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Con il termine “ricerca” si indica l'attività razionale rivolta a scoprire qualcosa, che sorge
da un dubbio, facendo ricorso alla ragione. Un'incertezza non basta per avviare una ricerca, è
necessario che questa venga tradotta in un problema. La formulazione di un problema consiste
nella traduzione della difficoltà in un linguaggio. L'identità e la specificità della ricerca si basano
sull'identità e la specificità dei problemi che essa affronta. Il ricercatore elabora un sistema logico
che serve a ordinare l'area di problematicità della ricerca, istituendo connessioni tra i dati
posseduti, per dare risposta ai problemi posti. In questo modo produce teorie. La teoria è un
linguaggio che parla di oggetti specifici.
L'identità e specificità di una disciplina.
Secondo Popper ogni ricerca è tenuta a utilizzare strumenti, procedimenti e tecniche che si
riferiscano al genere di problemi di volta in volta affrontati, variando quindi da disciplina a
disciplina. Le caratteristiche costitutive della disciplina sono le seguenti. 1) Ogni disciplina è la
ricerca relativa a un inseme di problemi e solo successivamente diviene un repertorio di soluzioni.
2) I problemi che costituiscono la disciplina sorgono in relazione a certi dubbi relativi a certi settori
dell'esperienza dell'individuo. 3) I problemi sono sempre posti da qualcuno e in determinate
condizioni. 4) La ricerca si struttura in relazione ai problemi. 5) La disciplina non può essere
considerata un luogo di scoperta di un'area di oggettualità di per sé sussistente. 6) L'identità e la
specificità di una disciplina si basa sull'identità e la specificità dei problemi che tenta di risolvere.
L'educazione in quanto problema della pedagogia.
La costante in grado di fare da criterio per identificare la pedagogia e di definirla, può
essere indicata nel problema da cui la ricerca pedagogica trae origine. Il problema sorge in
relazione a dubbi, incertezze in cui un soggetto incorre riguardo il come educare un altro soggetto.
La domanda da porsi è: come agire per provocare un miglioramento nell'educando?
Una definizione di massima della pedagogia.
Il problema da cui la ricerca pedagogica trae origine è il problema relativo al controllo
razionale dell'agire finalizzato a realizzare l'educazione, ovvero le azioni educative. È necessario
rendere razionali queste azioni, per sottrarli alla parzialità, casualità, improvvisazione.
La pedagogia disciplina pratica.
Poiché la sua area di problematicità riguarda l'agire e non il conoscere, la pedagogia è una
disciplina pratica e non teoretica. Le discipline teoretiche svolgono le funzioni conoscitive del
descrivere, dello spiegare e, talvolta, del prevedere. Le discipline pratiche rispondono invece a
domande relative a cosa fare, a quali azioni compiere. Mirano a stabilire quali fini è bene perseguire
e quali mezzi siano adatti a perseguire quei fini. Sono discipline pratiche, ad esempio, l'etica e la
politica. Considerare qualcosa un “bene” significa valutarlo positivamente, significa attribuirgli un
valore. L'etica e la politica non si occupano di fatti, ma di valori. La differenza è che mentre i fatti
sono predisposti a un accertamento, i valori sono sempre il risultato di valutazioni personali: sono
ciò che qualche soggetto o gruppo apprezza. Questo non significa che dei valori non si possa dare
una descrizione o una spiegazione. I giudizi su ciò che ha valore sono controversi e spesso
inconciliabili. Ogni valore, in quanto espressione di approvazione, indica un obbligo. I giudizi di
valore assumono un carattere normativo. Di qui la costituzione direttiva delle discipline pratiche:
ogni disciplina pratica produce direttive, regole, relative a ciò che si deve fare per realizzare certi
valori. La pedagogia è una disciplina pratica, ergo è una disciplina normativa.
“Educazione”
Che cos'è l'educazione?
Per rispondere a tale domanda bisogna stabilire: a) dove cercare la risposta; b) come, con
quale strumento o metodologia, cercare la risposta. Il luogo consiste nella nostra esperienza, lo
strumento consiste nel linguaggio.
L'educazione come oggetto della nostra esperienza comune.
L'educazione è qualcosa che fa parte della nostra esperienza: analizzare e definire
l'educazione all'interno della nostra esperienza significa evitare di attribuire un significato a priori al
concetto di educazione, scongiurando il rischio di trattarla come un'idea platonica. È stato un errore
del pensiero classico quello di trattare l'educazione in maniera razionalistica. La parola esperienza
deriva dal latino ex-perire: venire da, passare attraverso. L'esperienza riguarda tutti noi e ha a che
fare con la nostra vita quotidiana, coi nostri pensieri, le nostre sensazioni. Nella scienza
fisico-naturale positivista, questa viene spesso considerata come strumento di ricerca della verità
oggettiva, obbligata a purificarsi dalle disposizioni soggettive, considerate deformazioni causate da
sensi, pregiudizi e sentimenti. Essa venne considerato un metodo per acquisire un sapere
organizzabile sistematicamente e generalizzabile. Nelle scienze storico-sociali, il termine
esperienza si affianca al vocabolo tedesco erlebnis (esperienza vissuta) intendendo la presenza
immediata di di una percezione nella coscienza del soggetto, che dipende dall'appartenenza di
questo a un mondo di significati storico culturali. Questo concetto venne ideato da Wilhelm
Dilthey. Ma se l'esperienza è ciò che ciascuno di noi vive, comprende anche il modo in cui ognuno
attribuisce un senso alle cose, il processo mediante il quale ordiniamo e sintetizziamo i nostri
vissuti. Ognuno seleziona alcuni tratti della nostra esperienza in modo diverso. È quindi un ruolo
attivo di elaborazione dei dati sensoriali, non consiste in una registrazione di dati. L'esperienza è
una relazione fra soggetto e oggetto. L'esperienza si riferisce strettamente al soggetto: dipende
dalla sua appartenenza culturale, dal suo punto di vista, dai suoi schemi mentali, ecc. Mentre il
senso comune consiste in ciò che considera ovvio, l'esperienza è relativa. I due concetti non vanno
confusi. L'esperienza è la capacità di distanziarsi dall'ovvio.
L'educazione come oggetto di cui possiamo parlare.
Utilizzeremo un procedimento di tipo analitico, basandoci sull'individuazione di oggetti
rilevabili all'interno della nostra esperienza. L'essere umano non instaura un rapporto significativo
con il mondo senza un criterio che seleziona i materiali dell'esperienza attribuendogli un
significato e stabilendo con essi delle relazioni. La nostra esperienza della realtà passa attraverso
relazioni di natura linguistica. Noi possiamo esprimere le esperienze attraverso il linguaggio.
Bisogna dunque porre molta attenzione al metodo che chiarisca l'oggetto dell'educazione
esaminando i modi in cui parliamo di esso. Per svolta linguistica intendiamo il tentativo di
affrontare problemi filosofici partendo dal funzionamento del linguaggio.
Il concetto di educazione nel linguaggio ordinario.
Il temine educazione fa parte del linguaggio ordinario. Tutti noi siamo in grado di parlare
di quella che è stata la nostra educazione, facendo riferimento alle esperienze che hanno
contribuito a far sì che diventassimo le persone che siamo diventate. Giudichiamo positivamente
certe esperienze perché le riteniamo determinanti nell'acquisizione di aspetti della nostra personalità
o di conoscenze che riteniamo buone, utili. Giudichiamo negativamente altre esperienze se
riteniamo che ci abbiano formato in modo nocivo o manchevole. Ciascuno di noi ha un'opinione su
quelle che sono le qualità che l'educazione dovrebbe sviluppare e quali mete perseguire.
Distinguiamo l'educazione familiare da quella scolastica: la prima è un'azione spontanea, che
trasmette elementi culturali, regole, modelli comportamentali; l'educazione scolastica è un'attività
organizzata e programmata. Tutti noi assegniamo all'educazione un ruolo fondamentale per passare
dalla condizione infantile alla condizione adulta: dall'eteronomia all'autonomia. Attribuiamo ai
genitori e agli insegnanti un'autorità nei confronti dell'educando. Noi stessi ci troviamo spesso a
correggere e modificare certe tendenze del nostro comportamento svolgendo un'auto-educazione.
Riusciamo a distinguere ciò che è educativo da ciò che è diseducativo.
L'educazione: un particolare genere di esperienza umana.
L'esperienza educativa provoca, in certi casi, un cambiamento duraturo. Incide sulle
conoscenze, sui modi di pensare e di agire di una persona. Rientrano nell'educazione
l'apprendimento di certi saperi e competenze, di certe nozioni, ma anche le inibizioni di quegli
atteggiamenti considerati negativi. Le esperienze che designiamo mediante il termine educazione
comprendono: processi di istruzione, quindi l'acquisizione di saperi e abilità; processi di
inculturazione, quindi l'acquisizione di usi, valori e costumi di una comunità; processi di
costruzione della personalità individuale.
I diversi significati del concetto di educazione.
Il termine educazione indica: a) certi processi di trasformazione che avvengono in seguito
a esperienze; b) il risultato di quei processi. La parola può assumere un senso attivo e uno passivo.
Quando viene usato per indicare l'azione dell'educare può riferirsi a un'azione non intenzionale,
dunque ad avvenimenti casuali, oppure indicare un'azione intenzionale. L'educazione intenzionale,
essendo diretta ad uno scopo, si configura come un mezzo, lo strumento attraverso il quale si
persegue uno scopo. L'azione educativa è motivata da scopi che sono prodotto di operazioni di
valutazione. Ciò che distingue i due significati del termine educazione è che nel primo caso
valutiamo il cambiamento, mentre nel secondo caso non avviene. Nell'uso avalutativo, generico, il
significato del concetto di educazione risulta condiviso, mentre nell'uso valutativo si registrano
differenze di significato: ciò che per qualcuno può essere buona educazione per altri può essere
nocivo.
Il concetto valutativo di educazione.
Cos'è che contraddistingue l'uso valutativo del termine educazione? Cos'è che caratterizza il
concetto di buona educazione? Qualsiasi operazione di valutazione implica la determinazione del
criterio che governa la valutazione, il suo parametro. Il fatto che si individui un miglioramento,
implica la valutazione di una condizione di arrivo come migliore di quella di partenza, e