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Il dolore e la sua classificazione
Aβ, dolorifiche di tipo di maggior calibro delle precedenti e responsabili della percezione degli stimoli tattili e pressori. Se prevale l'attività lungo le fibre di grosso calibro (cioè le Aβ), la percezione del dolore sarà smorzata, mentre se a prevalere sono le scariche delle calibro (cioè le Aδ fibre di piccolo e le C), il dolore verrà percepito in maniera più acuta.
Come si classifica il dolore?
Non esiste una classificazione chiaramente delineata e universalmente accettata delle diverse sindromi algiche. Possono però essere descritte in base a:
- Durata. Permette di distinguere il dolore acuto da quello cronico.
- Regione del corpo colpita. Dolore lombare, pelvico, etc.
- Sistema corporeo interessato. Dolore mio-facciale, dolore reumatico, neurologico, vascolare, etc.
- Eziologia. Dolore somatico (fisico) o dolore psicogeno (psicologico).
- Intensità. Usando dei test che forniscono una misurazione soggettiva del dolore.
Dal 1850 in avanti: nascita della fisiologia sperimentale: nuovo periodo di ricerca basato sul concetto di sensibilità; inizialmente il dolore sarà interpretato in chiave riduzionistica, esclusivamente come input afferenziale; solo successivamente verrà considerato come il prodotto di una serie di variabili analizzate sullo sfondo di un paradigma bio-psico-sociale.
LEZIONE 3805. Descrivere correlazione tra PTSD e dolore cronico
Il dolore è la situazione più comune basata su sintomi fisici riportati sia nella popolazione generale che nell'ambito delle cure primarie, mentre la depressione e l'ansia sono le due condizioni psicologiche più presenti. Quasi il 50% dei pazienti con dolore cronico riporta sintomi in relazione all'ansia, e fino al 30% ha un vero e proprio disturbo d'ansia. Tra i principali disturbi d'ansia, la ricerca trova associazioni rilevanti con il disturbo di panico e il disturbo da stress.
post-traumatico. Sono pochi gli studi che hanno indagato il rapporto temporale tra ansia e dolore. Sembra però che la relazione tra i due dipenda in parte dalla natura specifica del disturbo d'ansia. L'insorgenza di PTSD e dolore cronico può coincidere temporalmente nel caso di una persona esposta ad un fattore di stress traumatico che ha coinvolto un danno fisico, come ad esempio un colpo di frusta a seguito di un incidente automobilistico. In altri casi, i disturbi d'ansia possono precedere l'insorgenza del dolore. Per esempio, in un campione di lavoratori infortunati con dolore muscoloscheletrico cronico, il disturbo d'ansia precedette la denuncia di dolore in tutti i casi tranne uno (Asmundson, Jacobson, Allerdings, Norton, 1996). Sono comunque necessarie ulteriori ricerche per indagare il primato temporale tra le due condizioni.
06. Descrivere il dolore e i correlati psicologici
Il dolore è un'esperienza sia sensoriale che emotiva. Questi due
Gli elementi si rinforzano avicenda costituendo un circolo vizioso. Risulta talvolta difficile valutare quando e quanto possa essere attribuibile a una condizione fisica piuttosto che ad una psicologica.
La ricerca ha dimostrato l'importanza dei fattori psicologici nell'affrontare la vita per migliorare la qualità della stessa, mettere in atto strategie di coping e fronteggiare la disabilità nel dolore cronico.
I fattori psicologici e le condizioni mediche di dolore cronico sono spesso significativamente correlate. I principali sono:
- funzioni esecutive;
- catastrofismo e kinesiofobia;
- depressione e l'ansia.
Funzioni esecutive
Le condizioni di sofferenza, soprattutto quella cronica, sono complicate e difficili da vivere. L'adattamento a tali condizioni sembra dipendere dalla capacità di autoregolazione, ovvero la possibilità di modificare pensieri, sentimenti e comportamenti, che sembra derivare dalle funzioni cognitive esecutive.
Le funzioni esecutive, in gran parte orchestrate dalla corteccia prefrontale, sono "un insieme di abilità interconnesse che consente alle persone di modificare i loro pensieri e azioni" (Schmeichel, 2007). Danni alla corteccia provocano deficit di organizzazione ed esecuzione di un comportamento appropriato, come impulsività, perseveranza, scarsa capacità di giudizio, interferenza con un adeguato problem solving e disinibizione.
L'autoregolazione si basa su funzioni cognitive ed esecutive per supportare il controllo dei processi cognitivi, emotivi e fisiologici. La capacità di autoregolarsi è necessaria per far fronte a molte situazioni della vita, ma soprattutto risulta essere essenziale durante e dopo l'esposizione a fattori di stress acuti o cronici, quali una malattia.
Le funzioni esecutive e i deficit di regolazione ad esse correlati sono spesso parte dell'eziologia e del mantenimento delle condizioni di dolore.
Nella ricerca dei fattori associati con lo sviluppo di dolore cronico, gli atteggiamenti dei pazienti e le loro credenze sul dolore stesso sono sempre di più oggetto di studio. Un orientamento eccessivamente negativo nei confronti del dolore, ovvero il catastrofismo, e la paura di movimento o di una nuova lesione, cioè la kinesiofobia, sono importanti nell'eziologia del dolore cronico.
Le persone che interpretano catastroficamente le sensazioni corporee innocue, tra cui il dolore, rischiano di sviluppare timore nei confronti dello stesso, e questo si traduce in due processi: 1) comportamenti di evitamento (riduzione del movimento e dell'attività fisica in particolare, ma anche ritiro dalle attività gratificanti come il lavoro, il tempo libero e la famiglia) e 2) maggiore consapevolezza corporea e ipervigilanza.
Il catastrofismo è una reazione cognitiva e affettiva esagerata nei confronti di un'esperienza cronica.
La depressione è una condizione caratterizzata da una profonda tristezza, perdita di interesse o piacere nelle attività quotidiane, sensazione di stanchezza o mancanza di energia, difficoltà di concentrazione, sentimenti di colpa o di inutilità, disturbi del sonno o dell'appetito, e pensieri ricorrenti di morte o suicidio. È importante sottolineare che la depressione può essere una conseguenza del dolore cronico, ma può anche essere un fattore di rischio per lo sviluppo del dolore cronico. Questa relazione bidirezionale tra depressione e dolore rende fondamentale una valutazione e un trattamento adeguati per entrambe le condizioni. Per quanto riguarda il trattamento, è possibile utilizzare una combinazione di terapia farmacologica e terapia psicologica. I farmaci antidepressivi possono aiutare a ridurre i sintomi della depressione, mentre la terapia cognitivo-comportamentale può aiutare a identificare e modificare i pensieri e i comportamenti negativi associati alla depressione e al dolore. In conclusione, la depressione e il dolore sono strettamente legati e possono influenzarsi reciprocamente. È importante cercare aiuto professionale per gestire entrambe le condizioni e migliorare la qualità della vita.può ostacolare la gestione del dolore cronico; può promuovere infatti risposte povere e inadeguate nel fronteggiare il dolore. Essa è inoltre connessa ad un dosaggio maggiore di oppiacei. Il legame tra depressione e dolore può essere circolare: la situazione cronica nel lungo periodo può portare il paziente a sviluppare sentimenti depressivi, così come in particolari condizioni emotive vi è un aumento della tensione muscolare, una scarsa mobilizzazione e l'assunzione di posture scorrette che si associano, quindi, a dolore del corpo e muscolo-l'individuo a provare sofferenza e tensione. La depressione potenzia il dolore sensibilizzando e il dolore può portare alla depressione in quanto riduce le relazioni interpersonali, le attività quotidiane, comportando maggiore frequenza di ansia, fatica, difficoltà di concentrazione e stanchezza mentale.
Ansia: vedi domanda precedente
LEZIONE 4106. Come viene definita
L'obesità è una condizione cronica, ad elevata prevalenza e ad eziologia multifattoriale, caratterizzata da eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo, in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute. Si associa ad aumentato rischio per l'insorgenza di diverse patologie (diabete, malattie cardiovascolari, tumori), limitazioni funzionali, ridotta qualità della vita, disabilità e mortalità.
L'Italia è tra le nazioni europee che presenta i più bassi indici di diffusione dell'obesità tra gli adulti. Il fenomeno è però in crescita anche nella nostra penisola e riguarda un numero sempre maggiore di bambini che, due volte su tre, secondo le statistiche, sono destinati a mantenere la condizione di obesità anche in età adulta.
Gli stati di sovrappeso vengono attualmente catalogati mediante l'Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI),
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