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Di conseguenza ci si aspettava che episodi emotivi riportati quotidianamente sul diario fossero
condivisi prima della sera successiva approssimativamente per il 60% di essi. Le scoperte erano
precisamente in linea con questa predizione. Con l’eccezione di un trend che indicava minore
condivisione per casi di vergogna, questo risultato non variava come una funzione delle emozioni
specifiche. Per concludere, le scoperete dagli studi sui diari in cui l’intervallo dell’episodio e il suo
recupero è al massimo un giorno, replicavano quelli degli studi autobiografici che coinvolgevano
intervalli di settimane, mesi o persino anni. Perciò non sembra che le scoperte dagli studi
autobiografici possano essere spiegate da bias di memoria selettivi o ricostruttivi: comportamenti di
condivisione sociale sembrano essere una conseguenza tipica dell’esposizione all’emozione,
anche se l’emozione è blanda.
Procedure di follow-up. Questa conclusione è stata ulteriormente testata usando procedure di
“follow up”. Avendo gli investigatori “pre-selezionato” un evento target, hanno prevenuto qualsiasi
bias di selezione dei rispondenti. I partecipanti erano contattati quando erano stati esposti ad
alcuni eventi emotivi importanti e sono stati successivamente seguiti per diverse settimane. In
ognuno dei sei studi di tale genere, questionari di follow-up valutavano l’occorrenza della
condivisione sociale immediatamente dopo l’evento e nuovamente a vari intervalli di tempo. Tutti
gli studi di follow-up offrivano prove consistenti con le precedenti scoperte. La condivisione sociale
si verificava durante la settimana successiva all’episodio con tassi corrispondenti quelli degli studi
autobiografici. La proporzione degli episodi che elicitavano ancora la condivisione durante la
seconda settimana era virtualmente la stessa della prima. Diminuzioni marcate erano poi
osservate generalmente in settimane o mesi successivi. Una pendenza più ripida dell’estinzione è
stata trovata per eventi emotivi meno intensi. Sommariamente, queste scoperte, in cui bias di
memoria selettiva erano preclusi, hanno confermato che le persone esposte all’emozione si
impegnavano nella condivisione sociale.
Dati Sperimentali. Dato che questa proposizione sottintende chiaramente una relazione
causale, bisognava condurre test sperimentali. Erano indotte in laboratorio tre condizioni di
intensità emotiva esponendo i partecipanti ad brevi estratti di film (3 minuti) di intensità emotiva
rispettivamente alta, moderata, o bassa. Si era dimostrato che questi film erano paragonabili per il
tipo di emozioni elicitate. Alcuni studenti volontari partecipavano con un amico. Ad un membro di
ciascuna coppia era assegnata casualmente la visione di uno dei film mentre l’altro completava un
compito riempitivo in un’altra stanza. Dopo il film, il partecipante-target e l’amico venivano condotti
insieme in una sala d’attesa e lasciati soli. La loro conversazione veniva registrata discretamente
su nastro. Successivamente dei giudici indipendenti valutavano le registrazioni per il tempo della
conversazione relativa al film e per la proporzione di parole in riferimento al film. Tre esperimenti
indipendenti basati su questo modello hanno mostrato che a confronto dei partecipanti nelle altre
due situazioni, quelli esposti al film altamente emotivo parlavano maggiormente della loro
esperienza: circa il 40 % delle parole usate da questi partecipanti si riferivano al film. Perciò, un
film emotivo di 3 minuti è sufficiente ad elicitare la condivisione sociale. In tutti e tre gli studi, il film
con emozione moderata non elicitava maggiore condivisione rispetto a quello non emotivo di
controllo, il che suggerisce il verificarsi della condivisione sociale solo quando una soglia di
intensità viene superata. Analisi aggiuntive hanno rivelato che le differenze individuali nelle
reazioni emotive al film erano marcatamente correlate con l’ampiezza della condivisione sociale:
più i partecipanti erano attivavi emotivamente, più ne parlavano nella sala d’aspetto. In uno degli
studi, i partecipanti tornavano al laboratorio due giorni dopo e valutavano la loro condivisione nel
tempo trascorso. I risultati erano paralleli a quelli della sala d’attesa, supportando perciò la loro
validità ecologica.
Sommariamente, questi esperimenti hanno dimostrato che essere esposti ad un’emozione elicita
la condivisione sociale di questa emozione, confermando così le scoperte autobiografiche, da diari
e di follow-up. In uno studio recente, è stata esaminata la condivisione sociale del sogno. I dati
hanno mostrato che l’intensità dell’emozione sperimentata nel sonno era il miglior predittore
dell’ampiezza con cui il sogno veniva condiviso socialmente.
Generalità della Condivisione Sociale delle Emozioni. Gli studi mostrano consistentemente
che il processo di condivisione sociale ha luogo subito dopo l’evento che lo elicita, che è
generalmente ripetitivo, e che è rivolto a diverse persone target. Le generalità di queste
conseguenze sociali dell’emozione è ampiamente supportata. La condivisione sociale delle
emozioni si verifica indipendentemente dall’età e dal genere. Contrariamente agli stereotipi
comuni, non è stato trovato che le donne siano inclini a condividere le loro emozioni degli uomini.
In più, nemmeno il tipo di emozione basilare coinvolta o la valenza dell’emozione influenzava la
proporzione o l’ampiezza della condivisione. Paura, rabbia e tristezza erano condivise tanto
ampiamente quanto felicità o amore. Tuttavia, vergogna e senso di colpa erano eccezioni ed erano
condivise in minor grado. Nonostante gli argomenti che trasformano le parole in emozioni
potrebbero essere una funzione delle abilità verbali o dell’educazione, la propensione a
condividere le emozioni era simile sia che gli individui avessero un diploma universitario o
un’educazione di scuola elementare. Anche il confronto transculturale ha fallito nell’evidenziare
differenze significative nel grado di condivisione, che compariva allo stesso modo in diversi
contesti sculturali. Eppure il modo in cui la gente condivideva fluttuava ampiamente. La latenza, la
ricorrenza o il target variavano tutti considerabilmente con la cultura.
Intensità dell’Emozione ed Ampiezza della Condivisione. La nozione di condivisione sociale
delle emozioni si apre sulla predizione che più un episodio sia emotivo, più frequentemente sarà
condiviso. Perciò, ci si aspetta una correlazione positiva lineare tra l’intensità dell’emozione
elicitata dagli episodi emotivi e l’ampiezza con cui gli episodi sono condivisi. Studi su richiamo
autobiografico che coinvolgono nove campioni indipendenti da otto nazionalità offrono un supporto
moderato della relazione predetta. Le correlazioni osservate erano significanti e positive, ma per la
gamma bassa - l’r di Pearson variava da .21 a .35. Studi in laboratorio in cui veniva controllata
meglio la varianza dell’errore davano coefficienti considerevolmente più alti. I dati di otto studi di
laboratorio che correlavano l’intensità dell’emozione indotta e l’ampiezza della sua condivisione in
pochi giorni successivi fornivano infatti coefficienti da .36 a .63. La curva che correla intensità
dell’emozione ed ampiezza della condivisione mostrava una funzione a gradini piuttosto che
lineare. L’ampiezza della condivisione aumentava a livelli moderati dell’emozione e raggiungeva il
culmine ad alti livelli. Questo effetto a tetto potrebbe derivare dal fatto che chi ascoltava limitava la
sua disponibilità al processo di condivisione.
Target della Condivisione Sociale. Trend interessanti su chi siano gli individui target della
condivisione sociale emergono dal confronto tra gruppi di età diverse. I bambini dai 6 agli 8 anni
che erano stati esposti ad una narrazione emotigena successivamente manifestavano una non
condivisione virtuale con i coetanei nella loro classe. Tuttavia la maggior parte di loro condivideva
l’episodio con madre e padre una volta tornati a casa. Gli altri membri della famiglia erano coinvolti
raramente nella condivisione delle emozioni in questo gruppo di età.
Per i preadolescenti (dagli 8 ai 12 anni), i genitori sono emersi chiaramente come i partner di
condivisione privilegiati - le madri nel 93% e i padri nell’89% dei casi. I fratelli erano i destinatari nel
48% dei casi, i migliori amici nel 33%, i coetanei nel 37% e i nonni solo nel 5%.
Tra gli adolescenti (dai 12 ai 18 anni), i membri della famiglia, e soprattutto i genitori, erano di gran
lunga i target menzionati più spesso sia tra i ragazzi che tra le ragazze. Gli amici erano i destinatari
di circa un terzo della condivisione emotiva. I partner romantici erano menzionati raramente, sia
perché non c’erano, sia perché non erano avevano ancora i requisiti di partner per la condivisione.
Ma, non appena la coorte dell’età diventa maggiore, gli amici - inclusi fidanzato, fidanzata, e
migliori amiche (di sesso femminile) - diventavano sempre più importanti. Altre persone venivano
raramente menzionate.
Tra i giovani adulti (dai 18 ai 33 anni), il ruolo dei membri della famiglia era considerevolmente
ridotto, specialmente tra i maschi. Come controparte per entrambi i generi, i coniugi e i partner
emergevano come attori importanti nel palcoscenico della condivisione sociale, mentre gli amici
mantenevano la stessa importanza rispetto ai dati degli adolescenti. Il ruolo dei membri della
famiglia diminuiva nuovamente per gli adulti di mezza età (dai 40 ai 60 anni) forse in parte perché i
genitori non sono più reperibili. In più, si verificava un calo considerevole nell’importanza degli
amici per gli adulti maschi, ma non per le femmine. Nel gruppo di questa età, coniugi e partner
predominavano marcatamente come target della condivisione. In particolare per gli uomini, il
coniuge o partner era virtualmente un target esclusivo per più di tre quarti di loro. I dati raccolti sui
soggetti più anziani (dal 65 a 95 anni) replicavano semplicemente questo pattern. Dall’età adulta in
poi, coniugi e partner diventano i principali target della condivisione (più del 75%), seguiti dai
familiari (più del 30%) e dagli amici (circa 20%). Altre categorie, come sconosciuti o professionisti,
erano raramente i destinatari (meno del 5% dei casi).
Ricapitolando, è stato trovato che nei gruppi di varie età, i target della condivisione sociale erano
costantemente gli intimi. I non-intimi difficilmente giocavano un ruolo nel processo di condivisione.
Era improbabile che professionisti, persone non familiari o sconosciute fossero selezionati per
questo ruolo. Per entrambi i generi, un’evoluzione notevo