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PEDAGOGIA INTERCULTURALE

La pedagogia compensativa è stata la prima risposta legata alle diversità presente nelle classi

(non solo per i bambini immigrati, ma diversità in generale, per creare una cultura unica). Era una

pedagogia fondata sul monoculturalismo. Sono stati utilizzati interventi educativi di tipo

compensativo per cercare di colmare le mancanze degli immigrati rispetto al gruppo maggioritario

(programmi intensivi per imparare la lingua, libri di testo gratuiti…). Tutto questo si basa

sull’assimilazione. La pedagogia compensativa ha però fallito, perché i bambini non avevano il

successo scolastico sperato. Il lavoro deve essere più globale: deve riguardare più la persona e il

suo percorso di integrazione.

Un’altra pedagogia, sviluppatasi negli anni ’80-’90 in Inghilterra, è l’educazione antirazzista, il cui

obiettivo era combattere il razzismo individuando nei pregiudizi appartenenti al gruppo

maggioritario la causa principale. L’attenzione è posta a tutte le discriminazioni, anche nascoste,

che nascondono comportamenti razzisti.

La prima grande finalità della pedagogia interculturale è individuare riflessioni e prassi che

conducano:

- Alla costruzione di identità aperte, flessibili e tolleranti

- Alla costruzione di relazioni tra persone con appartenenze culturali differenti che siano fondate

sul riconoscimento e sul rispetto reciproco, sulla valorizzazione e sull’integrazione delle

differenze.

L’identità, un processo abbastanza complesso, è un processo di acquisizione di conoscenze, di

sentimenti, di emozioni che portano ad una continua ri-strutturazione del proprio sapere, delle

proprie esperienze, del modo di organizzarle e di interpretarle. Io costruisco la mia identità

partendo dall’altro. È inizialmente un’identità biologica che, via via nel corso della vita, si trasforma

diventando un’identità personale, individuale, che è il frutto della mia riflessione personale e

dell’incontro con l’altro. Ognuno la costruisce nella propria libertà e nella consapevolezza. Non

posso esistere senza l’altro perché ci permette di definirci e riconoscerci. Questa identità in

passato era definita monolitica: nascevo in una famiglia, abitavo in un certo luogo, e probabilmente

il mio percorso era costruito in base alla famiglia a cui appartenevo. Oggi si parla di identità al

plurale: composta da una pluralità di appartenenze, la mia identità è costruita in base al contesto in

cui vivo e le esperienze incidono l’una sull’altro. Questi luoghi incidono profondamente sulla mia

identità. Diventa dannoso quando una sola appartenenza rimane l’unica, vedo un’unica

appartenenza in quella persona (ESEMPIO. un bambino non è solo un bambino di origine

marocchina, ma ha anche delle somiglianze e delle differenze rispetto ai suoi compagni).

Per cultura non si intendono solo usi e tradizioni, ma viene costruita all’interno delle relazioni.

Quindi non descrive la realtà, ma viene costruita all’interno delle relazioni. Dobbiamo fare in modo

che le varie culture non vengano cristallizzate. Ogni famiglia che accogliamo a scuola ha un loro

modo personale di rielaborare la propria cultura. La cultura, come la lingua, non riproduce la realtà

ma la crea.

I criteri e i principi sono:

- Differenze/pluralismo

- Dialogo

- Ascolto

- Tolleranza attiva

La differenza è intesa sempre come altro, come diverso da quello che sono io, c’è sempre

qualcosa nell’altro che mi sfugge, di difficile conoscenza. Io costruisco la mia diversità nel mondo e

che mi rende differente dall’altro.

Quando andiamo a fare un progetto con i bambini ed ho come obiettivo la differenza, devo tenere

presente la valorizzazione delle differenze e delle somiglianze appartenenti a tutti gli interlocutori. I

bambini per dialogare tra di loro hanno bisogno anche di trovare le somiglianze, qualcosa che

accomuna.

Il dialogo aiuta tantissimo non solo nell’apprendimento ma anche nella riflessione e nello scambio

con l’altro. Non è una conversazione tanto per fare, ma è una forma di scambio verbale

intenzionale volta a costruire nuove interpretazioni condivise e nuovi significati dell’esperienza. Il

dialogo genera apprendimento e il parlare (un parlare da cui imparo a pensare). Una relazione

educativa fondata sul confronto dialogico rappresenta un luogo di apprendimento privilegiato per

imparare l’arte della parola responsabile, essenziale all’esercizio della cittadinanza. Deve essere

una conversazione che deve mettere tutti nella condizione di parlare e non solo di ascoltare.

L’ascolto però deve essere alla base del dialogo, il più possibile attento all’altro e partecipato.

L’ascolto presuppone empatia, sospensione dei pregiudizi e decentramento volti alla

comprensione dell’altro e al riconoscimento della reciproca umanità. L’empatia è la capacità di

sentirsi con l’altro, ma non divento un tutt’uno con l’altro, condivido quello che sente, ma rimango

me stesso.

Il dialogo mi permette di superare l’etnocentrismo e i pregiudizi. Io parto da un mio punto di vista

che ritengo giusto e dialogando con l’altro mi rendo conto della relatività del mio punto di vista.

Posso lasciarmi sorprende dall’altro e posso rendermi conto che la penso in modo diverso. Ciò

significa che mi rendo conto della nostra differenza, acquisisco la consapevolezza che abbiamo

punti di vista diversi. Quando nascono i conflitti, con il dialogo è possibile gestirli: attraverso le

domande è possibile comprendere i conflitti. Quando si parla di conflitto si può intendere un litigio

fino ad arrivare alla violenza. Con violenza però si intende una rottura di relazioni con l’altro e

quindi è molto difficile mediare. Nel conflitto invece è comunque presente una relazione, pur

avendo punti di vista diversi, provando a trovare mediazioni di volta in volta.

Il dialogo viene attivato anche attraverso la domanda. La domanda è un atto di libertà, apre

all’altro, è ricerca del problema e non della ricerca (= promuove la ricerca non solo di argomenti a

favore, ma anche dei suoi contrari = dialettica). È importante educare i bambini a fare domande e

non esistono domande stupide. Questo si lega al pensiero interculturale che assume la capacità di

essere flessibile e aperto, di decentrarsi (= uscire dal proprio modo di osservare, di interpretare e

di categorizzare l’altro); un pensiero che prende consapevolezza del proprio etnocentrismo.

L’intelligenza relazionale è la forma mentis alla base di un pensiero in movimento che educa e

autoeduca a non irrigidirsi.

La tolleranza è intesa in modo attivo. Si tratta non di semplice sopportazione dell’altro, ma l’altro è

parte attiva nella relazione, come soggetto portatore di valore. È un uscire da me per andare verso

l’altro.

L’empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro, che consente il riconoscimento delle

emozioni altrui, la condivisione e la comprensione dell’altro. È processo intenzionale attraverso cui

si entra in profondo contatto con l’altro senza perdere i confini della propria identità. Perché si

sviluppi è necessario il riconoscimento dell’altro.

Metodologia del laboratorio (la conversazione è sempre presente):

- Il rituale di apertura: in cerchio i bambini si presentano, conversano e scoprono insieme cosa

faranno

- L’attività di esplorazione

- Il rituale di chiusura: confronto sull’esperienza svolta 13-10-2015

IL PROGETTO

Il termine progetto si riferisce sia agli intenti espliciti dell’istituzione scolastica (progetto educativo)

sia per delineare percorsi specifici nel singolo contesto scolastico (progetto tematico). Noi ci

occupiamo dei progetti tematici. Differenza tra programmazione e progettazione: tendenzialmente

la programmazione è annuale, dovrebbe essere fatta per obiettivi e divisa per unità didattiche, è

più generale; il progetto è più legato alla valutazione del contesto e dovrebbe avere queste meta-

finalità:

- Imparare ad apprendere

- Apprendimento fondato sulla problematizzazione, scoperta processi, sulla ricerca di

connessioni

- Trasformare l’esperienza in oggetto di riflessione

- Costruire un pensiero interculturale flessibile, aperto e critico.

Le finalità principali del progetto interculturale:

- Decostruire categorie rigide

- Decentramento

- Valorizzazione delle differenze e delle somiglianze

Proposte operative attività:

- Attività che offrano la possibilità ad ogni bambino di esprimere la propria originalità

- Attività che considerino le intelligenze plurali a sostegno della creatività e del comportamento

esplorativo

- Attività che partano dalle differenze, dai vissuti di tutti i bambini

- Attività che attivino pluralità di punti di vista sulle esperienze

- Attività che accolgono il conflitto come momento di crescita.

Progetti che hanno come obiettivo la conoscenza della differenza culturale:

- Favole, storie, filastrocche di altri Paesi

- Diversità fisiche (colore della pelle)

- Abitudini alimentari

- Festa del Natale 14-10-2015

LA CONVERSAZIONE

Si fa intercultura quando c’è il collegamento con le famiglie. Bisogna partire dai bambini e sul loro

vissuto. Non bisogna vedere l’appartenenza culturale del bambino attraverso quello che io penso

di sapere (idea stereotipata), ma devo vedere la persona che ho davanti e ciò si può fare

conversando con lui.

Un modo per conoscere l’altro e il suo punto di vista è la conversazione. All’interno della

progettualità interculturale la conversazione rappresenta un momento altamente formativo e

attraverso la conversazione può avvenire confronto, scambio e conoscenza reciproca. Se la

conversazione è gestita dal gruppo il ragionamento viene costruito insieme (co-costruzione del

ragionamento).

I bambini imparano di più se ragionano insieme, se ognuno esprime il proprio pensiero, si

apprende argomentando. In questo modo si sviluppa la capacità di decentrarsi.

Aspetti facilitanti la conversazione in gruppo:

- Disposizione in cerchi.

- Discutere con il gruppo di coetanei crea pariteticità comunicativa (simmetria di conoscenze).

- Il bambino ha la possibilità di argomentare le proprie idee senza sentirsi giudicato.

- Ruolo assunto dall’adulto: posizione non giudicante, di vero ascolto, interesse e rivolto alla

costruzione del dialogo.

Tipologia di domande

Dettagli
A.A. 2015-2016
27 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher samantha.moscato di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia interculturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Bolognesi Ivana.