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Musicologia e Scienze dello Spettacolo sp.

Corso: Filologia Cinematografica sp.

OTAR IOSSELIANI: ANALISI DI ALCUNI FILM, ALLA RICERCA DELLE TEMATICHE CARATTERIZZANTI.

Otar Iosseliani, poliedrico cineasta georgiano, è l'espressione di un modo di fare cinema unico: quello di dire delle cose scomode, talvolta tremende, sempre però con un sorriso sulle labbra, anche se senza indulgenze.

Prima di cercare di approfondire le tematiche che caratterizzano la sua opera, penso sia utile fare un breve excursus biografico ed artistico del regista

Otar Davidovich Iosseliani nasce a Tbilisi in Georgia nel 1934. Si interessa dapprima di musica, scienze e matematica finché nel 1961, con Aprile, fa il suo esordio come regista di lungometraggi e si scontra con la censura dell'Unione Sovietica, motivo per il quale abbandona per qualche anno il mondo del cinema lavorando dapprima come operaio in una fonderia ed imbarcandosi in seguito su una nave come marinaio.

Significativa una sua dichiarazione:

Per me il cinema è parlare agli altri, ma per farlo debbo essere sicuro di quello che dico e di come lo dico. A costo ogni volta di aspettare dieci anni.

Così come:

E' meglio non fare niente piuttosto che qualche cosa che non vale niente.

Riprende il lavoro di regista e, tra i lavori più ricordati, nel 1964 gira Ghisa (un documentario) mentre, nel 1966, con La caduta delle foglie, si accanisce con pungente satira contro la burocrazia sovietica.

Nel 1970 C'era una volta un merlo canterino, commedia ricca di appunti ironici sulla vita sociale della sua città natale.

Nel 1975 con Pastorale si scontra nuovamente con le autorità sovietiche.

Nel 1982 emigra in Francia senza però ritenersi mai un esule.

Nel 1984 I favoriti della luna vince il premio Giuria della Mostra del Cinema di Venezia.

  • la musica, il sesso, il buon vino;
  • i canti1;
  • la circolarità.

E proprio alla ricerca di questo intreccio ho deciso di analizzare e confrontare alcuni film del regista.

I FAVORITI DELLA LUNA

Il regista mette qui in scena una storia, anzi una miriade di storie che si incontrano e si intrecciano in un iter circolare, senza punti di partenza né di arrivo con personaggi mai troppo complicati; personaggi che si incontrano, comprano e perdono oggetti di valore, si rincorrono, muoiono…però quel che accade loro non ha molta importanza: nessun eroe che funga da catalizzatore.

Un film, proprio per questo, difficile da riassumere; possiamo dire che il filo conduttore non sono dunque i personaggi bensì due oggetti: un quadro ottocentesco raffigurante una bella donna e un prezioso servizio di piatti Sèvres che, a causa di ripetuti furti, passano di mano in mano.

Troviamo ladri di bassa levatura come Colas e il figlio Julien e ladri di più alto livello, un ricco armaiolo, un meccanico implicato con dei terroristi, prostitute…personaggi comunque senza grande rilievo che sembrano apparire e scomparire come in un forsennato balletto: lo specchio di una società ossessionata dalla

  1. Purtroppo oggi nessuno canta più, e la perdita della cultura del canto è molto significativa dei tempi che stiamo vivendo: non si può cantare da soli, un’armonia è composta di più voci, non si può raggiungere se manca la compagnia. Il canto era la manifestazione di una gioia condivisa e uguale per tutti. Anche nel mio Paese, la Georgia, il canto era talmente diffuso che chi non aveva orecchio era quasi emarginato, le ragazze non sposavano di certo uno stonato. Tutti cantavano. Poi, con la nascita del bel canto, il mondo si è diviso tra chi canta e chi sta a sentire. Oggi il canto è riservato solo a una professione, non più un’attività sociale. -Otar Iosseliani-

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rivalsa nei confronti di colui che a suo tempo aveva occupato la sua poltrona e che poi sarà costretto a vivere la sua medesima "caduta".

Vincent, invece di infierire contro Theodère, quando lo incontra lo invita a bere un bicchiere di buon vino.

È poi il finale: l'amico Armaud, pittore giardiniere (interpretato dallo stesso Iosseliani) ritrae un banchetto di donne come in un quadro di Pirosmani4, che amava dipingere banchetti, e i cui quadri sono spesso presenti nel film. Molte volte sono ritratti animali, tra i quali mucche, cinghiali, addirittura una giraffa, bestia amata da entrambi perché ritenuta un animale che non si è adattato, e pur di non farlo si è fatto crescere il collo. L'arte che resiste è chiara metafora della vita.

Un Iosseliani che conferma la sua fama di pessimista disilluso ma anche ironico.

Spogliati delle nostre cose cosa ci resta? Le nostre quattro ossa ma non è poco, è moltissimo; basta saperne godere.

Ancora una riflessione è doverosa.

  1. Pirosmani è un artista che, come la giraffa, non si adatta, pur di rimanere fedele a se stesso, e per questo morirà quasi sconosciuto e in povertà.

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Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
13 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Martina_M_85 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia cinematografica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Borin Fabrizio.