Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
H
proteine di membrana CD40L localizzate sulla superficie delle cellule B ed i rispettivi recettori
localizzati sulla superficie delle cellule T. tale interazione genera infatti nella cellula B una serie di
segnali che permettono alla stessa di uscire dalla fase G di quiescenza e rientrare nel ciclo
0
cellulare.
4. L’attivazione avviene dunque solo dopo che il linfocita T helper rilascia linfochine in grado di
stimolare nel linfocita B una intensa attività proliferativa e lo switch isotipico da cui ne deriverà la
sintesi di specifiche classi di Immunoglobuline. A questo punto dunque le cellule B sono divenute
plasmacellule che presentano poche Ig di membrana in quanto quelle prodotte vengono secrete
all’esterno al fine di esplicare il proprio ruolo immunitario. Non tutte le cellule B attivate si
differenziano tuttavia in plasmacellule, alcune rimangono nei tessuti linfoidi come cellule B della
memoria in grado di rispondere rapidamente ad una successiva comparsa dell’antigene nel corpo.
Quando stimolate dallo stesso antigene infatti, alcune cellule B della memoria proliferano
rapidamente in plasmacellule generando una risposta immune secondaria nel tempo di poche ore,
invece che di giorni.
Classi anticorpali (isotipo):
Come detto prima, le immunoglobuline sono glicoproteine la cui unità funzionale è caratterizzata dalla
presenza di due catene leggere (L) e due catene pesanti (H): sono le differenze antigeniche delle catene
pesanti che permettono la classificazione delle Ig in 5 classi G, M, A , D ed E.
- La porzione aminoterminale delle catene immunoglobuliniche è costituita dalle regioni V, che
presenta una variabilità nella sequenza aminoacidica e contribuisce alla specificità antigenica
(idiotipo). Questa porzione è la più importante dell’intero BCR (B-cell-receptor, modo per indicare
solo le immunoglobuline legate alla membrana e che per questo fungono da recettori), in quanto in
grado di legarsi selettivamente ad una porzione di antigene intatto, od epitopo.
- La porzione carbossiterminale è invece costituita dalle regioni C, che presentano sequenze
aminoacidiche a cui sono legate caratteristiche funzionali di ogni classe Ig.
Come detto prima, lo switch isotipico che permette di ottenere a seconda dei casi le 5 classi di
immunoglobuline, viene stimolato in maniera differenziale dalle differenti linfochine rilasciate. Per esempio
il rilascio di IFN-ϒ stimola la sintesi delle IgG, mentre TGF-β quella delle IgA. Le differenti classi
immunoglobuliniche presentano infatti differenze non solo per quanto concerne la struttura, ma anche la
loro funzione.
- IgA è presente come monomero, dimero o trimero ed è coinvolta nell’immunità a livello delle
mucose (le lacrime possiedono spesso IgA, proprio perché passano per le mucose) e in quella
passiva nel neonato.
- IgD è monomerica e presente sui linfociti B vergini, dunque non ancora venuti a contatto con
l’antigene.
- IgM: è pentamerica ed è presente sulla membrana dei linfociti B vergini. Svolge un ruolo
importante nell’attivazione del complemento (insieme ad IgG).
- IgE è monomerica ed è espressa a livello dei mastociti, dove è responsabile della ipersensibilità
immediata. Questa classe immunoglubulinica è attiva sia nelle reazioni allergiche che nelle risposte
immunitarie contro protozoi.
- IgG è monomerica ed è coinvolta nei processi di opsonizzazione, attivazione del complemento,
citotossicità cellulare anticorpo-dipendente, immunità passiva nel feto… La sua funzione più
importante è quella di neutralizzazione dell’antigene.
Cellule T e TCR (T-Cell Receptor):
Come le cellule B, anche le cellule T presentano sulla propria superficie dei recettori che riconoscono
piccoli frammenti di un antigene, definiti TCR (T-cell-receptor) . Il 95% del TCR è costituito da una subunità
α ed una β (TCRαβ) legati da ponti disolfuro mentre il rimanente 5% è costituito da subunità ϒ e δ (TCRϒδ)
non unite da legami covalenti. In entrambi i casi, TCR è costitutivamente legato anche alle proteine CD3, ζ
ed η che presentano, oltre una funzione di sostegno, un importante ruolo nel processo di trasduzione del
segnale di attivazione linfocitaria in seguito al riconoscimento antigenico.
I TCR sono molto simili alle Ig, in quanto dotati di:
Regioni variabili, codificate dai segmenti genici D e V(nelle catene α e ϒ) o D,V,J (nelle catene β e δ)
o che vanno incontro a rimaneggiamento genico, determinando la specificità di legame con
l’antigene.
Regioni costanti (C ).
o
A differenza dei BCR tuttavia, i TCRαβ sono in grado di riconoscere l’antigene solo se associato a MHC
(complesso maggiore di istocompatibilità) ed in particolare TCR associato alla proteina di membrana CD4
dei linfociti T helper riconosce l’antigene legato a MHC II classe, mentre TCR associato alla proteina di
membrana CD8 dei linfociti T citotossici riconosce l’antigene legato a MHC I classe.
Le Ig inoltre (non BCR in quanto si intendono solo quelli legati alla membrana) possono essere rilasciate
dalle cellule B, al contrario di TCR.
Figura: TCR può essere legato a CD4 e CD8 (T e CTL).
H
MHC e cellule presentanti l’antigene (APC):
Come visto prima i linfociti T vengono attivati in seguito al legame con particolari molecole proteiche
definite “Complesso maggiore di istocompatibilità” (o MHC), codificate da circa 20 locus genici diversi
(definiti HLA (Human leukocyte antigen)) localizzati sul cromosoma 6, di cui sono stati identificati circa 2000
differenti alleli. Tale complesso codifica dunque per proteine coinvolte nella presentazione dell’antigene e
ciascuna specie molecolare di MHC (espressa da un allele) è in grado di legare un gran numero di differenti
peptidi che condividono tuttavia caratteristiche strutturali tali da permettere il loro legame con MHC:
questo aspetto permette le cellule presentanti l’antigene di legare una grande quantità di peptidi.
Nonostante l’enorme varietà di queste molecole, è possibile distinguerle in due classi:
- MHC di classe I: molecole costituite da una catena polipeptidica, detta “pesante”, codificata da un
allele MHC ed associata non covalentemente ad un polipeptide, la β2-microglobulina, non
codificato da un allele MHC. Le differenze nella sequenza aminoacidica delle catene pesanti sono
responsabili delle notevoli variazioni nella conformazione del sito di legame del peptide. La maggior
parte delle cellule del corpo esprime molecole MHC di classe I, responsabili principalmente della
presentazione di antigeni che originano dal citosol della cellula (ovvero proteine endogene).
- MHC di classe II: molecole costituite da un eterodimero le cui subinità sono codificate entrambe da
alleli MHC. Sono espresse solo da cellule APC professionali e sono responsabili dell’esposizione di
frammenti di antigeni esogeni, portate in cellula per fagocitosi.
Come visto prima dunque, le cellule T sono attivate da un antigene frammentato in piccoli peptidi ed
esposto sulla superficie si una cellula specializzata, la cellula presentante l’antigene, grazie al legame con la
molecola MHC. Per cellule APC si intende dunque una classe di cellule del sistema immunitario in grado di
esporre peptidi ottenuti dalla degradazione di antigeni proteici (dopo averli riconosciuti, fagocitati e
processati) sulla propria superficie di membrana attraverso l'MHC. Il processo di presentazione
dell’antigene prevede una fase di processazione degli antigeni fagocitati durante la quale gli antigeni
proteici vengono degradati per via enzimatica endocellulare e trasformati in peptidi. Successivamente i
peptidi vengono espressi in superficie e inseriti in particolari tasche delle molecole MHC formando un unico
complesso che viene esposto sulla superficie cellulare. In questo modo i linfociti T sono in grado di
riconoscere gli antigeni estranei e di dare l’avvio al proseguimento della risposta immunitaria fornendo gli
stimoli per la proliferazione e la differenziazione dei linfociti B e dei linfociti citotossici (CTL).
La presentazione degli antigeni ai linfociti T avviene nelle aree corticali dei linfonodi dove confluiscono
trasportati dalle APC attraverso le vie linfatiche.
Quasi tutte le cellule possono funzionare da APC, ma solo alcune cellule professionali sono specializzate per
questa funzione:
-Cellule dendritiche: per lo più localizzati nei tessuti linfoidi secondari a livello delle aree T dove vengono a
costituire le cellule reticolari interdigitate. Il loro principale ruolo è quello di catturare l'antigene nei tessuti
e muoversi nei tessuti linfoidi secondari dove presentano l'antigene processato ai linfociti T naive.
-Macrofagi: macrofagi, come le altre cellule presentanti l’antigene, risiedono in forma inattiva in sedi
strategiche che possono essere potenziali vie di ingresso degli agenti microbici, quali la cute, gli epiteli del
sistema respiratorio e digerente, i sinusoidi del fegato. Una volta catturati e digeriti gli antigeni, queste
cellule, attratte da chemochine, migrano per via linfatica nei linfonodi drenanti. Durante la migrazione esse
vanno incontro a maturazione aumentando la sintesi di molecole MHC e di altre molecole dette
costimolatori: in altri termini da cellule semplicemente capaci di captare l’antigene diventano APC
professionali cioè cellule capaci di presentare l’antigene ai linfociti T e di stimolare gli stessi a rispondere
efficacemente.
-Linfociti B (localizzazione: vedi linfonodi): Il legame anticorpo-antigene può non scatenare una risposta
diretta, ma causare solamente l'internalizzazione del complesso attivato. L'antigene all'interno della cellula
viene poi processato ed esposto per i linfociti T helper che legandolo attivano a loro volta i linfociti B a
produrre dosi massicce di anticorpi causando l'opsonizzazione del patogeno che presenta quell'antigene.
Come detto prima, ciascun complesso MHC ha una tendenza più o meno elevata a legare antigeni endogeni
piuttosto che esogeni. Ma qual è la loro differenza?
- Antigeni esogeni: l’antigene proviene da una fonte esterna (inalazione, ingestione o iniezione).
Attraverso processi di endocitosi o fagocitosi, gli antigeni esogeni sono catturati dalle cellule
+
presentanti l'antigene (APC) e trasformati in frammenti, presentati alle cellule T CD4 helper grazie
a molecole MHC II presenti sulla superficie delle cellule APC. In seguito a tale contatto le cellule T H
si attivano e cominciano a secernere citochine che possono attivare i linfociti T citotossici (CTL), le
cellule B secernenti anticorpi, ed i macrofagi.
- Antigeni endogeni: sono antigeni generati all'interno delle cellule come conseguenza del
metabolismo cellulare norma