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Sapere pedagogico e (de)legittimazione educativa
Si ha un contrasto tra la pedagogia "scientifica" e la pedagogia " pensata", filosofica. La
pedagogia vuole legittimarsi come scienza, ma il costruire una scienza dall' educazione
può risultare controindicato rispetto all'esigenza di pensare l'educazione. Un
complicazione ulteriore deriva dal fatto che, il pensare l'educazione orienta la
pedagogia verso la filosofia, dalla quale, nel tentativo di farsi scienza, era venuta
emancipandosi. Alcuni problemi fondamentali dalla pedagogia sono: la divaricazione
sempre piu acuta tra pedagogia scientifica e pedagogia filosofica-umanistica; l tendenza
della pedagogia a costituirsi come scienza; il tentativo di pensare scientificamente il
processo educativo; la problematicità di tale tentativo quando ci si vuole estraniare dalle
ragioni del pensare filosofico. Il che rinvia alla irrisolta questione dei rapporti tra
pedagogia e filosofia, alcuni pensano ad un distacco della pedagogia dal tronco
filosofico, altri guardano ad una riflessione pedagogica che voglia essere aderente ai
nuclei interni del processo educativo. Quale tra queste due alternative riesca a dar conto
del fenomeno educativo nella sua interezza? ed è qui che prende corpo e significato
l'indicazione heideggeriana fatta proprio da Granese. Se la scienza non pensa, come
ripetutamente afferma Heidegger l'analisi interna del discorso pedagogico si
autocomprende come struttura teorico-scientifica. H:" tutte le scienze si fondano sulla
filosofia, ma non viceversa." L’emancipazione del retaggio filosofico ha acuito il distacco
da quella pedagogia tra le scienze dello spirito. Il termine spirito ha perso quella
concettualità che ne faceva il termine cardine del pensare filosofico. Ma quello
svuotamento non è casuale. La progressiva depauperizzazione semantica del termine
avviene alla fine di un lungo lavoro e alla fine di un accanimento attorno al problema
della configurazione delle scienze esatte e delle scienze dello spirito. Nelle une si
cercava di fissare l'esattezza mentre nelle altre si tentava di dar conto della tipicità del
soggetto e delle sue realizzazioni. Ma nell'uno o nell'altro caso si parlava di scienza.
L'identificazione e l'omologazione dei due tessuti dava luogo alle scienze nomotiche e
alle scienze idiografiche. Le une regolavano, le altre descrivevano. E a questo punto
l'ottocento lascia al novecento il compito della risoluzione. Il neopositivismo espunge
ogni proposizione sensata al palo della verificazione. Ed è proprio Popper a forzare la
gabbia della verificabilità ed a immaginare una struttura della scienza sempre ipotetica e
provvisoria, più idealistica. Se un epoca ha conosciuto l'esemplarità del modello delle
scienze esatte, forse quella più recente ha maturato una diversa coscienza della struttura
della scienza. Le conformazioni delle diverse scienze hanno attinto, in epoche diverse,
all'uno o all’ altro paradigma. Talvolta ha funzionato come modello l'esattezza scientifica
e la sua verificazione, talaltra le scienze umane hanno rivendicato una loro specificità ed
hanno posto in primo piano l'oggetto della loro indagine.
Questa ambivalenza ha portato a far si che tutti reclamassero per la propria disciplina la
dignità "scientifica". Da qui la giustificazione epistemologica delle discipline umanistiche.
Ognuna si autogiustifica reclamando specificità nell'oggetto e comunanza di
strumentazione nell'indagine. Le scienze cosiddette umane, come le scienze della
natura, sono esclusivamente concettuali, esse proiettano sul loro oggetto un riflesso
della società. Tra le scienze umane si ha la psicologia e la sociologia. Psicologia è il
magma pseudo-teorico che mette a disposizione dell'economia, della pedagogia e della
politica i mezzi di selezione, d'integrazione e di manipolazione dell'ordine esistente. La
sociologia ricorre al trasferimento dei metodi ed è sempre strumento apologetico di un
sistema. Falsa neutralità, dunque , e insieme oggettività pre-giudicata, formalizzazione
metodologica e inconfessata visione socio-politica è ciò che rende inattendibili le scienze
"umane". La loro valenza umanistica discende dall'essere esse stesse costruzione
dell'uomo, strumenti di osservazione ed analisi che diventano legittimi quando
prendono coscienza della loro indagine. Così Garaudy denuncia i limiti della conoscenza
che si avvale come fonte legittimante, della matrice epistemologica tecnico-scientifica.
G." scienze umane, motori di società senza finalità umana". Il che significa restituire
quella conoscenza alla sua natura strumentale, senza conoscere lo scivolamento che
trasforma la ragione strumentale in ragione teleologica.
TELEOLOGIA: dottrina filosofica del finalismo, che concepisce l’esistenza della finalità
non solo nella comune attività volontaria dell'uomo razionale indirizzata alla
realizzazione di uno scopo ma anche in quelle sue azioni involontarie che tuttavia
realizzano un fine.
In Garaudy la meta finale è la disalienazione dell'uomo e la sua restituzione ad un
interezza antropologica iniziale. E si ritorna così all'affermazione Heideggeriana ricordata
da Granese"la scienza non pensa". E se la scienza non pensa, ancor meno pensa la
tecnica che per sua natura è una conoscenza applicata, un sapere strumentale. Garaudy
ritiene che la psicologia e la sociologia dunque siano scienze umane poco inclini in realtà
al "lato umano" della conoscenza. Ma al di là delle formalizzazioni teoretiche il
problematico può restituire le zone d'ombra dell'umano, le zone di conoscenza ed
educabilità. Quelle che Nietzche chiama il lato ineducabile dell'individuo e che
rappresentano il vero segno di un educazione riuscita. Oggi si ha una strumentazione
pedagogica sempre più incline a pieghe didattico-istruzioniste. Questo sapere,
rispettabile in un ambito di verifica degli apprendimenti e delle abilità conoscitive, non
esaurisce il fenomeno della realtà educativa. Anzi se isolato rischia di rimanere estraneo
all'evento educativo, cioè di quella conformazione del soggetto che nella dialogicità
allievo -maestro si costituisce e dà realtà e forma all'esperienza pedagogica. L'esperienza
educativa è una realtà più ampia di quell'esperienza didattico-sperimentale cui
solitamente si tende ridurla. L'esperienza educativa è di natura complessa: irriducibile
alla verificabilità di comportamenti e alla dogmaticità della chiarezza sperimentale.
Questo perchè al di là dell'esperienza pedagogica, il fenomeno educativo investe altri
aspetti della soggettività. Il soggetto-in-educazione è parte di un processo in cui egli
entra con tutto se stesso, è libero, è critico, pensa e diventa autonomo. Una volta gli
aspetti didattici discendevano dalla prospettiva pedagogica ed non è passato molto
tempo che si faceva discendere la pedagogia dalla filosofia, sotto forma di filosofia
morale o filosofia dell'educazione. Allentati i vincoli filosofici della pedagogia si è
continuato a parlare di teoria generale dell'educazione. Qui ricorre il tema della libertà in
educazione, il tema del discorso pedagogico. Quest'ultimo si presenta sempre più come
discorso scientifico. Insieme al concetto di scienza si dovrà quindi ripensare quello di
esperienza, ed è quanto ha fatto, del resto, tutta la tradizione filosofica quando ha
voluto dare contorni non impropri al termine scienza e strutturare un sapere consono
che da quella scienza traesse legittimazione.
La riflessione pedagogica, nel farsi sapere non può tener conto dell' esperienza. Hegel in
Scienza dell'esperienza della conoscenza dice :" non può darsi sapere che prescinda
dall'esperienza. Ma dice anche che l'esperienza non può prescindere dalla coscienza e,
insieme, che la coscienza dell'esperienza non può andare sciolta dalla coscienza di sè."
Nella prospettiva dialettica hegeliana stanno infatti uniti esperienza, sapere, scienza,
filosofia e soggetto. Perciò il sapere fenomenologico è scienza dell'esperienza della
coscienza. Il concetto di esperienza è importante per due motivi, per un verso essa
postula quella concatenazione logico-teoretica: sapere,scienza,filosofia e soggetto
mentre dall'altra resta comunque interna al discorso logico-gnoseologico. Un
restringimento dell'esperienza pedagogica riduce infatti anche il discorso pedagogico. Gli
vieta parole importanti che anno una stretta pertinenza con la formazione e la crescita
dell'uomo e che sono incorporato nel lessico pedagogico. Hegel dice che:" la filosofia
diventa "scienza" quando diventa autocertezza del sè e del rappresentato. è
l'autocoscienza come certezza assoluta." E dunque si reintroduce una primarietà del
soggetto, un suo legame con la conoscenza e con il sapere. Il soggetto che ieri reggeva il
paradigma scientifico e ne era a sua volta legittimato, non può dissolversi. L'esperienza
di quel soggetto è ancora parte di esso e non può essere rimossa e il sapere pedagogico,
se vuole essere comprensione della dinamica di formazione del soggetto, non può
ridurre gli spazi di esperienza in cui egli si muove perchè rischierebbe di are una scienza
unilaterale. L'analisi della soggettività ha finito così per essere vista come un territorio
riservato ad altre scienze sociali. Tra queste scienze sono annoverate l'economia, la
psicologia, la psicanalisi e le scienze cognitive. L a pedagogia ieri impigliata nelle maglie
della soggettività e oggi è finalmente scienza. La soggettività del discorso pedagogico è
diventata oggi ingombrante per un discorso pedagogico scientifico che ci ha portato oggi
ad avere la configurazione attuale della strutturazione scientifico-epistemologica della
pedagogia.
Sulla (de)legittimazione educativa
L'atto educativo o è inteso in senso metafisico attualistico, prospettiva oggi decisamente
in declino,o esso necessita di un contesto che si vuole storico. Il che vuol dire che non si
può educare al di là del proprio tempo e al di fuori dell'immagine che del soggetto quel
tempo si dà. Se esiste infatti una condizione postmoderna esiste anche un soggetto della
postmodernità. Ed esiste allora un soggetto che nella postmodernità si educa ed è
educato. L'educazione quindi è parte di un processo che investe tutto lo spazio del
soggetto. La polemica scoppiata tra Habermans e Lyotard verte sull'interpretazione de