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Frequenze sonore inascoltate
La percezione uditiva impone all’ascolto e alla narrazione, li costringe ad articolarsi e scomporsi, a operare secondo
armonia e chiarezza. Patrick medico specializzato in audiologia, curò le sordità dei traumatizzati dalla
Tomatis,
guerra e si accorse che c’è una stretta connessione tra la voce emessa dai soggetti e le frequenze riconoscibili dal loro
orecchio: voce e linguaggio dipendono strettamente dall’udito. Si è creato così un metodo, detto appunto metodo
Tomatis, che affronta i disturbi dell’attenzione e dell’apprendimento facendo riascoltare la voce registrata della madre
o la musica di Mozart attraverso un ‘orecchio elettronico’. Lo schema corporeo di un individuo è in connessione
diretta con l’organo dell’equilibrio situato nell’orecchio: i due si influenzano reciprocamente quindi un insieme
cocleo-vestibolare capace di rispondere ad ampie frequenze può indurre ad un buon equilibrio psicofisico. Allo stesso
modo, un corretto schema posturale e motorio è garanzia di buon ascolto. I bambini cantano prima di parlare.
L’educazione deve permettere al bambino di vivere lungamente il suono prima di intellettualizzarlo e razionalizzarlo.
La musica, è da pensare quindi come mezzo educativo corporeo diffuso.
L’occhio specchio dell’anima e porta del corpo
La percezione visiva copre il 70% delle nostre sensazioni e l’area cerebrale da essa occupata è la più estesa fra tutti gli
organi di senso. Il nostro schema corporeo fa continuo riferimento alla percezione visiva. Alla nascita il neonato non
selezione e non percepisce gli oggetti fisici perché riceve solo una massa di indeterminate sensazioni; è nella relazione
con chi si prende cura di lui che inizia a discriminare le varie sensazioni. La facoltà di interpretare le sensazioni visive
richiede una gran quantità di esperienze accumulate, è un processo di apprendimento che si sviluppa in fasi
successive, corrispondenti alla sviluppo motorio (rotolare, strisciare, gattonare, camminare).
Una parte importante dei difetti visivi dipende dalle cattive abitudini posturali, e ciò spinse l’oculista americano Bates
a creare delle tecniche esperienziali che propongono esercizi integranti la dimensione corporea e quella
rappresentativa, comprendenti anche un appropriato regime alimentare. Una di queste tecniche è denominata
palming, funge da rilassamento e consiste nel coprire gli occhi col palmo delle mani, le dita sulla fronte e i gomiti
appoggiati al tavolo; si rilascia così ogni tensione dei muscoli del collo e delle spalle.
Relax
La condizione trasversale che accomuna i diversi approcci è l’idea di corpo capace di disporsi all’ascolto, un corpo
presente e rallentato, dove per rallentato si intende la capacità di stare nell’ascolto e di porsi in relazione senza dover
necessariamente fare ‘qualcosa’. Il rilassamento non è una condizione semplice, ma è una esperienza alla quale si deve
educare perché costituisce la strategia che mette in contatto diretto col corpo, introduce nuove condizioni, innesca 8
Ivano Gamelli
Pedagogia del corpo -
ogni percorso di educazione corporea. Il rilassamento apre al mondo dell’esperienza ad occhi chiusi (sentire,
fantasticare, accostarci al sonno). Percepire le sensazioni interne del corpo corrisponde sempre ad una riduzione delle
tensioni.
Esistono metodi propriocettivi centrati sul rilassamento corporeo: il training autogeno di Schultz e l’eutonia di
Alexander, che sono all’origine della sequenza didattica rilassamento immaginazione guidata presa di coscienza
→ →
verbalizzazione. Le tecniche di rilassamento si possono introdurre sia in forma globale che in forma segmentaria o
→
analitica. Nell’approccio globale il soggetto sperimenta il rilassamento diffuso come conseguenza psicologica della
riduzione del grado di tensione muscolare, tramite consegne verbali o con l’ascolto di musica. La tecnica segmentaria
analitica, invece, conduce al rilassamento portando a contrarre per alcuni secondi, in modo volontario, dei gruppi
muscolari isolati. La scelta delle tecniche di rilassamento tiene conto dell’età, il grado di familiarità con la tecnica
stessa, le resistenze e le difficoltà che a volte si palesano.
5 - A Oriente del corpo
Andare (e formare) di fretta
Il rapporto particolare con la dimensione del tempo è uno dei segni più rappresentativi del modo e del mondo in cui
viviamo. Gli scenari della nostra formazione, a qualsiasi livello, prediligono l’acquisizione di alcuni comportamenti
per poterli mostrare con efficacia allo sguardo e alle aspettative degli altri, indipendentemente dalla qualità della
relazione interna con sé stessi; l’importanza e l’utilità delle innovazioni ha allontanato la nostra percezione della realtà
da qualsiasi feedback emozionale e corporeo. La possibilità di organizzare il pensiero in modo sempre più veloce ha
messo alla prova la salute dei nostri processi interni: fra i ritmi del corpo e quelli del pensiero si ha una profonda
scissione, come dimostrano il crescente numero di manifestazioni psicosomatiche, di stress di disagio.
Si ha oggi una mancanza di spazio,soprattutto interiore,che giustifica l’urgenza e la ricerca di una nuova idea di
formazione e che sappia recuperare l’importanza di una dimensione soggettiva e il rapporto con se stessi.
La via orientale alla formazione
Le tradizioni occidentali oggi hanno sempre più successo nel nostro mondo orientale perché hanno mostrato
all’adulto delle pratiche di formazione, crescita e trasformazione di sé centrate su metodo di osservazione del
funzionamento della mente a forte implicazione corporea. La sapienza orientale, al contrario della nostra, non
allontana lo studio astratto dalla ricerca concreta del benessere psico corporeo dell’uomo. Il pensiero orientale
predilige il dato intuitivo, fenomenologico, la consapevolezza immediata, compenetrandosi nell’esperienza diretta.
Lo yoga è la pratica più rappresentativa di questo approccio. Lo yoga è un esercizio che mira a facilitare la regolazione
e la coordinazione involontaria del funzionamento estremamente complesso del corpo e ad indurre di conseguenza le
condizioni per il benessere psichico.
Il filo dello yoga
Lo yoga non è una filosofia e nemmeno una religione. Nei testi antichi è presentato come uno dei sei “punti di vista”,
e ha quindi carattere soggettivo e autoreferenziale. Grazie allo yoga si diffuse una spiritualità concreta che fece da
ponte per lo sviluppo di eterodossie successive. Il testo di riferimento principale dello yoga è lo Yogasutra, composto
da quattro parti e 195 sutra (aforismi). In questo testo, la comprensione dell’esperienza umana e della sua coscienza
passa attraverso l’analisi del rapporto esistente tra le nozioni di sé e di io personale, identificate nei principi di
“consapevolezza” e “sostanza”.
La scansione della ricerca dello yoga contempla prima ‘asana’, la consapevolezza del corpo, delle sue attitudini e
posture; poi ‘pranayama’, la consapevolezza del respiro; e infine ‘dhyana’, la meditazione e il riconoscimento
dell’integrazione con l’attività del pensiero. Il corpo è quindi assunto dallo yoga come microcosmo dal quale mutuare i
contenuti dell’esperienza umana, per poterli poi osservare.
La seduta di yoga inizia con Asana: la coscienza del corpo. Attraverso l’alternanza di attività e passività (da movimenti
dinamici a posture) si va dalla periferia (gli arti, il bacino e la testa) verso il centro (la colonna vertebrale). Le posizioni
servono ad agire sulla colonna vertebrale per liberarne l’energia. Alla direzione dalla periferia verso il centro
corrisponde anche il passaggio dal movimento all’immobilità: il corpo diventa immobile per ascoltare il respiro.
L’esperienza della meditazione è una vera e propria educazione della mente. Nella meditazione lo spostamento
dell’asse di attenzione permette di stabilire un rapporto più amichevole con quanto accade nella mente. La
trasmissione dello yoga è iniziatica e avviene obbligatoriamente da una persona all’altra: chi ha sperimentato trasmette
a colui che riceve, il quale trasmette a sua volta. Arrivato ad un certo grado di consapevolezza, un adepto ha una sola
possibilità per avanzare nella crescita: quello di trasmettere a sua volta. La trasformazione personale infatti innesta
l’inevitabile desiderio di insegnare e garantisce la competenza del maestro. Imparare, significa imparare a partire
dall’esperienza degli altri. Insegnare significa trasmettere un’esperienza.
Cambiare canali 9
Ivano Gamelli
Pedagogia del corpo -
Lo schema corporeo cambia troppo lentamente perché sia possibile accorgersene. Da questo gap percettivo deriva
l’illusoria convinzione di una continuità temporale dello schema corporeo. C’è per questo la necessità di aprirsi a una
visione dell’identità come arcipelago, segnata da una pluralità di sé. La conversazione felice con se stessi richiede la
disponibilità a diversi linguaggi e di saper transitare dall’uno all’altro con flessibilità. Il lavoro educativo, quindi, non
può prescindere dallo sforzo di tenere costantemente in relazione e comunicazione tra loro questi livelli. Si devono
sempre prevedere che sensazioni ed emozioni passino attraverso il corpo e che possano interagire per costruire la
conoscenza.
Il problema dell’essere bloccati in un unico canale, è che spesso non ci si rende conto della situazione, e per questo è
importante prenderne coscienza, imparare a esercitare le qualità espressive proprie di ogni canale e saperlo cambiare,
cioè trasferire contenuti si sé da un canale all’altro per avere a disposizione risorse aggiuntive. Permettere al corpo di
agire nel contesto formativo imporne di ritrovare il contatto con le radici biologiche, insegna a transitare da un’area
all’altra e costringe a vedersi più globalmente e da più punti di vista. Solo una formazione che non abbia paura della
sospensione e del silenzio, che sia disponibile ad esplorare concretamente linguaggi eterogenei, può mostrare un
accesso completo al pensiero e alle sue parole.
6 - Saperi e contesti incorporati
A scuola con il corpo
A scuola, tradizionalmente, si mira a risolvere l’osservazione in una faccenda puramente descrittiva, dove l’insegnante
vede l’alunno come un soggetto estraneo a sé. Gli insegnanti finiscono così per insegnare senza dire niente di sé,
lamentando un ascolto superficiale e passivo, e gli studenti si ritirano ai margini del processo formativo.