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DELL’EDUCAZIONE, DEL SIGNIFICATO DELL’EDUCAZIONE, NON DEL SIGNIFICATO NELLA SUA INTEREZZA. Per
Appunti di PEDAGOGIA GENERALE – prof. Baldacci | scienze della formazione primaria II 40
scienze motorie II
cui PASSARE DAI CONCETTI ALL’IDEA vuol dire vedere l’educazione in tutti i suoi lati, in tutti i suoi aspetti.
Questa concezione complessiva e unitaria dell’educazione completata la sua funzione educativa, cioè
riuscire ad abbracciare tutto come momenti parziali dell’idea ha anche una funzione critica: diventano
errate se diventano dogma. Ma quando l’idea funge questa funzione critica diventa anche piena di valore
pratico, cioè diventa un CRITERIO PER LA PRATICA, cioè si deve mantenere aperta a diverse soluzioni,
diversi significati. Per educare ora bisogna essere nessuna di queste da sola
ostetriche, giardiniere…,
assume una funzione educativa. Bisogna decidere quale forma assumere (se quella del tipografo, del
giardiniere…) in base alla SITUAZIONE, DELL’ANALISI CONCRETA DELLA SITUAZIONE EDUCATIVA
CONCRETA. L’idea mantiene aperto l’intero orizzonte delle possibilità dell’educazione perché tiene
tutt’insieme le alternative di scelta, senza partire da pregiudizi preliminari, quindi l’idea dell’educazione ha
funzione di poter comprendere i diversi sensi più specifici e ricomprendere questi diversi sensi vuol dire
poter abbracciare la polivalenza con 2 funzioni, teoretica e pratica (ricomprendere sempre prima l’intero
orizzonte di possibilità prima della scelta educativa).
LEZIONE 15
LOGICA PRAGMATICA: COME FUNZIONA LA PEDAGOGIA.
L’epistemologia pedagogica si occupa di chiarire il concetto, la pragmatica pedagogica si occupa chiarire la
LOGICA DELL’AZIONE. La pedagogica pragmatica è porsi il problema di scopi e mezzi della pedagogia.
COMUNICAZIONE EDUCATIVA
Rappresenta un aspetto fondamentale dell’educazione. La relazione educativa è un FLUSSO DI
COMUNICAZIONE tra educatore ed educando. Le AZIONI EDUCATIVE nella relazione educativa portano a
delle AZIONI COMUNICATIVE: META-AZIONI E AUTOAZIONE cominciativa (=momento in cui educatore ed
educando comunicano con se stessi per comunicarsi i messaggi che hanno ricevuto). L’apprendimento non
è un concetto sufficientemente chiaro Bateson afferma che educazione e apprendimento sono entrambi
confusi per cui ha definito i 3 apprendimenti. Bateson fissa come proprio postulato il fatto che i livelli logici
della comunicazione siano isomorfi, cioè corrispondono ai livelli logici dell’apprendimento. Aggiunge che
apprendimento e comunicazione all’atto pratico non sono diversi, ma 2 lati dello stesso processo. Quindi
ricondurre l’educazione all’apprendimento implica ricondurla alla comunicazione perché apprendimento e
comunicazione sono intrecciati tra loro. Infine, la comunicazione appare una via d’accesso privilegiata
perché è l’educatore che decide le strategie di comunicazione. Dal momento che ci si occupa della
comunicazione nell’ambito della logica pragmatica della pedagogia, ci occuperemo solo di un aspetto
PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE: si occupa della COMUNICAZIONE IN QUANTO AZIONE CHE
PRODUCE EFFETTI. Dalla comunicazione ci si può occupare di punti di vista diversi: semantica, sintassi
(come vengono costruiti, combinati i segni che formano messaggi), pragmatica = l’effetto che produce la
comunicazione sul destinatario, in quanto azione che intercorre tra educatore ed educando.
Sant’Agostino nel ha fissato un principio pedagogico cardinale a riguardo della
De Magistro
comunicazione. Tratta dei problemi dei segni linguistici, è il primo esempio che la comunicazione tratta del
problema pragmatica. Egli afferma che la parola comunica solo quando il destinatario sa quale significato
ha quel segno che viene adoperato. Quindi la dimensione significante dell’educazione è nel rapporto con il
destinatario. Esso è un principio pedagogico cardinale e innovativo perché capisce che il significato delle
parole è legato all’interpretazione che ne dà il destinatario, quindi il problema per l’educatore non è il
significato delle parole in sé ma del significato che ne dà l’educando.
Don Milani dà un’applicazione pedagogica a ciò che dice Sant’Agostino. Per Don Milani, un docente non
deve parlare per forza italiano. Il problema è nato durante l’edificazione dello Stato italiano. Venne
chiamato Manzoni il quale disse che l’italiano dovesse essere il fiorentino colto e che i maestri dovessero
essere i fiorentini in modo tale che parlasse italiano fluente. Il principio, quindi, era che il popolo dovesse
parlare italiano dotto. Don Milani rovescia il problema: l’italiano non è la lingua che parlavano i bambini del
Mugello che parlavano un italiano contaminato dal dialetto. Secondo Don Milani, LA LINGUA DEL
MAESTRO DOVEVA ADATTARSI ALL’ITALIANO DEI BAMBINI, parlare bene italiano fosse solo l’obiettivo
finale, gradualmente dovevano arrivare a parlare la lingua colta. Tuttavia, questo processo educativo
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scienze motorie II
doveva muovere dalla lingua dei bambini. La parola significa solo quando il destinatario può dargli
significato, altrimenti è solo puro suono (idea di Sant’Agostino prende vita). Per il non ci può
De Magistro
essere educazione senza questa attenzione al destinatario. Ma ciò è solo il primo aspetto del problema. La
pragmatica studia gli effetti sul destinatario. Il primo problema è comprendere il significato, quindi
comprensibile al destinatario (identificato da S Agostino); una volta che il bambino HA CAPITO produce
effetti.
Il secondo problema si suddivide in 3 parti:
1. Austen è partito dal presupposto che l’azione è una forma di comunicazione: TEORIA DEGLI ATTI
LINGUISTICI.
Per Austen con le parole si fanno cose: l’insegnate espone, spiega, interroga, loda…, tutta la sua
azione educativa è un’azione fatta con le parole, fa pratica educativa. Austen ha differenziato il tipo
di azioni che si fanno con l’atto di dire qualcosa. Esso è chiamato atto locutorio attraverso il quale
si possono compiere ATTO ILLOCUTORIO E ATTO PERLOCUTORIO.
• ATTO ILLOCUTORIO: atto che si fa nel dire qualcosa. Essi possono essere accompagnati da
verbi performativi (ti Es. un avvertimento è un atto illocutorio.
prometto che…, ti avverto…).
Sono gli atti che fa l’insegnate.
• ATTO PERLOCUTORIO: è l’effetto che si produce col dire qualcosa. Es. la preoccupazione
rispetto a un avvertimento è un atto perlocutorio. È l’effetto collaterale dell’atto
illocutorio.
a. L’atto perlocutorio potrebbe essere un EFFETTO COLATERALE che non si vuole
produrre;
b. oppure esso potrebbe essere L’INTENZIONE della mia comunicazione. Quindi si hanno
2 atti perlocutori
Quindi si hanno 2 tipi di comunicazione:
• una comunicazione illocutoria che produce effetti perlocutori.
• una comunicazione perlocutoria.
L’atto illocutorio può essere frainteso a causa della forza perlocutoria del messaggio: si è capito il
messaggio quando si è capito quale funzione volesse svolgere il messaggio.
2. Habermass ha ripreso la teoria degli atti linguistici di Austen allargandola alla popolazione, quindi
facendone la base della sua TEORIA DELL’AGIRE EDUCATIVO. Riprende la distinzione tra atti
illocutori e perlocutori per distinguere l’atto strategico dall’AGIRE STRATEGICO. Quest’ultimo è un
agire basato sulla comunicazione, ma in questo caso si tratta di un agire strumentale in funzione di
un certo scopo che l’emittente del messaggio intende raggiungere, quindi è basata su atti
intenzionalmente perlocutori, in cui ciò l’intenzione perlocutoria non è involontaria, ma
rappresenta l’intenzionalità specifica dell’interlocutore: chi comunica lo fa espressamente per
indurre il destinatario a subire alcuni effetti di questo messaggio e, dunque, l’intento è quello di
creare una certa propensione all’azione. Es. la strategia dell’insegnate per far in modo che gli alunni
studino è quello di spaventarli ricorrendo a una minaccia. È strumento perché vuole che l’emittente
faccia qualcosa, giudichi qualcosa in un certo modo… Es. la propaganda politica è un agire
strategico: quello che conta è indurre certi effetti sui destinatari, in modo tale da indurre certi
atteggiamenti nei cittadini.
Dall’altra parte abbiamo L’AGIRE COMUNICATIVO. È una comunicazione finalizzata all’intesa tra gli
interlocutori e si basa su atti illocutori andati a buon fine, cioè compresi nella loro forza da parte dei
destinatari. Secondo Habermass, nell’atto illocutorio, quando è assente un atto perlocutorio
intenzionale, il parlante attua una pretesa di validità che richiede l’assenso razionale del
destinatario. Egli distingue 3 TIPI DI PRETESE, ci limitiamo a 2:
a. Le asserzioni: quando il parlante dice che le cose stanno in un certo modo. Chi proferisce
un’asserzione avanza una pretesa di verità di quello che dice. Avanzare una pretesa o
un’asserzione è la stessa cosa. Mantiene un atto illocutorio quando si basa su fatti razionali,
l’interlocutore rimane libero di dare assenso o no al messaggio su base razionale, cioè deve
rimare convinto dalle parole che vengono dette sulla base degli argomenti che chi parla è in
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grado di portare a sostegno. Normalmente, una pretesa di verità non viene fatta in modo
implicito, ma il parlante tende a fornire alcune giustificazioni. Qualora l’interlocutore non
ritiene soddisfacente di ciò che gli dice il parlante può chiedere su quale base sostiene questo e
l’agire educativo impegna il parlante a dare queste giustificazioni. Quindi si ha AGIRE
COMUNICATIVO quando non si manipola l’interlocutore, si compie un’asserzione e si giustifica
quanto si è detto. Non è detto che si arrivi a un’intesa, ma se entrambi rimangono in un agire
educativo si può raggiungere l’intesa.
b. Le richieste: avanzando una richiesta si avanza una pretesa di giustezza della richiesta, cioè che
la richiesta sia giusta e quindi che chi la esegue non faccia altro che soddisfare un’esigenza che
in sé è giusta e, dunque, legittimata e che l’azione che metterà in atto sarà giusta e che una
subordinazione della sua personalità all’altro. Se non la presenta come