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La società dello spettacolo è centrata sul concetto di immagine dove il vero coincide con il falso, la notorietà
viene ricercata a costo del pervertimento, tutto questo si dimostra come una mala ripetizione di strategie
nella propria vita. Gli individui portano all’estremo le proprie pratiche per avere successo e tendono a
migliorare all’interno di questo scenario. L’antropotecnica attuale contiene in sé una forte coercizione dei
desideri e in questo modo tutto cade nella pornografia perché perde il proprio senso dell’essere.
Bisogna riapprendere e reimparare a vedere il mondo oltre l’immagine che ci viene proposta avendo, però,
da una piena coscienza di quello che è il presente. Il vero terreno di allenamento da cui partire per
intraprendere il proprio miglioramento è quello dell’imprevisto, deve venire accettato come una possibilità
che non rientra nei canoni ma ha il suo perché. Il vero stacco dalla banalità è dato proprio da ciò che irrompe
come inatteso e richiede un allenamento rappresentato dal presente. Tutta la vita dell’uomo è un infinito
intrattenimento, un disastro che non è un imprevisto perché ci siamo già dentro, in realtà l’imprevisto è ciò
che interrompe il disastro e bisogna accoglierlo come l’inizio di una qualcosa che volge verso il meglio .
Dovremmo compiere un’azione di fenomenologia per volgere il nostro sguardo: per prospettare il percorso
della nostra cura dobbiamo renderci conto della tenebra, infatti solo in noi e attraverso di noi possiamo
vedere il cammino del miglioramento. La cura di sé deve essere consapevole, riuscendo a riconoscere ciò che
costituisce la tenebra possiamo avere piena coscienza di quale sia lo stato dell’uomo oggi e da qui partire.
Zygmunt Bauman sostiene che ognuno è chiamato a scegliere il proprio modo di vivere ma oggi anche la
vita dello spettacolo si presenta come un’arte di vita. Solitamente le ragioni del giorno non vedono mai i veri
motivi della cura nella tenebra, ogni aspetto del mondo e della nostra vita vengono mascherati da altro.
L’educazione deve modellarsi su questo scenario o fornire una propria proposta? Una soluzione sarebbe
quella di porsi in una prospettiva di osservazione per cogliere l’attualità nella sua forma reale e da qui
costruire un percorso che vada verso un miglioramento.
XIX Lezione (22-11-2010)
Nella società spettacolarizzata e iperconsumista di oggi si nota come il processo della cura di sé sia un
processo individualista che entra perfettamente nelle logiche del capitalista che promuove una cura
spettacolarizzata, incentrata cioè sullo spettacolo. Le logiche del capitalista ben descritte ne “il discorso del
capitalista” di Lacan, promuovono nuovi investimenti (nel calcio e nelle veline per esempio) e portano alla
disgregazione dei legami sociali.
È preoccupazione di chi si occupa di educazione, la promozione di una cura di sé che si discosti dal concetto
di cura del discorso del capitalista.
Costruire un orientamento, una forma di formazione e autoformazione sono gli obiettivi che dobbiamo
raggiungere oggi. Nel concreto questo significa costruire un’idea di cura all’interno delle scienze della
formazione.
Bisogna cambiare la società altrimenti è impossibile uscire dalla crisi. È dovere dell’educazione tenere conto
della cura capitalista per poter costruire sé stessi alla luce di questo mondo di cui non si può non tener conto.
Ora si è poco consapevoli dell’attualità ma è proprio ora che è necessario prendersi cura della propria cura in
termini di verticalità a causa dello stato d’urgenza in cui ci troviamo e in termini di cura-businness che è
attratta dal contesto del mercato. Prima di tutto è necessario essere consapevoli del mondo e del contesto in
cui viviamo per non diventare burattini che obbediscono senza sapere nulla della realtà in cui siamo immersi.
La cura di sé è qualcosa di diverso dall’obbedienza a dispositivi che si occupano di cura di sé, come il
consumo.
La sfida di fondo che ci aspetta non può essere separata dalla scommessa sull’autoformazione dei giovani
fondata sul principio della vita in esercizio che punti ad una formazione dell’uomo che non sia finalizzata e
funzionale agli schemi della videocrazia.
Le logiche del successo penalizzano i giovani che sono costretti ad essere burattini per essere funzionali al
discorso del capitalista.
La nuova riformulazione della cura di sé , attraverso proposte autorevoli, deve contestare il modello di
sviluppo proposto che ha rovinato il pianeta e desertificato le coscienze. È necessaria dunque una nuova
forma di autorità che proponga forme alternative di successo per la propria vita.
Ogni cura di sé è anche una conversione, metanoia e trasformazione di sé che volga l’attenzione a qualcosa
di diverso e che non guardi con occhi ciechi alla cura e alla formazione.
Oggi chi si occupa di cura? Principalmente i media e la tv si fanno carico di formare l’uomo contemporaneo.
È il fondamento della civiltà quello che intendiamo noi per cura. Aver cura significa stare vicini
interiormente, aver cura insieme; è un atto dovuto ma è allo stesso tempo un dono. Parliamo invece di
autoformazione (cura sui) come l’automaieutica che ha bisogno di pratiche per consolidarsi. Intendiamo
quindi la cura come educazione, formazione e cura di sé. La filosofia sottesa alla cura di sé, non è un
discorso teorico ma è un’arte di vivere.
XX LEZIONE (26-11-2010)
La cura di sé è da intendersi come:
• PROGETTO: si cerca di andare verso un miglioramento nell’educazione e nella formazione.
• RIFLESSIVITÁ: le pratiche devono essere accompagnate da una riflessione.
• ESERCIZIO: i modi di vivere devono incentrarsi sull’allenamento in vista di un miglioramento.
Nel testo di Franco Cambi la cura di sé non è intesa fino in fondo come modo di vivere, la filosofia che vi sta
dietro non può essere generica ma deve rifarsi alla vita. Un modo per cogliere appieno il senso della vita è
quello di porsi dalla posizione della morte, da qui si può cogliere il disgregarsi della vita e così ritrovare il
senso concreto della ricerca di un’arte della vita prendendosi cura di sé.
In questa attualità mediatizzata molto spesso sciupiamo gli elementi della vulnerabilità e tutto ciò che si
volge ad altro, ogni cosa viene schiacciata da un’enorme ego che solo apparentemente è cura di sé o
dell’altro e che in realtà è solo desiderio di successo. Cogliere il senso della finitudine si presenta come un
modo di recuperare quello della vita cogliendone le varie fragilità, la filosofia oltre a essere un modo di vita è
anche un modo di morire.
Lo spettacolo e la società attuale puntano a una politica dell’immortalità, il vero riferimento dei potenti, oggi,
è la loro immagine. L’educazione chiamando in causa il nostro modo di leggere l’attualità deve orientare a
una politica dell’immortalità tramite la cura di sé per costruire un’alternativa a quella impostaci dalla società.
La tensione in questo tempo cresce perché l’uomo non sa morire e dunque vivere. Assumere il punto di vista
del cadavere del filosofo e creare una propria politica dell’immortalità costruendo degli allenamenti
consapevoli della politica che si segue.
L’educazione ha un terreno di movimento molto ristretto mentre la politica costruisce la sua piramide
dell’immortalità, come un maestro che fa lezione avendo intorno a sé due o tre discepoli mentre al suo fianco
il faraone costruisce la sua piramide.
La cura deve presentarsi come una categoria centrale per se stessi e per gli altri, oggi la cura è principalmente
malata perché si riduce a una banale ripetizione del vivere. Non bisogna fare della cura un modo di aderire
alle seduzioni di una condizione tranquilla ma porsi di più sul lato del fronte, si deve essere consapevoli di
quanto la cura sia pervertita e da qui impegnarsi concretamente. È importante sapersi volgere e cogliere la
realtà delle cose perché solo in questo modo ci si muovere per avviare un cambiamento, per ottenere
qualcosa di meglio si deve compiere una rivoluzione.
XXI Lezione (03-12-2010)
Visione del documentario “Lorenzino di Don Milani” di Meloni.
XII Lezione (06-12-2010)
Don Milani è un modo d’essere e un incontro che ci permette di cambiare noi stessi. Oggi non lo si conosce e
soprattutto non lo si considera un architrave portante della coscienza italiana. Questo perché sia la destra che
la sinistra hanno fatto in modo che venisse misconosciuto. È un prete non fascista che ormai è superato
perché il nostro mondo non è il suo, e il messaggio che voleva mandare è valido solo per i suoi anni, ma non
si sa che Don Milani oltre a riformare la chiesa e la scuola, ha riformato la ricerca personale attraverso un
modo d’essere.
Don Milani ha speso tutto il suo essere prete per l’elevazione dei più poveri attraverso la scuola, da egli
considerata quasi un sacramento oltre che un esercizio.
Ranchetti scrive che per lui ogni parola è parola di Dio e Don Milani fa di tutto per portare i poveri verso la
parola, che non è una chiacchiera ma una parola che consente loro di vivere in modo più adulto e che si
discosta del discorso dei capitalisti e dei borghesi.
Don Milani promuove un linguaggio diverso dal linguaggio dei soldi, perché non è l’unica etica possibile.
Egli ci è vicino, ma non è attuale perché oggi le uniche parole che conosciamo sono le parole del denaro, non
più la parola di Dio. Don Milani inoltre è inattuale perché è dimenticato, anche quando viene citato (per
esempio Veltroni dice come Don Milani sia il punto di riferimento per il Partito Democratico,
dimenticandosi di andare nella direzione di dire “leggete Don Milani”). Si rischia di parlare troppo di lui
senza averlo studiato o letto. C’è bisogno di lavorare su Don Milani ed è proprio l’università che dovrebbe
portare gli studenti a conoscerlo e leggerlo, rendendolo meno fuori luogo di quanto è adesso nel nostro
mondo.
Basta parlare di Don Milani, è tempo di leggere la sua opera, perché non è letto abbastanza e perché ha
un’opera d’arte che sono i suoi scritti oltre che le sue foto e le sue lettere e inoltre perché Don Milani ha
qualcosa da trasmettere. È ora dunque di iniziare di nuovo a leggere la sua opera p