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Estratto del documento

L’universalità dei racconti:

- Raccontare storie è un modo universale di organizzare e dare senso all’esperienza

- La narrazione di storie informa di una cultura popolare valida in una data comunità

- I racconti sono un potente strumento di socializzazione: i genitori usano i racconti per

introdurre i bambini alla loro cultura

Quali sono i contenuti? L’amicizia, la cura, le emozioni, i valori universali (come il perdono,

l’aiuto reciproco ecc), la diversità come valore, la quotidianità dei bambini.

Le storie poi possono essere utilizzate per vari scopi:

- per impartire insegnamenti: In Africa occidentale molti insegnamenti vengono

impartiti attraverso proverbi e racconti popolari a sfondo morale che parlano di virtù

che i bambini dovrebbero perseguire, o di miti ignoti e spaventosi tesi al dissuaderli dal

comportarsi in modo scorretto —> vedi la raccolta di storie SOTTO IL BAOBAB)

- per promuovere l’attenzione: In Africa e in Alaska, i racconti sono usati per promuovere

l’attenzione, l’immaginazione, il pensiero metaforico e la flessibilità cognitiva

nell’insegnamento dell’ordine naturale delle cose

- per insegnare le Sacre Scritture e indurre a rispettarle: Nelle chiese afroamericane, gli

insegnanti di catechismo aiutano i bambini e i giovani a comprendere il significato delle

Scritture in modo da poterle applicare alla vita di tutti i giorni. Raccontano le storie

bibliche usando un linguaggio moderno. I bambini partecipano alla costruzione delle

storie e dei giochi di ruolo attraverso una forma di discorso botta e risposta.

- per trasmettere una specifica visione del mondo: Tra gli Xhosa in Sudafrica le storie dei

secoli passati vengono raccontate la sera dagli anziani e i bambini partecipano

attivamente alla costruzione delle storie lasciando invariato il nucleo centrale: in

questo modo i bambini si appropriano meglio del significato delle storie e dei valori che

trasmettono (l’ordine morale e la promozione della vita sociale)

- per insegnare a comunicare in modo indiretto: I bambini athabaschi in Canada

settentrionale vengono introdotti al «nobile linguaggio» del racconto attraverso

indovinelli da risolvere. Imparano a indovinare il senso e leggere tra le righe,

anticipare gli esiti

- per insegnare a comunicare e raccontare le proprie esperienze: Nel raccontare le loro

esperienze, i bambini imparano a utilizzare lo stile narrativo promosso dalla loro

comunità. Le madri americane di ceto medio stimolano i bambini a produrre storie

lunghe e ricche di dettagli di eventi. Invece le madri giapponesi incoraggiano storie

concise che lasciano all’ascoltatore il compito di inferirne i dettagli

Osservazione

Perché è molto importante per lo psicologo della scuola osservare dentro il contesto educativo

(in un ambiente ecologico)? Perché lo psicologo tradizionalmente valuta per diagnosticare,

oppure per attribuire punteggi relativi a determinati parametri (come l'attaccamento), mentre

lo psicologo della scuola si trova in una situazione molto complessa (costituita da insegnanti,

bambini, genitori), in cui tutto risulta essere potenzialmente significativo. Per questo motivo

la sua deve essere un'osservazione partecipante. D'altra parte non si può progettare un piano

di intervento se non si ha conoscenza del contesto --> come si fa a conoscere il contesto (dato

che non si possono usare test nel nido)? Proprio attraverso l'osservazione. Inoltre l'obiettivo

non è quello di diagnosticare o assegnare punteggi, ma migliorare l'organizzazione del contesto

e le dinamiche che avvengono al suo interno.

L'osservazione dello psicologo della scuola deve essere qualitativa, cioè egli scrivere tutto ciò

che succede (e non quantitativa, come quella dello psicologo tradizionale, in cui si danno

punteggi e classificazioni).

Osservazione del video: sono presenti due uomini seduti vicino che stanno parlando

animatamente. Uno dei due è molto agitato, e gesticola continuamente, probabilmente è

arrabbiato. L'interlocutore è anche lui agitato, però gesticola meno e sembra comunque più

calmo dell'altro, inoltre cambia spesso posizione con le gambe e le braccia, forse per indicare

un certo disagio nei confronti della rabbia dell'altro uomo.

Nell'osservazione naturale noi inferiamo dei significati e delle ipotesi (che possono essere

anche molto diverse tra loro a seconda delle persone che le formulano) a partire da alcuni

indizi. Ciò accade sempre. Quando osserviamo inoltre porgiamo la nostra attenzione solo su

una parte di ciò che succede, quindi solo una parte degli indizi, perché inevitabilmente le

informazioni sono così tante che il nostro cervello non è in grado di elaborarle tutte

contemporaneamente.

Osservare vuol dire guardare con molta attenzione qualcosa che poi conserviamo nella

memoria. Vi poniamo attenzione perché sollecita in noi interesse e domande a cui cerchiamo

risposte, o comunque è qualcosa di rilevante per noi in quel momento (altrimenti non

attirerebbe la nostra attenzione). Dato che questo qualcosa è rilevante si aprono così pensieri,

ricordi, interpretazioni, quindi viene attribuito inevitabilmente un significato. Dato che è

un'attività dispendiosa, non può durare più di una mezz'ora.

Che cosa emerge da tutto questo processo spontaneo? Ne emerge che ognuno, dello stesso

stimolo di base, ha un suo punto di vista, anche molto diverso da quello di tutti gli altri.

Si può dire che una interpretazione è giusta è una sbagliata? Ogni interpretazione di per sè è

sensata.

Da tutto ciò si capisce quanto è complesso usare le osservazioni come strumento scientifico di

misurazione e di conoscenza, senza che l'osservazione subisca alcuna deformazione o

alterazione. Sapendo che inevitabilmente l'osservazione è soggetta a interpretazione, si deve

essere consapevoli di ciò, ed essere in grado di distinguere tra elementi descrittivi e

interpretazione (sapere che io vedo alcune cose, ma ne potrei vedere anche altre, che le

interpreto in un modo, ma potrei anche interpretarle in altro modo) --> è essenziale

abbandonare l'idea fittizia di poter essere oggettivi nell'osservazione, e sapere che il nostro

rapporto con la realtà è sempre mediato dalle interpretazioni che noi diamo delle cose. Ma è

anche proprio questa divergenza di vedute che permette di avvicinarsi alla realtà --> ci si

avvicina all'intersoggettività, che consiste nel mettere insieme, sullo stesso piano, diverse

interpretazioni di una stessa cosa.

Cosa si può ricavare da un protocollo osservativo?

Prima di tutto si possono individuare le competenze del bambino. Nell'esempio: il bambino

gioca a livello simbolico e imitativo, in parte anche cooperativo, inoltre si accorge degli stati

d'animo altrui e li guarda con interesse (anche se ancora non è in grado di intervenire), quindi

ha competenze nella sfera socio-emotiva assolutamente nella norma. Il linguaggio però è poco

sviluppato.

Poi si può vedere cosa gli piace fare. Ha un bisogno molto forte di continuare a muoversi. Dal

punto di vista delle educatrici il bambino non è in grado di seguire le regole, di stare con gli

altri, di giocare in gruppo ecc. Però dal punto di vista del bambino ciò che gli piace moltissimo

è il gioco motorio. In presenza dell'osservatore il bambino non mostra comportamento

aggressivo (che secondo le educatrici di solito mostra, ed è normale secondo loro che non sia

aggressivo dato che sa di essere osservato). Però è anche vero che semplicemente lo sguardo

rivolto al bambino permette di restituirgli uno spazio suo, e quindi questo già soddisfa i suoi

bisogni, senza dover mettere in atto aggressività. Quindi qual è il consiglio che si può dare alle

educatrici per rispondere ai bisogni del bambino (che solitamente è troppo turbolento e

aggressivo)? il piano di intervento è duplice: come l'educatrice può relazionarsi al bambino in

modo non solo negativo (dirgli cosa non fare) ma anche positivo (riconoscere ciò che fa di

buono), e come può organizzare lo spazio per favorire il gioco motorio (che piace molto al

bambino). Questo asilo nido nello specifico, come molti asili nido, è molto strutturato, quindi i

bambini devono fare tutti lo stesso gioco deciso dalle educatrici e nello stesso momento.

Perché? Perché secondo le educatrici i bambini devono imparare a stare nel gruppo e

rispettare i limiti. Dato che comunque il bambino deve rispettare già una serie di norme in

vari momenti (ad esempio il momento del sonnellino, della merenda, di riporre i giochi nelle

scatole --> qua è importante che le regole siano rigorose), il gioco può anche non essere

imposto, e si può lasciare al bambino l'opportunità di seguire i suoi interessi. Così le educatrici

non devono sempre seguire i bambini e i bambini non sentono la frustrazione di dover fare

qualcosa che non vogliono.

Nel protocollo osservativo si deve sempre riportare l'età del bambino.

Protocollo di Sonia e Greta: la bambina è attratta dalle scarpe con i lacci in velcro e

l'educatrice incoraggia il gioco della bambina e la coinvolge. Questa interazione è di tipo

diadico (adulto-bambino), faccia a faccia, esclusiva. Vi è inoltre molta enfasi verbale,

entusiasmo da parte dell'adulto, gli presta attenzione, basandosi sulla convinzione che così il

bambino sarà più ingaggiato e sicuro nell'esplorazione. Questo tipo di interazione è

tipicamente occidentale. Nelle comunità a orientamento collettivista invece difficilmente si

trova una interazione di questo tipo, dato che lì i bambini imparano tramite imitazione e

interazione con i pari, e non tanto con il riferimento sociale. La bambina del protocollo ha

buone capacità di comprensione verbale e capacità fisiche sviluppate (comprende lo schema

motorio necessario per slacciare e riallacciare il velcro).

[Questo sul manuale Rogoff]

Quali sono i modelli che nel tempo hanno cercato di spiegare lo sviluppo del bambino

considerando anche il contesto in cui cresce? Rogoff cerca di delineare quali sono questi

modelli: 1) Whiting e Whiting: cercano di studiare lo sviluppo in relazione all'ambiente, la

storia, i sistemi di sussistenza, e l'ambiente di apprendimento del bambino. Tuttavia si

presuppone una certa direzione di causalità, cioè un rapporto di causa-effetto lineare tra i

diversi fattori. Quindi pensando che l'ambiente determina un certo tipo di sviluppo, si suppone

che questi fattori esistono indipendentemente l'uno dall'altro. 2) teoria ecologica di

Brof

Dettagli
A.A. 2017-2018
33 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mariasole.genovesi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia interculturale della cooperazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Agliati Alessia.