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Qualsiasi abitudine indica un'inclinazione, una preferenza attiva. Un'abitudine comporta una certa
disposizione intellettuale, in quanto l'abitudine comporta la conoscenza dei materiali ai quali si
affianca l'azione. L'elemento intellettuale inserisce l'abitudine in un contesto vario ed elastico,
permettendone una crescita. Le abitudini possono ridursi a modi abitudinari di agire, oppure
degenerano in modi di agire dei quali siamo schiavi. È il caso delle cattive abitudini, abitudini che
sono talmente separate dalla ragione che finiscono col trovarsi al punto opposto della decisione
consapevole. L'acquisizione delle abitudini è possibile tramite la plasticità, mentre le abitudini che
si subiscono fanno cessare la plasticità e il potere di variare. Solo un ambiente che assicuri il pieno
uso dell'intelligenza durante la formazione delle abitudini può contrapporsi a questa tendenza. Il
metodo difettivo si basa sulla ripetizione e la routine per ottenere abitudini non accompagnate dal
pensiero, e quindi passeggere.
Portata educativa del concetto di sviluppo.
La vita è sviluppo, crescere è vita. Ciò implica che: il processo educativo non ha altro scopo
che se stesso; il processo educativo è caratterizzato da continue riorganizzazioni e trasformazioni. Il
punto di vista comparativo fra uomo e bambino non può essere sempre valido: il bambino ha poteri
specifici e ignorarli significa deformare lo sviluppo. La differenza fra bambino e adulto non
consiste nel binomio crescita/non-crescita, ma nei modi di crescere che caratterizzano le diverse
condizioni. Il bambino dovrebbe crescere in maturità, ovvero sviluppare determinate doti; l'adulto
dovrebbe crescere in infantilità, ovvero avere una maggiore curiosità e una mente più aperta. Spesso
si concepisce il crescere come avente un fine, ma è il crescere il fine. In questo modo si insiste su
esercizi ripetitivi e automatici piuttosto che sullo sviluppo dell'iniziativa. Gli istinti naturali sono
trascurati o sono trattati come tratti da eliminare. Ne conseguono mancanza di interesse verso il
nuovo, il progresso, il timore verso l'ignoto. Si tratta di un metodo di educazione meccanico che
esercita una pressione esterna per raggiungere uno scopo esterno. Non essendovi nulla di superiore
alla crescita se non una crescita superiore, non esiste nulla di superiore all'educazione se non una
maggiore educazione. Ergo, l'educazione non deve cessare quando si lascia la scuola. Compito
dell'educazione è fornire le condizioni che assicurino la crescita o l'adeguatezza della vita, a
prescindere dall'età. Molto significative le parole di Emerson “Rispetta il bambino, non invadere la
sua solitudine. Rispettate anche voi stessi. Mantenete il suo naturale ed eliminate il baccano, le
impertinenze.” “Preparazione, sviluppo e disciplina formale”
L'educazione come preparazione.
Alcune concezioni di educazione vedono i bambini come esterni alla società, come dei
candidati che un giorno diverranno membri effettivi. Questo causa una perdita di slancio, in quanto
il potere impulsivo viene annichilito: i bambini vivono nel presente, e l'avvenire al quale ci si
prepara è lontano. Perché affrettarsi a prepararsi quando il presente offre numerose occasioni? Un
altro risultato indesiderabile si ottiene sostituendo una norma convenzionale media di aspettative a
una norma che tenga conto dei poteri specifici dell'individuo. Si sostituisce un'opinione vaga a un
giudizio rigoroso. Si passa da un punto strategico a uno improduttivo. Poiché l'avvenire non ha un
potere stimolante, si ricorrono a promesse di ricompense e minacce di punizioni. A causa del
disprezzo verso la durezza di questo metodo, si rischia di oscillare all'estremo opposto: le
informazioni necessarie per il futuro sono addolcite in modo da indurre gli alunni a intraprendere
una strada che non vorrebbero. L'errore non sta nel dare importanza alla preparazione per i bisogni
futuri, ma per fare questi la molla principale degli sforzi presenti: bisogna invece rendere
l'esperienza presente più ricca e significativa.
L'educazione come svolgimento.
Esiste una concezione di educazione che si basa sull'idea di svolgimento: lo sviluppo è
considerato non come un continuo processo di crescita, ma come lo svolgersi di poteri latenti verso
uno scopo determinato, concepito come perfezione. La vita, in ogni stadio che non abbia ancora
raggiunto questa perfezione, è solo uno svolgersi verso di esso. È una variante della teoria della
preparazione, con la differenza che l'ultima da importanza ai doveri pratici e professionali per i
quali ci si prepara, mentre la prima parla delle qualità spirituali e ideali di questo principio. Il
concetto che crescita e progresso sono stadi che si avvicinano a uno scopo è l'ultima debolezza della
transizione da una concezione statica della vita a una dinamica. La crescita non è un movimento
verso un essere completo, dunque non esiste una fine. Se si credesse il contrario saremmo obbligati
a considerare ogni manifestazione del bambino come giusta. Bisogna fissare un criterio ideale in
base al quale giudicare se un atteggiamento avvicini al fine o se ne allontani, o l'alternativa è
respingere tutte le influenze dell'ambiente che interferiscono con lo sviluppo. E ciò è impossibile. Si
ricorre dunque all'estrapolare dal fanciullo ciò che il maestro desidera, procedendo a tentoni. Nel
pensiero filosofico vi sono state due tentativi di provvedere a una rappresentazione di questo fine
assoluto, elaborate da Froebel ed Hegel. Secondo Hegel si realizza attraverso una serie di istituzioni
storiche che costituiscono i fattori presenti in questo assoluto. Secondo Froebel il mezzo di
realizzazione sono i simboli, in gran parte matematici, che corrispondono ai tratti dell'assoluto.
Quando questi vengono presentati al bambino la perfezione che dorme in lui viene risvegliata. Il
pensiero di Froebel ha dato un enorme contributo per l'importanza che da alle capacità innate dei
bambini. Difetta in quanto da importanza solo al prodotto finito, ponendo un traguardo finale che
arrestava la crescita. Hegel identifica l'assoluto con le istituzioni: le considera il mezzo in cui
l'assoluto si manifesta e lo sviluppo si attua attraverso l'assimilazione delle idee di queste. Ciò che
di positivo ha questa teoria è il sottolineare come le istituzioni nutrano la mente attraverso la storia.
D'altro canto distruggeva la psicologia che considerava la mente come qualcosa di preesistente
nell'individuo. Non esiste mente oggettiva per Hegel: lo sviluppo personale avviene attraverso
l'omologazione, un'assimilazione obbediente delle istituzioni. L'individualità veniva accantonata.
L'educazione come allenamento delle facoltà.
La teoria della disciplina formale si propone come fine dell'educazione la creazione di poteri
specifici. Una persona allenata è una persona che sa fare ciò che è importante che faccia, meglio di
quanto non potrebbe se non fosse allenata. Ma questa teoria considera certe capacità come scopi e
non come risultati della crescita. Di conseguenza, l'educazione dovrebbe occuparsi di allenare tali
facoltà tramite ripetizioni costanti e graduali. “Disciplina” si riferisce al metodo di allenarle per
mezzo di un esercizio ripetuto. Le facoltà in questione sono, ad esempio, la facoltà di osservare,
ricordare, associare. Questa teoria fu espressa da Locke: da una parte il mondo esterno fornisce il
contenuto delle conoscenze attraverso sensazioni ricevute passivamente, dall'altra la mente ha
certe-* facoltà già pronte. Il punto centrale dell'educazione è l'esercizio o la pratica delle facoltà
mentali finché diventano abitudini consolidate. La matematica è considerata il mezzo più efficace.
Dava la giusta importanza alla conoscenza ed era realistica l'asserzione che ogni materiale è
ricevuto dall'esterno; ma era una teoria oggettiva e impersonale, in quanto l'individuo non era in
grado di avere alcuna idea personale. Divenne un luogo comune della teoria educativa rendendo
facile l'elaborazione delle tecniche di istruzione, consistenti in azioni ripetute e di difficoltà
crescente. Questa teoria crolla nel momento in cui si fa presente che queste presunte facoltà di
osservazione, memoria, ecc, sono di varietà infinita, e non separate l'una dall'altra, ma intrecciate.
L'allenamento delle nostre attività non è un raffinamento ottenuto attraverso l'esercizio, a consiste
nello scegliere le facoltà adatte all'utilizzazione dello stimolo (esempio maneggiare un oggetto)
eliminando gli altri. Ugualmente importante è la coordinazione che si verifica fra diversi fattori,
collegati fra loro. Più specializzata è la reazione e meno l'abilità acquisita sarà trasferibile ad altri
modi di condotta, dovrebbe essere varia per poter anche variare lo spettro delle applicazioni di
un'abilità. L'errore della teoria sta nel suo dualismo: la separazione delle attività e delle facoltà dal
loro contenuto. Non esiste un'abilità nel vedere o nel sentire in generale, ma sono utili solo se
adoperati in rapporto ai materiali che li effettuano. Il vigore renderà un uomo capace di giocare a
tennis o a golf di quanto non farebbe se fosse debole, ma solo con l'adoperare la racchetta potrà
diventare esperto in questo. Concludendo, la distinzione fra educazione speciale e generale non ha
niente a che vedere con la trasferibilità della facoltà: qualsiasi trasferimento è impossibile. Il loro
sviluppo richiede un continuo adattamento, esercitandosi nel creare nuove combinazioni.
L'educazione è generale in quanto non tiene solo conto delle conoscenze, ma anche delle relazioni
sociali. Non bisogna isolarsi in un solo campo.
“L'educazione conservatrice e progressiva”
L'educazione come formazione.
Vi è un tipo di teoria che nega l'esistenza delle facoltà e pone in rilievo il ruolo dell'oggetto
nello sviluppo. L'educazione qui non è un processo che si svolge all'interno o un allenamento delle
facoltà che risiedono nella mente. È la formazione della mente mediante la creazione di associazioni
attuate servendosi dell'oggetto esterno. La formazione ha qui un senso tecnico. Herbart è il
rappresentante storico di questa teoria. Egli nega l'esistenza di facoltà innate: la mente è dotata della
facoltà di produrre qualità solo in reazione a ciò che la circonda. Ciò che chiamano facoltà, ovvero
l'attenzione, la memoria, il pensiero, sono