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Giunto in luoghi adatti e in presenza di favorevoli condizioni di temperatura e di umidità il

seme comincia a germinare, cioè dall’embrione comincia a svilupparsi la nuova pianta; se

il seme non trova condizioni ambientali favorevoli, in particolare disponibilità di acqua e

temperatura adatta, entra in un periodo di quiescenza che può essere anche molto lungo e

durante il quale esso rimane cmq vitale e non perde la sua capacità di svilupparsi.

forme biologiche

Le sono determinate dalle forme di adattamento a cui le piante

ricorrono per proteggere le loro gemme durante la stagione avversa che può coincidere con

un periodo in cui le temperature si abbassano notevolmente o con un periodo di estrema

aridità a seconda dei climi. I differenti tipi di adattamento vengono ricondotti a sei categorie

chiamate forme biologiche e valgono essenzialmente per le piante vascolari:

Terofite

• : piante annuali che superano la stagione avversa allo stato di seme,

protetto dal substrato ; esse spendono tutte le loro riserve nella riproduzione

perché dopo la produzione di semi muoiono. Per l’identificazione delle terofite

occorre dunque esaminare la parte sotterranea che è ridotta, non contorta e priva di

cicatrici. In condizioni naturali le terofite sono particolarmente diffuse nei deserti

subtropicali e nelle zone steppiche delle regioni calde; nelle regioni temperate e

fresche le terofite si trovano principalmente nelle colture, come piante infestanti o

malerbe, dove l’uomo ha creato condizioni steppiche artificiali.

Idrofite

• : piante perenni acquatiche le cui gemme durante la stagione avversa

rimangono sommerse nell’acqua; vi sono idrofite che galleggiano sulla superficie

dell’acqua e altre che radicano al fondo (elofite sono piante acquatiche radicanti

sul fondo dello specchio d’acqua e con la parte basale sempre sommersa; foglie e

infiorescenze emergono e si sviluppano molto al di sopra della superficie

dell’acqua).

Geofite

• : piante perenni con gemme sotterranee; le gemme possono essere situate

entro bulbi, rizomi o tuberi e molte possiedono organi di riserva sotterranei come

tubercoli radicali o caulinari o bulbi. Le geofite sono particolarmente diffuse in

ambienti di sottobosco dove il principale fattore limitante è la luce (infatti

fioriscono prima che gli alberi mettano le foglie, quando ancora molta luce penetra

fino al suolo) o in ambienti secchi con scarsa disponibilità d’acqua.

Emicriptofite

• : piante perenni con gemme a livello del terreno, protette da

squame, foglie o guaine fogliari vive o morte.

Camefite

• : piante perenni, legnose alla base, con gemme a meno di 25 cm dal

suolo.

Fanerofite

• : piante perenni, legnose, con gemme a più di 25 cm di altezza; esse

possono essere:

• Nanofanerofite (arbusti) che hanno gemme che si trovano a

un’altezza compresa tra 25 e 200 cm al di sopra del suolo;

• Macrofanerofite (alberi o grossi arbusti) che hanno gemme

portate oltre i 2 metri di altezza dal suolo.

Negli studi archeobotanici le forme biologiche sono importanti perché permettono di:

• Riconoscere gli ambienti significativi per la ricostruzione dei paesaggi del passato,

con particolare riguardo a quelli antropogenici;

• Individuare i processi di domesticazione delle piante legate a certe forme

biologiche;

• Comprendere le trasformazioni della vegetazione indotte dalle attività antropiche.

La domesticazione dei vegetali

Le piante che vengono coltivate a scopo prevalentemente alimentare, sono il risultato di

antiche e inizialmente inconsapevoli selezioni operate dall’uomo su piante selvatiche; la

scelta degli individui che presentano caratteristiche più idonee all’impiego alimentare porta

nel tempo a specie diverse da quelle originarie. Cambiano dunque le caratteristiche

morfologiche delle piante coltivate rispetto ai loro progenitori e questo permette di

distinguere nelle maggior parte dei casi i semi delle piante coltivate da quelli delle piante

selvatiche.

Per ricostruire la storia delle prime specie coltivate, l’origine e la diffusione è necessario

integrare informazioni forniteci da diverse discipline; l’esame dei resti vegetali rinvenuti nei

siti archeologici costituisce la fonte più diretta di informazione, mentre l’altro contributo

viene ricavato dall’analisi delle piante viventi (confronto morfologico, fisiologico e chimico

tra le varietà coltivate, dette cultivar e i loro equivalenti selvatici).

I cereali sono la principale coltura per l’alimentazione mondiale e prima che avvenissero gli

scambi commerciali tra i popoli, ogni parte nel mondo dipendeva dalla coltivazione di

specifici cereali. I cereali sono piante erbacee caratterizzate dalla produzione di frutti

(cariossidi) ricchi in amido e utilizzati principalmente per l’alimentazione umana e animale;

uno dei principali fattori che hanno fatto sì che i cereali fossero tra le prime piante coltivate

è il verificarsi in esse della autoimpollinazione. Questa caratteristica risulta comune a tutte

le prime piante messe a coltura e i vantaggi dell’autoimpollinazione sono stati:

• L’isolamento riproduttivo delle piante selezionate dall’uomo per la coltivazione

dai loro progenitori allo stato selvatico;

• La possibilità di conservare il patrimonio genetico in linee omozigote

indipendenti.

Il gruppo delle prime piante coltivate nel Vicino Oriente era costituito da piante che si

riproducono prevalentemente, ma non obbligatoriamente, tramite autoimpollinazione;

l’impollinazione incrociata per queste piante è un evento raro e sporadico che però

garantisce la comparsa di nuova variabilità che può essere selezionata in natura

favorevolmente e poi mantenuta con l’autofecondazione. Tuttavia la maggior parte dei

cambiamenti comparsi nelle piante messe a coltura sono stati operati dall’uomo in maniera

inconsapevole.

• I frumenti costituiscono la principale coltura neolitica insieme all’orzo;

• L’orzo è una delle prime piante coltivate nel Vicino Oriente durante il Neolitico e

viene rinvenuto spesso insieme al frumento;

• La segale rispetto al frumento e all’orzo è meno frequente nei siti archeologici

neolitici e dell’età del Bronzo del Vicino Oriente; le evidenze archeologiche

suggeriscono che la segale si è evoluta come infestante tollerata nelle colture di

frumento e solo dopo è stata scelta per la coltivazione;

• L’avena deve essere considerata come una coltura secondaria che si evolse come

pianta infestante di orzo e frumento e che solo dopo venne piantata, infatti le

prime indicazioni di domesticazione si hanno in Europa nel II e I millennio aC.

• Le più antiche indicazioni archeobotaniche della coltivazione del riso provengono

dalla Cina.

Circa le leguminose i vantaggi delle leguminose sono che:

• Esse sono in grado di fissare l’azoto atmosferico, parte del quale viene poi

liberato nel terreno e reso disponibile per le altre piante; per questa ragione le

leguminose vengono utilizzate nella rotazione delle colture o in alcuni casi

mescolate ai cereali;

• Possiedono semi eccezionalmente ricchi in proteine e questo le rende un

alimento importante nel costituire una dieta equilibrata nell’uomo;

• L’autoimpollinazione che ha avuto un ruolo fondamentale nelle prime fasi della

domesticazione perché ha consentito la selezione e il mantenimento dei caratteri

ritenuti più idonei alla coltivazione e la separazione dalle specie progenitrici.

Sin dai tempi preistorici l’attività umana ha avuto profondi effetti sulla vegetazione

naturale; per studiare e datare questi cambiamenti della vegetazione si ricorre all’analisi dei

diagrammi pollinici. Iversen distinse per primo alcuni taxa pollinici perché significativi nel

riconoscere l’occupazione da parte dell’uomo del territorio in esame e l’economia

improntata e queste specie sono state definite indicatori antropogenici.

indicatori antropogenici

Gli sono specie connesse con le attività umane o che

mostrano incrementi quantitativi in fase con l’interferenza antropica nel paesaggio; essi

possono essere suddivisi in:

• Piante coltivate: vegetali piantati o seminati intenzionalmente. La presenza di

polline di piante coltivate è il miglior indizio delle attività agricole, sebbene la

loro documentazione nei diagrammi pollinici varia considerevolmente in rapporto

alle diverse specie; riconoscere le piante coltivate in uno studio di tipo

palinologico non è sempre facile, inoltre la produzione di polline e la capacità

dispersiva del polline variano notevolmente da specie a specie.

Il frumento, l’orzo e l’avena producono molto polline che però viene poco

disperso perché rimane all’interno delle spighette; la segale ha un’elevata

produzione pollinica e una buona capacità dispersiva ed è quindi un ottimo

indicatore delle pratiche colturali, però la sua coltivazione fu introdotta solo

tardivamente in Europa; come infestante era presente fin dai tempi più antichi, ma

dall’analisi pollinica non è possibile distinguere la forma selvatica da quella

domesticata

• Indicatori antropogenici secondari: si tratta di piante favorite dall’uomo e dalla

sua economia in vario modo; la composizione della flora infestante è

notevolmente influenzata dall’impiego di attrezzi nelle pratiche agricole che

determinano la selezione di specie più resistenti a questo tipo di disturbo. Le

specie infestanti sono piante adatte a ambienti antropogeni, dove interferiscono

con gli obiettivi o le necessità dell’uomo, senza portargli alcun vantaggio;

vengono suddivise secondo il loro habitat in:

• Infestanti segetali: sono infestanti di colture agrarie che possono

essere suddivise in base alle loro necessità termiche in infestanti segetali di

tipo A (termofile, di origine sud-est europea) e di tipo B (di origine sud-

occidentale europea);

• Infestanti ruderali: specie che colonizzano gli habitat marginali

e disturbati come aree calpestate, margini di strade e così via;

• Infestanti ambientali: specie colonizzatrici che occupano gli

spazi liberi della vegetazione fortemente disturbata e hanno un’elevata

potenzialità competitiva.

invece in base alla loro origine sono divise in:

• Apofite: specie native dell’area, ma capaci di occupare nuovi

habitat creati dall’uomo;

• Antropocore o antropofite: specie introdotte nell’area con

l’agricoltura o con il commercio o in altri modi; a loro volta si dividono in

archeofite cioè antropocore di più antica introduz

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
11 pagine
SSD Scienze della terra GEO/01 Paleontologia e paleoecologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher veroavalon84 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Paleontologia vegetale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Perego Renata.