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OMEOSTASI DEL GLUCOSIO
Quali sono i valori che ci dobbiamo attendere in un soggetto normale e quando il soggetto lo dobbiamo
definire diabetico?
GLICEMIA A DIGIUNO: il paziente deve essere a digiuno da almeno 8 ore. Ovviamente questa
• limitazione per la misurazione della glicemia è un imperativo poiché dopo mangiato inevitabilmente
il paziente, diabetico o non, avrebbe la glicemia alterata. La glicemia a digiuno, se eseguita su
plasma o siero derivati da sangue venoso, deve essere nel soggetto normale tra 70 e 100 mg/dl. Su
alcuni testi, non recenti, troverete il limite alto di 110, su test vecchissimi 140; in realtà, l’ ADA
(American Diabetes Association) dal 2006 ha abbassato questo limite ulteriormente per porlo a 100
GLICEMIA POST-PRANDIALE: se una persona non diabetica mangia, la sua glicemia aumenta.
• Quali sono i valori ritenuti normali per questo aumento? Il realtà, dopo un pasto la glicemia può
aumentare fino a 180 – 200 mg/dl (è un valore alquanto variabile tra soggetto e soggetto) ma la cosa
fondamentale per un soggetto normale è che la glicemia entro 2 – 4 ore dal pasto deve ritornare al
valore basale (inferiore a 100): in particolare, entro due ore non deve essere superiore a 140 mg/dl
che è il limite massimo dopo due ore da un pasto molto ricco in carboidrati.
CV INTRA-INDIVIDUALE: nello stesso individuo, in giorni differenti, in momenti differenti la
• glicemia può oscillare più o meno di un 10% (intervallo del 5 – 15%) rispetto al valore medio.
Quand’è che una persona comincia a sentirsi male se la sua glicemia non è nell’intervallo normale?
SINTOMI DA IPERGLICEMIA: compaiono quando la glicemia è nettamente superiore a 100 e cioè
• per valori che sono almeno di 230 – 250 mg/dl al di sotto dei quali il soggetto non si accorge
assolutamente di nulla; ecco perché, molto spesso, la diagnosi di diabete è una diagnosi occasionale
ed è esclusivamente una diagnosi di laboratorio. Nella maggior parte dei casi, il soggetto, facendo
degli esami di routine, scopre che la sua glicemia è alterata: i sintomi comincerebbero a comparire se
la sua glicemia fosse almeno 230 – 250 mg/dl e diventa critica (cioè mette il soggetto in una
condizione di pericolo di vita) quando si avvicina a un valore di circa 500.
SINTOMI DA IPOGLICEMIA: al contrario la glicemia deve diminuire di pochissimo per far sentire
• male una persona, se il cut-off inferiore è 70 è sufficiente che la glicemia scenda al di sotto di 50 per
avere dei sintomi da ipoglicemia. Essa diventa critica per valori inferiori a 46 cioè, mentre è
necessario che la glicemia diventi almeno 5 volte tanto per poter essere critica per il soggetto, è
sufficiente che non si dimezzi nemmeno (perché da 60 a 45 non è diventato nemmeno la metà) per
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far sentire male il paziente, cioè il coma ipoglicemico si può instaurare molto facilmente rispetto a
che si possa instaurare un coma iperglicemico.
DIABETE MELLITO
L’ADA ha stabilito, già da circa un decennio, che viene considerato diabetico un soggetto che, misurando la
glicemia a digiuno e tenendo sotto controllo tutte le fonti di variabilità, ha la glicemia superiore a 126 mg/dl.
Quindi il cut-off per considerare una persona diabetica è di 126 mg/dl (molto più basso del valore di 230 che
abbiamo detto essere quello a cui compaiono i sintomi da iperglicemia perciò la diagnosi di diabete è
fondamentalmente di laboratorio). Il diabete mellito è una patologia endocrina molto diffusa nel mondo, si
calcola che circa il 10% delle persone adulte al di sopra dei 40 anni è affetta da diabete. È una patologia
cronica che a lungo andare diventa estremamente invalidante per le complicanze di tipo vasculopatiche,
neuropatiche, per l’insufficienza renale (per controllare la quale si usa il test delle urine chiamato
nitroalbuminia). Esistono oltre due tipi di diabete:
1. DIABETE DI TIPO I: viene generalmente indicato come immuno-mediato perché la caratteristica
tipica è la produzione di autoanticorpi contro le componenti endocrine del pancreas che producono
insulina. Quindi c’è una distruzione delle cellule β del pancreas con progressiva perdita della
produzione di insulina. Per questo motivo il diabete di tipo I è quello che giova del trattamento
insulinico perché cerchiamo di somministrare dall’esterno quello che l’organismo non è più capace
di produrre. In realtà, c’è anche una piccola quota di pazienti con caratteristiche del diabete di tipo I
nei quali però non si riscontra la presenza di autoanticorpi: questo tipo di diabete viene detto di
natura idiopatica.
2. DIABETE DI TIPO II: più tipico dell’adulto, è associato generalmente a obesità e a insulino-
resistenza. Questo tipo di soggetto diabetico produce insulina (quindi non può beneficiare della
somministrazione di insulina perché ce l’ha) ma essa non riesce a stimolare i recettori periferici e a
innescare quei processi biologici che determinano l’internalizzazione del glucosio. Quindi,
fondamentalmente, c’è una resistenza periferica all’insulina che è generalmente indotta dall’obesità.
3. DIABETE DI ALTRI TIPI: esiste il diabete iatrogeno provocato da farmaci (molto spesso
chemioterapici) che possono indurre la comparsa di diabete o anche diabeti di tipo genetico ma su
cui non ci soffermiamo.
4. DIABETE MELLITO GESTAZIONALE: diabete che insorge durante la gravidanza e che scompare
entro un mese e mezzo dal parto.
Nella classificazione del diabete compaiono anche due categorie di individui (che ancora una volta si
scoprono con approccio laboratoristico e non perché i pazienti abbiamo dei sintomi) che sono:
SOGGETTI IGT (impaired glucose tolerance cioè alterata tolleranza al glucosio o alterata tolleranza
• ai carboidrati):
SOGGETTI IFG (impaired fasting glucose cioè alterata glicemia a digiuno)
•
Entrambi questi soggetti facendo la misurazione della glicemia a digiuno e controllando efficacemente tutte
le fonti di variabilità per escludere errori, presentano ripetutamente una glicemia compresa tra 100 e 126.
Abbiamo infatti detto che il valore normale è entro 100 e che il cut-off per considerare una persona diabetica
è 126. E chi si trova in mezzo a questi valori è normale o diabetico? Non è né l’uno né l’altro ma si trova in
una situazione intermedia che può ricadere in una di queste due categorie. Per poter meglio definire queste
situazioni si effettua il cosiddetto test da carico orale di glucosio o test di tolleranza al glucosio per via orale
(OGTT) che, quindi NON si fa per la diagnosi del diabete ma per definire bene i soggetti che presentano
ripetutamente valori di glicemia borderline compresi tra 100 (valore normale) e 126 (cut-off): il paziente che
arriva digiuno al laboratorio deve assumere una certa quantità di glucosio per via orale quindi gli faccio bere
un bicchiere d’acqua con zucchero (in 250 – 300 ml di acqua devo sciogliere, se si tratta di un adulto, 75 gr
di glucosio). Prima di aver fatto assumere questo bicchiere d’acqua e zucchero al paziente, devo aver fatto un
prelievo e una misurazione della glicemia basale. Dopo due ore dall’assunzione di glucosio (quando il valore
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del soggetto normale è sceso a meno di 140), effettuo una seconda misurazione della glicemia; può accadere
che 1) un paziente in condizioni basali si trova tra 100 e 125 (questo è stato il nostro punto di partenza poiché
abbiamo detto che eseguiamo questo test solo su chi si ritrova valori borderline), dopo due ore la glicemia si
comporta come in un soggetto normale, cioè scende ad un valore inferiore a 140. Questa categoria di soggetti
vengono indicati come IFG cioè alterata glicemia a digiuno. Questi individui hanno un’alterazione
dell’omeostasi del glucosio solamente nella fase di digiuno, perché dopo pasto si comportano come soggetti
normali. Oppure può accadere che 2) un paziente che a digiuno aveva sempre valori tra 100 e 126, passate le
due ore dal bicchiere d’acqua e zucchero, ha una glicemia NON inferiore a 140 ma inferiore a 200. Questo
soggetto viene classificato come IGT, cioè mostra una alterata tolleranza ai carboidrati o al glucosio (N.B.
Nel soggetto diabetico abbiamo detto che la glicemia è superiore a 126 e che a due ore dal pasto ha un valore
superiore a 200 per cui questo test non va assolutamente effettuato su un paziente palesemente diabetico
perché può essere pericoloso ma solo a soggetti con valori borderline che devono essere classificati come
IFG o IGT dette anche categorie di rischio diabetico = hanno il rischio di sviluppare diabete e quindi vano
controllati più spesso, ogni sei mesi e ,magari,essere sottoposti a trattamenti di tipo alimentare cioè non di
tipo farmacologico per poter allontanare l’evoluzione della patologia vera e propria).
CRITERI PER LA DDIAGNOSI DI DIABETE (secondo l’ADA)
I sintomi sempre presenti sono poliuria e polidipsia. La poliuria persiste perché normalmente il glucosio non
è presente nelle urine mentre nel diabete il glucosio è presente nelle urine quando, transitando nel tubulo
renale, eccede la soglia di riassorbimento renale che è capace di assorbirlo fino a valori di 180 – 200. Per
valori di glicemia superiori a 180 – 200 mg/dl (questa è la soglia renale del glucosio) il tubulo non è capace
di riassorbire tutto il glucosio che, quindi, comincia a comparire nelle urine. Il glucosio è una sostanza
osmoticamente molto attiva (assorbe acqua) per cui se lo troviamo nel tubulo perché non è stato riassorbito,
la componente acquosa delle urine non viene riassorbita perché è trattenuta dal glucosio. Quindi questa
acqua viene trattenuta dalle urine. Per questo motivo c’è la poliuria che poi, per compenso, da la poliuria (il
paziente perde acqua e quindi si innesca lo stimolo della sete). L’ADA 2006 impone che si può dare la
diagnosi di diabete in determinate circostanze:
1. Se il paziente presenta sintomi quali poliuria e polidipsia e, in alcuni tipi di diabete, l’inspiegabile
perdita di peso.
2. Se c’è un rilievo casuale di glicemia superiore a 200. Casuale significa che la misurazione non è stata
effettuata a digiuno ma per esempio quando il paziente è arrivato al pronto soccorso.
3. Oppure se in un individuo a digiuno c’è una glicemia superiore a 126 mg/dl (a distanza di almeno 8
ore dall’ingestione di cibo o bevande caloriche).
Se non ci si trova in queste condizioni ma troviamo valori borderline è necessario effettuare il test da