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MODELLI DI CLASSIFICAZIONE
CATENA EZIO-PATOGENICA
E’ strutturata secondo una logica di pensiero LINEARE.
Parte dalla NOXA PATOGENA che è un agente patogeno che si insedia nel corpo e crea una
dindrome o una malattia, connotata dalla presenza di uno o più DEFICIT.
Il DEFICIT è appunto il secondo elemento della catena ed è un danno di natura organica,
sensoriale o psichica che può irrompere prima, durante o dopo la nascita di un soggetto. Una volta
che il deficit compare diventa un DANNO IRREVERSIBILE: non si cura, non si annulla. Ma è
importante che venga ACCETTATO, che si impari a convincersi.
Quando il deficit si insedia nella vita di una persona porta con sé sempre e comunque delle
DISABILITA’, che sono delle anomalie, o alterazioni, delle abilità umane: delle attività che
normalmente vengono svolte con successo e autonomia, in questo caso vengono alterate.
L’insorgenza dell’HANDICA dipende dall’efficacia, dalla funzionalità e dalla possibilità di fornire
RISPOSTE ADEGUATE da parte della società e dei MICRO E MACRO CONTESTI SOCIALI. Se
le risposte ai BISOGNI SPECIALI delle persone con disabilità non c’è ecco che la disabilità si
trasforma in HANDICAP.
L’handicap è dunque un PRODOTTO STORICO, SOCIALE E CULTURALE, è il risultato di
un’INTERAZIONE TRA LA PERSONA CON DEFICIT E IL CONTESTO sociale e culturale in cui
vive. Quindi una situazione di handicap coincide con una situazione di NON INTEGRAZIONE,
NON INCLUSIONE, EMARGINAZIONE.
In questo caso però è una situazione REVERSIBILE: la reversibilità dipende dal lavoro educativo,
dalla capacità di prendersi CURA del soggetto disabile. Uno degli scopi di questa disciplina è,
infatti, la RIDUZIONE DELL’HANDICAP.
L’handicap può generarsi anche nel caso in cui il deficit non viene accettato dalla persona stessa e
dai genitori. Se io per primo non mi accetto, divento di conseguenza la causa della mia non
accettazione.
E’ già una visione più innovativa rispetto all’ ICDH-1, anticipa alcune delle rivoluzioni presenti nell’
ICDH-2.
ALTRO MODELLO: ICDH – 2
E’ un modello nuovo, che si sostituisce al ICDH – 1, apportando notevoli novità:
- Cambia la TERMINOLOGIA e quindi la semantica. E’ avvenuta una sostituzione di una
terminologia paralizzante, tutto è rivolto alla VALORIZZAZIONE dello statuto positivo delle
DIVERSITA’. Dunque non si parla più di disturbo o malattia ma di CONDIZIONE DI
SALUTE; non si parla più di menomazione ma di FUNZIONE E STRUTTURA DEL
CORPO; non si parla più di disabilità ma di ATTIVITA’; non si parla più di handicap ma di
PARTECIPAZIONE.
- Non è sorretto da una logica di pensiero lineare, come la catena etio-patogenica, perché
qui siamo in prospettiva della COMPLESSITA’, dove i 3 principi di Morin sono quelli che
governano gli elementi del sistema. Abbiamo una LOGICA RETICOLARE.
- E’ un modello APERTO E DINAMICO, è complesso e ci offre una VASTA GAMMA di
situazioni che vanno interpretate e che possono presentarsi in forme sempre nuove. Siamo
sotto il segno della FLESSIBILITA’ e del PLURALISMO.
- E’ stato effettuato un passaggio da una VISIONE MEDICA, psicologica e meccanicistica
dove la diversità andava CATEGORIZZATA, ad un modello definito ANTROPOLOGICO,
SOCIALE ED EDUCATIVO perché al centro non abbiamo più la patologia, ma la
PERSONA con i suoi modi di agire, sentire, essere.
- E’ un modello che non coinvolge più solo i disabili, ma entrano in gioco NUOVE
CATEGORIE DI DIVERSITA’.
ALTRO MODELLO: ICF
Nel XXI secolo, nel panorama internazionale, viene conquistato un importante approdo sul terreno
della ricerca di un vocabolario e di un apparato descrittivo più adeguati a dare conto delle
condizioni di difficoltà.
Il traguardo più importante è il NUOVO SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE fornito dall’OMS nel
2001: l’ICF. Il suo scopo è quello di fornire un LINGUAGGIO UNIFICATO e STANDARDIZZATO
per descrivere la salute e gli stati a essa correlati di ogni persona, codificando un’ampia gamma di
osservazioni relative.
Esso pone al centro dell’attenzione la CONDIZIONE DI SALUTE, per questo rappresenta una
significativa evoluzione rispetto al precedente modello concettuale.
NON vi si trovano più termini con una connotazione negativa: handicap viene sostituito da
PARTECIPAZIONE SOCIALE e al concetto di disabilità viene preferito quello di ATTIVITA’. Inoltre
anziché porre in primo piano le disfunzioni si privilegia l’attenzione a mettere in luce le ABILITA’ del
soggetto in rapporto ai diversi ambienti in cui vive.
Al fine di rendere conto degli aspetti di vita personali, ambientali e sociali occorre il concorso di
diversi punti di vista: quello SANITARIO, quello della FAMIGLIA e del soggetto stesso, come quello
degli altri professionisti e figure coinvolte: INSEGNANTI, EDUCATORI, COLLEGHI (…). E’
indispensabili che questi si rendano disponibili a mettere in comune gli ESITI DELLE
OSSERVAZIONI, nell’ottica di ricostruire un profilo di funzionamento globale ed evolutivo
dell’individuo. PEDAGOGIA SPECIALE
“INCLUSIONE E DIVERSITA’” – CONCETTI CHIAVE
La prospettiva dell’INDIVIDUALIZZAZIONE rappresenta una proposta formativa adeguata
e funzionale per tutti, che implica un ADEGUAMENTO-DIFFERENZIAZIONE delle
modalità di insegnamento – apprendimento. L’obiettivo è l’INCLUSIONE SCOLASTICA
E SOCIALE di TUTTI gli alunni, nessun escluso. E’ importante essere rispettosi degli
“stili” cognitivi e dei ritmi diversi di ogni allievo.
Il termine “integrazione” viene dal latino “integer” e significa “rendere completo”, più
valido ed efficace, inserire un elemento in un gruppo-contesto e rimanda all’idea di un
precedente stato di mancanza. Questo termine viene quindi comunemente ed
erroneamente inteso come un processo di assimilazione dell’alunno disabile all’interno
del gruppo classe, sulla sua capacità di adattamento.
L’inclusione invece NON si basa sulla misurazione della distanza da un pretesto
standard di adeguatezza, ma sul riconoscimento della piena partecipazione alla vita
scolastica da parte di tutti i soggetti. L’inclusione è cultura della partecipazione di tutti e
di ciascun alunno ai processi di socializzazione ed apprendimento comuni all’interno di una
scuola democratica. L’inclusione NON riguarda solo gli alunni disabili, ma tutti quei
soggetti a rischio di esclusione.
Per promuovere e realizzare la cultura inclusiva del riconoscimento della diversità è
importante elaborare una DIDATTICA INCLUSIVA caratterizzata da costanti e sistematici
ADATAMENTI INDIVIDUALIZZATI nei mezzi, nelle strategie, negli strumenti, nelle attività.
La PROGETTAZIONE diventa quindi lo strumento principe da utilizzare.
PROGETTO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (PEI): all’interno di questo tipo di progetto
devono essere riconosciute e valorizzate le POTENZIALITA’ di tutti e di ciascun alunno per
adattarle al contesto scolastico e sociale di appartenenza. Il PEI è dunque una possibile
offerta formativa che, mediante una ridefinizione delle strategie di intervento didattico
si prefigge lo scopo di avvicinare l’alunno diversamente abile, con bisogni educativi
speciali, il più possibile ai comuni obiettivi dell’intero contesto scolastico.
PROGETTAZIONE CURRICULARE PER GLI ALUNNI DIVERSAMENTE ABILI
1. ANALISI DELLA SITUAZIONE DI PARTENZA
2. RILEVAZIONE DEI BISOGNI FORMATIVI E DELLE RISORSE: il bambino deve diventare
il protagonista principale, con i suoi punti forza e debolezza, con le sue risorse, i suoi limiti
e le sue potenzialità. L’educatore, a sua volta, deve essere partecipe, dinamico,
disponibile a mettersi continuamente in gioco di fronte a diversificate situazioni didattiche.
3. DIAGNOSI FUNZIONALE
4. P.D.F : PROFILO DINAMICO FUNZIONALE
5. P.E.I: PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO: la progettazione deve essere flessibile,
non rigida e prestabilita. I percorsi didattici non devono rispondere alla logica della linearità.
Devono essere attivati itinerari didattici personalizzati per incentivare il livello di
partecipazione-inclusione dei soggetti disabili e in difficoltà.
6. D.O.G: DEFINIZIONE OBIETTIVI GENERALI
7. D.O.S: DEFINIZIONE OBIETTIVI SPECIFICI
8. CONTENUTI O ATTIVITA’
9. STRUMENTI E MATERIALI
10. SPAZI E TEMPI: I tempi d’insegnamento delle singole discipline vanno regolati in base ai
tempi e alle modalità di apprendimento dei singoli alunni adottando tutte le forme di
flessibilità e adattamento possibili.
11. STRATEGIE E METODI
12. MODALITA’ ORGANIZZATIVE
13. MODALITA’ DI VALUTAZIONE E DI VERIFICA
14. PERSONALIZZAZIONE-DIFFERENZIAZIONE EDUCATIVO-DIDATTICA
L’individualizzazione, tramite la DIFFERENZIAZIONE DIDATTICA, permette ad ogni
bambino di raggiungere ESSENZIALI LIVELLI DI COMPETENZA.
Il processo dell’inclusione non deve limitarsi all’ambito scolastico, ma deve toccare tutti i
principali ambiti di vita del soggetto in difficoltà per renderlo partecipe come CITTADINO
ATTIVO E PROTAGONISTA.
All’interno del contesto scolastico la prima cosa da fare è RICONOSCERE LE DIVERSE
ABILITA’ degli alunni al fine di elaborare efficaci strategie e metodi di apprendimento (ogni
allievo ha le proprie risorse e ricchezze, a prescindere dai suoi punti-debolezza). Una volta
fatto questo è necessario GARANTIRE UN’UGUAGLIANZA DI OPPORTUNITA’
FORMATIVE che si realizza nelle azioni di DIFFERENZIAZIONE,
INDIVIDUALIZZAZIONE, PERSONALIZZAZIONE.
Nella costruzione di un progetto educativo è fondamentale tener conto dei bisogni
individuali di tutti e di ciascun alunno, al fine di soddisfarli. Lo sviluppo dell’allievo
disabile deve essere garantito in modo complementare a quello di tutti gli altri alunni.
Individualizzazione è più legata all’importanza di far raggiungere a tutti competenze
fondamentali. Personalizzazione: punta più sullo sviluppo delle potenzialità e dei talenti
personali.
E’ necessaria una trasformazione della scuola da sfondo istituzionale a SFONDO
SEMANTICO E SIGNIFICATIVO: la scuola deve dunque essere intesa come una globale
organizzazione contestuale narrativa. In questo senso essa è chiamata a realizzare un
salto di qualità sul piano dei contenuti, degli apprendimenti e delle metodologie di
insegnamento aiutando OGNI alunno ad incontrare, con la sua storia personale, nuovi
saperi e conoscenze, trasformando