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HOC CORPORE IN VENIRE HEC/ TIBI LECTOR PAGINA MONSTRAT DE

QUIB(U)S REB(U)S IN LIBRIS/ SINGULIS CONDITOR HUIUS CODICIS

DISPUTAVIT IDEST/ IN LIBRO PRIMO

215 Sebbene nella tavola non si veda è presente un segno abbreviativo che abbrevia la

emme, mentre sulla qu in alto vi è il segno ue

In tavola si vede l’occhiello ma non l’asta della p

216

217 la a presenta il segno abbreviativo

218 Sulla u ci sarebbe il segno abbreviativo che però non si vede

Sulla u c’è in realtà un’abbreviazione per la emme.

219

220 Della q si vede solo la parte iniziale.

221 il segno per ue e sovrascritto.

222 Si faccia attenziione al fatto che in questa scrittura ricorrono le a aperte simili a due

c accostate

223 Si noti la ti con occhiello in legamento con la i

Si noti come ci sono due tipi di e, la e con l’occhiello chiuso e la e che resta aperta

224

e va verso l’alto

La i è un po’ allungata sotto il rigo

225 Si noti in interlinea “ib” con

226 un segno di apostrofo che abbrevia us, e quindi

leggiamo “ibus”, ossia quibus, una correzione.

227 Si noti la i alta, cosa che risponde ad una regola per cui la i si innalza quando è in

posizione intervocalica. Si trattava di un’espediente per facilitare la lettura. La i poi

può essere alta quando si trova in principio di parola seguita però da lettera bassa, e

queste regole le ritroviamo nella beneventana. Ma, oltre le regole, l’uso di questa i alta

è abbastanza flessibile, oltre le varie regole.

che rientra appunto nell’alfabeto distintivo,

228 Notare la o distintiva della visigotica

alfabeto di lettere usate di solito a inizio di paragrafo. L’apparato distintivo per altro

ha dimensioni differenti rispetto alle altre lettere.

Si noti l’abbreviazione di us sulla

229 bi.

230 Si noti la e con la ti rovesciata.

231 Si noti nella tavola la a aperta e verticalizzata con rotazione della lettera. Nelle

scritture del particolarismo grafico non è infrequente trovare, e basti ricordare nella

merovingica la q con la u in alto, ed ecco che qui abbiamo un retaggio di tali

caratteristiche.

232 Notiamo che cdopo caritatis ci sono due punti di pausa

233 Notiamo che in finit i e t sono legate in nesso, e ricordiamo che il nesso è costituito

da due o più lettere che abbiano almeno un tratto in comune. Qui la I si unisce al

primo tratto della t.

234 Si noti il nesso 62

235 236

De grammatica et partibus eius II De retorica et dialetica III / De matematica

237

cui(u)s partes su(n)t arithmetica, m usica, geometrica et/ astronomia, IIII De

238

medicina, V de legib(us) v(e)l instrume(n)tis iudicu(m) ac de te(m)porib(us)/ de

239

ordine scripturarum, de ciclis et canonib(us), de festivitatib(us), et officiis / de d(e)o

et angelis, de n(o)minib(us) presagis, de n(o)minib(us) s(an)c(t)orum patru(m), de

240

martirib(us) clericis/ m onacis et ceteris fidelium n(o)m(in)ib(us). VIII De ecclesia et

sinagoga/ de religione et fide, de heresibus, de filosofis, poetis, sibillis, magis paganis/

hac diis gentium. VIIII De linguisfentiu(m), de regu(m), militu(m), civiu(m)(que)

241

vocabulis / vel ad finitatibus....

La scrittura beneventana (6-5-2014)

Prima di parlare della scrittura beneventano dobbiamo fare una premessa, ossia parlare

di ciò che resta del patrimonio librario dei secoli immediatamente successivi alla

caduta dell’Impero meridionale in Italia meridionale. Ebbene ci troviamo di fronte ad

un vuoto incolmabile di testimonianze, e quindi il VI, VII e buona parte del sec VIII

non hanno fatto pervenire testimonianze librarie, e si consideri che i più antichi

documenti che ci sono pervenuti risalgono alla fine del sec VIII, mentre prima di

questa data non vi è nulla. Però proprio alla fine del sec VIII risale un gruppo di libri

che presentano delle caratteristiche grafiche simili fra i vari esemplari tanto di indurre

gli studiosi a riconoscere in quel tipo di scrittura una scrittura nazionale dell’Italia

meridionale, almeno buona parte dell’Italia meridionale che hanno chiamato scrittura

nell’affermare che sia stata elaborata e creata nello

beneventana, e che si è concordi

scriptorium del monastero di Montecassino.

Tale monastero si trova in provincia di Frosinone. Fu fondato nel 529 da San

Benedetto da Norcia, e dunque in un periodo in cui l’Italia meridionale è coinvolta

nella guerra gregotica, che andò dal 535 al 553, vedendo l’opposizione tra Ostrogoti e

Bizantini, fino all’arrivo dei Longobardi, che nell’Italia meridionale fondano il ducato

Si può quindi pensare che all’inizio il tempo

di Benevento intorno al 576. dedicato alla

scrittura di libri non fosse tantissimo, e quindi si deve pensare ad una produzione

ridottissima di testi, anche perché il monastero dopo la fondazione è completamente

distrutto dai Longobardi già nel 577. A questa prima distruzione i monaci non possono

fare altro che rifugiarsi a Roma, probabilmente presso il Laterano, e qui rimangono per

dunque addirittura fino all’sec

un lungo periodo,più nello specifico dal 577 al 718,

VIII. Nel 718 il monastero viene ricostruito dall’abate Petronace 242 , considerato non a

caso secondo fondatore di Montecassino. A partire dal secolo VIII il monastero

ricostruito conosce un periodo di fioritura economica e culturale, e proprio in questo

periodo transitano e si fermano a Montecassino intellettuali e personaggi storici di

235 Potremmo sciogliere secundus, ma nella nostra trascrizione riportiamo soltanto il

numero romano

Notiamo che sul numerale III ci sono tre segni sopra, e ancora al di sopra c’è una

236

lettera che corrisponde ad una esse, e ciò stava per tertius. In questo caso nella nostra

trascrizione scriveremo ter con la esse in alto.

237 Notare il ricorso ad una emme onciale.

Si faccia sempre attenzione all’abbreviazione vl, con elle tagliata per

238 vel.

239 Si noti la esse maiuscola ingrandita fatta in questa maniera perché il copista vuole

arrivare alla fine del rigo.

240 Si noti ancora la emme onciale

241 Si noti che sulla d vi è una effe di correzione sovrascritta.

fu per altro raccontata in un’opera, il

242 La storia del monastero di Montecassino

Chronicon Manasterii Casinensis, opera del secolo XI e scritta da Leone Marsicano

(noto anche come Leone Ostiense o di Montecassino), vescovo nel Lazio.

63

primo rilievo, ad esempio San Villibaldo che, dopo lunghe peregrinazioni (anche in

Terrasanta) come evangelizzatore, a Montecassino divenne monaco. La presenza a

Montecassino di personaggi di varie aree geografiche deve aver sicuramente portato

all’incontro di patrimoni culturali e grafici diversi. Anche Adelardo di Corbie, abate

dell’omonimo monastero, e anche lui santo fu in visita al monastero di Montecassino

restandovi per qualche anno. Anche Carlomanno, fratello di Carlo Magno fu a

Montecassino, dove anzi si ritira per diventare monaco. Ultimo il re longobardo

Rachis che si ritira a Montecassino per condurre vita monastica sempre intorno

all’VIII secolo. Infine Paolo Diacono fu ospite illustre del monastero. Dunque un

periodo fiorente tra il secolo VIII e buona parte del IX, almeno finché nel 883 il

monastero viene nuovamente distrutto completamente dai Saraceni. Questa volta i

monaci si rifugiano prima a Teano e poi a Capua, e restano in questa zona fino a una

nuova fondazione del monastero nel 949, quindi metà del decimo secolo. Tutte queste

date di rifondazione sono poi importanti perché corrispondono ad altrettante

evoluzioni della scrittura. In questo periodo, dunque, tra il nono e il decimo secolo

lavorano in un altro luogo, Teano un po’, ma

nuovamente, come detto prima, i monaci

soprattutto Capua che è importante perché qui i monaci vengono a contatto con il

ducato di Capua e il principato di Benevento, e ricordiamo Landolfo, principe di

Capua, suo figlio Pandolfo, capo di ferro, e ancora bisogna ricordare il vescovo

omonimo Landolfo. Nel 949 il monastero viene ricostruito da un’altro abate, Aligerno.

Infine il monastero verrà nuovamente distrutto a seguito dei bombardamenti del 1944.

Il secolo XI fu un periodo di grande fioritura per il monastero, e questo momento così

positivo parte dalla metà del secolo decimo anche attraverso una serie di acquisizioni

patrimoniali che gli abati nel corso degli anni cercarono di realizzare portando in

tribunale alcuni signorotti locali che si erano impadroniti dei beni del monastero.

Risalgono infatti al secolo X quelli che noi studiamo in letteratura italiana come placiti

cassinesi, cioè il famoso primo testo volgare italiano che si studia in letteratura, ossia

la seguente frase:

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.

su pergamena

Ebbene questa frase fa parte di un documento, il placito appunto, documento

che costituisce proprio la registrazione di un atto che avveniva davanti a un giudice.

Questa frase, in particolare sta per “so che quelle terre le possiede San Benedetto da

oltre trent’anni. Sono quattro i placiti cassinesi, e risalgono tutti al 960 e quindi alla

fine del decimo secolo, appunto un momento successivo alla ricostruzione e

di patrimoni.

all’acquisizione del monastero è il secolo XI, e si parla di “età

Dunque il momento di punto nella storia

dei grandi abati”, e ne dobbiamo ricordare almeno quattro sotto i quali la ricchezza e

Sono l’abate Teobaldo, abate

la potenza del monastero raggiunsero i massimi livelli.

fino al 1035, e suo successore fu l’abate Richerio, che morì nel 1055. Ancora. il più

famoso di tutti l’abate Desiderio, che fu poi papa Vittore III, abate fino al 1086. Suo

successore l’abate Oderisio, che muore nel 1105, proclamato anche santo. Possiamo

immaginare che periodo di perfezione sarà per la scrittura beneventana quello dei

quattro grandi abati nel secolo XI, che fu anche un periodo di committenza artistica e

culturale. Sempre in questo periodo furono tanti gli studiosi e scienziati che si

mossero nell’ambito del monastero, e ricordiamo in merito Sant’Anselmo d’Aosta,

Costantino Africano, medico, e si tenga presente la scuola medica salernitana; ancora,

un poeta, Guaifèrio, salernitano, o ancora il poeta Alfano, o ancora il grammatico

Ilderico, e sempre con grande richiesta di produzione di libri rispetto a una produzione

su committenza o comunque per essere solo conservati e non studiati, ed infatti le

biblioteche benedettine erano biblioteche di conservazione. il secolo XI è il periodo di

massima fioritura, e dopo questo secolo il monastero resta ricco e florido almeno fino

al 1500, mentre poi comincia una progressiva decadenza

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Publisher
A.A. 2015-2016
108 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/09 Paleografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher dedo1985n di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Paleografia latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Drago Corinna.