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Il termine "interculturale" inizialmente è applicato esclusivamente alla parola "educazione". Con "pedagogia interculturale" ci riferiamo sostanzialmente ad un insieme non sistematico di principi metodologici da applicare a tale auspicata "educazione interculturale". La definizione di "educazione interculturale" permane largamente indefinita
Obbiettivo di questo lavoro è delineare il tipo di ri-orientamento teorico che la dimensione interculturale pone oggi alla riflessione pedagogica.
L'affermarsi della nozione di educazione interculturale è una diretta conseguenza dell'espressione di nuovi bisogni sociali, di situazioni di disagio e conflitto.
Onde migratorie: a partire dagli anni'50 il volto etnico dell'Europa si è andato modificando in tempi e modi diversi. Parliamo di migrazioni interne (in Italia da Sud a Nord, in Germania da Est a Ovest) e di emigrazioni internazionali, l'Inghilterra per anni ha ricevuto nuovi cittadini variamente colorati; in Francia soprattutto algerini e altri gruppi del Magreb; in Europa e negli Stati Uniti ondate di profughi latino-americani, asiatici, africani.
Il termine "intercultura" può costituire un eufemismo per indicare una situazione sociale esplosiva, di cui la scolarizzazione degli "stranieri" nel sistema istituzionale rappresenta l'ultimo anello. Manca un linguaggio scientifico comune intorno ai problemi dell'educazione.
In questo libro vorremmo esporre prima di tutto un discorso di pedagogia generale, come premessa teorica necessaria ad ogni intervento o strategia a vari livelli metodologica, didattica o politica. La pedagogia non può non ricorrere alla psicologia come sua scienza fonte privilegiata. Questo lavoro contiene una fondazione in termini pedagogici del problema dell'educazione, cioè della crescita assistita di un soggetto immaturo dentro un orizzonte culturale. Un discorso di "pedagogia interculturale" rimane prima di tutto un discorso di "pedagogia". L'opinione più diffusa è che la società adulta abbia bisogno di una rinnovata riflessione pedagogica, prima che di una ipotizzata "pedagogia interculturale".
L'oggetto sostanziale di questo libro è l'analisi e la descrizione del processo educativo in sé. La pedagogia è una riflessione critica sui processi educativi che si compiono nell'esperienza umana. L'educazione è anche una relazione interattiva fra due soggetti, per i quali il "conoscente stesso" premere un compito esistenziale primario mai completamente assolto.
CAP. 1) Il quadro teorico di riferimento
Lo scopo del capitolo è "sintonizzarsi" con il lettore e introdurlo nella sfera della tradizione pedagogica. Il linguaggio costituisce una fra le più potenti condizioni determinanti dell'esistenza umana: attraverso l'uso delle parole il parlante definisce e classifica la propria esperienza della realtà esterna e della realtà interna.
La nozione di uomo "educato" presenta infinite variazioni di contenuti e abilità che sono state definitive storicamente; il numero dei possibili modelli di "uomo educato" tende probabilmente all'infinito. La nozione implica il riconoscimento di maturità, capacità autonoma e adeguatezza sociale.
Corallo parla dell'educazione in senso possessivo come "capacità costante di eseguire certe azioni seguendo una norma data, e tuttavia con autonomia".
Il processo educativo mira a conseguire la "perfezione" umana. L'uso più comune del termine "educazione" nel linguaggio quotidiano esprime in termini più banali questa nozione complessa, assumendo connotazioni elogiative o stigmatizzanti nei confronti delle persone classificate come "bene" o "male educate".
La parola educazione deriva dal verbo latino educo, da qui esistono due ipotesi etimologiche:
- ex-ducere, nel senso di "trar fuori da"
- e-duco, nel senso di "far crescere, allevare, nutrire"
L'educazione sarebbe cioè l'intervento con cui le potenzialità dell'immaturo vengono tirate fuori, aiutate ad esprimersi, portate in atto.
Radmim Palous legge il mito della caverna di Platone come metafora dell'educazione: l'educazione sottrarrebbe il soggetto alla prigionia della caverna, sarebbe illuminazione, ascesi, conferimento di senso. Nell'uso del latino classico, infatti, il verbo e-duco non ha solo il senso di "tirar fuori" "condurre fuori", ma possiede anche un significato ostetrico se riferito ad un infante. In Cicerone e Terenzio è utilizzato già nel senso di "allevare, far crescere".
Il termine "pedagogia" indica, un costrutto concettuale molto complesso, correlato alla nozione di educazione. La parola è di origine greca ed indicativamente corrisponde al verbo latino educare (condurre, dirigere, guidare), e, in senso lato, dirigere guidare persone che devono essere formate e preparate a qualcosa.Le diverse teorie pedagogiche sono orientate al "dover essere" e alla progettualità dei processi educativi, spingendosi poi a un maggiore o minore livello di operatività concreta. È certamente possibile parlare di una pedagogia cristiana, marxista, romantica, positivista, libertaria e così via, indicando con tali termini posizioni pedagogiche storicamente e teoreticamente identificabili; è possibile anche parlare di modelli pedagogici di derivazione filosofica, politica, sociologica, psicologica, con riferimento a riflessioni di tipo pedagogico-normativo.
Nella tradizione occidentale la parola "educazione" cominciò assai presto designare un progetto intenzionale, un'aspirazione utopica, variamente condivisa da alcuni pensatori o riformatori politici. Le innumerevoli versioni di una teorizzata "educazione nuova" hanno sempre questa valenza utopico-progettuale, da Platone in poi. Assai prima di arrivare alle riflessioni di Rousseau, la parola educazione aveva già assunto una connotazione concettuale che orienta l'attenzione piu verso il carattere progettuale di essa, anziché verso la descrizione e la definizione di fenomeni empirici e ricorrenti. Si costruisce in essa, da un lato, un complesso di regole e metodi per fare educazione, dall'altro, si definiscono modelli e stili educativi congruenti a un progetto globale di rinnovamento dell'umanità.
La storia della pedagogia moderna coincide in larga misura con un lungo dibattito sulla possibile o impossibile autonomia teoria della pedagogia, ed in questo secondo caso sulla scelta della sfera disciplinare dammi essa dovrebbe accettare di dipendere. Quest'anima "ancillare" (di supporto, che serve per l'apprendimento di qualcosa) della riflessione pedagogica ha motivato l'atteggiamento iniziale degli scrittori che si sono occupati di pedagogia: il loro
sua riflessione, veniva postulato perché il pensiero non è mai puro, ma esso è sempre "realtà rappresentativa". Per Corallo quindi il pensiero è una realtà, ma è quella realtà che "annuncia l'essere delle cose", cioè oggetti "pensabili" e "pensati", esistenze concrete, fatti e dati esistenziali.
Per Guardini Oggetti sono le realtà concrete; tutto ciò che esiste e accade, cose, avvenimenti, relazioni, così come in sé è e diviene. In questa affermazione c'è di più del realismo oggettivo, la problematica sta nella costanza con cui esso si presenta alla coscienza e nella coscienza soggettiva, rivendicando una irriducibilità di sé alla coscienza stessa.
Il punto di demarcazione della posizione gnoseologica si colloca nel riconoscimento di una "costanza oggettuale", o permanenza dell'oggetto, che impedisce ogni riduzione dell'oggetto alla scienza. Corallo avrebbe sottoscritto i passi di Guardini, solo a condizione di precisare che gli Oggetti sono, metafisicamente parlando, esistenze gravide di significato, "sintesi di esistenza e significato".
L'uomo inventa il significato di una serie di verità parziali alla luce di quelle verità fondamentali che egli crede di avere scoperto fino a quel punto. La verità umana è il "farsi" di una relazione stretta e profondamente "interessata" fra il soggetto e l'oggetto. La permanenza oggettiva del Reale, che pure mediato dal mio pensiero non è tuttavia prodotto dal mio pensiero, in quanto da me consapevolmente percepita, permette il superamento di quel che la psicologia definisce egocentrismo e narcisismo. La verità è sempre la conseguenza di un profondo interesse, l'Oggetto "si manifesta nella misura in cui è già investito di un senso, e quindi di un valore da parte di quel soggetto".
Per Corallo, l'originalità della creatura umana risiede nell'essere unesistenza progressivamente resa consapevole del suo proprio significato, una dinamica che potrebbe forse essere meglio indicata con il termine autotrascendimento. La libertà umana è la capacità positiva di scegliere se stessi nelle cose, nella riflessione volontaria.
Abbiamo proposto fin qui una posizione teorica in cui l'educazione viene assunta come dato fenomenico originario. L'approccio descrittivo proposto non è di tipo empirico-positivo e neppure di tipo empiriostorico, non è infatti il risultato della sommatoria di singole costanti. Il concetto non è tanto il prodotto della somiglianza delle cose, quanto piuttosto costituisce la condizione preliminare per la posizione cosciente di una somiglianza fra esse. La fondazione della riflessione pedagogica si colloca quindi nella categoria concettuale con cui l'osservatore coglie una relazione "educativa" fra la madre e il bambino osservati, ed in ciò egli è evidentemente influenzato dalle sue esperienze, personali e culturali, e dalle sue precomprensioni.
La via d'uscita dall'impasse (situazione ingarbugliata) epistemologico non risiede nel negare la soggettività della percezione esperienziale; non abbiamo un oggetto che determina unilateralmente esso stesso le leggi del suo rendersi presente alla coscienza, ma un oggetto che "provoca" l'interpretazione del soggetto già nel momento in cui chiede di essere almeno percepito. Prendiamo ad esempio la nota poesia di Carl Sandburg "Ognuno vede gli elefanti a modo suo", in cui tre uomini videro l'elefante in tre modi diversi/ e lasciarono la cosa a quel punto, non si misero a discutere. Gli esseri umani non si limitano mai ad osservare e descrivere la realtà, ma che in una certa misura la interpretano in base a parametri soggettivi è verificabile fin dalla prima infanzia.