Patologia Generale
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AGENTI CHIMICI
Le tappe principali del contatto con agenti chimici sono esposizione, assorbimento, distribuzione,
integrazione e relativi effetti tossici.
Le principali porte di ingresso sono l’apparato respiratorio, l’apparato digerente e l’apparato
tegumentario.
La distribuzione può anche fallire ed evolversi in escrezione, che può essere anche immediata.
Altrimenti, l’agente viene trasformato in una biomolecola di natura più o meno tossica.
Eliminazione attraverso le urine, le feci e la bile.
Inquinamento spazi aperti: principalmente combustibili fossili generati da auto e fabbriche.
Materiale corpuscolato e anidride solforosa (SO ). Smog composto principalmente a ozono.
2
Provoca tosse, dispnea e infiammazione polmonare. Sono tutte sostanze idrosolubili.
Inquinamento spazi chiusi: favorito da isolamento termico e poca ventilazione. Le fonti da agenti
inquinanti sono fumo da tabacco e scorie allergeniche. Importante il monossido di carbonio, che
non si separa dall’emoglobina una volta stretto il legame. Radon, gas radioattivo prodotto dal
decadimento dell’uranio. Fibre di asbesto composte da amianto che possono provocare asbestosi e
mesotelioma pleurico. Bioaerosol, ossia diffusione mediante aerosol di microrganismi che possono
provocare polmoniti. Allergeni.
Tutti i tessuti possono dare reazioni di fibrosi, ipersensibilità e ipertossicità. Gli effetti cronici
comprendono decadimento del sistema nervoso e sterilità. Non sono note tutte le modalità di
infezione. SISTEMA IMMUNITARIO
Il sistema immunitario o immune è costituito da un complesso insieme di cellule e molecole che
nei confronti dell’organismo,
svolgono una funzione di difesa detta difesa immunitaria
proteggendolo da agenti infettivi e non infettivi. Le sue componenti principali sono gli organi
linfatici e i leucociti.
Abbiamo due tipologie principali di risposta immunitaria.
1. Risposta immunitaria innata;
2. Risposta immunitaria acquisita. a. Umorale (linfociti B, anticorpi)
–
b. Cellulo mediata (linfociti T)
Il sistema immunitario deve essere in grado di distinguere tra Self e non Self.
RISPOSTA IMMUNITARIA INNATA
E’ aspecifica, sempre uguale, sempre operativa. Riconosce strutture semplici e previene l’infezione.
E’ costituita da quattro livelli: –
1. Anatomica/Meccanica cute, mucose. Importante la cheratina, che non può essere digerita
dai microrganismi.
pH, temperatura, fattori solubili. L’ambiente acido
2. Fisiologica - impedisce la proliferazione
batterica. La lisozima scinde la parete batterica. Il complemento lisa microrganismi e facilita
la fagocitosi. –
3. Endocitaria fagocitosi.
–
4. Infiammatoria complesso della risposta infiammatoria.
Leucociti polimorfonucleati (PMN): hanno origine nel midollo osseo e sono provvisti di una
membrana cellulare adesiva.
Monociti: hanno origine nel midollo osseo. Si possono trasformare in macrofagi.
Cellule NK: se stimolate da citochine (IL2 e IL12), sviluppano grandi capacità antivirali e
antitumorali.
Macrofagi: risiedono nei tessuti e hanno capacità fagocitarie.
Cellule accessorie: cellule di Langerhans.
Il riconoscimento dei patogeni avviene tramite PRM (molecole circolanti) e PRR (recettori di
membrana posti sui fagociti).
1. Sistema del complemento.
Forma più primitiva di difesa innata. Complesso di circa 30 proteine attivato dal legame tra antigene
e anticorpo. Tramite un sistema a cascata porta alla formazione del MAC (Complesso di Attacco
alla Membrana), che dissolve la parete batterica.
Le funzioni del complemento sono principalmente tre: indurre la fagocitosi, produrre componenti
biologicamente attivi e danneggiare la membrana tramite il MAC.
Tre possibili vie di attivazione del complemento: via classica, alternativa e lectinica.
VIA CLASSICA –
Si attiva tramite il legame anticorpo patogeno.
C1q Porta alla auto-attivazione di C1r.
Taglia C1s.
C1r Taglia C2 e C4.
C1s C4a Mediatore peptidico di infiammazione (debole)
C4 Lega C2 perché C1s la
C4b QUI INIZIA LA VIA DELLA
tagli LECTINA
Precursore della chinina
C2a vasoattiva C2
C2 (**)
C2b Taglia C3 e C5
C3a Mediatore peptidico di infiammazione (intermedio)
QUI
INIZIA LA VIA
ALTERNATIVA C3 Molte molecole opsonizzazione della membrana batterica.
C3b Lega C3 perché C2b la tagli.
(*) C5b Lega C6 e C7.
C5 Aderisce alla membrana tramite C7.
Complesso C8 si lega al complesso e penetra nella membrana.
C5/6/7 10-16 molecole di C9 intervengono, formando le pareti del
Complesso poro aperto da C8.
MAC Il MAC è completo.
Vengono messi in atto cambiamenti omeostatici che portano alla morte e disgregazione della
cellula batterica.
*La via alternativa inizia con un clivaggio spontaneo di C3.
** La via della lectina inizia con la MBL, omologa a C1q, che si lega al mannosio presenti sulle
superfici batteriche. MBL interagisce poi con MASP 1 e MASP2 che, omologhe a C1r e C1s,
attivano C2 e C4.
C3a, C4a e C5a si legano a specifici recettori per produrre una risposta infiammatoria locale. Una
concentrazione elevata di tali composti può provocare uno shock anafilattico. Per questo motivo,
tali porzioni del complemento sono definite anafilotossine.
Le loro funzioni sono promuovere la contrazione liscia, aumentare la permeabilità vascolare e
favorire l’adesione molecolare.
neutrofili, aumenta la loro adesione all’endotelio, favorisce la chemotassi e
In più, C5a attiva i
attiva il monocita. –
Recettori del complemento Rimuovono dal circolo i componenti del complemento e potenziano
la risposta immunitaria innata e adattiva.
–
Regolatori del complemento Evitano che il complemento si attivi impropriamente. I regolatori
della via classica sono C1 esterasi, Fattore J e Proteina legante il C4.
Organi linfatici.
I leucociti si sviluppano negli organi linfatici PRIMARI, ossia il midollo osseo e il timo (linfociti
T). Gli organi linfatici SECONDARI presentano invece una struttura reticolare che intrappola gli
agenti patogeni e favorisce l’azione delle cellule leucocitaria. Sono organi linfatici secondari il
sangue, le placche di Peyer, i linfonodi, le tonsille.
Esistono anche degli organi linfatici terziari, ossia i tessuti linfatici associati alla pelle.
1. Organi linfatici primari:
Forniscono la sede in cui i linfociti si differenziano e passano attraverso un processo di selezione
dove vengono eliminate le cellule immature o quelle che riconoscono complessi maggiori di
istocompatibilità (MCH) autologhi. I linfociti T maturano nel timo, mentre i linfociti B nel midollo
osseo.
Timo.
Organo riccamente vascolarizzato formato da due lobi posto alla base del collo. Molto sviluppato
nel neonato, durante la vita regredisce. Ogni lobo è avvolto da una capsula che lo divide in
numerosi lobuli. In ogni lobulo riconosciamo una corticale e una midollare.
La corticale è formata da cellule reticolari. Ha due funzioni principale: fungere da impalcatura per
il parenchima e nutrire i linfociti T immaturi (nurse cells). Ogni nurse cells si occupa di circa 40
linfociti, che hanno un aspetto tondo e riccamente basofilo.
Nella midollare si localizzano linfociti T maturi, cellule epiteliali e corpuscoli di Hassall (funzione
non nota).
2. Organi linfatici secondari:
Catturano l’antigene e forniscono la sede in cui i linfociti possono interagire con esso, andando
incontro alla proliferazione e alla differenziazione in cellule effettrici.
Linfonodi.
Piccoli organi ovoidali circondati da una capsula. Si distingue una zona periferica, o corteccia, e una
centrale, o midollo.
La capsula presenta dei prolungamenti che insinuano nel linfonodo definiti trabecole. I vasi
sanguigni e linfatici seguono il decorso della capsula, costituendo seni sottocapsulari. I seni
fungono da filtro per il linfonodo.
avviene la maturazione e proliferazione dei linfociti B. E’ divisa in tre zone:
Nella corticale
follicolare, intermedia e capsulare.
Nella midollare il parenchima è organizzato in cordoni. In questa zona avviene la trasformazione
dei plasmablasti in plasmacellule e la secrezione di anticorpi.
Milza.
Organo formato da una polpa rossa e una polpa bianca. La polpa bianca è costituita da tessuto
linfoide che attiva in seguito alla circolazione di antigeni. Nella polpa rossa abbiamo la rimozione di
eritrociti anziani. EMOPOIESI
E’ il processo che porta alla formazione di cellule del sangue mature. Tutte le cellule mature
derivano da una cellula capostipite definita emocitoblasto, capace di differenziarsi poi nelle
differenti linee.
Le sedi di emopoiesi sono differenti nell’adulto e nel feto.
Feto: sacco vitellino, fegato, milza, timo, midollo osseo.
Adulto: midollo osseo (ossa piatte/ estremità ossa lunghe)
*
COMPLESSO MAGGIORE DI ISTOCOMPATIBILITA’ (MCH)
Complesso di geni localizzati sul cromosoma 6 altamente polimorfici che codificano una serie di
molecole presenti in tutti i tessuti il cui compito principale è quello di distinguere il Self dal non
Self. Gioca un ruolo fondamentale nell’accettazione o nel rigetto dei tessuti e organi trapiantati.
Un linfocita T si può attivare solo se l’antigene viene presentato dall’MCH.
Tre regioni che codificano tre classi: classe I per agenti endogeni, classe II per agenti esogeni e
classe III. Quest’ultima codifica il TNF, o fattore di necrosi tumorale.
– Tutte le cellule nucleate che presentano l’antigene ai linfociti T CD8 (citotossici)
Classe I – Macrofagi e linfociti B che presentano l’antigene ai linfociti T CD4 (helper)
Classe II
Tre caratteristiche fondamentali:
–
1. Poligenico costituito da numerosi geni.
–
2. Polimorfico numerosi alleli per ogni gene*
–
3. Codominante un cromosoma ereditato dal padre e uno dalla madre.
*Le molecole MCH non si modificano nel corso del tempo, ma possono differire completamente
rispetto alle molecole di un altro individuo della stessa specie.
Leucociti.
Si dividono in neutrofili, monociti e macrofagi. Sono cellule fagocitarie che inglobano e
distruggono agenti estranei e detriti; gli eosinofili e i basofili proteggono invece dai parassiti e sono
coinvolti nelle reazioni allergiche. LINFOCITI
Si dividono in B, T e Null (Natural Killer).
I linfociti T e B sono prodotti dal midollo osseo. In seguito, i loro percorsi si dividono.
Linfociti B.
Dopo una prima selezione nel midollo osseo, migrano verso gli organi linfatici secondari.
Esprimono sulla loro superficie un recettore specifico. Le molecole di membrana principali sono il
MHC di classe II e la CR1.
Quando vengono attivati si differenziano in plasmablasti e poi in plasmacellule.
l loro compito è secernere anticorpi.
Sono responsabili della risposta immunitaria umorale.
Linfociti T.
migrano verso il timo dove avviene una doppia selezione.
–
selezione negativa eliminazione dei infociti parzialmente reattivi verso il Self.
selezione positiva - i linfociti T vergini migrano verso gli organi linfatici secondari.
Si riconoscono due sottopopolazioni di linfociti T: T Helper (divisi in Th1 e Th2) e T Killer.
–
Linfocita Helper CD4 secerne citochine e facilità la risposta umorale e cellulo-mediata. Si attiva
solo tramite APC con MCH di classe II. Si dividono in Th1 e Th2, nonostante entrambi rilascino
fattori solubili o citochine.
Th1 è responsabile della risposta immunitaria cellulo-mediata. Sono cellule infiammatorie. Produce
IL2, Interferone gamma e fattore di necrosi tumorale (TNF). Attivano i macrofagi, le cellule T
citotossiche e possono aiutare i linfociti B a proliferare.
Th2 è responsabile della risposta immunitaria umorale. Sono cellule adiuvanti. Producono IL4 e
IL5. Il primo segnale di attivazione è dato dal legame Antigene/BCR; il secondo segnale di
attivazione è dato dal ligando della proteina CD40.
–
Linfocita Citotossico CD8 responsabili della risposta immunitaria cellulo-mediata. Si attivano
quando entrano in contatto con una APC con MCH di classe I. Secernono perforine e frammentine,
entrambe tossiche per l’antigene.
Recettore del linfocita T (TCR): recettore transmembrana che lega il complesso antigene-MCH.
Tale legame provoca l’attivazione del linfocita. Può essere composto da catene αβ o catene γδ.
Appartiene alla famiglia delle immunoglobuline a causa di due domini Ig-like. E’ composto da una
sequenza leader, una regione variabile, una regione cerniera, una transmembrana e un dominio
citoplasmatico.
Attivazione del Linfocita T: avviene tramite il contatto con una APC e il rilascio di specifici
Innanzitutto l’MCH presente sulla APC deve essere legato a un peptide estraneo. Si ha poi
segnali.
il rilascio di proteine stimolatrici e di interleuchine diverse. A questo punto i linfociti T helper
prendono il comando della risposta immunitaria.
Linfociti Null.
Non esprimono molecole caratteristiche dei linfociti B e T. Sono aspecifiche e prive di memoria.
Comprendono i Natural Killer e svolgono un ruolo importante contro le cellule virali e tumorali.
Cellule dendritiche.
Sono globuli bianchi che risiedono nei tessuti e fungono da barriera contro gli agenti patogeni.
Hanno il compito di catturare agenti potenzialmente dannosi e presentarli ai linfociti T. Dopo
essersi legati a un agente patogeno, migrano verso i linfonodi.
ANTIGENE
Per antigene si intende qualsiasi sostanza riconosciuta come estranea in grado di scatenare una
risposta immunitaria (attivazione dei linfociti T e/o secrezione di anticorpi). L’antigene può essere
solubile o corpuscolato.
Si può legare in modo specifico ai recettori dei linfociti T (TCR) e dei linfociti B (BCR).
Possono essere lipidi, carboidrati, proteine, acidi nucleici.
Tre proprietà fondamentali.
l’antigene è estraneo al corpo.
1. Estraneità: l’antigene si lega con l’anticorpo.
2. Antigenicità: l’antigene
3. Immunogenicità: provoca una risposta immunitaria.
raggruppamento di sostanze chimiche presenti nell’antigene che causano il
Epitopo:
riconoscimento da parte delle cellule dendritiche. Si legano con l’anticorpo o con il TCR/BCR.
Sono quindi la parte fondamentale dell’antigene.
Aptene: antigene incompleto e di piccole dimensioni, incapace di provocare una risposta
immunitaria a meno che non sia trasportato da specifiche proteine carrier.
Il tipo di risposta immunitaria che un antigene può causare dipende da diversi fattori: il genoma
dell’ospite, la dose e la via di somministrazione dell’antigene, la presenza o meno di adiuvanti,
ossia sostanze che facilitano l’azione patogenica dell’antigene. (es. Adiuvante di Freund che rallenta
l’inoculazione dell’antigene).
Si riconoscono due classi di antigeni.
1. Antigeni Timo indipendenti (TI): i linfociti B non hanno bisogno dei T per secernere
anticorpi. Non generano memoria immunologica. Es. lipopolisaccaride
batterico.
2. Antigeni Timo dipendenti (TD): vengono presentati dalle APC ai linfociti T, che attivano i
linfociti B tramite IgG. Generano memoria. Es. virus e parassiti.
SUPERANTIGENI: antigeni che non vengono processati dalle APC prima di essere presentati al
linfocita T. si legano agli MCH in zone diverse dalle tasche leganti gli antigeni. Sono superantigeni
i prodotti secreti da batteri. ANTICORPI O IMMUNOGLOBULINE
Sono proteine quaternarie prodotte dai linfociti B il cui compito è identificare ed eliminare agenti
patogeni. Presentano una caratteristica forma a Y.
Due componenti fondamentali:
1. Regione costante (C): porzione che regola i rapporti con il complemento o le altre cellule
dell’immunità innata. Detta anche frammento Fc, dove la c sta per cristallizzabile.
(V): porzione che si lega in modo specifico all’antigene. Viene detta
2. Regione variabile
porzione Fab e si trova sui due bracci della ipsilon. Se le due porzioni Fab sono diverse
l’una dall’altra, si parla di Fab2.
Le due componenti fondamentali sono costituite da catene pesanti (H) e catene leggere (L). Ogni
catena è formata da un dominio costante e uno variabile. Nella catena variabile, nel punto in cui
l’anticorpo si lega all’antigene, sono presenti tre segmenti definiti regioni ipervariabili.
La divisione in classi deriva dai 5 tipi principali di catene pesanti. Inoltre, la caratteristica forma ad
Y è dovuta ai ponti disolfuro che legano le varie catene.
degradazione dell’anticorpo e divisione
Clivaggio con papaina: dei frammenti Fab e del
frammento Fc.
Tre funzioni principali: – fagocitosi dell’antigene da parte di macrofagi;
1. Opsonizzazione
2. Attivazione del complemento;
3. Interazione con recettori Fc delle Natural Killer.
CLASSI DI ANTICORPI
–
Sono coinvolte nella risposta umorale attivano i linfociti B
Neutralizzano i microbi e le tossine
IgG Attivano la via del complemento classica
Possono attraversare la placenta
Sono le prime a comparire in risposta all’antigene
Attivano la via del complemento
IgM Non possono attraversare la placenta
Sono sintetizzate dai linfociti B
Presenti in secrezioni come saliva, latte e lacrime
IgA Attivano la via del complemento alternativa
Provocano il rilascio di citochine e mediatori infiammatori
IgE Attive nelle risposte antiparassitarie
Sono espresse sulla membrana dei linfociti
IgD Ruolo non chiaro RISPOSTA IMMUNITARIA PRIMARIA
L’antigene e il sistema immunitario entrano in contatto per la prima volta. Dopo una prima
immunizzazione con l’antigene si riscontra una dove si riscontra un’assenza di anticorpi
lag phase
specifici. In seguito l’antigene viene riconosciuto, processato e presentato alle cellule T, che si
all’attivazione dei linfociti B e alla secrezione di anticorpi
differenziano in T helper e portano
specifici.
Le prime a comparire sono le IgM, seguite dalle IgG
RISPOSTA IMMUNITARIA SECONDARIA
Quando un soggetto incontra nuovamente lo stesso antigene, la risposta immunitaria è più rapida.
La lag phase ha una durata notevolmente inferiore e nel serio compaiono i vari isotipi anticorpali.
INFIAMMAZIONE O FLOGOSI
E’ la risposta dei tessuti alla lesione provocata da un agente patogeno che consiste in una reazione
vascolare, in una migrazione e attivazione dei leucociti e nella risposta immunitaria.
Fondamentale la reazione dei vasi sanguigni, con la diluizione e l’isolamento dell’agente lesivo in
un liquido. Durante l’infiammazione hanno inizio i processi di guarigione, i quali si completano
dopo che l’agente lesivo è stato abbattuto.
E’ costituita da due componenti principali: una risposta vascolare e una risposta cellulare.
l’infiammazione acuta e quella cronica.
Si distinguono due tipi principali di infiammazione:
Le caratteristiche della flogosi sono cinque:
–
1. Rubor Arrossamento: dovuto alla vasodilatazione
–
2. Tumor Tumefazione: per essudazione
–
3. Calor Calore: per aumentato flusso sanguigno
–
4. Dolor Dolore: per stimolazione delle terminazioni nervose
–
5. Functio Lesa Lesione dei tessuti
Le cause dell’infiammazione sono divise in due categorie.
Cause endogene
Immunologiche e chimiche
Cause esogene
Chimiche, fisiche e biologiche
INFIAMMAZIONE ACUTA o ANGIOFLOGOSI
Caratterizzata dall’essudazione, ossia la fuoriuscita di un liquido contenente proteine e cellule
ematiche dal sistema vascolare. Distinzione tra essudato e trasudato; un essudato è ricco di proteine
e componenti cellulari e ha un peso maggiore 1,020. Un trasudato è povero di proteine (spicca
comunque l’albumina) e ha un peso inferiore a 1,012.
Edema: eccesso di liquido nelle cavità sierose interstiziali. Può essere costituito sia da essudato che
trasudato.
Pus: trasudato purulento, cioè ricco di leucociti, detriti cellulari e spesso microrganismi.
L’angioflogosi consiste in una risposta acuta e dalle tempistiche brevi che ha lo scopo di portare nel
luogo della lesione i mediatori di difesa dell’ospite, i leucociti e le proteine plasmatiche.
Conta tre componenti principali:
1. Alterazione del calibro vascolare;
2. Modificazioni strutturali e microvascolarizzazione che permettono ai leucociti di lasciare il
circolo sanguigno;
3. Fuoriuscita dei leucociti dal microcircolo e accumulo nella zona della lesione.
Le cause possono essere molteplici: infezioni, agenti chimici o fisici, necrosi del tessuto, traumi,
corpi estranei, reazioni immunitarie.
Un processo infiammatorio acuto può portare a una completa guarigione o degenerare,
cronicizzandosi.
Infiammazione acuta: modificazioni vascolari.
Le alterazioni del flusso ematico e del calibro vascolare iniziano precocemente in seguito alla
lesione e proseguono a una velocità variabile.
La vasodilatazione è causata da alcuni mediatori come istamina e ossido nitrico. Può essere
preceduta da una brevissima costrizione delle arteriole. Da essa deriva l’aumento del flusso
ematico. E’ seguita da un aumento della permeabilità vascolare: un liquido ricco di proteine
fuoriesce nei tessuti extravascolari.
La fuoriuscita di questo liquido provoca una fase di stasi in cui il sangue rallenta il suo flusso,
poiché i globuli rossi si accumulano nei vasi di minor calibro. Grazie alla stasi i leucociti si
accumulano nel vaso e aderiscono al suo endotelio per poi attraversarlo.
Infiammazione acuta: eventi cellulari.
Il reclutamento dei leucociti nelle sedi di lesione e infezione è un processo multifasico che
comporta l’adesione del leucociti circolanti alle cellule endoteliali e la loro migrazione attraverso
l’endotelio.
eventi sono costituiti dall’induzione delle molecole di adesione sulle cellule endoteliali,
I primi
attraverso diversi meccanismi. Mediatori come istamina, trombina e fattore attivante le piastrine
stimolano la redistribuzione della P-selectina dai suoi normali depositi intracellulari alla superficie
cellulare. Inoltre le cellule endoteliali iniziano a presentare sulla loro superficie l’E-selectina.
I leucociti iniziano ad esprimere sulla loro superficie i ligandi per le selectine, che interagiscono con
le selectine endoteliali. Queste sono reazioni a bassa affinità con un tasso rapido di risoluzione e
sono facilmente interrotte dal flusso di sangue. Come risultato, i leucociti legati si attaccano e si
legano nuovamente, iniziando così a rotolare sulla superficie endoteliale.
Alcune citochine inducono anche l’espressione endoteliale dei ligandi per le integrine, in particolare
VCAM-1. Vengono poi prodotte delle citochine che attivano i leucociti. Questo favorisce un
legame saldo mediato dalle integrine tra leucociti ed endotelio nella sede danneggiata. I leucociti
smettono di rotolare, il loro citoscheletro si riorganizza e si dispongono sulla superficie endoteliale.
Il passo successivo è la migrazione attraverso l’endotelio, detto diapedesi, la quale avviene
principalmente nelle venule. Le chemochine favoriscono la migrazione attraverso gli spazi
intercellulari dell’endotelio in direzione del gradiente di concentrazione chimica. Una delle
Dopo aver attraversato l’endotelio, i
molecole fondamentali in questo processo è la PECAM-1.
leucociti sono temporaneamente rallentati dalla membrana basale. Una volta superata tale
membrana, i leucociti aderiscono alla matrice extracellulare in virtù delle integrine beta1 e del
legame di CD44 alle proteine della matrice.
Il tipo di linfociti migranti varia in relazione alla progressione temporale della risposta
infiammatoria e al tipo di stimolo. Nella maggior parte delle forme di infiammazione acuta,
nell’infiltrato predominano i neutrofili per le prime 6-24 ore, sostituiti quindi dai monociti
dopo 24-48.
Dopo essere fuoriusciti dai vasi, i leucociti migrano nei tessuti verso la sede di lesione attraverso un
processo di chemiotassi. Tutti i granulociti, macrofagi e in parte i linfociti, rispondono agli stimoli
chemiotattici.
Sia le sostanze endogene che quelle esogene possono agire da chemioattrattori. I più comuni di
origine esogena sono i batteri. I chemioattrattori endogeni sono rappresentati principalmente dal
sistema del complemento (C5a), prodotti della via della lipossigenasi e citochine (interleuchina 8).
Microrganismi, prodotti delle cellule necrotiche, complessi antigene-anticorpo e citochine inducono
nei leucociti diverse risposte che fanno parte delle funzioni difensive di tali cellule e sono
raggruppate sotto la definizione di attivazione leucocitaria. Le risposte funzionali indotte dalla
attivazione leucocitaria comprendono:
1. Produzione di metaboliti dell’acido arachidonico;
2. Degranulazione e secrezione di enzimi lisosomiali ed attivazione della cascata ossidativa;
3. Secrezione di citochine, che amplificano e regolano la risposta infiammatoria;
4. Modulazione delle molecole di adesione leucocitaria.
I leucociti possono indurre un danno tissutale e prolungare l’infiammazione, in quanto i prodotti
leucocitari che distruggono microrganismi e tessuti necrotici possono a loro volta danneggiare i
tessuti sani dell’ospite.
Nel sangue che scorre normalmente nelle venule gli eritrociti sono confinati in una colonna assiale,
spostando i leucociti verso la parete. Poiché il flusso ematico rallenta nella fase iniziale
dell’infiammazione (stasi) le condizioni emodinamiche cambiano (si riducono le tensioni della
parete del vaso) ed un maggior numero di globuli bianchi assume una posizione periferica lungo la
superficie endoteliale. Tale processo è detto marginazione.
Di conseguenza, dapprima leucociti singoli e poi intere file di cellule rotolano lentamente lungo
l’endotelio e vi aderiscono in modo transitorio (processo di rotolamento), fino a fermarsi nei punti
in cui aderiscono saldamente. Con il tempo l’endotelio può essere ricoperto di globuli bianchi, un
fenomeno chiamato pavimentazione.
Dopo questa solida adesione, i leucociti inseriscono degli pseudopodi nelle giunzioni tra le cellule
endoteliali, si insinuano tra queste e si posizionano tra la cellula endoteliale e la membrana basare.
Infine, attraversano la membrana vasale e penetrano nello spazio extravascolare. Neutrofili,
monociti, basofili, eosinofili e linfociti utilizzano tutti la medesima via per migrare dal sangue nei
tessuti.
L’adesione e la migrazione dei leucociti sono regolate in gran parte dal legame di molecole di
adesione complementari presenti sui leucociti e sulle cellule endoteliali.
I mediatori chimici, chemioattrattori ed alcune citochine, influiscono su questo processi modulando
l’espressione di superficie e l’avidità di queste molecole di adesione. I recettori di adesione
coinvolti appartengono a quattro famiglie molecolari:
1. Selectine; e l’ICAM-1
2. Immunoglobuline: comprendono il VCAM-1 che fungono da ligandi per le
integrine che si trovano sui leucociti;
3. Integrine: sono glicoproteine eterodermiche trans- membranarie espresse su diversi tipi cellulari
e si legano a ligandi presenti sulle cellule endoteliali, su altri leucociti e sulla matrice extracellulare.
4. Glicoproteine mucina-simili: fungono da ligandi per la molecola di adesione leucocitaria
chiamata CD44.
Infiammazione acuta: possibili esiti.
La flogosi acuta può evolversi in ascesso, guarire (con una restitutio ad integrum del tessuto leso
oppure con un residuo o cicatrizzazione) o cronicizzarsi.
Tipi morfologici di infiammazione acuta.
L’entità della reazione infiammatoria, la causa specifica, il tessuto e la sede interessata danno
origine a quadri morfologici diversi. I principali sono quattro.
1. Infiammazione sierosa: è caratterizzata dalla fuoriuscita di un liquido a scarso contenuto
proteico che, a seconda della sede della lesione, deriva dal plasma o dalle secrezioni delle sierose
che rivestono la cavità peritoneale, pleurica o pericardica. L’accumulo di tale liquido nelle cavità
sopra menzionate viene definito versamento. Anche le vescicole cutanee dovute ad ustione danno
origine a un piccolo versamento sieroso.
2. Infiammazione fibrinosa: in presenza di lesioni più gravi e con maggiore permeabilità
vascolare, molecole più grandi come il fibrinogeno possono attraversare la barriera vascolare,
formando fibrina che viene depositata nello spazio extracellulare. Un essudato fibrinoso è tipico dei
rivestimenti delle cavità corporee (meningi, pleura, pericardio). In queste lesioni, la fibrina si
presenta come una fitta trama di filamenti o come un coagulo amorfo.
3. Infiammazione suppurativa o purulenta: è caratterizzata dalla produzione di grandi quantità di
pus o essudato purulento. L’essudato purulento è costituito da cellule necrotiche, neutrofili e
liquido.
Alcuni batteri sono in grado di indurre questo tipo di suppurazione e sono perciò detti batteri
infiammazione suppurativa è l’appendicite acuta.
piogeni. Un esempio comune di
Gli ascessi sono raccolte di tessuto infiammatorio purulento in una cavità neoformata. Qualora la
cavità fosse precedente alla suppurazione si parla invece di flemmone. Gli ascessi sono generati
profonda di batteri piogeni all’interno di un tessuto.
dalla disseminazione
Gli ascessi presentano una zona centrale che appare come una massa necrotica di leucociti e di
cellule del tessuto affetto. In genere è presente una zona ricca di neutrofili vitali intorno a questo
focolaio necrotico, e al di fuori di tale regione si verifica una vasodilatazione con proliferazione di
cellule parenchimali e fibroblasti, che implica l’inizio del processo riparativo. Con il tempo,
l’ascesso può venire isolato dai tessuti circostanti e infine essere sostituito da tessuto connettivo.
4. Ulcera: è una lesione locale, o escavazione, della superficie di un organo o tessuto, prodotta dal
distacco di tessuto infiammatorio necrotico. L’ulcerazione può verificarsi solamente quando la
tissutale e l’infiammazione ad essa conseguente sono localizzate in prossimità o sulla
necrosi necrosi dell’apparato digerente,
superficie del tessuto. Si sviluppa frequentemente in caso di tratto
genitourinario. Infiammazione sottocutanea degli arti inferiori, nelle persone anziane con problemi
circolatori. INFIAMMAZIONE CRONICA o ISTOFLOGOSI
L’infiammazione cronica ha una durata prolungata (settimane o mesi) in cui procedono
contemporaneamente l’infiammazione attiva, la distruzione del tessuto ed i tentativi di riparazione.
L’infiammazione cronica può seguire un’infiammazione acuta, ma può anche avere un decorso
insidioso, subdolo, manifestandosi come una risposta debole, persistente, spesso asintomatica.
Le cause dell’infiammazione cronica sono molteplici:
1. Infezioni persistenti: sono sostenute da alcuni microrganismi, come il micobatterio tubercolare,
il micobatterium laprae (agente eziologico della lebbra), il treponema pallidum (agente eziologico
della sifilide), alcuni virus, miceti e parassiti.
2. Esposizione prolungata ad agenti potenzialmente tossici, esogeni o endogeni: per esempio le
particelle di silicio, materiale inorganico non degradabile che, se inalato per periodi prolungati,
genera una malattia infiammatoria dei polmoni detta silicosi.
3. Autoimmunità: in particolari condizioni si sviluppano reazioni immunitarie contro i tessuti
dell’individuo stesso, che portano a malattie autoimmuni. In queste malattie gli autoantigeni
evocano una reazione immunitaria che automantiene e cronicizza.
Infiammazione cronica: caratteristiche morfologiche.
A differenza dell’infiammazione acuta, che si manifesta principalmente con alterazioni vascolari,
edema ed infiltrato infiammatorio prevalentemente neutrofilo, l’infiammazione cronica ha tre
caratteristiche.
1. infiltrazione di cellule mononucleate, che comprendono macrofagi, linfociti e plasmacellule.
indotto dalla persistenza dell’agente lesivo o delle cellule infiammatorie.
2. danno tissutale,
3. tentativi di guarigione, attraverso la sostituzione del tessuto danneggiato da parte di tessuto
connettivo, che si realizzano con la proliferazione di piccoli vasi sanguigni (angiogenesi) e
soprattutto fibrosi.
è il protagonista cellulare dell’infiammazione cronica. I fagociti
Il macrofago mononucleati
derivano tutti da un precursore comune nel midollo osseo, che dà origine ai monociti circolanti. Dal
sangue i monociti migrano nei vari tessuti e si differenziano in macrofagi, la cui emivita è molto
lunga (mesi o anni).
Quando i monociti raggiungono il tessuto extravascolare, vanno incontro a una trasformazione in
cellule fagocitarie più grandi, i macrofagi. I macrofagi possono essere attivati da varis timoli,
comprese le citochine secrete dai linfociti T sensibilizzati e dalle cellule NK, da endotossine
batteriche e da altri mediatori chimici. L’attivazione dà luogo ad un aumento delle dimensioni
cellulari, un incremento degli enzimi lisosomiali, un metabolismo più attivo ed una maggiore
capacità di fagocitosi e di uccisione degli organismi ingeriti. I macrofagi attivati secernono
un’ampia varietà di prodotti biologicamente attivi che. Se non controllati, danno origine alla lesione
tissutale e alla fibrosi.
Nell’infiammazione di breve durata, se l’agente irritante viene eliminato, i macrofagi scompaiono
(morendo o tornando nei fasi linfatici o nei linfonodi). Nell’infiammazione cronica si ha invece un
accumulo di macrofagi, che viene modulato da diversi fattori:
che deriva dall’espressione di molecole
- Reclutamento di monociti dal circolo, di adesione e di
fattori chemiotattici. La maggior parte dei macrofagi presenti in un focolaio di infiammazione
cronica deriva dal reclutamento dei monociti circolanti.
- Proliferazione locale di macrofagi, dopo la loro migrazione dal torrente sanguigno.
Immobilizzazione dei macrofagi nella sede dell’infiammazione.
-
I prodotti dei macrofagi attivati hanno la funzione di eliminare gli agenti lesivi ed iniziare il
danno tissutale nell’infiammazione
processo riparativo. Sono inoltre responsabili di gran parte del
cronica. Alcuni di questi prodotti sono tossici per i microrganismi e per le cellule dell’ospite o per la
matrice extracellulare. Alcuni causano l’afflusso di altri tipi cellulari, altri ancora la proliferazione
la deposizione di collagene e l’angiogenesi.
dei fibroblasti, Queste stesse armi di difesa possono
tuttavia indurre una considerevole distruzione tissutale quando i macrofagi sono attivati
inopportunamente. Pertanto, la distruzione tissutale è uno dei segni caratteristici
dell’infiammazione cronica.
Gli altri tipi cellulari presenti nell’infiammazione cronica comprendono linfociti, plasmacellule,
eosinofili e mastociti.
I linfociti sono mobilizzati nelle risposte immunitarie sia umorali che cellulo-mediate, non ché
nell’infiammazione di origine non immunitaria. I linfociti ed i macrofagi agiscono in stretta
relazione, guidando reazioni che svolgono un ruolo importante nell’infiammazione cronica. I
macrofagi infatti presentano gli antigeni alle plasmacellule ed esprimono molecole di membrana e
citochine che stimolano la risposta delle cellule T. I linfociti attivati producono citochine e una di
queste, l’interferone gamma, è uno dei principali attivatori dei macrofagi. Le plasmacellule
originano dai linfociti B attivati e producono anticorpi diretti contro gli antigeni persistenti nella
sede di infiammazione o contro le componenti tissutali alterate.
Gli eosinofili sono abbondanti nelle reazioni immunitarie mediate dalle IgEe nelle infezioni da
parassiti. Il reclutamento degli eosinofili è favorito da una particolare chemochina, detta eotassina.
Gli eosinofili possiedono granuli che contengono la proteina basica maggiore, una proteina tossica
per i parassiti, ma che causa anche la lisi delle cellule epiteliali del mammifero.
sono ampiamente distribuiti nel tessuto connettivo e partecipano sia all’infiammazione
I mastociti
acuta che a quella cronica. I mastociti esprimono sulla loro superficie il regettore che lega la
porzione Fc delle IgE. Nelle reazioni acute, le IgE si leggano ai suddetti recettori dei mastociti ed in
tal modo le cellule si degranulano e rilasciano i mediatori (istamina, prodotti di ossidazione
dell’acido arachidonico). e
Granuloma: risposta infiammatoria focale ad andamento cronico caratterizzata dall’accumulo
dalla proliferazione di cellule mononucleate.
Infiammazione cronica granulomatosa.
E’ una forma caratteristica di infiammazione cronica caratterizzata da un accumulo di macrofagi
attivati, che spesso assumono un aspetto simile a cellule epiteliali (cellule epiteloidi).
Le malattie granulomatose più comuni sono: la tubercolosi, la lebbra, la malattia da graffio di gatto,
la sifilide, la brucellosi, la sarcoidosi, il linfogranuloma inguinale, alcune infezioni da miceti, la
berilliosi.
La lesione caratteristica di questo tipo di infiammazione è il granuloma, ossia un focolaio di
infiammazione cronica costituito da un aggregato microscopico di macrofagi, morfologicamente
trasformati in cellule epitelioidi, circondati da leucociti mononucleati, soprattutto linfociti e
occasionalmente plasmacellule.
Frequentemente le cellule epitelioidi si fondono a formare cellule giganti, localizzate alla periferia o
al centro del granuloma. Queste cellule presentano un’ampia massa di citoplasma contenente 20 o
più piccoli nuclei disposti perifericamente o dispersi nel citoplasma in maniera disordinata.
Esistono due tipi principali di granulomi che differiscono per la loro patogenesi.
1. I granulomi da corpo estraneo sono causati da corpo estranei relativamente inerti. Tipicamente
i granulomi da corpo estraneo si formano quando materiale come talco, fili di sutura o altre fibre
sono abbastanza grandi da impedirne la fagocitosi, e non evocano alcuna reazione specifica di tipo
infiammatorio o immunitario. Si formano così cellule epitelioidi e cellule giganti che circondano la
superficie del corpo estraneo e lo avvolgono. Il materiale estraneo è generalmente localizzato al
centro del granuloma.
2. I granulomi di tipo immunitario sono causati da particelle insolubili, che son in grado di
indurre una risposta cellulo mediata. Questo tipo di risposta non produce necessariamente
granulomi, che si formano in particolare quando l’agente scatenante è scarsamente degradabile o
permane in forma corpuscolata. In tali risposte, i macrofagi inglobano il materiale estraneo e lo
processano, presentandone frammenti ai linfociti T appropriati e causando l’attivazione di questi.
I linfociti T che rispondo producono citochine come l’IL2 che attiva altre cellule T e quindi
la risposta, e l’interferone gamma, importante nell’attivazione dei macrofagi e nella
amplifica
trasformazione di questi in cellule epitelioidi e cellule giganti multinucleate.
Il prototipo di granuloma di tipo immunitario è quello causato dal bacillo tubercolare. In questa
malattia il granuloma è definito tubercolo ed è caratterizzato dalla presenza di necrosi caseosa
centrale. Al contrario, la necrosi caseosa è rara in altre malattie granulomatose.
caseosa: un misto di necrosi coagulativa e colliquativa per esempio nella tubercolosi, ha
[Necrosi
aspetto di muco.] FAGOCITOSI
La fagocitosi ed il rilascio di enzimi da parte di neutrofili e macrofagi sono responsabili
dell’eliminazione degli agenti lesivi e costituiscono due dei principali effetti positivi derivanti
dall’accumulo di leucociti nella sede di infiammazione. La fagocitosi è costituita da tre fasi distinte
ma correlate tra loro:
1. Riconoscimento ed adesione alla particella da fagocitare da parte del leucocita;
2. Ingestione della particella, con conseguente formazione di un vacuolo di fagocitosi;
3. Uccisione e degradazione del materiale ingerito.
1. Riconoscimento ed adesione
Benché neutrofili e macrofagi possano inglobare batteri o materiali estranei senza aderire a un
recettore specifico, tipicamente la fagocitosi degli agenti lesivi inizia con il riconoscimento delle
particelle da parte di recettori espressi sulla superficie del leucocita. I recettori per il mannosio e i
recettori scavenger sono due importanti tipi di recettori che agiscono legando ed ingerendo le
particelle estranee. Inoltre, l’efficienza della fagocitosi è notevolmente aumentata quando gli agenti
patogeni sono opsonizzati da specifiche proteine (dette opsonine, tra cui ricordiamo gli anticorpi
IgG, il frammento C3b del complemento ed alcune proteine plasmatiche) per le quali i fagociti
esprimono recettori ad alta affinità.
2.Ingestione
Il legame di una particella ai recettori leucocitari per la fagocitosi da inizio al processo di ingestione
della suddetta particella. Durante l’ingestione, estensioni del citoplasma dette pseudopodi scorrono
attorno alla particella da inglobare, dando luogo infine al completo sequestro della particella
all’interno di un fagosoma, costituito dalla membrana plasmatica della cellula.
La membrana che delimita questo vacuolo di fagocitosi si fonde quindi con la membrana di un
granulo lisosomiale, dando luogo alla liberazione del granulo nel fago-lisosoma. Durante tale
processo il neutrofilo e il monocita si degranulano progressivamente. La fagocitosi dipende dalla
polimerizzazione di frammenti di actina; pertanto non è sorprendente che i segnali che scatenano la
fagocitosi siano gli stessi coinvolti nella chemiotassi.
3.Uccisione e degradazione
L’ultimo passaggio nell’eliminazione di agenti lesivi (microrganismi o cellule necrotiche) è la loro
uccisione e degradazione all’interno dei neutrofili e macrofagi. L’uccisione dei microrganismi è
mediata principalmente da meccanismi ossigeno dipendenti. La fagocitosi porta infatti adun
improvviso aumento del consumo di ossigeno, della glicogenolisi, dell’ossidazione del glucosio
intermedi reattivo dell’ossigeno
attraverso la via dei pentoso fosfati e la produzione di (ROI).
La formazione di ROI è dovuta alla rapida attivazione della NADPH ossidasi, che ossida l’NADPH
e, in questo processo, riduce l’ossigeno ad anione superossido.
Il superossido è quindi convertito in perossido di idrogeno (H2O2), soprattutto per dismutazione
spontanea. Il perossido può essere ulteriormente ridotto a radicale idrossile altamente reattivo. La
maggior parte del perossido di idrogeno è infine degradata dalla perossidasi in H2O ed O2, ed una
parte viene distrutta dalla azione della glutanione ossidasi.
L’NAPH ossidasi è un sistema complesso formato da almeno sette proteine. In risposta agli stimoli,
le componenti proteiche del citosol si spostano sulla membrana plasmatica o su quella del
fagosoma, dove si assemblano e formano il complesso enzimatico funzionante. Pertanto, gli
intermedi reattivo dell’ossigeno vengono prodotti all’interno dei fagolisosomi.
La quantità di H2O2 generato dal sistema NADPH ossidasi in genere non è sufficiente per uccidere
i microrganismi. Tuttavia i granuli azzurrofili dei neutrofili contengono l’enzima mieloperossidasi
che in presenza di allogenuro come Cl- converte il perossido di indrogeno in ipoclorito.
Quest’ultimo è un potente battericida, il più efficiente a disposizione dei neutrofili.
L’uccisione dei batteri può verificarsi anche attraverso meccanismi ossigeno indipendenti per
azione di sostanze presenti nei granuli dei leucociti. Queste comprendono:
della fosfolipasi che degrada
-La proteina permeabilizzante battericida (BPI), causa l’attivazione
i fosfolipidi di membrana dei microrganismi. presente sull’involucro
-Il lisozima che idrolizza il legame acido muramico-N-acetilglucosammina
glicopeptidico batterico.
-La proteina basica maggiore, prodotta dagli eosinofili, che è molto efficacie contro i macro-
parassiti.
-Defensine ed enzimi (elastasi).
Dopo l’uccisione, le idrolasi acide normalmente immagazzinate nei lisosomi degradano i
microrganismi all’interno dei fago-lisosomi in presenza di un ambiente altamente acido.
Durante l’attivazione e la fagocitosi, i leucociti liberano prodotti microbicidi e di altra natura non
solo all’interno dei fagolisosomi, ma anche nello spazio extracellulare. Tra queste vanno ricordate
dell’ossigeno e prodotti del metabolismo dell’acido
gli enzimi lisosomiali, metaboliti reattivi
arachidonico. Queste sostanze sono altamente tossiche, per cui potrebbero determinare un danno a
carico del tessuto sano. Pertanto esistono dei meccanismi di protezione all’azione lesiva di queste
sostanze. Dopo la fagocitosi, i neutrofili vanno rapidamente incontro a morte cellulare per
apoptosi e vengono ingeriti dai macrofagi.
Per impedire che il processo infiammatorio si perpetui nel tempo, esistono dei segnali di arresto che
servono ad interrompere la reazione. Questi meccanismi includono un cambiamento del
metabolismo dell’acido arachidonico con produzione di lipossine anti-infiammatorie; il rilascio di
citochine anti-infiammatorie come il fattore di crescita trasformante beta (TGF-beta) da parte dei
macrofagi e di altre cellule.
MEDIATORI CHIMICI DELLA FLOGOSI
I mediatori di derivazione plasmatica come proteine del complemento e chinine sono presenti nel
plasma in forma di precursori che devono essere attivati per acquisire le loro proprietà biologiche.
I mediatori di origine cellulare sono normalmente sequestrate nei granuli intracellulari che devono
essere secreti (come l’istamina) oppure sono sintetizzati de novo (prostaglandine) in risposta a un
dato stimolo. Le principali fonti cellulari sono piastrine, neutrofili, monociti/macrofagi e mastociti,
ma anche le cellule mesenchimali (endotelio, muscolo liscio, fibroblasti) e la maggior parte delle
cellule epiteliali possono essere indotte a sintetizzare alcune di questi mediatori.
La produzione di mediatori attivi è scatenata da prodotti microbici o da proteine dell’ospite come le
proteine del complemento, le chinine e il sistema della coagulazione, che a loro volta sono attivate
da microrganismi o dai tessuti danneggiati.
Molti mediatori esercitano il loro effetto biologico inizialmente legandosi a recettori specifici sulle
cellule bersaglio. Alcuni tuttavia hanno attività enzimatica diretta (proteasi lisosomiali) o arrecano
un danno ossidativo (come i metaboliti tossici di Ossigeno e Azoto).
Un mediatore può stimolare il rilascio di altri mediatori da parte delle cellule bersaglio stesse.
risposta dei mediatori o inibire/modulare l’azione del primo
Questi ultimi possono amplificare la
mediatore.
La maggior parte dei mediatori ha una vita breve. Essi si degradano velocemente (metaboliti
dell’acido arachidonico), vengono inattivati da enzimi (bradichinina) o sono eliminati in altro modo.
Esistono quindi sistemi di controllo e riequilibrio nella regolazione delle azioni dei mediatori.
I. Istamina.
E’ ampiamente distribuita nei tessuti e la fonte più ricca è rappresentata dai mastociti che sono
normalmente presenti nel tessuto connettivo adiacente ai vasi sanguigni. Si riscontra anche nei
basofili e nelle piastrine circolanti. L’istamina preformata è presente nei granuli dei mastociti e
viene liberata attraverso la degranulazione di tali cellule in risposta a vari stimoli i quali:
Lesioni fisiche;
Reazioni immunitarie con legame anticorpi-mastociti;
Anafilotossine (C3a e C5a);
Proteine di derivazione leucocitaria;
Neuropeptidi;
Citochine (IL1 e IL8)
Nell’uomo l’istamina determina i seguenti effetti biologici: dilatazione delle arteriole, aumento
immediato della permeabilità delle venule.
L’istamina agisce sul microcircolo soprattutto attraverso i recettori H1 posti sulle cellule endoteliali.
II. Serotonina.
E’ un mediatore vasoattivo preformato con azioni simili all’istamina. E’ presente nelle piastrine e
nelle cellule enterocromaffini (cellule della mucosa gastrica).
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gabbi94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Patologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Sassari - Uniss o del prof Simile Maria Maddalena.
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