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Qui le sorelle diventano sigle e cifre. La natura sembra nata da un seme diverso da
quello che gli aveva generati, sembra fatta da una sostanza diversa dalla loro. La
natura, pur così poco idilliaca, era un punto di riferimento solido (mare). Era
qualcosa di cui potersi fidare, come si guarda un padre, in lei trovavano rifugio e
ospitalità, potevano ammirarla stupiti, era la meraviglia, il miracolo che l’anima
confusa non avrebbe mai raggiunto e che poteva solo sognare, la natura come
entità grande e potente che sovrasta l’individuo. Il punto di vista dell’adulto si rende
conto che si tratta dell’età delel illusioni e credevano che questa condizione
sarebbe durata per sempre.
Dalla settima strofa si passa al passato remoto. La consapevolezza è
- un’esperienza che tutti facciamo. Il tempo a un certo punto si mette a correre, va
veloce e l’infanzia sta per finire. Il mare florido e vorace (padre), travolge le lori
sicurezze e somiglia ai tamarischi che mostrano la loro debolezza. Montale con
“sorge” indica l’inesorabile necessità come in “quasi una fantasia”. La luce che sta
arrivando annuncia il giorno e “certo” (inesorabilità delle azioni che stanno per
compiersi) corrono fuori. A quel punto si rendono conto dell’inganno: appare una
tempesta, una visione drammatica. A questo punto non si riconosce più nulla,
neanche se stessi e arriva il tempo dell’indagine razionale. Brasucci sostiene che
per Leopardi la fine dell’infanzia indica la caduta delle illusioni per vedere il mondo
così com’ è, è una conquista, mentre per Montale la fine è segnata dall’insorgere
del dubbio e la realtà va decifrata giorno per giorno. Con “giro tondo” indica che tra i
giochi infantili non si sono resi conto della fine dell’infanzia (farandola dei fanciulli
sul greto).
L’ultima strofa esemplifica alcuni dei giochi infantili. Appare un'altra volta
- l’immagine del canneto (luogo chiuso dell’infanzia). Il gioco dei cannibali non è
chiaro. Raccoglievano i bossoli dei cacciatori. L’età dell’oro trascorreva come le
barchette (non è chiaro se sono barche in legno o barchette di carta) sulla
superficie marina tranquilla a vele spiegate. Rimangono in attesa della tempesta
che sta arrivando (attesa di qualcosa di ignoto). Cosa rappresenta la tempesta non
è chiaro. Il vento c’è sempre stato ma è ambivalente o vita o morte, distruttivo.
“L’Agave Sullo Scoglio”
Riprende il tema della persistenza della vita in un contesto ostile, infatti l’agave, pianta
spinosa con foglie grandi, nasce e si sviluppa sullo scoglio, posto ostile per eccellenza. E’
presente il tema del vento che riprende la fine di “fine dell’infanzia”. E’ divisa in tre parti ed
è caratterizzata da tre venti: scirocco, tramontana e maestrale.
“Vasca”
E’ una poesia poco significativa poichè considerata un doppione di “Cigola una carrucola
nel pozzo”, con l’unica differenza che qui a posto del secchio su cui si riflette l’immagine,
c’è la vasca, su cui l’immagine scompare subito dopo essersi creata. Nell’edizione
definitiva è la poesia più breve, mentre in quella del 1925 era lunga quasi il doppio.
“Egloga”
Nell’edizione del 1925 era dedicata a Cesare Lodovici, un drammaturgo collegato a
Paola Nicoli. Anche questa poesia è considerata un doppione per i soliti temi di “fine
dell’infanzia” (perdita dell’armonia con la natura e la possibilità di recupero nel futuro).
“Flussi”
Nel 1925 la dedica era per Attilio Pertucca, scultore genovese con tre anni più di
Montale, ma non si sa altro. L’autore gli ha dedicato questa poesia perchè a casa sua
c’era una statua “dell’estate” in cui il naso era rotto a causa dei bambini che gli tiravano i
sassi, quindi l’unico motivo di questa dedica può essere solo la statua. Il protagonista di
questa poesia sono inizialmente i bambini che giocano, e poi lo sguardo che torna su di
loro, ma si capisce che qualcosa è cambiato (vv. 17-19, due tempi distinti). Anche qui si
assiste a una riflessione sull’infanzia, sul tempo che passa.
“Clivio”
L’immagine della frana in “Mediterraneo” significava lo scorrere del temo, la vita in senso
di disfacimento, qui sviluppa questa immagine con la rottura di un equilibrio.
“Crisalide”
La vicenda rappresenta il ritorno della primavera e la nuova vitalità del giardino (primo
segnale del legame con “In Limine”). La prima parte è sentimentale, mentre la seconda è
legata al sottofondo filosofico di “In Limine”, in quanto si immagina l’arrivo della barca
magica (invece in “In Limine” è presente il fantasma che salva) che salva, ma ciò non
accadrà mai. Per questo subentra una conclusione cristologica, ossia la speranza di poter
offrire la propria infelicità in cambio della felicità di lei (è lei che ha bisogno di essere
salvata). (Metrica sul libro). Il titolo è significativo perché in natura si tratta dello stato
intermedi del ciclo della farfalla, quindi è un momento di passaggio, però in Montale si
tratta di una crisalide che rimane tale, che non si evolve, quindi significa che la donna ha
un destino incompiuto. Esiste una lunga redazione manoscritta in cui Montale spiega il
perché utilizza questo titolo.
(21) Montale esplicita il senso di questo titolo: Paola è una crisalide destinata a rimanere
tale, che non si evolverà in farfalla. “Crisalide” è un termine ripreso in “Donna Juanita”. Si
tratta di una rievocazione (densa di ricordi autobiografici) di una famiglia di arricchiti
genovesi che fecero fortuna in Sud America. È una famiglia realmente esistita, tanto che
una discendente nel 1989 scrisse un libro contro Montale per il suo modo denigratorio con
cui avrebbe raccontato questa storia. Erano persone poco colte, in Sud America la
crisalide era diventata una farfalla, ma non arrivò mai bene a comprendere lo spagnolo.
Nella prima strofa arriva la primavera ancora con i segni dell’autunno, l’albero è di
- colore verde scuro, si ricopre di venature gialline e forma incrostazioni di linfa
(rinascere di una nuova vita). Nell’aria si sente come un senso di pietà per le radici
assetate e per le cortecce che si gonfiano per i germogli. Le piante sono simili alla
donna e la Nicoli riprende vita come fosse una pianta.
Nella seconda strofa Montale si rende conto che la vita sta rinascendo e il suo
- stupore supera ogni gioia; la vita arriva nell’angolo del giardino (primo contatto con
“In Limine”). Il suo sguardo cade sul terreno e i ricordi prendono il sopravvento. In
lontananza un grido riporta al presente, alla realtà: il passato si ritira come se fosse
l’acqua che viene risucchiar in un gorgo tra i sassi, ogni ricordo è morto.
Nella terza strofa la donna ignora l’amore del poeta che è costretto a nasconderlo
- per discrezione e quindi a prendere le distanze. Montale la vorrebbe conquistare,
tutto il resto è inutile.
Nella quarta strofa la certezza di aver stabilito un contatto con la donna mette in
- comunicazione le loro abitazioni attraverso la natura che sembra assecondare
questo senso di complicità. Nonostante questo è presente la tristezza e il destino di
non realizzazione esistenziale. La situazione non migliore e ancora una volta il
miracolo è mancato.
Nella quinta strofa c’è un senso di prigionia esistenziale (mare). L’illusione di poter
- raggiungere una libertà autentica prende la forma di un’imbarcazione lontana. Alla
fine c’è la descrizione di un’illusione che rapisce i due protagonisti.
Nella sesta e penultima strofa la sofferenza interiore è prima di identità e fa si che
- non resti nulla di loro. Forse tutto è già stabilito e non vedranno mai il miracolo della
possibilità di sfuggire alla catena delle necessità.
Nell’ultima strofa non c’è nessuna barca miracolosa in arrivo. Anche il contesto, se
- prima sembrava ospitale, sembra cambiato in peggio. Il silenzio imprigiona nel suo
spazio e lui non è capace di parlare per spiegare il patto che vorrebbe stringere con
il destino, ovvero dare la sua felicità per quella della donna. A questo punto pensa a
una decisione netta, cioè quella di scacciare ogni ipotesi di una storia d’amore con
la donna.
“Arsenio”
Cronologicamente è l’ultima poesia degli ossi, l’unica scritta nel 1927, l’unica poesia scritta
dopo il trasferimento a Firenze. Venne pubblicata sulla rivista Solaria del ‘26 chiusa nel ‘36
dalla censura fascista perché di opposizione culturale, morale e etica. Mirava ad animare
le coscienze della popolazione e si caratterizzava per un’apertura alla cultura europea.
Venne tradotta in un'altra lingua nel ’28 da Mario Pratz, amico e illustre anglista in Italia. Il
personaggio è il tipico anti eroe e quindi è stato sottoposto a critiche durante gli anni ’30.
Chiude gli ossi, scelta non scontata perché aveva già scritto qualche poesia (vecchi versi
che si trova nelle occasioni) entrambe sono ambientate nell’ ambiente ligure, la seconda è
la casa a Monterosso mentre la prima a Rapallo. Vecchi versi ha un ottica di rievocazione,
è un ricordo (prima si chiamava Ricordo) quindi qualcosa che apparteneva già al passato,
Montale non is sentiva più un villeggiature. Arsenio al contrario è scritto al presente e è il
testo ideale per la conclusione degli ossi poiché poteva essere anche reale. Montale il
problema se lo è posto
24) sapeva che riviere era una colcsione inadeguata perché troppo positiva. Alal fine non
ha avto il coraggio di stravolgere la struttura. Ma arsenio costituisce comunque un posto
d’onore.
Guarnieri conosciuto a Firenze. Montale sostiene che arsenio sia stata scritto in dieci
minuti nella sua casa di Firenze (falso). (Metrica sul libro). C’è una tempesta reale, il vento
solleva la polvere a mulinelli sui tetti e sugli slarghi delle vie cittadine(paesaggio abitato,
località balneare, Rapallo) vuoti dove i cavalli coperti con il cappiccio annusano la terra
perché sentono l’arrivo della tempesta e attendono le persone dagli alberghi di lusso.
Viene introdotto il protagonista (tu discendi). Sta scendendo verso il mare (anche nella
seconda e terza strofa c’è un discendere). Le strofe hanno un and