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1. ASPETTI GENERALI DELLA GLOBALIZZAZIONE: RAGIONE
PEDAGOGICA E RAGIONE ECONOMICA A CONFRONTO
1.1 Globalizzazione e pedagogia: relazione oppure opposizione?
Ci si chiede spesso come mai nel processo di globalizzazione non
intervengano quasi per nulla le scienze dell'educazione e la
dimensione educativa, in termini di riflessione e di proposta
pedagogica.
Nel corso degli anni si è diffusa un'immagine della globalizzazione
distorta e unilaterale, incentrata esclusivamente sulla sfera
economica: l'uomo, rinchiuso in una sorta di “gabbia d'acciaio”
(citando Weber), sarebbe vittima delle logiche di mercato, di un
processo sempre più omologante nel quale egli non può intervenire
in nessun modo. L'entrata in gioco dei sistemi educativi diventa
possibile soltanto all'interno di una prospettiva capace di estendere
il concetto di globalizzazione anche alla figura dell'essere umano:
egli può essere “educato” alla vita globale, non deve
necessariamente adeguare la propria ragione alle scelte
economiche. Sganciando quindi la globalizzazione dall'ambito
finanziario e assegnandole un volto anche culturale, la pedagogia
diventa fondamentale in quanto legittimata, dal punto di vista
epistemologico, ad affermare nuovi principi e nuovi modelli di
convivenza planetaria. Tale strumento pedagogico deve
innanzitutto svuotare i termini chiave della globalizzazione (totalità,
globalità, interconnessione, relazione, sistema) dai loro contenuti di
natura economica, rendendoli degli strumenti volti al
raggiungimento di scopi educativi di natura universale. In questa
prospettiva, l'apparente opposizione globalizzazione-pedagogia
sparirebbe del tutto: la pedagogia, nata per contribuire al
miglioramento della condizione esistenziale dell'uomo, non avrebbe
nessun problema ad adattarsi al modello di globalizzazione attuale,
in quanto capace di comprendere e gestire i normali processi di
emancipazione dei gruppi umani nel mondo.
Si potrebbe addirittura parlare di una reciproca interazione tra le
due sfere.
Ruolo delle nuove tecnologie e di comunicazione nell'era della
1.2. globalizzazione
Con la diffusione sempre maggiore delle nuove tecnologie di
informazione e di comunicazione, stiamo assistendo ad un crollo
dei sistemi spazio-tempo fino ad allora adottati nella società
umana; queste due dimensioni risultano compresse, schiacciate,
ma soprattutto non più insuperabili.
L'interpretazione di questo sconvolgimento è spesso duplice; ci si
chiede: un tipo di globalizzazione simile mira a garantire più
benessere, più conoscenze e più tecnologie o punta soltanto a
mettere in discussione il sistema affermatosi precedentemente,
imponendo il proprio punto di vista? Sebbene la risposta sia
ancora incerta, è possibile affermare con sicurezza che ci
troviamo di fronte ad un cambiamento epocale, nella cosiddetta
era post-moderna, che sta producendo dei risultati impensabili,
se paragonati alle aspettative del passato. Mai si poteva
immaginare un tale sconvolgimento della dimensione
spazio-temporale dell'esperienza umana, in un sistema
tradizionale che considerava il concetto di identità come
qualcosa di innato, frutto delle esperienze vissute dagli individui,
legate ai luoghi/spazi in cui essi si trovano e alle relazioni
quotidiane che
instaurano negli incontri faccia a faccia. L'identità attuale risulta
slegata dall'appartenenza a un luogo o a un tempo definito: gli
abitanti del mondo globalizzato possiedono un'identità in
divenire, aperta a continui scambi e confronti con altre identità
diverse. Uno degli strumenti che più ha contribuito
all'affermazione di tale paradigma è stato la rete telematica:
capace di svincolare l'essere umano dai suoi normali limiti
rappresentati dalle categorie spazio-tempo e offrendogli la
possibilità di entrare in contatto con persone non fisicamente
presenti, essa ha “ucciso la distanza”, garantendo a chiunque la
possibilità di abitare lo stesso tempo e rendere più sfumati i
normali confini territoriali, culturali e politici.
Verrebbe però da chiedersi: la globalizzazione è un processo
completamente nuovo o si tratta di una novità abbastanza
relativa, in quanto legata alle volontà dell'economia capitalistica,
che da sempre mira al raggiungimento di una dimensione
planetaria? In questa prospettiva, tale fenomeno potrebbe
essere visto come l'evoluzione più recente della modernizzazione
capitalistica. Ad un'analisi più attenta, la sua natura risulta però
abbastanza problematica; produce più ricchezza ma anche più
povertà, più comunicazione ma anche più solitudine, appare mal
distribuita e diseguale nei suoi effetti tra paesi ricchi e paesi
poveri, tra Nord e Sud del mondo, tra occidente e oriente. Uno
dei suoi capisaldi è, secondo Bauman, “l'estetica del consumo”,
che sostituirebbe l'etica del lavoro dominante nella società
precedente: “lo scopo del gioco del consumo non è tanto la
voglia di acquisire e possedere, né di accumulare ricchezze in
senso materiale, tangibile, quanto l'eccitazione per sensazioni
nuove, mai sperimentate prima. I consumatori sono prima di
tutto raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di cose solo in
un senso secondario e derivato.” Ne deriva una percezione della
realtà più estetica che morale; il problema principale del
capitalismo sembrerebbe non tanto quello di produrre più merci,
ma di formare più uomini destinati a consumarle, diffondendo
l'idea che le trasformazioni sociali sono possibili soltanto
attraverso la soddisfazione dei bisogni indotti dal capitale stesso,
non attraverso il lavoro, che diventa un semplice strumento
utilitaristico socialmente imposto per fini prevalentemente di
consumo. Entra in crisi anche l'immagine “sacra” del lavoro,
fondata sul senso del produrre e della produttività: la società
diventerebbe culla di un “materialismo senza scopi”, cioè un
puro e semplice consumismo sfrenato, capace di annullare le
virtù operative del singolo soggetto, trascinandole in un processo
di omologazione delle competenze socialmente utili al mondo del
lavoro, raggiungendo una pericolosa alienazione e passività del
soggetto persona.
Qualcuno accusa la globalizzazione di un furto insolito, il furto
dell'anima, che si tradurrebbe in uno sconvolgente processo di
alienazione della personalità di ogni individuo, che sfocerebbe
nella fine della parola e nell'adozione di una grammatica
esclusivamente economica, sulla bocca di un uomo ormai
burattino. A questa prospettiva negativa possiamo accostare
un'interpretazione del tutto differente, che vede il passaggio da
homo faber a uomo flessibile come un segno di libertà, poiché
rende l'uomo moderno libero di agire sulla base delle proprie
preferenze.
Il vivere in un mondo sempre in continua espansione,
caratterizzato da una forte pluralizzazione dei modi di vita, dei
pensieri e delle esperienze possibili, il soggetto può
sperimentare il fascino di costruirsi da sé e auto-progettare la
sua esistenza. Secondo questa prospettiva, ogni soggetto
sarebbe costretto a pianificare il proprio percorso umano di vita e
professionale; ne deriva che la biografia individuale di ogni
essere umano dipende non soltanto dai condizionamenti dati
dalla sua appartenenza a determinate classi socio-culturali, ma
soprattutto dalla sua capacità personale di adattare la situazione
ambientale ai suoi bisogni soggettivi.
La situazione apparirebbe quindi rovesciata: data la complessità
e la responsabilità di questa possibilità di auto-progettarsi,
l'esclusione dai meccanismi sociali ed economici di molti soggetti
non dipende dallo Stato, ma è una libera scelta degli individui,
soprattutto giovani, che si auto-escluderebbero da questi
meccanismi poiché troppo abbondanti, costosi e complessi da
gestire. Questi nuovi emarginati verrebbero esclusi dalla realtà
planetaria in quanto troppo deboli per mettersi in gioco come
tutti gli altri protagonisti della società globalizzata.
Indicatori economici della globalizzazione
1.3. All'interno della sfera dell'economia globale, un'entità sempre
più sganciata da qualunque radicamento politico o territoriale,
sempre più vicina ad un autonomia rispetto ai singoli stati
nazionali, è possibile delineare dei nuovi indicatori/meccanismi
economici, nati in sostituzione a quelli che avevano
caratterizzato le economie nazionali:
- Deregolamentazione (deregulation) → Il potere non è più
obbligato ad attenersi agli obblighi sociali; la libera concorrenza,
non essendo soggetta a vincoli nazionali, diventa l'elemento più
importante dell'economia di mercato unico globale.
- Delocalizzazione → l'impresa deve adattarsi continuamente al
mercato in espansione, spostando interi settori produttivi da un paese
all'altro. Ciò si ripercuote negativamente sui “deboli”, ossia i lavoratori, in
tutte le aree interessate dal libero mercato, intaccando i diritti
riconosciuti dalle costituzioni nazionali.
- Smaterializzazione dell'economia e della società →
2. In questa nuova società della competenza, il ruolo del sapere
cambia, assumendo la forma di “sapere spendibile”: il grado di
competizione economica si misura in base al livello di sapere in
ambito produttivo di cui ogni soggetto dispone. Il sapere viene
prodotto esclusivamente per essere scambiato, perdendo così il
proprio valore d'uso, ossia di essere fine a sé stesso, la sua
accezione culturale. Questo processo di smaterializzazione globale
ha inoltre privilegiato le nuove tecnologie altamente sofisticate,
capaci di rivoluzionare ogni forma di vita quotidiana, dai
comportamenti individuali a quelli sociali, dalla trasmissione dei
saperi alla nostra visione del mondo. Secondo Jonas la nuova forma
dell'agire umano esigerebbe di una nuova etica della responsabilità,
legata non soltanto alla consapevolezza delle proprie capacità, ma
soprattutto ad una forma di umiltà, dovuta non più alla limitatezza,
ma all'ampiezza delle esperienze possibili: di fronte ai notevoli
progressi della tecnica e della scienza, il fatto
di non conoscerne precisamente i limiti diventa una ragione per
stabilire dei limiti, volti alla protezione della sfera personale e
sociale. Tale etica potrebbe rappresentare un antidoto alla
razionalità calcolatric