Pedagogia - il bullismo
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ed escluse non si differenziano in modo significativo dalle corrispondenti percentuali relative ai
maschi. Anche nella scuola media esistono scuole in cui le femmine sono esposte al bullismo diretto
in numero uguale o addirittura maggiore rispetto a quello dei maschi.
Altrettanto importante è un altro risultato emerso dallo studio di Bergen: i maschi sono per gran
parte responsabili bel bullismo rivolto alle femmine. Più del 60% delle femmine prevaricate ( dalla
quinta elementare alla prima media) ha riportato di essere principalmente vittimizzata dai maschi;
un altro 15-20% ha affermato di essere stato vittimizzato da entrambi, maschi e femmine. La
maggioranza dei maschi, più dell’80%, ha riportato di essere stata vittimizzata principalmente dai
maschi.
In linea generale si è notato che le femmine adottano modalità di molestia più sottili e indirette,
basate sull’astuzia piuttosto che sulla forza fisica: calunniare, disturbare, fare rumore, alterare i
rapporti di amicizia (per esempio riuscire ad allontanare una ragazza dalla sua migliore amica). La
loro “crudeltà” non si trasforma in spettacolo, come avviene tra maschi, ma viene piuttosto agita
dietro le quinte, in modo invisibile. Il motivo scatenante solitamente è un puro pretesto.
Riassumendo, i maschi, rispetto alle femmine, sono più spesso vittime e perpetratori di forme di
bullismo diretto. I risultati finora presentati non devono tuttavia portare a trascurare il problema del
bullismo femminile, che merita comunque attenzione al fine di contrastarne l’espansione nelle sue
diverse forme. Va notato a tale proposito che le ragazze sono esposte al bullismo indiretto nella
stessa misura in cui lo sono i maschi. Inoltre è possibile che alcune delle modalità usate dalle
femmine, per il fatto di essere particolarmente sottili, non siano ancora state individuate.
Per ciò che invece concerne il luogo in cui vengono perpetrate le azioni di prevaricazione, i risultati
degli studi condotti in dieci scuole di Stoccolma alla fine degli anni ’70 permettono di sfatare
l’ipotesi secondo cui il bullismo sia più frequente nelle classi numerose; mentre gli studi condotti in
Norvegia e in Svezia evidenziano come gli studenti prevaricati a scuola siano risultati il doppio di
quelli prevaricati nel tragitto tra casa e scuola.
Lo studio di Bergen ha anche fornito dati utili per verificare l’influenza della supervisione operata
dagli adulti sul fenomeno del bullismo a scuola durante l’intervallo delle lezioni e l’orario della
mensa. I risultati ottenuti nelle circa quaranta scuole elementari e medie che hanno partecipato allo
studio indicano che tale variabile gioca un ruolo significativo: maggiore è il numero di insegnanti
impegnati nell’opera di supervisione, minore è la consistenza del fenomeno. Subentra quindi
l’esigenza di disporre di un numero sufficiente di adulti che controlli gli studenti durante gli
intervalli (a condizione che gli adulti abbiano la volontà e le capacità di intervenire durante il
verificarsi di episodi di bullismo).
Risulta inoltre che gli atteggiamenti e i comportamenti degli insegnanti verso il bullismo hanno più
importanza nella dimensione della scuola e della classe. E’ perciò necessario specificare quali sono
le componenti di tali atteggiamenti e comportamenti che risultano essere maggiormente
significative.
LA STABILITA’ DEL BULLISMO NEL TEMPO
Gli studi condotti in Svezia mostrano che gli studenti prevaricati per un certo periodo di tempo
tendono ad esserlo per diversi anni. Allo stesso modo gli studenti che tendono essere aggressivi con
i loro coetanei in un determinato periodo, tendono ad esserlo anche successivamente, a distanza di
un certo arco di tempo.
Il fatto che il comportamento aggressivo sia una caratteristica individuale piuttosto stabile è stato
confermato in diversi studi americani e inglesi. I risultati della ricerca conducono dunque alla
seguente conclusione: essere un bullo o una vittima è qualcosa che può durare a lungo, a volte
anche diversi anni. Sia nel bullismo diretto che in quello indiretto l’obiettivo è quello di continuare
nell’intimidazione fisica o psicologica fino ad arrivare alla vera molestia e all’abuso.
Non si deve peraltro ritenere che sia impossibile diminuire significante l’entità del fenomeno del
bullismo nelle scuole o nelle classi, né che sia impossibile per le vittime o per i bulli cambiare
“spontaneamente” la propria situazione o il proprio comportamento. Tuttavia l’interpretazione più
frequentemente data ai risultati delle ricerche è che la vittima del bullismo spesso si trova in
difficoltà per un lungo periodo di tempo e le sue probabilità di sottrarsi a questa situazione sono
minime, anche se il suo impegno sarà forte e costante.
Per ciò che riguarda il bullo è stata coniata l’espressione serial bully per indicare una personalità le
cui caratteristiche determinano un quadro comportamentale abbastanza ben definito nel tempo. Il
serial bully è un soggetto per lo più egoista, insensibile, pronto a ricorrere a strategie e minacce per
controllare e soggiogare; impedisce per lo più agli altri di lavorare seriamente, non è capace di
concentrarsi a lungo e mette in atto comportamenti immaturi. Sue caratteristiche distintive sono il
rifiuto per le regole, l’incapacità di sopportare qualsiasi frustrazione, la tendenza di agire
impulsivamente e l’incapacità di instaurare relazioni durevoli.
IL RUOLO DELLE CARRATTERISTICHE ESTERIORI
Quando li si interroga sul perché certi bambini sono prevaricatori, gli studenti tendono a citare
alcune delle sue caratteristiche esteriori negative come l’obesità, gli occhiali, i capelli rossi o un
insolito dialetto. Tuttavia, ricerche condotte su due gruppi di ragazzi non hanno confermato questa
spiegazione. Nel complesso, le vittime non risultavano avere caratteristiche esteriori anomale
rispetto al gruppo di controllo costituito dai ragazzi non prevaricati. L’unico contrassegno esteriore
che differenzia i due gruppi è la forza fisica: le vittime sono solitamente più deboli rispetto ai
ragazzi in generale (mentre i bulli sono più forti della media e, in particolare, delle vittime).
E’ interessante cercare di spiegare perché viene comunemente attribuita una notevole importanza
alle caratteristiche esteriori. Le ragioni sono certamente molteplici. Per prima cosa, lo studio citato
indica che approssimativamente il 75% degli studenti del gruppo di controllo presenta un qualche
tratto esteriore “anomalo”. Ciò significa che quasi tutti abbiamo delle anomalie e che, di
conseguenza, chiunque le ricerchi nelle vittime come spiegazione del loro ruolo non avrà difficoltà
a trovarne molte, confermando così questo pregiudizio.
Un’altra ragione è che è difficile non accorgersi di quei ragazzi che hanno i capelli rossi, che sono
in soprappeso o che portano gli occhiali e che non sono prevaricati. Infine un bullo, probabilmente,
approfitterà delle possibili anomalie esteriori della vittima per fornire una “giustificazione” al
proprio comportamento, ma ciò non significa che esse siano la causa del fenomeno.
Si può dunque concludere che i tratti estetici giocano un ruolo di gran lunga minore nell’origine del
bullismo rispetto a quanto viene generalmente ipotizzato; ciò tuttavia non esclude che alcuni di essi
possano essere stati determinati in casi particolari.
CARATTERISTICHE DELA VITTIMA
Dagli studi sull’argomento è emersa una descrizione relativamente chiare della vittima.
Le vittime prescelte sono quasi sempre bambini tranquilli, riservati, sensibili, con una certa facilità
al pianto. Piuttosto schivi e timorosi, tendono a non reagire. Non fanno come i compagni più
aggressivi che, non appena vengono spintonati, reagiscono subito. Al massimo piagnucolano o
aspettano di essere difese dal genitore o dall’insegnante. Questa passività li indica come facile
bersaglio per i più aggressivi, che li giudicano incapaci, pavidi. E quindi meritevoli dei loro scherzi.
Le vittime sono, in genere, più ansiose e insicure degli studenti in generale. Le vittime soffrono
anche di scarsa autostima e hanno un’opinione negativa di sé e della propria situazione. Spesso sui
considerano fallite e si sentono stupide, timide, poco attraenti. Solitamente vivono a scuola una
situazione di solitudine e di abbandono. Di regola non hanno un buon amico in classe. Non sono
soggetti aggressivi, né molesti; per questo non si può spiegare il bullismo attribuendolo alle
provocazioni delle vittime stesse. Spesso questi ragazzi hanno un atteggiamento negativo verso la
violenza e l’uso di mezzi violenti. Questo tipo di vittima viene definita passiva o sottomessa.
Riassumendo, sembra che il comportamento e l’atteggiamento delle vittime passive segnalino agli
altri insicurezza, incapacità, impossibilità di reagire di fronte agli insulti ricevuti. E’ possibile
descrivere le vittime passive come caratterizzate da un modulo reattivo ansioso o sottomesso,
associato alla debolezza fisica.
Interviste più approfondite con i genitori di questi tipi di ragazzi rivelano che essi presentavano fin
dai primi anni dell’infanzia un atteggiamento piuttosto prudente e un’accentuata sensibilità. Ragazzi
con tali caratteristiche hanno probabilmente difficoltà ad affermare se stessi nel gruppo dei coetanei.
Ci sono perciò buone ragioni per credere che queste peculiarità contribuiscano a renderli vittime del
bullismo.
Alcuni dati indicano che le vittime hanno avuto nella prima infanzia, rispetto ai ragazzi in generale,
rapporti più intimi e positivi con i propri genitori, in particolare con la madre. Questo rapporto
stretto è talvolta percepito degli insegnanti come espressione di iper-protezione. E’ ragionevole
ipotizzare che le tendenze verso l’iper-protezione siano allo stesso tempo causa e conseguenza del
bullismo.
Esiste un altro gruppo di vittime, le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di
entrambi i moduli reattivi, quello ansioso e quello aggressivo. I tratta di bambini irrequieti, che
tendono a creare tensione e si comportano in modo irritante anche con gli adulti. Molto impulsivi,
sono sempre pronti a intervenire, a controbattere, a reagire ma in modo poco efficace, diventando
così facili vittime per i compagni più prepotenti e più determinati di loro. Questi studenti hanno
spesso problemi di concentrazione; alcuni di questi possono essere definiti iperattivi. Non è raro che
il loro comportamento provochi reazione negative da parte di tutti i compagni o della classe.
Le dinamiche del bullismo connesse alla presenza di vittime provocatrici differiscono in parte da
quelle che coinvolgono vittime passive. Il primo tipo di vittima, rispetto ai compagni non
prevaricati, risulta maggiormente esposto al rischio di depressione e sviluppa una scarsa autostima
come esito di passate e persistenti prevaricazioni.
La maggior parte degli studenti confida nell’aiuto dell’adulto, nonostante lamenti che questi
interventi sono inefficaci ed infrequenti e che anche quelli efficaci incrementano gli atti di bullismo.
Gli insegnati a scuola, i genitori a casa, raramente affrontano il problema del bullismo,
considerandolo solo un modo innocuo per farsi valere; ciò almeno finché l’intimidazione verbale e
psicologica non si tramuti in violenza fisica o fino a quando la vittima non mostri i sintomi della
cosiddetta sindrome post-traumatica da stress.
COME AIUTARE IL BULLO
Gli alunni che sono stati insistentemente vittime di comportamenti vessatori hanno più probabilità,
da adulti, di soffrire di episodi depressivi. In certi casi, e in numero ristretto, il subire
comportamenti intimidatori e prepotenti può mettere in serio pericolo di vita, portando lesioni gravi
o persino alla morte. Se tali comportamenti non vengono ostacolati, il bullismo tende a diffondersi:
altri alunni potrebbero imparare che comportarsi in modo prepotente è un modo efficace e rapido
per ottenere quello che si vuole e la prepotenza può permeare le relazioni tra i compagni ed essere
accettata come normale.
Gli alunni che hanno sistematicamente soprafatto in vario modo gli altri hanno più probabilità da
adulti di venite condannati per comportamenti antisociali. E’ necessario dunque fermare i bulli. Se
infatti non venissero dissuasi, potrebbero continuare ad utilizzare tattiche intimidatorie e aggressive
nelle loro relazioni interpersonali. Al contrario, il bambino prepotente deve arrivare a capire di
avere sbagliato e pertanto voler cambiare di sua spontanea volontà.
Le costrizioni, le punizioni fisiche o in generale il ricorso a mezzi violenti per migliorare la figura
del bullo possono solo peggiorare la situazione. Pertanto, quando si lavora con questo tipo di
bambini, è necessario:
mantenere la calma;
• cercare di capire che cosa li disturba;
• chiedere se a loro volta essi sono o sono stati vittime di bulli;
• scoprire se sono consapevoli delle conseguenza delle loro azioni;
• cercare di migliorare il loro comportamento anche attraverso rinforzi positivi (ad esempio
• figurine, caramelle…);
raccogliere informazioni grazie alla collaborazione dei genitori del bullo;
• interventi di counselling; il counseling consiste in una relazione di aiuto tra una persona che
• riveste il ruolo di counsellor ed un'altra che riveste il ruolo di “cliente”. Questa tecnica aiuta
la persona a capire e a rispondere ai propri bisogni, a gestire e a risolvere problemi. L’aiuto
va inteso come un processo che rende possibile la riattivazione delle risorse personali del
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