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LA SCUOLA E LE POLITICHE DELL’ISTRUZIONE
LA TRASFORMAZIONE DELLA SCUOLA NELLO SPAZIO EUROPEO
La scuola europea è interessata da alcuni decenni da profonde trasformazioni. I governi
dei principali paesi dell’Unione sono impegnati ad adeguare i sistemi di istruzione e
formazione sia a nuove esigenze di tipo sociale ed economico e sia in rapporto alle
aspettative delle persone.
Nonostante i cospicui investimenti destinati all’istruzione specie dopo la Seconda Guerra
Mondiale, gli esiti scolastici sono ritenuti generalmente insoddisfacenti. Conoscenze e
competenze restano spesso al di sotto dei requisiti necessari per corrispondere alle
esigenze civili, sociali e produttive del nostro tempo.
Alla sostanziale sconfitta dell’analfabetismo dal punto di vista strumentale,
corrispondono quote rilevanti di popolazione, anche giovanile, in difficoltà con l’uso
della lingua, specialmente scritta, e del calcolo. Si tratta di perone che, pur scolarizzate
anche per molti anni, non sono capaci di svolgere semplici operazioni matematiche, non
sanno restituire con parole loro un breve testo, non capiscono una prescrizione medica
o le istruzioni per il funzionamento di un elettrodomestico. Circa un terzo degli
italiani vivono al di sotto di quello che oggi viene considerato il livello
essenziale di alfabetizzazione.
IL MODELLO SCOLASTICO OTTOCENTESCO
Alla base dell’impianto scolastico ottocentesco stava in sostanza una impostazione
funzionalista e organicista dell’educazione.
Educare non significa formare a un ideale valido per qualsiasi epoca, ma preparare gli
individui a vivere nella struttura sociale esistente e dunque ad essere integrati
(Durkheim). Al centro della riflessione durkheimiana stavano infatti un’idea di società
disciplinata intorno ai valori propri del ceto borghese e la convinzione che l’istruzione
doveva essere impartita in proporzione e in rapporto alle attività lavorative cui i ceti
subalterni erano destinati.
Secondo Durkheim in ciascun uomo esisterebbero due esseri che, pur essendo
inseparabili se non per astrazione, sono tuttavia distinti:
• Io individuale: costituito da tutti gli stati mentali che riguardano soltanto noi stessi e gli
avvenimenti della nostra vita personale.
• Io sociale: rappresentato dalle influenze che su di noi esercitano il gruppo sociale di cui
facciamo parte (opinioni collettive, convinzioni politiche, fedi religiose, pratiche morali,
etica del lavoro).
Educare l’uomo significava integrarlo nel quadro di valori correnti: voleva dire in buona
sostanza far transitare l’io individuale nell’io sociale.
Per quanto riguarda l’Italia, all’interno di questa visione dell’educazione e della
scuola rientra il modello educativo e scolastico di Giovanni Gentile. Anche per Gentile
era essenziale la formazione di un individuo ben socializzato e cioè partecipe dei destini
della comunità di cui è parte e la durata della frequenza scolastica andava commisurata
ai futuri destini professionali.
La concezione della scuola di Gentile era perciò del tutto coerente con l’impianto sociale
della società borghese del tempo:
• I corsi liceali erano rivolti a quanti per risorse economiche e merito personale erano
destinati ad accedere agli studi universitari e a diventare il futuro ceto dirigente.
• L’istruzione tecnica pensata in funzione delle professioni pratiche intermedie e aperta alla
frequenza soprattutto ai figli della media e piccola borghesia.
• La scuola elementare e di avviamento ai lavori manuali per la grande massa della
popolazione contadina e operaia.
Gentile diffidava delle tecniche didattiche empiriche e sperimentali: a suo giudizio infatti
il sapere non si trasmette, ma si conquista a contatto con le grandi espressioni della
cultura umana ed entrando in relazione con i maestri che, con la loro esperienza,
suggeriscono le strade più efficaci per attingere alle sorgenti della scienza di prima
mano.
Alla cultura umanistica e, in specie a quella filosofica, Gentile deputava quindi la
formazione del ceto colto, mentre per le classi popolari (incapaci di innalzarsi alla
complessità del sapere) era previsto un itinerario più semplice e autoritario basato sulle
norme dettate della religione, sulla forza suggestiva delle tradizioni popolari, sui vincoli
comunitari.
Il Movimento per l’educazione liberale si sviluppò presso l’Università di Chicago
negli anni Trenta. Alla frammentazione del sapere pratico e professionale e
all’esagerazione nel rispetto degli interessi degli alunni, Hutchins e Adler opposero la
preminenza della cultura generale, l’unica in grado di assicurare all’individuo un
bagaglio indispensabile di conoscenze e di abiti mentali atti a garantire la formazione
unitaria e completa dell’uomo.
VERSO LA SCUOLA DI TUTTI E PER TUTTI
Dalla scuola finalizzata a scegliere i migliori per riprodurre il ceto dirigente (il meglio a
pochi) si è transitati verso una scuola di ampia durata per tutti (il meglio a tutti,
almeno in via di principio).
LA TESI PER UNA SCUOLA EFFICACE
Dagli anni Settanta in poi, e cioè da quando si manifestò con particolare intensità
l’impegno per una scuola di tutti e aperta a tutti (scuola di massa), si fecero sempre
più significativi e insistenti i progetti per assicurare alla scuola maggiore efficienza sul
piano degli apprendimenti.
La scuola viene concepita sempre meno come un’esperienza innervata di cultura
disinteressata volta alla formazione di un uomo colto. Essa è piuttosto considerata una
leva per sostenere l’economia, una grande opportunità di formazione di personale
altamente qualificato e fornito di competenze flessibili da acquisire in stretto rapporto
con le imprese.
Paradigma della scuola efficace (school effectiveness): modello scolastico
giudicato socialmente più o meno accettabile in rapporto alla capacità di restare al
passo con i cambiamenti economici e produttivi e, di conseguenza, rispetto alla
spendibilità pratica degli apprendimenti. Essi, a loro volta, vengono definiti soprattutto
dal livello di padronanza delle competenze raggiunte dagli studenti, misurate mediante
l’adozione di particolari metodologie di rilevazione delle prestazioni.
Teoria del capitale umano: l’istruzione non è più concepita come una forma, per
quanto meritoria, di consumo, ma come investimento produttivo.
Teoria dell’insegnamento programmato: il successo scolastico dipende dalla
razionalizzazione degli obiettivi d’apprendimento e dall’efficienza dell’organizzazione
didattica e scolastica.
Più la scuola razionalizza se stessa, dandosi rigorosi protocolli di programmazione in
termini di tempi e pratiche cognitive e pratiche di misurazione quantitativa, tanto più
viene posta nelle condizioni di innalzare la qualità della prestazione scolastica e di
ridimensionare il numero degli insuccessi e il fenomeno dell’esclusione scolastica.
Modello school improvement: l’attenzione è concentrata sulle condizioni necessarie
per incrementare la qualità dell’insegnamento.
In breve, se il paradigma della scuola efficace cerca di stabilire cosa è o non è cambiato
nelle scuole, il modello school improvement si prefigge di scoprire in che modo le scuole
possono cambiare in modo da migliorare.
SUSSIDIARIETÀ E AUTONOMIA
Alla centralità dello Stato che governa la scuola secondo un modello uniforme,
sovrintende al suo funzionamento e si fa garante dell’unitarietà del servizio educativo, il
principio di sussidiarietà antepone la capacità delle comunità locali di rispondere alle
esigenze educative mediante soluzioni differenziate, in linea con i bisogni espressi in
quella determinata situazione.
L’autonomia si affida alla capacità della scuola di lavorare nell’ottica della
responsabilità condivisa, coinvolgendo nel suo progetto soggetti terzi a vario titolo
interessati a unire le proprie forze in vista dell’innalzamento della qualità dell’istruzione
e della formazione. Insomma una strategia incentrata su un’alleanza educativa
costituita dalla pluralità di soggetti sociali interessati al miglior funzionamento delle
scuole.
L’autonomia è sintonica con la nozione di rete. La rete che le scuole autonome possono
mettere in campo da sole o anche nell’ambito di un network più ampio può infatti
coinvolgere oltre alle famiglie, anche istituzioni, enti e associazioni interessate
all’educazione, mondo del lavoro, espressioni del volontariato e delle fedi religiose
attive sul territorio etc.
Occorre inoltre considerare che una rete non è composta soltanto da strutture esterne
all’individuo, ma è fatta anche e soprattutto di relazioni tra persone. Il sistema non
funziona perciò in modo impersonale. Le reti sono dunque espressione di valori espressi
dalla persone che ne fanno parte.
A loro volta le reti promuovono atteggiamenti positivi come la fiducia, la reciprocità, la
condivisione delle informazioni, la collaborazione tra persone che possono anche avere
ideali d riferimento diversi, il rinforzo di quella che è definita come identità
altruistica.
OLTRE LO SCUOLACENTRISMO: IL SISTEMA FORMATIVO POLICENTRICO
Con l’espressione scuola centrismo si intende un sistema d’istruzione e di formazione
affidato al ruolo centrale e in qualche caso addirittura egemonico affidato alla scuola. La
scuola viene concepita come l’istituzione principale in grado di rispondere alla
formazione culturale e civile dei futuri cittadini e, al tempo stesso, di rispondere alle
aspettative ed esigenze della vita sociale ed economica.
La nozione di sistema educativo-formativo di tipo policentrico deriva invece dalla
constatazione della varietà di luoghi, di esperienze, di sollecitazioni entro cui maturano
gli apprendimenti, ormai da tempo non più riconducibili al solo ambiente scolastico.
Parlare di policentrismo scolastico/formativo significa dunque ripensare tempi, modalità
e luoghi dell’apprendimento e della socializzazione educativa. Le opportunità di
apprendimento si svolgono oggi secondo modalità certamente alquanto diverse da
quelle tradizionalmente scolastiche e sono depositate anche:
• Nelle esperienze di formazione professionale, negli stage, nell’apprendistato e nelle attività
di alternanza studio/lavoro.
• Nell’universo delle potenzialità offerte dagli apparati mass mediali, info-telematici e
dall’importanza crescente dell’e-learning, destinato a diventare un potente strumento di
formazione nei decenni a venire.
E, dunque, se per molto tempo parlare di riforma ha significato soprattutto pe