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La sociologia ricorre al trasferimento dei metodi ed è sempre strumento apologetico di un sistema.
Falsa neutralità, dunque , e insieme oggettività pre-giudicata, formalizzazione metodologica e
inconfessata visione socio-politica è ciò che rende inattendibili le scienze "umane". La loro valenza
umanistica discende dall'essere esse stesse costruzione dell'uomo, strumenti di osservazione ed
analisi che diventano legittimi quando prendono coscienza della loro indagine. Così Garaudy denuncia
i limiti della conoscenza che si avvale come fonte legittimante, della matrice epistemologica tecnico-
scientifica. G." scienze umane, motori di società senza finalità umana". Il che significa restituire quella
conoscenza alla sua natura strumentale, senza conoscere lo scivolamento che trasforma la ragione
strumentale in ragione teleologica.
TELEOLOGIA: dottrina filosofica del finalismo, che concepisce l’esistenza della finalità non solo nella
comune attività volontaria dell'uomo razionale indirizzata alla realizzazione di uno scopo ma anche in
quelle sue azioni involontarie che tuttavia realizzano un fine.
In Garaudy la meta finale è la disalienazione dell'uomo e la sua restituzione ad un interezza
antropologica iniziale. E si ritorna così all'affermazione Heideggeriana ricordata da Granese"la scienza
non pensa". E se la scienza non pensa, ancor meno pensa la tecnica che per sua natura è una
conoscenza applicata, un sapere strumentale. Garaudy ritiene che la psicologia e la sociologia
dunque siano scienze umane poco inclini in realtà al "lato umano" della conoscenza. Ma al di là delle
formalizzazioni teoretiche il problematico può restituire le zone d'ombra dell'umano, le zone di
conoscenza ed educabilità. Quelle che Nietzche chiama il lato ineducabile dell'individuo e che
rappresentano il vero segno di un educazione riuscita. Oggi si ha una strumentazione pedagogica
sempre più incline a pieghe didattico-istruzioniste. Questo sapere, rispettabile in un ambito di verifica
degli apprendimenti e delle abilità conoscitive, non esaurisce il fenomeno della realtà educativa. Anzi
se isolato rischia di rimanere estraneo all'evento educativo, cioè di quella conformazione del soggetto
che nella dialogicità allievo -maestro si costituisce e dà realtà e forma all'esperienza pedagogica.
L'esperienza educativa è una realtà più ampia di quell'esperienza didattico-sperimentale cui
solitamente si tende ridurla. L'esperienza educativa è di natura complessa: irriducibile alla
verificabilità di comportamenti e alla dogmaticità della chiarezza sperimentale. Questo perchè al di là
dell'esperienza pedagogica, il fenomeno educativo investe altri aspetti della soggettività. Il soggetto-in-
educazione è parte di un processo in cui egli entra con tutto se stesso, è libero, è critico, pensa e
diventa autonomo. Una volta gli aspetti didattici discendevano dalla prospettiva pedagogica ed non è
passato molto tempo che si faceva discendere la pedagogia dalla filosofia, sotto forma di filosofia
morale o filosofia dell'educazione. Allentati i vincoli filosofici della pedagogia si è continuato a parlare
di teoria generale dell'educazione. Qui ricorre il tema della libertà in educazione, il tema del discorso
pedagogico. Quest'ultimo si presenta sempre più come discorso scientifico. Insieme al concetto di
scienza si dovrà quindi ripensare quello di esperienza, ed è quanto ha fatto, del resto, tutta la
tradizione filosofica quando ha voluto dare contorni non impropri al termine scienza e strutturare un
sapere consono che da quella scienza traesse legittimazione.
La riflessione pedagogica, nel farsi sapere non può tener conto dell' esperienza. Hegel in Scienza
dell'esperienza della conoscenza dice :" non può darsi sapere che prescinda dall'esperienza. Ma dice
anche che l'esperienza non può prescindere dalla coscienza e, insieme, che la coscienza
dell'esperienza non può andare sciolta dalla coscienza di sè." Nella prospettiva dialettica hegeliana
stanno infatti uniti esperienza, sapere, scienza, filosofia e soggetto. Perciò il sapere fenomenologico è
scienza dell'esperienza della coscienza. Il concetto di esperienza è importante per due motivi, per un
verso essa postula quella concatenazione logico-teoretica: sapere,scienza,filosofia e soggetto mentre
dall'altra resta comunque interna al discorso logico-gnoseologico. Un restringimento dell'esperienza
pedagogica riduce infatti anche il discorso pedagogico. Gli vieta parole importanti che anno una stretta
pertinenza con la formazione e la crescita dell'uomo e che sono incorporato nel lessico pedagogico.
Hegel dice che:" la filosofia diventa "scienza" quando diventa autocertezza del sè e del rappresentato.
è l'autocoscienza come certezza assoluta." E dunque si reintroduce una primarietà del soggetto, un
suo legame con la conoscenza e con il sapere. Il soggetto che ieri reggeva il paradigma scientifico e
ne era a sua volta legittimato, non può dissolversi. L'esperienza di quel soggetto è ancora parte di
esso e non può essere rimossa e il sapere pedagogico, se vuole essere comprensione della dinamica
di formazione del soggetto, non può ridurre gli spazi di esperienza in cui egli si muove perchè
rischierebbe di are una scienza unilaterale. L'analisi della soggettività ha finito così per essere vista
come un territorio riservato ad altre scienze sociali. Tra queste scienze sono annoverate l'economia, la
psicologia, la psicanalisi e le scienze cognitive. L a pedagogia ieri impigliata nelle maglie della
soggettività e oggi è finalmente scienza. La soggettività del discorso pedagogico è diventata oggi
ingombrante per un discorso pedagogico scientifico che ci ha portato oggi ad avere la configurazione
attuale della strutturazione scientifico-epistemologica della pedagogia.
Sulla (de)legittimazione educativa
L'atto educativo o è inteso in senso metafisico attualistico, prospettiva oggi decisamente in declino,o
esso necessita di un contesto che si vuole storico. Il che vuol dire che non si può educare al di là del
proprio tempo e al di fuori dell'immagine che del soggetto quel tempo si dà. Se esiste infatti una
condizione postmoderna esiste anche un soggetto della postmodernità. Ed esiste allora un soggetto
che nella postmodernità si educa ed è educato. L'educazione quindi è parte di un processo che
investe tutto lo spazio del soggetto. La polemica scoppiata tra Habermans e Lyotard verte
sull'interpretazione della postmodernità e sulle sue possibili conseguenze. Sotto accusa vi è ancora l
concezione unitaria della storia e del soggetto in quanto diversa è l loro concezione riguardo il
rapporto pensiero-linguaggio-realtà che moderno e postmoderno possono offrire. Lyotard:" nella
condizione post moderna ho esagerato l'importanza del genere narrativo... C'è nella narratologia
generale un elemento metafisico accordato ad un genere, quello narrativo, una sorta di sovranità dei
piccoli racconti permetterebbero quindi loro di sottrarsi alla crisi di delegittimazione." Torna il tema
dietro alla disputa sul senso e della storia, della legittimazione del discorso. Miti e metanarrazioni
rientrano in tale contesto in quanto hanno accompagnato per lungo tempo le realizzazioni e i progetti
della modernità e con il suo declino si sono oscurati. I nomi di quei metaracconti "ideali" sono:
emancipazione progressiva di libertà e ragione, emancipazione dal lavoro, potenza disalienante della
tecnoscienza, salvezza religiosa, il filo rosso della dialettica del moderno che ha mosso la storia,
influenzato comportamenti etici e visioni del mondo radicali. A differenza dei miti però quei nuclei si
sono affidati ad un" futuro di cui si vuole l'avvento, ad un idea da realizzare", idea legittimante perchè
universale. è il progetto incompiuto di Habermans ed è il progetto irrealizzabile di cui parla Lyotard. La
"liquidazione" ha conosciuto molti volti da quello di Auschwitz a quello della tecnoscienza.
Lyotard:" la vittoria della tecnoscienza capitalista è un alto modo di distruggere il progetto moderno
con l'aria di realizzarlo. Il dominio del soggetto sugli oggetti ottenuti dalle scienze e dalle tecnologie
contemporanee non si accompagna nè ad una maggiore libertà nè ad un miglioramento
dell'educazione pubblica. Non porta compimento il progetto di realizzazione dell'universalità ma
accellera piuttosto il processo di delegittimazione." Due sono le conseguenze. Da una parte si teorizza
l'impossibilità di realizzazione di un universalità astratta, dall'altra si prende atto della riduzione
oggettivistica del soggetto e della sua conseguente capacità legittimante. La temibile tecnoscienza
degrada anche quel soggetto che suo tramite si è costituito padrone dell'universo. Esso signore della
natura tramite la tecnoscienza non potrà sfuggire a quella relazione pericolosa che lo costituisce parte
della natura. Alla fin fine la sua scienza, la sua tecnoscienza, fa anch' essa parte della natura. Tra le
moltissime strade di accesso alla parola educativa si è scelto proprio quello sulla problematizzazione
della sua dizione. I grandi sommovimenti politici, culturali, ideologici e scientifici hanno avuto sul
terreno un effetto inibente, una destabilizzazione di valori e di prassi educativa che ha indotto come
conseguenza, una strana afasia su aspetti fondamentali dell'assetto teorico del discorso pedagogico.
Si ha una discussione sulla natura del discorso pedagogico e sul suo statuto epistemologico. Il
conflitto delle interpretazioni ha lasciato sul terreno delle dispute socio-economiche e filosofiche-
politiche molte ceneri. Molti non hanno esitato ad imboccare la strada della salvezza o della fuga nella
scienza. Il discorso pedagogico per un verso ha accentuato il lato scientifico, per l'altro ha continuato
nei prati dell'ideologia, ben mimetizzata sotto i veli dell'impegno etico, politico e sociale. Un confusione
che si è alimentata con il pensiero cristiano. Resta allora il tentarne il superamento. Per un verso si
tratta di ridefinire i rapporti tra istruzione ed educazione ,tra saperi e valori. Per un altro, occorre tener
presenti i versanti storici. Così connotando una pedagogia cattolica ed una pedagogia laica: una
pedagogia assorbita dalla prospettiva dei valori e una pedagogia dedita alla diffusione della cultura.
Queste due tradizioni hanno configurato la vocazione educativa della