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NON INDETTO DA CARLO MAGNO
I più antichi testi in romanzo prima del IX secolo
I più antichi testi in romanzo prima del IX secolo sono delle schegge di qualcosa che vediamo star
diventando lingua romanza, non per forza francese. Ad esempio le “Gloses de Reichenau”, composte verso
il 750 d.C. nel Nord della Francia, ci sono state trasmesse grazie a un manoscritto della fine dell’VIII secolo.
Sono caratterizzate per il fatto di riportare parole latine difficili e i loro sinonimi rimasti nell’uso comune
(semel>una vice, in ore>in bucca). “La cantilène de San Faron” (VIII sec), essenzialmente cantata dalle
donne ed era un testo latino, ma presentata dall’autore, Hidelgaire, come un canto popolare vicino alla
rusticitas. Un altro esempio è quello delle “Laudes royales” (VIII sec), il cui latino è impeccabile; al
momento di acclamare l’onore del papa Adriano, di Carlo Magno e dei suoi figli ‘’tu lo juva!’’ sostituisce il
tradizionale ‘’tu illum adjuva’’ (aiutalo).
I giuramenti di Strasburgo (842)
Nell’842 gli imperatori Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico stringono un’alleanza contro Lotario (con cui
nessuno dei due avrebbe stretto patti d’alleanza). Lo scambio di giuramenti fu accompagnato da uno
scambio di lingue: ogni imperatore giurò nella propria lingua e in quella dell’altro imperatore. I giuramenti
ci sono pervenuti grazie alla trascrizione dello storico Nitardo in un latino che non è quello dei letterati (ma
neanche la lingua degli incolti). Per molto si è voluto vedere nei Giuramenti di Strasburgo l’atto di nascita
del francese, tuttavia questa visione è sbagliata perché non c’è volontà di creare una nuova lingua, è
piuttosto una scissione progressiva tra latino dei letterati e latino degli incolti. I Giuramenti di Strasburgo
sono una nuova manifestazione grafica, un nuovo sistema di scrittura per una lingua comune; la lingua
usata è intermedia tra latino colto della corte e latino degli incolti, non è una lingua parlata dal popolo nel
IX secolo, ma una lingua che dev’essere compresa dal popolo. Inoltre, il latino permarrà come lingua
scritta più utilizzata.
La sequenza di Sant’Eulalia (882-3)
Nell’882 appare il primo testo letterario, una cantilena di 29 versi con una grafia tendenzialmente fonetica,
la cantilena di Sant’Eulalia. La sequenza si trova in un manoscritto latino dedicato ad altri temi. Eulalia è una
santa spagnola di Mérida, morta nel 304 all’età di 12 anni durante le persecuzioni indotte da Diocleziano.
Viene fatta martire e diventa un mito abbastanza diffuso. Il testo è una sequenza di versi che non hanno
sempre lo stesso numero di sillabe, non rimati ma assonanzati, ad esempio tost: coist. Dal punto di vista
linguistico, vi sono degli elementi incerti tra il latino e la lingua romanza, come la posizione dell’aggettivo:
a volte prima del nome (ordine latino), altre volte dopo il nome (ordine romanzo). Altre incertezze
riguardano l’infinito, es. TOLIR da TOLLERE, LAZSIER grafia trovata solo lì, poi scomparirà. Sono inoltre
presenti forme di futuro che poi scompariranno (IERT). A volte vi sono degli articoli, elemento romanzo
perché il latino non ne ha, e altre volte mancano.
La scripta
Mentre la lingua grafica tende a eliminare, per quanto possibile, i tratti dialettali più marcati per avvicinarsi
a una koinè (lingua comune) compresa da tutti, la lingua orale è meno standardizzata. Ne deriva che la zona
di intercomprensione dello scritto è superiore a quella dell’orale. È diverso parlare di dialetto (orale), lingua
regionale, meno marcata dialettalmente, e lingua standardizzata. La nozione di scripta è stata introdotta da
L. Remacle a metà 1900, al fine di distinguere la lingua scritta (scripta) dalla lingua orale. Si tratta una lingua
scritta regionale, a cui vengono sottratti i tratti locali tipici del parlato, diversa dal dialetto; è una grafia
particolare che può non corrispondere alla pronuncia, ma alle maniere di scrivere che sono connotate
regionalmente. Es. aglo-normanno; <fontaigne> per “fontaine”, <montaine> per “montagne”. Spesso, le
scriptae possono essere di interpretazione difficile, poiché non sono il riflesso esatto delle abitudini
fonetiche dei dialetti effettivamente parlati. A seconda del fine, la scripta può essere più o meno vicina al
dialetto parlato, in particolare, la scripta amministrativa sarà più vicina al dialetto parlato rispetto a quella
letteraria.
Origine dei dialetti
La nozione moderna di ‘’dialetto’’ non funziona per il Medioevo poiché questa presuppone un livello di
lingua ‘’standard’’ e la standardizzazione del francese comune avviene nel 1500, ma convivono ancora molti
dialetti. Da questo punto di vista, il Medioevo è un periodo di frammentazione di cui non abbiamo molte
testimonianze, data la mancanza di locutori. I dialetti si diffondono perché per molto tempo il latino resta
la lingua dei colti e, al contrario del latino, il dialetto poteva evolversi liberamente perché non aveva regole
prefissate. Una domanda ricorrente riguarda a quale stato fossero i dialetti al momento della formazione
delle ‘’scriptae’’. Inoltre, se la differenziazione fosse avanzata, deve esserci un elemento unificante che
spieghi l’intercomprensione delle scriptae. Vi sono due tesi al riguardo: quella della dialettizzazione
precoce e quella della dialettizzazione tardiva.
Secondo Delbouille, i dialetti sono una frammentazione da una lingua generale (dialettizzazione tardiva),
identifica il suddetto elemento unificante con la nozione di ‘’unità predialettale’’; per Remacle, invece,
questa frammentazione c’è sempre stata (dialettizzazione precoce) e giustifica l’intercomprensione dicendo
che nell’Île-de-France si parlava un dialetto ‘’direttore’’, verso cui tendevano gli altri, (Delbouille non è
d’accordo).
Perché ci sono dei dialetti?
Uno dei fattori fondamentali della dialettizzazione fu la specializzazione funzionale del francese. Molte
funzioni prestigiose, ad esempio l’uso letterario, giuridico, scientifico, filosofico o diplomatico furono a
lungo accaparrate dal latino, lasciando al francese l’uso quotidiano e familiare. Dunque, l’uso quotidiano e
familiare è più propenso alla dialettizzazione rispetto agli usi elevati. La storia della lingua francese è quella
di una lenta conquista che inizia ad affermarsi solo una volta che il fenomeno della differenziazione
dialettale è in uno stadio avanzato.
L’impero carolingio andava trasformandosi in mosaico, si assiste a una disgregazione del potere e
parallelamente a un raggruppamento di uomini che passano da un ambiente disorganizzato a un ambiente
raggruppato e organizzato come quello dei villaggi. Ciò potrebbe aver giocato un ruolo decisivo nel
processo di frammentazione linguistica. Il diritto, ad esempio, secondo una giustizia orale, viene spesso
praticato all’interno della signoria. È certo che la ridotta mobilità della popolazione limiti le interferenze con
dei dialetti più lontani. Tuttavia, l’autonomia linguistica al livello dei villaggi è temperata dagli inevitabili
contatti coi villaggi vicini.
Dialetti e lingua standard*
La nozione moderna di ‘’dialetto’’ non funziona per il Medioevo poiché questa presuppone un livello di
lingua ‘’standard’’ e un inizio della standardizzazione del francese comune avviene nel 1500, ma convivono
ancora molti dialetti. Al periodo, si parlava di ‘’patois’’: lingua incomprensibile agli esterni. Da questo punto
di vista, il Medioevo è un periodo di frammentazione di cui non abbiamo molte testimonianze.
I dialetti si oppongono, come forza centrifuga causa della frammentazione linguistica, al latino, alla lingua
scritta e alla lingua veicolare, come forza centripeta. Nel XIII secolo il contrasto tra dialetti e lingua scritta
standard è forte. Come detto, la quasi standardizzazione del francese avviene nel XVI secolo, in cui alla
lingua soggetta a norme si oppongono ancora i regionalismi e i dialetti. Finalmente, nel XIX-XX secolo, si
può parlare di francese standard.
Varianti sociali
Le varianti sociali della lingua in parte confermano le varianti geografiche, vi è un’opposizione forte tra la
lingua dei villaggi e quella della corte. Vista la mancanza di locutori, spesso risulta difficile distinguere le
variazioni sociali (diastratiche) da quelle di stile (diafasiche): una persona appartenente a un dato ambiente
sociale potrebbe esprimersi in un modo piuttosto che in un altro a causa delle circostanze in cui si trova. In
ogni caso, abbiamo delle testimonianze che attestano una forte coscienza sociale delle varietà linguistiche e
una certa rigidità per quanto le riguarda. Sappiamo che la lingua delle persone che sono poco a contatto
con lo scritto, in particolare i contadini (vilain), è un dialetto poco influenzato dalla standardizzazione del
francese. Tuttavia, a fine Medioevo emerge un’élite contadina che ha accesso allo scritto per gestire i
propri interessi. Il vocabolario inerente il lavoro dei campi non è passato dallo scritto poiché veniva
tramandato oralmente. La nobiltà laica, invece, usava la lingua come mezzo di riconoscimento sociale
attraverso una letteratura (cortese) che si oppone alla produzione latina. L’elitarismo sociale raggiunge
quello linguistico e stilistico: un vilain non avrebbe saputo comprendere la lingua dell’élite, la quale aveva
come svaghi, tra gli altri, la lettura a voce alta e la scrittura. Inoltre, per meglio distinguere la lingua
dell’élite, vennero inventate nuove parole e nuovi modi di dire e allontanate le espressioni dialettali.
Lingua letteraria e lingua amministrativa
La lingua letteraria tende per prima alla standardizzazione, in poesia/epica vi è una lingua più levigata,
invece nel teatro/cronache sono presenti i dialetti. La letteratura tende ad essere più interregionale
rispetto alla lingua dell’amministrazione (più colorata dialettalmente), che è legata ad un territorio
particolare. Conserviamo dei testi originali di lingua amministrativa, mentre non conserviamo gli originali
dei testi letterari, ci giungono solo copie con micro-differenze dialettali. Per quanto riguarda la lingua
amministrativa, sappiamo che era spesso chiara e ridondante (si preferivano i nomi proprio al posto dei
pronomi, il soggetto appariva sempre, mentre nel vecchio francese non era così) per evitare contestazioni e
vi erano spesso parole del lessico te