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Clotilde Pontecorvo.
Laureata in filosofia, visse nel 20° secolo, si interessa per i temi del curricolo (competenze, conoscenze,
abilità) e dell’interazione verbale dei processi cognitivi (eventi necessari alla formazione di un contenuto di
conoscenza).
La psicologia dell’educazione affronta temi relativi all’educazione: i due settori più studiati sono ciò che
concerne lo sviluppo e l’apprendimento; tra i temi emergenti vediamo l’interazione tra contenuti curricolari
e processi cognitivi. L’autrice mostra come l’oggetto della psicologia dell’educazione sia vario, e possa
essere affrontato secondo punti di vista differenti. Pontecorvo ha proposto un confronto tra due manuali di
psicologia dell’educazione: il primo manuale (di De Cecco) è costruito in riferimento ad un modello di
insegnamento, si parte dagli obiettivi dell’istruzione, si esamina lo studente, e si presentano metodi di
valutazione del profitto. Qui è presente l’impostazione teorica “tecnologica” degli anni 60, in cui vi è la
centralità del rinforzo e la fiducia di poter manipolare tutte le variabili del processo. In questo tipo di
impostazione, manca la considerazione del processo di acquisizione della conoscenza dell’allievo inteso
come soggetto che si sta costruendo abilità, conoscenze, procedimenti. Il secondo manuale (di Ausubel)
parte dalle modalità in cui può aver luogo l’apprendimento scolastico, e prende carico dei problemi relativi 9
all’insegnamento solo come diretta conseguenza della psicologia che ha studiato le aree interessate dal
contesto educativo. Questo manuale fa riferimento ad una teoria, sviluppa una linea coerente, basata su una
teoria cognitiva dell’apprendimento verbale significativo. Il punto di vista che prevale in questi manuali, è
quello offerto dagli studi psicologici in generale, la memoria, l’apprendimento, la percezione, il pensiero,
vengono sintetizzati e riferiti al contesto educativo: questo è il segno che non si è ancora realizzata la
condizione necessaria (già per Dewey) per una ricerca sull’educazione, ovvero affrontare i problemi posti
dalle pratiche educative. La prospettiva scelta dall’autrice si colloca all’interno della corrente cognitivista,
attenta al processo di costruzione della conoscenza; viene sottolineata l’importanza del contesto interattivo,
tipico della situazione educativa a scuola, si tratta dell’interazione tra lo studio psicologico della cognizione e
gli obiettivi della trasmissione culturale (in cui avviene l’incontro tra cognizione e conoscenza). Tale
prospettiva può essere integrata da studi riguardanti i processi cognitivi di base (memoria, comprensione), le
fasi evolutive dello sviluppo, e per quanto riguarda la programmazione didattica, la valutazione del
rendimento scolastico. L’autrice evidenzia inoltre il modo in cui i temi curricolari contribuiscono allo sviluppo
cognitivo del soggetto.
Vittorio Capecchi.
Laureato in economia, visse nel 20° secolo, le sue ricerche sono indirizzate ai problemi metodologici
generali, alla stratificazione sociale, allo sviluppo economico e al mercato del lavoro, alla sociologia dei
mezzi di comunicazione di massa.
L’autore analizza gli ultimi cambiamenti avvenuti nella ricerca sociologica, in campo educativo, e parte dalla
descrizione di due modelli storici, utilizzati per interpretare la scuola e i processi formativi. Uno è il modello
tecnocratico (scuola valida se si trasmettono la scienza e le tecnologie) e l’altro è il modello delle classi
sociali (scuola valida se si diminuisce la disuguaglianza sociale). Mentre col tempo il modello tecnocratico si
è rafforzato, quello delle classi sociali è andato in crisi, dovuta alle elaborazioni di un soggetto emergente: la
donna, che riflette su se stessa e il mondo. Esse pongono degli interrogativi che svelano come quei modelli
fossero di carattere maschile, e comportassero l’espulsione del genere femminile. Gli elementi portanti del
modello tecnocratico maschile sono: 1. il sistema scolastico è valutato in base a come riesce ad adeguare
la trasmissione delle conoscenze alle esigenze del sistema occupazionale; 2. la durata del percorso
scolastico aumenta, poiché sono richieste sempre maggiori qualificazioni; 3. i contenuti privilegiati sono
quelli di tipo tecnico-scientifico, che devono stare al passo con la scienza e con il sistema occupazionale. In
passato questo modello è stato criticato in quanto nasconde i conflitti tra le classi sociali e ha provocato
troppi titoli di studio rispetto a un numero ristretto di occupazioni; oggi il modello si è rafforzato, c’è stato un
grande salto tecnologico che ha interessato la maggior parte delle professioni. Gli elementi portanti del
modello delle classi sociali maschile: 1. il sistema scolastico è valutato in base a come riesca a diminuire
le disuguaglianze sociali; 2. è rilevante la durata del percorso scolastico così che le classi sociali meno
elevate possano raggiungere livelli di istruzione elevati; 3. Contenuti di tipo tecnico-scientifico devono essere
affiancati a quelli di tipo socio-economico. La presenza di questo modello ha portato a riflessioni e a pratiche
didattiche alternative, come i doposcuola di classe e la conquista delle 150 ore da parte del sindacato
italiano, all’interno delle quali i contenuti sono trasmessi dal punto di vista della classe operaia.
Bruno Bellerate.
Laureato in filosofia, visse e vive nel 20° secolo.
L’autore parte afferma che la storia ha una precisa funzione in rapporto alle scienze dell’educazione: egli
sostiene che sia fallimentare uno studio che rifiuti di tener conto del passato. Quasi tutti gli interessati, per
quanto riguarda i contenuti, hanno ammesso un duplice ambito di indagine della disciplina, quello relativo
alla storia del pensiero pedagogico e quello relativo alla storia delle istituzioni educative, senza tener
conto di un terzo settore di indagine storica di ispirazione sociologica. La prima comprende i singoli autori,
le correnti ideologiche, e l’esame di problemi e tematiche da un punto di vista della teoria educativa; la
seconda comprende indicativamente la famiglia, la scuola, la Chiesa, lo Stato, le ultime due viste come
istituzioni promotrici dell’educazione e detentori di ideologie; la terza è la sfera in cui convergono elementi
dei due precedenti, che serve a puntualizzare la situazione e l’incidenza delle idee e dell’azione educativa 10
dei singoli e delle istituzioni. L’autore passa poi agli aspetti metodologici della ricerca storica in campo
educativo (suggerendo il testo di Brickman), e il primo principio a cui lo studioso deve attenersi è quello della
distinzione del punto di vista della ricerca da quello valutativo: questo è legato dalle posizioni ideologiche
dello studioso, che possono influenzare la ricerca, per questo è bene fare un lavoro in collaborazione tra
persone con ideologie diverse. Un’altra direttiva per un buon lavoro storico, è per esempio nel caso dello
studio di un pedagogista straniero, di leggere in lingua originale le sue opere, perché la traduzione potrebbe
non essere esatta, inoltre è necessario inquadrano l’ambiente socio-culturale in cui i testi sono nati. Bellerate
sottolinea le tre principali dimensioni della ricerca storica: euristico-filologica, genetico-evolutiva,
sintetico-critica. La prima dimensione include la ricerca bibliografica, delle fonti e del materiale, inoltre
bisogna avere conoscenza delle discipline ausiliarie per giustificare la propria ricerca. La seconda
dimensione prevede lo studio delle origini e le dipendenze del proprio oggetto di studio, inoltre prevede lo
sviluppo delle idee o delle realizzazioni sulla base cronologica dei documenti a disposizione. La terza
dimensione riguarda il problema delle scelte, poiché non tutto ciò che si è scoperto può rientrare nella sintesi
finale del lavoro, e anche la valutazione (la critica può essere interna o esterna).
Gaston Mialaret.
Mialaret fa un’analisi della nozione “pedagogia sperimentale” in modo analitico, spiegando cosa si intenda
col termine pedagogia e col termine sperimentale, poiché secondo lui molte discussioni a proposito della
pedagogia scientifica hanno origine dalla confusione dei termini impiegati. L’educazione (come dice
Durkheim) è un’azione esercitata da una persona o da un gruppo su un individuo o su un gruppo, ed è sia il
punto di partenza e di arrivo di una riflessione: quindi la pedagogia appare come una riflessione
sull’educazione. Tale riflessione può essere condotta sia a livello filosofico (impostare e discutere i fini
dell’educazione) che secondo criteri scientifici (se l’educazione è un’azione, è possibile studiare in modo
scientifico le sua condizioni). Educazione e pedagogia rappresentano rispettivamente l’aspetto pratico e
l’aspetto teorico di uno stesso processo, e sono quindi inseparabili. Occorre fare anche una distinzione tra
pedagogia scientifica e quella sperimentale: la prima (di cui l’esponente è la Montessori) accetta da una
disciplina scientifica principi e modi di azione, e li trasferisce in campo educativo; con la seconda si intende
costruire, su basi scientifiche, un insieme di conoscenze specifiche del settore educativo. Pare che vi sia una
continuità tra la pratica pedagogica, la riflessione e la pedagogia sperimentale; quest’ultima, per arrivare a
conseguire risultati apprezzabili dal punto di vista scientifico, deve dotarsi di veri laboratori in cui fare
esperimenti. I risultati che si possono ottenere nei laboratori, dovrebbero consentire di arrivare a formulare
una “didattica sperimentale”, cioè una serie di conoscenze scientifiche sul processo di
insegnamento/apprendimento fondamentali per la formazione degli insegnanti e nel fornire l’azione didattica
di strumenti e tecniche.
Egle Becchi.
Laureata in filosofia, visse e vive nel 20° secolo, i temi di ricerca sono l’analisi della ricerca educativa dal
punto di vista metodologico, i problemi di storiografia dell’educazione, l’analisi delle dinamiche educative
della prima infanzia.
Nel testo analizza la nascita e le caratteristiche della pedagogia sperimentale americana, le cui origini sono
riconducibili alla cultura europea di fine 800, ma lo sviluppo maggiore è dovuto agli studiosi statunitensi. Ai
suoi esordi, la pedagogia nasce nella scuola, e si sviluppa come controllo delle attività degli allievi e dei loro
errori, affrontati con mezzi di emergenza dai maestri stessi. Infatti l’orientamento applicativo in situazioni
scolastiche è stato uno degli elementi di forza delle sperimentazioni negli USA: qui il primo capitolo dello
sperimentalismo pedagogico coincide con gli inizi dei test scolastici, si tratta di un’impostazi