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VERBI AD ALTERNANZA VOCALICA/DOPPIA CONSONANTE
Nella maggior parte dei casi, nei verbi francesi la IV e la V persona sono le uniche che hanno una desinenza.
Il verbo può essere diviso in radice aim- (il fatto di amare, significato lessicale) e desinenza -e (il fatto che sia
io ed ora, significato grammaticale). Non ha esattamente senso parlare di persone in quanto, a rigore, in
francese il riferimento alla persona si ha prima del verbo (nel pronome) più che nella desinenza. Esistono
delle famiglie con delle particolarità legate a questioni storiche (francese medievale) come sémer e
préférer, verbi ad alternanza vocalica in cui P1, P2, P3 e P6 sono uguali, il radicale è forte perché porta
l’accento e P4 e P5 hanno il radicale debole perché senza accento. Alcuni verbi si sono semplificati rispetto
al francese medievale, che proponeva un’alternanza di basi, ad esempio aim- per P1, P2, P3 e P6 e am- per
P4 e P5. Generalmente i verbi con questo tipo di alternanza possono essere quelli come appeler e jeter, che
hanno la forma appell- e jett- per P1, P2, P3 e P6 e appel- e jet- per P4 e P5.
LE e UN
C’è un rapporto di dipendenza tra le e un, per cui le presuppone un (insieme più ampio), ad esempio: ‘’en
l’an 2000 le roi de France était un Bourbon’’ presuppone che ‘’en l’an 2000 il y avait un roi en France’’. La
Gary-Prieur invece di articolo definito e indefinito propone articolo identificativo (le) e non identificativo
(un). Le identifica un oggetto la cui esistenza è presupposta, spesso indica la totalità, dà più informazioni di
un/des, mentre l’indefinito non dà informazioni sulla presenza/assenza di altri oggetti.
Per quanto riguarda la collettività, ad esempio ‘’un enfant est toujours l’enfant de sa mère’’ (ogni bambino)
e ‘’l’homme est mortel’’ (tutti gli uomini), molti linguisti hanno cercato di dare delle risposte. In particolare,
Wilmet sostiene che LE e UN sono degli indicatori di estensione bipolare, hanno la caratteristica di
individuare TUTTI o UNO, LE vede la categoria dall’esterno, guarda alla totalità complessiva, e UN vede una
totalità composta da parti. Ad esempio ‘’le lapin se reproduit tout les six mois’’ APPROSSIMAZIONE
statistica, tratto distintivo di una classe rispetto a un’altra e ‘’un lapin se reproduit tout les six mois’’, mette
in evidenza un tratto comune ai membri della classe, quasi auscultazione degli elementi.
VERBI A BASE LUNGA/CORTA
Ci sono verbi che alternano basi lunghe a basi corte, come finir: base corta per P1, P2 e P3 e base lunga per
P4, P5 e P6. Inoltre, abbiamo verbi ad alternanza consonantica, come dormir il dort/ils dorment, molto
produttiva in francese.
Dal momento che la IV e la V persona sono più produttive delle altre, sarebbe utile imparare a coniugare i
verbi partendo dalla IV e dalla V persona e via via le altre.
ARTICOLO ZERO
Vi è un dibattito sull’esistenza del quarto articolo in francese, l’articolo zero. Ad esempio, su un’etichetta
‘’_confiture de fraises’’ o per buona parte dei nomi propri ‘’_Paul mange’’, secondo la Gary-Prieur l’articolo
non c’è, i nomi propri hanno un senso concettuale e quindi il referente è auto determinato. Giustifica ‘’la
France est’’ dicendo che si tratta di un nome collettivo. Secondo altri, invece, l’articolo c’è ma non si vede.
Wilmet dice che alcuni articoli zero sono fossili (enumerazione, apposizione, coordinazione, ecc), si usavano
prima e continuiamo a usarli, altri sono usi più moderni. C’è un caso in cui è comodo spiegare l’articolo zero
per un fenomeno altrimenti non facilmente spiegabile, ovvero quello del DE semplice prima dell’aggettivo,
in frase negativa e con i quantificatori. Se ipotizzo l’esistenza dell’articolo zero, la preposizione è sempre
articolata. C’è stata una tendenza in francese a eliminare tutti gli articoli zero in francese ma non ha vinto. Il
quadro non è ancora stabilizzato del tutto, difatti nel francese africano e popolare si dice ‘’il a beaucoup du
vin’’, ad esempio. Si sente la necessità che ogni nome sia introdotto da un articolo.
VERBI COMPLESSI
Alcuni verbi, più complessi di altri, hanno base lunga, base corta e cambiamento della vocale, ad esempio
devoir, si tratta dell’influenza del francese medievale. Vi sono verbi a tre basi e con alternanza vocalica,
come recevoir e pouvoir, sono pochi, rari e complessi.
RADICALE DEL PRESENTE INDICATIVO
Dal radicale del presente indicativo si possono, conoscendo le desinenze, costruire altri quattro modi e
tempi verbali: imperfetto indicativo, imperativo, congiuntivo presente e participio presente. Alcune forme
sono predicibili, basta conoscere radice e desinenze, altre, per i verbi irregolari, non lo sono. Partendo dalla
IV e V persona, che sono più ricche delle altre, si potrebbe iniziare ad apprendere la coniugazione di un
verbo.
Il tema del futuro non cambia mai. Storicamente, futuro e condizionale sono la stessa cosa. Spesso sembra
che il futuro sia un infinito a cui si aggiunge il verbo avere al presente indicativo, solo in parte è così, ad
esempio aimer e aimerai foneticamente presentano basi diverse (ortograficamente no). Il futuro viene da
una forma volgare del futuro latino: legere habeo.
Il condizionale esprime un’azione passata vista con gli occhi del futuro. In francese si ottiene con le
desinenze dell’imperfetto, in italiano del passato remoto.
Dal punto di vista diacronico, derivano dall’infinito e dal verbo avere, in sincronia non è così importante.
I POSSESSIVI
Non sempre i possessivi indicano un possesso come in ‘’J’ai pris mon portable’’, in alcuni casi si tratta di un
riferimento a una persona, l’appartenenza non è inerente, ad esempio ‘’J’ai regretté ton départ’’.
(Cerchiamo di vedere i possessivi come qualcosa di espresso dal verbo, c’è qualcosa di affine tra pronomi e
possessivi). Spesso vi è un riferimento deittico, legato alla situazione ‘’Je crains ton départ’’, la partenza del
destinatario dell’enunciato o una ripresa anaforica ‘’Paul m’a dit qu’on a retrouvé son chat’’, può essere il
gatto di Paul ma non necessariamente, sappiamo con certezza che non è né del parlante né
dell’ascoltatore. A volte si tratta di un effetto di senso che non ha a che fare con i possessivi: ‘’voilà mon
héros’’ esprime affettività e ‘’voilà ton héros’’ esprime distanza.
PARTICIPIO 1
Secondo Wilmet, participio presente e participio passato non ci sono, abbiamo il participio 1 e 2.
Vedente/visto non hanno in modo intrinseco la forma presente/passata. Per quanto riguarda il participio 1
(comunemente detto presente), il tempo si appoggia al verbo della principale, vedo un aspetto non globale
ma secante e imperfettivo. Ad esempio ‘’je l’ai vu descendent de l’escalier’’, non so su che punto delle scale
era. Inoltre, il participio presente è invariabile, salvo casi letterari. Occorre differenziarlo dall’aggettivo, il
participio presente si può trasformare in una relativa e di solito è seguito da un complemento.
PARTICIPIO 2
Mentre l’infinito è spesso più vicino al nome ‘’il mangiare’’, il participio 2 sta più dalla parte dell’aggettivo
‘’ce vin est bouchonné’’. Dato che può esser sia aggettivo che verbo, il participio 2 dà due letture possibili: il
est dissimulé, 1 si nasconde 2 è nascosto, non mostra i suoi sentimenti. Non è intrinsecamente passivo. Ha
corpo da verbo e funzionamento da nome: si accorda. Ad esempio: la santée ruinée par les excès, elle est
morte.
FORME INTERPREDICIBILI
Idea che se conosco un tema, ad esempio quello del presente indicativo, posso costruire X forme. Il passato
remoto ha un suo tema, che va imparato. È poco usato in francese, è più frequente trovarlo in letteratura.
j’aimai, tu aimas, il aima, nous amâmes, vous amâtes, ils amèrent. Posso pensare a delle basi suppletive,
cioè dedicate, o a una base del presente allargata. Verbi come devoir ‘’du-’’ hanno una base davvero
suppletiva perché è difficile pensare che ci sia un collegamento tra questa e quella del presente.
DIMOSTRATIVI
Hanno poco a che vedere con l’articolo. Latino ille > le, ecce hic > ce. Posso dire ‘’donne-moi ce truc’’ ma
non ‘’donne-moi le truc’’, poiché LE identifica un oggetto preciso della categoria N e truc è una parola
generica. Il dimostrativo focalizza un oggetto identificabile con un gesto deittico, rimanda a un oggetto
preciso nella situazione. Può riferirsi a più oggetti ma non posso usarlo con predicati collettivi, ad esempio
‘’être mammifère’’, non posso dire ‘’ce chat est un mammifère’’ perché ce presuppone un gatto differente
dagli altri. Il dimostrativo è l’elemento con cui io designo un oggetto e attiro l’attenzione dell’ascoltatore.
La Gary-Prieur definisce ‘’asimmetria delle persone’’ il fatto che il locutore identifica il nome mentre il
destinatario no perché non ha le stesse informazioni e le deve recuperare, ad esempio in ‘’j’ai acheté cette
voiture’’.
Nel caso di frasi come ‘’ils sont fous ces Romains’’, ci si chiede se sia sinonimo di ‘’les Romains sont fous’’.
Sono sinonime ma nella prima c’è un effetto di enfasi, come a dire che ho uno sguardo particolare nei
riguardi dei Romani. Rende l’immagine linguisticamente più accettabile, meno aggressiva, non è generico,
non è un postulato universale ma è il mio modo di vedere le cose. È chiaro che può funzionare in certi
contesti, diversi da un trattato di storia o da una spiegazione universitaria.
CONGIUNTIVO
I tempi del congiuntivo sono: presente (que je chante), passato (que j’aie chanté), imperfetto (que je
chantasse) e piuccheperfetto (que j’eusse chanté). Imperfetto e piuccheperfetto sono forme desuete, salvo
a un livello molto sostenuto, in letteratura ad esempio. Il congiuntivo presente ha la base dell’indicativo
presente.
Ci sono più approcci per gli usi