste lotte, a
causa della necessità della vita comune giungono rapidamente ad una conclusione e vi
sono alte probabilità che si giunga a conclusioni pacifiche.
Vi sono tuttavia anche le guerre tra una o più comunità che conducono in genere le
comunità più grandi e potenti a integrare quelle più piccole. Anche se paradossale, in
questo caso, la guerra potrebbe creare un'unica grande comunità in grado di ottenere la
pace “eterna”, poiché potrebbe riuscire a creare quelle più vaste unità al cui interno un
forte potere centrale rende impossibili ulteriori guerre. Ma questo risultato non può essere
durevole, in quanto le unità appena create si disintegrano e si ribellano, soprattutto a
causa della insufficiente coesione delle parti unite forzatamente. Quindi, l'unica
conseguenza ottenuta da tutti questi sforzi bellici è la sostituzione delle
continue guerricciole con grandi guerre, meno frequenti ma più devastanti.
Come già detto da Einstein, anche secondo Freud una prevenzione sicura della guerra è
possibile solo se gli uomini si accordano per costituire un'autorità centrale, che tenga
conto di una duplice esigenza:
Creare una corte suprema, come nel caso della società delle nazioni;
• Assicurarle il potere di cui ha bisogno, questa condizione anche nel caso della
•
società delle nazioni, non è stata adempita, in quanto essa non dispone di forza propria
e può averne una solo se i membri dei singoli stati gliela concedono. Freud stesso però
ammette che per il momento ci sono scarse probabilità che ciò accada.
Quindi, occorre un’unità sovranazionale che acquisisca mediante il richiamo a determinati
principi ideali l’autorità che di solito si basa sul possesso della forza. Freud riconosce che
gli elementi che tengono insieme una comunità sono due:
La coercizione violenta,
• I legami tra i suoi membri: identificazioni (legame emotivo che lega i seguaci ad un
•
capo - persona/idea).
Come già detto da Einstein anche secondo Freud occorre un’unità sovranazionale che
acquisisca mediante il richiamo a determinati principi ideali l’autorità che di solito si
basa sul possesso della forza. Ma che forza si può attribuire a queste idee? Come gli
ideali panellenici e cristiani non riuscirono ad evitare il ricorso alle armi così al giorno
d’oggi non vi è nessuna idea cui si possa attribuire una simile autorità unificante.
Perciò il tentativo di sostituire la violenza con le idee è per il momento votato
all’insuccesso. Anche per quanto riguarda il motivo per il quale le masse si lasciano
infiammare Freud è pienamente d’accordo con Einstein.
Le pulsioni dell’uomo sONO soltanto di due specie, quelle che tendono a conservare e
a unire - da noi chiamate sia erotiche (esattamente nel senso di Eros nel Convivio di
Platone) sia sessuali, estendendo intenzionalmente il concetto popolare di sessualit&agra
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