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Divisione e prognosi delle fratture dell'anca

Questa divisione corrisponde ad una diversa prognosi oltre che ad un differente trattamento. Questo è legato al fatto che:

  1. L'inserzione capsulare è differente in quanto la capsula copre una porzione del collo, perciò le fratture mediali saranno quasi totalmente intracapsulari, quelle laterali del tutto extracapsulari.
  2. In base alla descrizione dell'irrorazione sanguigna possiamo affermare che la regione della testa e del collo è supportata solo dai rami circonflessi e quindi da una circolazione di tipo terminale, mentre il trocantere è dotato di più sistemi; quindi quest'ultimo è meno sensibile al danno provocato da una eventuale frattura.
  3. La muscolatura è altrettanto importante, di fatti nelle fratture mediali manca un manicotto contentivo e protettivo.
  4. Gli aspetti meccanici spiegano poi, come siano estremamente rare le fratture della testa in quanto ben protetta nell'acetabolo e siano più frequenti.

quelle del collo ove minore è la protezione e maggiore la forza muscolare che agisce determinando scomposizione dei monconi medesimi.

Importante è anche analizzare lo spostamento dei monconi, infatti nelle fratture mediali abbiamo che:

  • la testa resta fissa
  • il moncone prossimale soggiace all'azione del carico che tende a:
    • spostarlo in basso se la rima è trasversa (valgo)
    • compattarlo se la rima è orizzontale (varo)
  • il moncone distale soggiace alle forze muscolari che tendono a:
    • a far risalire il frammento distale
    • a farlo ruotare all'esterno

Detto questo si può concludere che le fratture mediali hanno cattiva prognosi e lunghi tempi di consolidazione anche in considerazione dell'età del paziente.

Le manifestazioni cliniche sono caratterizzate da:

  • dolore: all'anca, alla coscia ed eventualmente al ginocchio, non di rado esso è limitato o addirittura assente
  • atteggiamento dell'arto: accorciato ed extraruotato;
l'arto. In generale, per le fratture mediali si preferisce un trattamento conservativo con immobilizzazione del paziente per un periodo di tempo limitato, seguito da un programma di riabilitazione. Per le fratture laterali, invece, si può optare per un trattamento chirurgico, che prevede l'utilizzo di placche e viti per stabilizzare la frattura e favorire la guarigione. Durante il periodo di immobilizzazione, è importante monitorare attentamente il paziente per prevenire complicanze come la formazione di escare da decubito o la perdita di massa muscolare. Inoltre, è fondamentale seguire un programma di riabilitazione mirato a ripristinare la funzionalità dell'arto e prevenire la perdita di mobilità articolare. In conclusione, la diagnosi e il trattamento delle fratture della base del collo richiedono una valutazione accurata da parte del medico, che terrà conto di diversi fattori per garantire il miglior risultato possibile per il paziente.

paziente al letto, evitando così tutte quelle complicanze tipiche dellalunga degenza; il trattamento sarà, quindi, mirato a sostituire la testa del femore con unaprotesi (endoprotesi).

Per quel che riguarda poi la tipologia della frattura dobbiamo ricordare che una fratturamediale interrompe l'irrorazione ematica alla testa e che tale interruzione sarà tantomaggiore quanto più la frattura sarà vicina all'epifisi e tanto maggiore sarà lo spostamentorelativo dei monconi; le fratture sottocapitate e gravemente scomposte saranno quelle apeggiore prognosi mentre quelle basicervicali e composte avranno migliore prognosi.

Quindi nelle fratture biologicamente più sfavorevoli si preferirà un trattamento cheprevenga il rischio di pseudoartrosi e necrosi sostituendo la testa del femore con una protesi(endoprotesi).

L'osteosintesi, cioè l'immobilizzazione della frattura mediante viti o chiodi previariduzione, ha il

vantaggio di essere meno invasiva rispetto alla protesi e di consentire una precoce mobilizzazione senza però consentire una rapida ripresa del carico. Sarà da utilizzare quindi nei soggetti giovani e che presentano fratture laterali (basicervicali o pertrocanteriche) o comunque ben ingranate. E' necessario comunque fare riferimento anche all'eventuale trattamento mediante trazione ed immobilizzazione (incruento) da riservarsi a casi di fratture incomplete e ben ingranate o a casi non operabili. Le fratture della testa del femore presentano spesso complicazioni; esse sono sia di ordine generale, in riferimento all'età del paziente ed alla prolungata immobilizzazione, sia di ordine locale, quasi esclusivamente a carico delle fratture mediali e che sono la pseudoartrosi e la necrosi epifisaria. FRATTURE DIAFISI FEMORALE Sono fratture frequenti, soprattutto nei giovani, sono determinate da traumi semplici o di notevole intensità e possono essere di variogenere.Per la lunghezza della leva scheletrica spesso sono multiple anche a più livelli potendo così essere responsabili di una intensa sintomatologia dolorosa.Circa il 15 % di tali fratture sono esposte; rare sono le lesioni vascolari importanti, al contrario, spesso coesiste un rischio di shock legato all'imponente perdita ematica che si verifica.Altro importante rischio collegato a questo tipo di fratture è l'embolia adiposa legata al rilascio in circolo do microparticelle grasse dai tessuti circostanti lesionati.Le embolie che ne derivano possono essere polmonari o renali, e possono provocare gravinecrosi e fatti flogistici.L'azione della muscolatura gioca poi un ruolo importante nella scomposizione della frattura che in questo caso è quasi inevitabile.Distinguiamo schematicamente:- le fratture del terzo superiore ( o prossimale) mostrano, per l'azione traente della muscolatura, una deviazione ad axim: il moncone prossimale perl'effetto dellamuscolatura glutea viene abdotta e flessa, mentre il moncone distale, sollecitato dallamuscolatura adduttoria, si sposta medialmente- le fratture del terzo medio mostrano una predominanza all'accavallamento dei monconi,ad latus, ove per l'azione dello psoas e dei muscoli pelvi trocanterici si mette in flessione,abduzione e rotazione esterna, mentre il moncone distale per la contrazione degli adduttorie dei muscoli lunghi della coscia, si porta in alto.- le fratture del terzo inferiore ( o distale ) lo spostamento sarà ad axim con unospostamento mediale ed in avanti del moncone prossimale, mentre il moncone distale perl'azione del gastrocnemio, si porta in in flessione, che è tanto più accentuata quanto più èbassa la rima di frattura.Nel bambino sono frequenti le fratture subperiostee di tipo spiroide che comportano unaminore scomposizione.La sintomatologia di queste fratture è caratterizzata dal dolore, intenso.dall'impotenza funzionale, costante e dalla deviazione assiale. Tipicamente l'arto si presenta accociato edeviato generalmente in varo. Frequente è un quadro di shock anche molto grave, dovuto alla vasta perdita ematica. Vaste possono essere le ecchimosi. Le complicazioni delle fratture oltre a quelle sopraddette sono: scomposizione con esposizione e rischio di infezioni; lesioni vascolari della femorale e della poplitea; l'irriducibilità per la interposizione di muscoli; vizio di consolidazione e pseudoartrosi. Il trattamento, che un tempo si basava sull'uso di apparecchi gessati di tipo pelvipodalico con l'impedimento così della flessione del ginocchio e lo sviluppo di una precoce ipotrofia muscolare, prevede, oggi, una iniziale trazione al fine di ridurre la frattura e la successiva contenzione cruenta che consente così una precoce mobilizzazione e una riduzione delle complicanze. La contenzione della frattura potrà essere ottenuta.mediante: placche e viti, si tratta di un sistema di sintesi ampiamente utilizzata di tipo molto stabile, che consiste nell'apertura del focolaio di frattura e nella successiva immobilizzazione con placca e viti; l'eccessiva stabilità e lo scollamento del periostio, necessario per l'applicazione della placca, fanno sì che il callo periosteo, il più importante per la consolidazione, sia scarso e che quindi l'uso di questo tipo di sintesi sia spesso associato a ritardi di consolidazione ed infezioni. Per ridurre queste complicanze sono in studio delle placche semirigide o elastiche in materiali nuovi; di fatto la sintesi con placca sta subendo una evoluzione concettuale che porta alla ricerca di una placca ideale formata da materiale biocompatibile, sufficientemente elastico da consentire le sollecitazioni eutrofiche e nello stesso tempo resistente per impedire sollecitazioni abnormi durante la consolidazione. chiodo endomidollare, in questo casosi ottiene dapprima la riduzione a cielo chiuso della frattura e successivamente si introduce, dalla porzione prossimale del femore, un lungochiodo, a sezione differente, per tutta la lunghezza della diafisi ottenendo così la stabilizzazione; ideato negli anni '40 con indicazione per le fratture oblique del terzo medio del femore oggi viene, dopo sviluppi nei disegni e nell'applicazione utilizzato per il trattamento di varie fratture anche comminute; vari sono i tipi di chiodi utilizzati, quelli di Rush e di Ender (elastici), quello di Kuntscher (meno elastico) e quello di Grosse-Kempf (rigido). L'inchiodamento endomidollare consente una rapida mobilizzazione del paziente, non disturba la circolazione periostea ed è di facile rimozione. - fissatore esterno, di tipo assiale o circolare, si applica a cavallo della rima di frattura, con fissazione all'osso mediante grossi chiodi (fisches) o fili trapassanti, posti a monte e a valle del focolaio. Tale sistema

Consente di dosare la rigidità dell'intero sistema agendo sulla stabilizzazione degli elementi di presa sull'osso, è poco invasivo nell'applicazione, non comporta l'apertura del focolaio di frattura, rendendo questo sistema insostituibile nel trattamento delle fratture infette, esposte o dove coesistano perdite di sostanza a carico dei tessuti molli.

FRATTURE DELLA ESTREMITÀ INFERIORE DEL FEMORE

Le tipiche fratture del terzo inferiore della diafisi sono a rima trasversale od obliqua e l'interruzione della diafisi avviene in un tratto compreso tra la base dei condili e circa 10cm prossimalmente a questi.

Le fratture dell'estremità distale del femore possono essere molto difficili da trattare, a prescindere dalla scelta di metodi conservativi o chirurgici.

Esistono difficoltà oggettive, come ad esempio tenere un paziente anziano in trazione, e successivamente in un apparecchio gessato, sia problemi di sintesi e di infezione quando.

siseguono metodi chirurgici. Recenti migl

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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze mediche MED/33 Malattie apparato locomotore

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ortopedia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Benvenuti Mario.