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SOSTENERE I PRIMI PASSI.
Sulla pesantezza e la leggerezza dell’educare.
Storia: a scuola c’è un tunnel nuovo, una bambina preoccupata non vuole entrarci. La
maestra prova a insistere ma non c’è niente da fare. Si mette poi a fare delle facce e a
giocare con lei finchè non entra nel tunnel.
L’insegnante sente di uscire dai soliti schemi e così compie un gesto lieve che è giocare;
lei lo considera non professionale, in realtà nel momento in cui smette di dire quel che
andrebbe fatto e si pone in gioco attraverso una forma di sintonizzazione corporea, esce
dalla intenzionalità educativa e esercita una funzione educativa. In educazione non c’è
solo la pesantezza ma anche la leggerezza a far da molla alla relazione educativa. “Ciò
che davvero passa nel processo educativo sfugge al controllo; se c’è qualcosa che esce
dalla routine quello risulterò incisivo e memorabile nell’apprendimento” [Gianfranco Grilli].
Questo aspetto è trascurato dalla riflessione pedagogica che si preoccupa più di non
improvvisare i percorsi educativi ma di pianificarli; c’è anche da chiedersi se tanti
insuccessi educativi non siano dovuti al ritenere che basti la programmazione didattica,
perché in realtà si educa perlopiù aldilà delle intenzioni. Il momento del gioco (in cui il
corpo è implicato) è per sua natura un piano che si gioca in una terra di mezzo mai troppo
definita, procede per salti; perché si verifichi occorre possedere quella che Ina Pretorius
chiama “competenza a esser-ci” [da Heidegger, “quell’essere-nel-mondo, Dasein]. Il
lavoro educativo, quel “sapersi prendere cura della vita quotidiana” è reso possibile dalla
capacità del soggetto di essere nella relazione (dasein). I laboratori del corpo richiedono
parole significanti e piene, si avvalgono di quella sapienza silenziosa che passa di mano in
mano nelle pratiche. È importante inoltre prendersi cura del desiderio: la voglia è rapida, si
accede e presto si spegne, le voglie sono figlie di un tempo consumista, il desiderio è figlio
dell’immaginazione e dell’attesa. Aver cura del desiderio implica non saturare tempi e
spazi infantili con troppi stimoli, ma fare in educazione un lavoro di sottrazione più che di
addizione. Significa valorizzare il pathos, salvaguardare il piacere del movimento nei
bambini, creare immagini significative e vive. Come nella storia, l’insegnante ha fatto
riferimento al desiderio della bambina.
Alle radici del movimento.
L’origine del movimento coincide con quella più remota della storia di ciascuno di noi. I
bambini hanno una straordinaria potenza comunicativa nei loro continui movimenti,
attraverso i quali è possibile cogliere le caratteristiche peculiari di ognuno. Laboratorio: i
primi minuti di osservazione permettono di cogliere quel gruppo, chiede di scrivere cosa gli
studenti si aspettano dal laboratorio. Fa stendere per terra e suggerisce di ascoltare il
movimento del proprio respiro, poi passaggio dalla posizione sdraiata a quella seduta;
suggerisce l’immagine di un bambino che si risveglia e sbadiglia; c’è più agio nello
spostarsi a terra. La domanda chiave attorno alla quale ruota il laboratorio è: “quali sono le
origini del movimento?” (la relazione tra movimento e percezione del proprio corpo, tra
movimento sostegno e ambiente..). Altro punto è vedere la differenza tra sapere e sentire:
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lo mostra facendo conoscere le ossa del bacino toccandole e con un plastico. Secondo
Ronald D. Laing, prima di nascere nasciamo più volte e ogni nascita comporta una
successione di sradicamenti e nuovi radicamenti. Nell’ambiente uterino, l’esistenza
dell’embrione e del feto è testimoniata dal suo essere-in-movimento, com’era già stato
intuito da Milani-Comparetti: secondo Milani le competenze del neonato sono motorie e
relazionali, permettono di interagire con l’ambiente fisico e umano. Nel laboratorio
l’insegnante mostra poi come le ossa del bacino della donna siano perfettamente
conformabili alla testa del bimbo, adatte ad accoglierlo e a guidarlo nel canale del parto;
racconta la fisiologia della nascita nei termini di una danza tra madre e bambino, di un
gioco tra corpi in movimento. I movimenti della nascita evocano i movimenti riscoperti
durante la giornata; il racconto della nascita apre la consapevolezza del corpo in
movimento. Altra attività teatrale: camminare nello spazio cercando di occuparlo in modo
uniforme, suggerimento sguardo aperto per cogliere lo spazio e i movimenti delle altre, e
di cambiare direzione nella camminata, alternando passi in punta di piedi, passi sui talloni
e a osservare cosa producono queste variazioni. Massaggio dei piedi su una pallina da
tennis osservando come varia l’ampiezza dell’appoggio del piede. Alla sua ripresa la
camminata appare più sciolta e connessa; le palline vengono lasciate a terra e diventano
mediatori delle relazioni. Poi proposta di un video: ci sono bambini nel primo anno di vita,
liberi di esplorare le potenzialità del corpo in movimento, La Pikler sostiene l’importanza di
creare degli ambienti educativi in cui sia per loro possibile sperimentare il piacere di una
“totale libertà motoria” in cui l’adulto ne favorisce la scoperta.
Psicomotricità al nido.
Gruppo di otto bambini e bambini tra i due e i tre anni viene portato in una stanza allestita
in un angolo con materassini e attrezzi di legno, in un altro con materiali vari, nel terzo
angolo (dell’accoglienza) si preparano seduti all’esperienza, aspettano il via dell’adulto.
Alcuni vanno a giocare, altri osservano. Herni Wallon affermava che per sua natura il
movimento del bambino contiene potenzialmente tutte le direzioni che prenderanno
l’attività psichica, i processi funzionali diretti a uno scopo, i processi cognitivi. Questo è
confermato da recenti teorie che parlano di un bambino competente che non solo
possiede gli strumenti per agire nel mondo, ma conosce lo specifico cammino per
sviluppare il suo potenziale. Questo avviene in un costante rispecchiamento che all’inizio
si attiva con la figura materna e la famiglia. L’ambiente predisposto si pone come il
luogo/tempo privilegiato di una nuova avventura, in cui il bambino incontra altre figure di
riferimento come le educatrici, è il primo e vero laboratorio di vita. Tale luogo avrà delle
regole; il modulo proposto si ispira alla ricerca di Andrè Lapierre e Bernard Aucouturier.
Accompagnare la crescita dei bambini nei primi anni di vita prevede di saper coniugare
capacità di ascolto e profonda conoscenza del gioco, senza anticipare le azioni dei
bambini. I vari giochi che fanno i bambini, che chiamiamo di “gioco sensomotorio” sono
caratterizzate dalla ricerca di situazioni di tensione/distensione come di
equilibrio/disequilibrio, proprie dello sviluppo che va dal primo dialogo corporeo adulto-
bambino fino alla conquista della stazione eretta e della deambulazione. Queste
esperienze forniscono la base funzionale per l’affermarsi di un’autonoma esperienza
sensomotoria e si impregnano anche a livello affettivo. Parole come sostegno, abbandono,
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lasciarsi andare, trattenersi veicolano una pregnante ambiguità da cui deriva il concetto di
esperienza tonico-emozionale che permane alla base delle relazioni umane e della
sessualità. Attività: bambine fingono di essere dei cagnolini in una cucina. Queste
sequenze ci mostrano un’attenzione verso la percesione, l’uso e la trasformazione dello
spazio quale luogo di proiezione e costruzione di sé. Chiamiamo questo gioco “proto-
simbolico”, in quanto impegna rappresentazioni di sé e del mondo su mappe sensioriali,
pre-concettuali e pre-simboliche. Queste mappe d’azione hanno una forma bipolare:
rispondono alla modalità propria del bambino di esplorare i poli estremi dell’esperienza (a
differenza dell’adulto che ricerca equilibrio). Il gioco infantile è anche “processo”: il
“progresso”, l’evoluzione verso tappe successive si accompagna con il procedere
nell’esperienza di sé e del mondo. Movimento, azione, gioco, sviluppo, processo , identità
sono le voci principali della relazione educativa; l’essere adulto appare come un
progressivo ampliamento dell’essere al mondo e non come un restringimento, ogni
linguaggio e ogni configurazione esperienziale (anche la più arcaica) resta attiva in noi.
Porsi all’altezza del bambino è riattivare spazi di presenza in noi. Laboratorio: si chiede
agli adulti di non parlare e di camminare in direzioni diverse prima allontanandosi dagli
altri, poi intersecando le loro strade. Si favorisce un impegno fisico, pieno, giocoso. Poi
conoscenza delle proprie articolazioni, e produzione di movimenti fluidi fino alla
“emozione estetica”. Poi sdraiati a occhi chiusi, immaginare il movimento del proprio
respiro con un dito. Non si tratta di far finta di essere bambini, ma di mettere in gioco la
personale sfida di essere se stessi, come adulti e educatori.
Educazione psicomotoria nella scuola primaria.
Lo schema corporeo è direttamente proporzionale alla maturazione neurofisiologica del
soggetto, procede in modo simile e prevedibile per tutti ed è utilizzato da ciascuno nella
realizzazione delle prassie, da quelle più semplici a quelle più complesse. Differisce dal
concetto di immagine corporea, unica e irripetibile, in quanto si inscrive nella storia
originaria relazionale di ognuno. Durante il suo primo stage con Aucouturier ha compreso
l’importanza della relazione, del gioco e del movimento; è importante la qualità dello stare
insieme e di come le storie personali del bambino e dell’adulto si intrecciano. In un centro
di igiene mentale non si prestava attenzione ai reali problemi dei bambini, ma si seguivano
delle pratiche precise: non bisogna curare e lavorare sui sintomi, ma prendersi cura della
globalità del soggetto. La maturazione del soggetto può avvenire solo nell’incontro
intersoggettivo; come dice Stern nella sua concezione di un bambino “partner attivo” nella
relazione, questo è coinvolto ad esprimere non solo i bisogni fisiologici ma ha anche
interesse verso gli scambi sociali. Damasio afferma che dal corpo prende forma il
pensiero e non viceversa. Cosa vuol dire fare educazione motoria: bambini in una classe
primaria in una palestra, l’attenzione allo spazio è una delle condizioni indispensabili per la
buona riuscita di un intervento psicomotorio, svolge la funzione di contenitore, importante
anche la predisposizione dei materiali per segnalare che si tratta di un progett