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Queste estasi sono oggetto di controversia. Aldilà della posizione che su questa
controversia si assume, resta il fatto che per l'uomo la decisione di intraprendere o
meno questi viaggi rientra nella sfera del noetico, ovvero della coscienza e del
pensiero. A meno che non sia indotta dall'esterno della persona, direttamente dal
divino.
2.Il mito
Nel XIX secolo la parola mito era associata ai significati di favola, invenzione, e
finzione. Nella seconda metà del XX secolo gli studiosi hanno riscoperto il significato
che è presente nelle società tradizionali o preletterarie, ovvero quello che designa una
storia vera, esemplare e significativa. Non esiste però un'unica definizione sia perché il
mito è una realtà culturale molto complessa, sia perché gli approcci ad esso delle
diverse discipline sono solo parzialmente sovrapponibili in quanto essenzialmente
complementari. Eliade ha proposto una definizione di mito “ il mito narra una storia
sacra; riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel tempo primordiale, il tempo
glorioso delle origini. In altre parole il mito narra una realtà venuta ad esistenza, o
solamente di un frammento di realtà. Il mito parla solo di ciò che è realmente
accaduto, cio che si è pienamente manifestato. I personaggi dei miti sono esseri
soprannaturali; i miti rivelano quindi la loro attività creatrice e svelano la sacralità nel
mondo. È questa eruzione del sacro che fonda realmente il mondo e che lo fa come è
oggi.” Questa definizione consente di comprendere che il mito non parla solo delle
origini del mondo, ma anche degli avvenimenti accaduti nel passato e che sono
responsabili della condizione umana odierna. Ovvero del fatto che l'uomo immortale,
sessuato, sociale è condannato a lavorare per sopravvivere e per realizzare
compiutamente la sua condizione umana. Per le loro caratteristiche i miti fondano una
tradizione, forniscono all'uomo dei modelli di comportamento e un senso al suo essere
nel mondo. Sono quindi ben lontani dall'essere qualcosa di puerile ed esistono per
ricordare all'uomo l'esistenza di un mondo divino diverso da quello profano.
Vi sono diversi tipi di miti che oltre a rilevare ciò che è stato fatto nell'antichità, hanno
anche un'altra funzione. Questi miti vengono chiamati della polarità, che rivelano da
un lato l'esistenza di molte figure mitiche e divine di due personalità diverse che
provengono però da un unico principio e che, in numerosi racconti mitici, sono
destinate a riconciliarsi in momenti diversi o contemporaneamente.
Sopravvivenza del mito nel mondo moderno
Apparentemente il mondo moderno non è ricco di miti, anche se nascosti, molti di essi
sopravvivono. Il caso più eclatante di sopravvivenza dei miti è costituito nel novecento
dal marxismo e dal nazismo.
Per Marx, la società senza classi e la conseguente scomparsa delle tensioni storiche,
trovano il loro esatto precedente nel mito dell'età dell'oro, che secondo le tradizioni
caratterizza l’inizio e la fine della storia. Marx ha arricchito questo mito di tutta
un'ideologia: da una parte il ruolo profetico del proletariato; dall'altra la lotta tra il
bene e il male. Come osserva Eliade se paragonata a quella comunista, caratterizzata
da grandezza e vigoroso ottimismo, la mitologia adottata dal nazionalsocialismo,
appare stranamente maldestra: non soltanto a causa delle limitazioni stesse del mito
razzista, ma soprattutto grazie al pessimismo fondamentale della mitologia
germanica.
Tracce e travestimenti di miti sono rintracciabili nella quotidianità della vita sociale.
Basta osservare il significato sottostante ad alcune feste, come quella del Capodanno
o quelle per la nascita di un bimbo, per scoprire che essi rinviano alla necessità di un
incipit vita nova ovvero di una rigenerazione totale.
Questi temi mitici che sopravvivono nella modernità non sono facilmente decifrabili a
causa della secolarizzazione e della desacralizzazione che caratterizzano la cultura
della società moderna e quindi la vita delle persone.
Tornando ai grandi temi si deve sottolineare la presenza nelle società moderne del
tema mitico del ritorno alle origini. Non a caso ogni grande innovazione è stata sempre
presentata come un ritorno alle origini. La riforma, ad esempio si presenta come un
ritorno alla Bibbia e alla Chiesa primitiva.
Nel 19º secolo le nazioni europee cercavano la propria nobiltà nella loro antica storia.
La stessa ossessione per il successo presente nell'attuale cultura sociale rivelerebbe il
desiderio scuro di trascendimento dei limiti della condizione umana, così come la
passione per il romanzo sostituirebbe la narrazione dei miti e delle leggende nella
società popolari tradizionali. La stessa arte contemporanea fatta di eccessi, di
provocazioni, rappresenta per le elites culturali il passaggio iniziatico a minoranza
segreta, un'aristocrazia che è in grado di decifrare il senso occulto presente nelle
distruzioni dei linguaggi artistici tradizionali operate dall'arte contemporanea.
Immagine
Parlando del simbolo lo si è più volte posto in relazione con l'immagine perché, come
ricorda Eliade, il simbolo non funziona su oggetti, ma su immagini; come sottolinea
Vidal noi cominciamo ad aprire gli spazi dell'esistenza simbolica quando le realtà che
ci circondano o quelle che ci abitano cessano di essere oggetti e diventano immagini.
Questo passaggio dall'oggetto all'immagine fa sì che la realtà che viene trasformata in
immagine diviene più duttile e dinamica, mentre l'oggetto che la origina diviene un
principio di unità e totalità. L'immagine invita ad andare oltre l'oggetto attraverso due
movimenti:
• il primo è quello che consente alla persona l'unità con se stessa, l'essere se
stessa;
• il secondo è quello che conduce la persona verso l'appartenenza alla totalità, ad
essere altro da se stessa.
Secondo Vidal questo è possibile perché l'immagine respira: essa ha un inspiro, cioè
un'inspirazione nella misura in cui essa riguarda questa unità, ed un respiro, cioè
un'espirazione nella misura in cui rimanda la totalità.
Quando le immagini producono il processo dinamico di unità e totalità riescono a
risvegliare la coscienza, a collegare nell'esperienza dell'uomo il mondo esteriore con
quello interiore e quindi liberare la creatività dell'uomo. Per Eliade l'immagine è una
rappresentazione, un'imitazione di un modello esemplare che viene continuamente
attualizzato attraverso l'immaginazione, e cioè attraverso la facoltà di rappresentare
cose non date attualmente alla sensazione.
Sul piano etimologico immaginazione è solidale con imago, rappresentazione,
imitazione. Di solito poi l'immagine non è portatrice di un solo significato, ma di un
fascio di significati reciprocamente interdipendenti anche se appartenenti a piani
diversi. L'immagine appartiene allo stesso piano conoscitivo del mito anche se ne
differisce profondamente, perché l'uno è discorso e l'altra rappresentazione. Un
esempio di immagine è costituito da quello della madre che ha in sé il ricordo di una
esistenza beatifica già vissuta dall'umanità, anche solo come promessa. L'immagine
della madre non è traducibile in discorso perché se lo si fa si rischia di banalizzarla, di
degradarla evidenziando solo alcuni aspetti escludendone altri.
Parlando dell'immaginazione è necessario anche sottolineare che nel pensiero
dell'Occidente, in particolare in quello filosofico, essa è spesso ritenuta una maestra di
errori. Questo perché spesso si confonde l'immaginazione con la fantasticheria. La
fantasticheria non è null'altro che la proiezione dei propri desideri, delle
compensazioni delle proprie frustrazioni e insoddisfazioni, in cui i propri desideri sono
appagati, le proprie frustrazioni vendicate e le proprie insoddisfazioni soddisfatte.
Il fantasticare introduce l'esperienza della follia perché non aiuta ad affrontare in modo
costruttivo evolutivo né proprio mondo interiore né quello esteriore, ma porta solo la
persona in un mondo irreale.
Questo accade perché le immagini per aprire alla conoscenza devono essere radicate
nell'immaginario, debbono cioè essere rinviate alle loro radici di realtà.
Bachelard sostiene che queste radici di realtà sono raggiungibili attraverso le quattro
immagini fondamentali: l'acqua, il fuoco, la terra e l'aria.
Vidal per illustrare queste quattro immagine si serve dell'opera di quattro grandi
maestri della pittura:
per l'acqua prende Paul Delvaux. I suoi dipinti sono quasi tutti soggetti
acquatici. Egli ci offre una poetica dell'immagine la cui radice è l'acqua.
Per il fuoco si pensa subito a Vincent Vang Gogh. Egli è un pittore solare. Egli
dipinge paesaggi solari, la sua radice di realtà è probabilmente attraverso il
sole.
Per la terra, prendiamo come esempio Paul Cezanne. Egli fa intervenire le
dimensioni terrestri, la sua massa, il suo volume.
Infine per l'aria, prendiamo Marc Chagall. Egli è chiaramente un pittore aereo.
Questo processo di consmicizzazione quattro volte articolate anche detto processo di
umanizzazione. È l’uomo in effetti che prende il materiale immagine e che lo
restituisce in una creazione in immaginario. È l’artista che attualizza l'esperienza del
simbolo in un processo di movimenti. Vidal sostiene che queste immagini in quanto
profane, non sono condotte sino al punto in cui incontra nel sacro, e quindi diventano
simboli. Per lui le immagini divengono simboli solo quando accettano di essere
religiose.
Rito
La parola rito deriva dalla parola il cui significato è quello di ordine immanente nel
cosmo. Il rito mette in rapporto l’uomo con le leggi del cosmo. Il rito ha sempre un
carattere collettivo, ripetitivo ed efficace che consiste nella prescrizione all'uomo del
comportamento adeguato in relazione al sacro al fine di metterlo in relazione con il
divino. Esso si sviluppa all'interno di una struttura simbolica che consente di entrare in
una relazione vitale con il divino, con Dio. Occorre sottolineare che l'azione rituale
possiede anche una dimensione sociale che svolge la funzione di rinsaldare i legami
sociali tra gli individui che vivono l'esperienza religiosa e la comunità che pratica
quella particolare religione. Nonostante questo il rito non è r