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Gli attivisti della seconda generazione

Con gli anni '20 entrarono in scena gli attivisti della seconda generazione, cioè un gruppo di studi che perfezionò le teorie messe a punto dai promotori dell'educazione attiva. Nei vari paesi americani ed europei, gli attivisti della seconda generazione avevano come riferimento Dewey in America, Claparede in Svizzera, Decroly in Belgio e Durkheim in Francia.

Piaget

Per quanto riguarda Piaget, le sue ricerche si basarono sulla teoria dell'epistemologia genetica, cioè un settore della psicologia che studia i processi cognitivi. Secondo Piaget, la mente infantile scopre cose nuove e si adegua ai cambiamenti, regolando il proprio processo di sviluppo attraverso l'assimilazione e l'accomodamento che collegano la mente infantile all'ambiente. Inoltre egli afferma che il pensiero infantile si divide in 4 fasi: - Fase senso-motoria: da 0-3 anni, in cui il bambino non distingue soggetto e cose; - Fase

intuitiva: da 3-7 anni in cui il bambino distingue se dal mondo;

Fase operatorio-concreta: da 7-11 anni in cui il pensiero interagisce con le cose;

Fase ipotetico-deduttiva: da 11-14 anni in cui il pensiero si fa adulto.

Inoltre egli afferma che il suo attivismo si basa sull'insegnamento intellettuale poiché è esso che forma la mente.

LE PEDAGOGIE EUROPEE NEL PRIMO '900

A fianco delle teorie puerocentriche, emerse la questione della libertà. Infatti vi è una diversa concezione di libertà educativa. Nelle scuole attive il concetto di libertà è legato allo sviluppo psicologico. Mentre nelle scuole anti-positiviste, la libertà dell'uomo è vista come la possibilità di aumentare la coscienza e l'autocoscienza di se.

FORSTER

Nacque a Berlino nel 1869, si formò nel clima del ritorno a Kant e al centro della sua riflessione fu l'interesse per i problemi morali. Per lui lo scopo

Il concetto principale dell'educazione è costituito dall'educazione del carattere, poiché il carattere è ciò che qualifica l'individuo e dà forza alle sue decisioni. Inoltre, un uomo maturo presenta:

  • l'ordine interiore;
  • la coerenza, che dà il coraggio necessario per affrontare nuove situazioni;
  • l'autonomia;
  • fermezza e fedeltà.

SERGEI HESSEN

Nato in Siberia, la sua cultura fu influenzata dalla tradizione Russa e dagli studi della filosofia occidentale. Egli svolse una ricerca che si divise in due direzioni:

  1. rapporti tra educazione, pedagogia, filosofia e cultura;
  2. indagare sui caratteri della scuola democratica.

Per Hessen ci sono 2 modi di pensare e gestire l'educazione:

  1. positivo: promuovere il dover essere;
  2. negativo: lasciar scorrere l'essere. Questo tipo di educazione mette l'alunno in condizione tale che egli debba fare tutto da sé, mentre l'educatore deve soltanto seguirlo e soddisfare i suoi.

bisogni, favorendo così lo sviluppo delle sue capacità. Inoltre Hessen individua 3 tappe evolutive:

  • Fase dell'anomia: ovvero il mondo dell'immaginazione e del gioco;
  • Fase dell'eteronomia: in cui il soggetto passa dal mondo della famiglia al mondo della scuola;
  • Fase dell'autonomia: nella quale l'uomo diventa maturo.

Successivamente egli affrontò il problema della scuola, che per lui deve promuovere le capacità dell'individuo anche in una visione comunitaria. Ci parla anche di una scuola unica aperta a tutti, indipendentemente dal ceto sociale a cui si appartiene.

GIOVANNI GENTILE

Fu un radicale oppositore del positivismo e porta avanti il concetto di uomo che pensa, scopre e conquista il valore della propria umanità. Inoltre rifiuta le conoscenze psicologiche e sociologiche e promuove la riflessione fisiologica.

La riforma dell'educazione nel sistema gentiliano:

La riflessione educativa di Gentile era strettamente

correlata con la sua filosofia. Per lui l'educazione ha una duplice finalità:

  1. l'esigenza che si sviluppi nell'uomo la sua libertà;
  2. questa libertà non si deve risolvere in qualcosa di individuale, ma si compie nello spirito.

Riguardo al rapporto tra educatore ed educando, egli rinnega la sua dualità, infatti per lui maestro e scolaro sono una cosa sola. In poche parole il maestro non è fuori di noi ma dentro di noi. Infatti, l'apparente dualità scompare quando l'educando fa propria la parola dell'educatore e l'educatore, a sua volta, fa proprie le attese dell'educando. Così facendo, l'autorità del maestro diventa libertà dell'educando.

La trattazione della didattica in Gentile ha 2 vie: positiva e negativa.

Negativa: ribatteva sul fatto che la didattica si proponeva di facilitare l'apprendimento, banalizzando la cultura; ma Gentile rispondeva con la tesi

Dell'unità del sapere, ovvero il sapere si propone come infinito. Quindi alla didattica basata sulle facoltà psicologiche, Gentile sostituì la didattica delle forme dello spirito (con le 3 categorie della soggettività, oggettività e unità).

La riforma scolastica del 1923: tra il 1922 e il 1924, in quanto ministro dell'istruzione, Gentile fece una riforma scolastica che era vista da lui come una riforma morale, indispensabile per la formazione delle elites dirigenti. La scuola che gli stava più a cuore era quella secondaria, che cominciava dopo le elementari e finiva 8 anni dopo con l'esame di Stato. Con la nuova riforma, il sapere per eccellenza fu quello classico-umanistico, infatti gli altri tipi di scuole erano considerate imperfette. Alla fine del percorso scolastico, la verifica fu attribuita ad un esame di Stato. La riforma del 1923 ha segnato profondamente la scuola italiana ed è stata in grado di formare un ceto

dirigente. Gentile e i gentiliani nella vita scolastica: Chi affiancò Gentile furono i gentiliani, visti come allievi e discepoli. Tra i più famosi vi furono Giuseppe Lombardo Radice, Volpicelli e Spirito. Di origini siciliane come Gentile, Radice strinse una particolare amicizia con Gentile. Nel 1913 pubblicò un volume, "Lezioni di didattica", che rappresentava l'antefatto della riforma della scuola, che lui stesso avrebbe curato per conto di Gentile. Più tardi definirà il suo modello scolastico come "scuola serena". Fu un critico della Montessori, ma appoggiò le sorelle Agazzi. Da parte di Gentile ci fu grande impegno nella preparazione dei maestri, considerati i promotori e i costruttori dell'Italia. Infine possiamo concludere dicendo che i gentiliani operarono a livello della scuola secondaria e dell'università, mentre Radice e i lombardiani si preoccuparono di più sul modello di "maestro dirigente".

educatore delpopolo”, sensibile ai valori morali.JACQUES MARITAINÈ un intellettuale cattolico del ‘900. Suo è il famoso scritto “L’educazione al bivio” in cui parla diun’educazione diversa, da cui si dipartono 2 possibilità:

  1. Pensare l’uomo come figlio dell’evoluzione naturale e dello sviluppo sociale;
  2. Pensare l’uomo come persona che si possiede tramite l’intelligenza e la libertà.

Nel primo caso, l’educazione è importante per l’integrazione dell’individuo nella vita sociale;

Nel secondo caso, con l’educazione si arriva a considerare l’uomo come corpo e anima, grazia elibertà.

Lo scritto “L’educazione al bivio” si articola in 2 parti principali;

  1. Nella prima parte si denunciano gli errori dell’educazione contemporanea (es. pragmatismo,sociologismo e intellettualismo);
  2. Nella seconda parte si delinea il programma

dell'educazione liberale. Infatti Maritain vuole favorire tutto ciò che permette lo sviluppo del bambino, e vede il maestro come un liberatore di energie buone. Inoltre secondo lui bisogna concentrarsi anche nella profondità della persona, provando a far riflettere piuttosto che a memorizzare. Infine esige che l'insegnamento libero l'intelligenza invece di appesantirla. Con l'educazione liberale, non si va incontro ad un ritorno al passato, ma vuole far conoscere la verità.

IL MARXISMO

Karl Marx e Friedrich Engels furono soprattutto filosofi, teorici dell'economia e politici, e non pedagogisti o educatori. Nelle loro opere si parla di un "uomo nuovo" mosso da concezioni coerenti alla società comunista. Nel pensiero Marxista, l'educazione è considerata una costante nei confronti dei processi socio-economici e la pedagogia è allo stesso tempo collegata al contesto sociale e produttivo. Quindi comprendere i

processi educativi, significa fare un passo avanti nel campo dei meccanismi di riproduzione economica e culturale. Dobbiamo però contestualizzare il pensiero Marxista, ovvero immergerci nei bisogni delle classi subalterne, e da ciò comprendiamo che in Marx analisi, politica e riflessione pedagogica sono intrecciate. Per Marx ed Engels la vera essenza e la vera storia dell'uomo stanno nella sua attività produttiva che proviene dal lavoro, cosa importantissima per l'uomo e la società. Ciò ci porta a comprendere lo stato di alienazione dell'uomo: un esempio è il lavoro in fabbrica, dove il lavoro non è più svolto per far propria la natura esterna, ma rende l'operaio una semplice merce nelle mani del padrone. Da questo tipo di alienazione del lavoro, scaturiscono tutte le altre forme di alienazione: ad esempio quella verso gli altri uomini, verso la politica o verso la religione. L'unica forma di riscatto dall'alienazione,

Per Marx, sta nella lotta contro la borghesia, e lo stadio finale di questa lotta sarà la società comunista, poiché soltanto in questo tipo di società, l'uomo può riconquistare la propria dignità e potrà essere parte attiva della società. Successivamente anche il lavoro acquisterà un carattere attivo, e a quel punto l'uomo unilaterale, lascia il posto all'uomo nuovo.

La scuola:

Per quanto riguarda la scuola, Marx prediligeva un progetto diverso rispetto alla scuola borghese; si parlava così di una scuola unica, capace di racchiudere scuola e fabbrica, ovvero sapere e manualità. In sintesi, Marx voleva una scuola opposta a quella borghese.

Dopo la morte di Marx, la sua dottrina e i suoi principi furono incompresi e interpretati male, sovvertendo alcune volte le sue indicazioni: ad esempio accettare che l'istruzione fosse gestita dallo stato e la rinuncia alla creazione di un proprio sistema formativo.

uardando alla storia, ha sempre sostenuto la necessità di abbattere la classe borghese e instaurare una società basata sull'uguaglianza e sulla giustizia sociale. Questo concetto è stato espresso da Karl Marx e Friedrich Engels nel Manifesto del Partito Comunista, dove hanno descritto la borghesia come una classe dominante che sfrutta il proletariato. Il termine "borghesiarestò" è un gioco di parole che sottolinea l'idea che la lotta contro la borghesia non sia solo una questione di classe, ma anche una questione di mentalità e di valori. La borghesia rappresenta un modo di pensare e di agire basato sull'individualismo, sull'accumulo di ricchezza e sullo sfruttamento degli altri. La lotta alla borghesia, quindi, implica anche una lotta contro queste idee e una ricerca di un nuovo modo di vivere e di organizzare la società. Il primo Stato socialista del mondo si è sviluppato in Russia dopo la Rivoluzione d'Ottobre del 1917. Questo evento ha segnato l'inizio di un nuovo periodo nella storia dell'umanità, in cui il proletariato ha preso il potere e ha cercato di costruire una società senza classi. Il movimento Marxista ha sostenuto e sostenuto questa rivoluzione, ritenendola un passo fondamentale verso la realizzazione del comunismo. Tuttavia, la storia ha dimostrato che la lotta alla borghesia non è stata facile e che la transizione verso una società socialista è stata complessa e piena di difficoltà. Il fallimento di molti Stati socialisti nel corso del XX secolo ha portato a una riflessione critica sulle teorie marxiste e sulla loro applicazione pratica. Nonostante ciò, il movimento Marxista continua ad avere una grande influenza nel dibattito politico e sociale contemporaneo. Le sue idee e i suoi principi sono ancora oggetto di studio e di discussione, e molti movimenti e partiti politici si richiamano ancora al marxismo come base per la loro lotta per un mondo più giusto e equo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
11 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher David_99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia generale e sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Compagno Giuseppa.