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IL DOPOGUERRA IN ITALIA E L’AVVENTO DEL FASCISMO
DOPO LA I^ GUERRA MONDIALE IN Italia ci furono diversi movimenti politici.
La nascita del Partito Popolare Italiano fondato e guidato da don Luigi Sturzo di
chiara ispirazione cristiana con l’appoggio della chiesa.
Il Partito Socialista Italiano diventava sempre più forte ed agguerrito, ma era diviso
tra massimalisti che sognavano la rivoluzione come in Russia (tra cui Antonio
Gramsci) ed i riformisti (tra cui Filippo Turati) che invece erano più moderati e
partecipativi delle istituzioni a cui chiedevano delle riforme.
Mussolini fondò nel 1919 a Milano il movimento politico “Fasci di combattimento”
che inizialmente si schierò a sinistra e auspicava la repubblica ma era permeato da
un fortissimo nazionalismo (esaltazione della patria) e da una particolare avversione
per i socialisti.
Dal punto di vista internazionale l’Italia avendo vinto la guerra era uscita rafforzata.
Nel “patto di Londra” erano state concesse le terre irridente (Trento e Trieste) e la
Dalmazia, senza però, la città di Fiume, abitata da italiani. Nella successiva
conferenza di pace di Versailles, il governo italiano protestò per ottenere anche
Fiume abitata da italiani, ma non ottenne nulla dagli alleati (inglesi, francesi,
americani) nel pieno disappunto del governo italiano.
Questa insoddisfazione causò molte proteste e insoddisfazione che si diffuse anche
nell’opinione pubblica, tanto che D’Annunzio parlava di “vittoria mutilata”.
D’Annunzio poi, con un manipolo di uomini volontari,riuscì ad occupare ed
annettere all’Italia, per 15 mesi, la stessa Fiume.
In questo stesso periodo 1919-1920, l’Italia fu percorsa da numerose agitazioni
sindacali al nord con tumulti anche gravi, ed al sud da parte dei lavoratori agricoli
che chiedevano terre ai proprietari di grandi latifondi.
Le stesse elezioni politiche del 1919 non riuscirono a dare equilibrio e stabilità al
governo della nazione, tanto che fu richiamato il vecchio Giovanni Giolitti per
rimettere in moto l’economia e per mediare tra le diverse fazioni in lotta per ridare
stabilità del paese.
L’azione di Giolitti fu incisiva in politica estera, infatti con la firma del “trattato di
Rapallo” l’Italia conservò Trieste, Gorizia e tutta l’Istria, lasciando la Dalmazia agli
slavi e la città di Fiume dichiarata “città libera”.
Giolitti incise meno nella politica interna dove per le emergenze economiche e la
crisi dei vari settori, continuarono gli scioperi e le proteste, né riportò stabilità
politica perché ormai il centro della vita politica italiana si era spostata dal
Parlamento nelle piazze, nei sindacati, nei partiti che erano molto rissosi ed in forte
competizione. Le continue agitazioni sindacali e l’aumento degli iscritti facevano
credere ai socialisti che fosse vicina la realizzazione del loro sogno di ottenere il
potere con la rivoluzione . Cominciarono ad occupare le fabbriche sviluppando
consigli di fabbrica e soviet sullo stile della rivoluzione russa.
Nel gennaio 1921, a Livorno, da una costola del partito socialista nasce il “partito
comunista italiano” che si richiamava a Lenin ed alla politica della Russia.
Questi movimenti operai, l’occupazione della fabbriche, gli scioperi e gli scontri, la
nascita del partito comunista determinarono la denominazione del biennio rosso
agli anni 1920-21.
In questo quadro, si sviluppò il fenomeno del “fascismo agrario”. Il fascismo fino ad
allora era stato marginale nella vita politica italiana, ma approfittando della
stanchezza degli italiani per il “biennio rosso”, si organizzò con strutture paramilitari
e si caratterizzò per la lotta spietata contro i socialisti e comunisti. Mussolini
organizzò lo squadrismo, squadre di volontari (ex militari, giovani in cerca di gloria,
ex combattenti insoddisfatti, ecc.,) che imperversavano nelle campagne soprattutto
padane e poi in tutto il nord. L’atto iniziale del fascismo si ebbe con i “fatti di palazzo
d’Accursio” il palazzo municipale di Bologna dove i fascisti il 21.11.1920 impedirono
la cerimonia di insediamento del sindaco socialista con conseguente scontro armato
con morti e feriti.
Il governo Giolitti restò neutrale e non intervenne per arginare il fenomeno dello
squadrismo fascista che il governo vedeva in funziona antisocialista.
Nelle elezioni del 1921 Mussolini riuscì ad eleggere 35 deputati fascisti e nonostante
gli sforzi del governo di arrivare ad una pacificazione tra fascisti e socialisti non riuscì
a fermare l’avanzata e l’irruenza violenta delle squadre fasciste. Alla fine del 1921,
nasce il Partito Nazionale Fascista (PNF).
Approfittando della debolezza dei vari governi e di uno sciopero nazionale indetto
dai sindacati, le squadre fasciste si scatenarono contro giornali, sedi di partito, di
sindacati socialisti, distruggendo il movimento operaio.
A questo punto Mussolini si pose il problema della conquista dello Stato. Mobilitò
tutte le sue forze su Roma nell’ ottobre 1922. Il governo si dimise, il Re non
intervenne anzi, di fronte alla pressione dei fascisti, diede l’incarico di primo
ministro a Mussolini che arrivò al potere (quindi legalmente , attraverso elezioni).
Una volta assunto il potere Mussolini alternò linea dura e concessioni.
Istituì il “Gran Consiglio del Fascismo” – organismo di raccordo tra partito e governo;
Istituì la “Milizia volontaria per la sicurezza nazionale” –corpo armato del partito
(legittimando lo squadrismo);
Si avvicinò alle alte gerarchie della chiesa riconoscendone la missione universale e
questo causò la fine del Partito Popolare Italiano con don Sturzo esiliato.
Proclamò una nuova legge elettorale maggioritaria che premiò il suo partito alle
elezioni con il 65% dei voti e tre quarti di parlamento nelle sue mani.
Nel 1924 il segretario del partito socialista, Giacomo Matteotti, fu trovato
assassinato e la colpa fu attribuita ai fascisti. I partiti d’opposizione si rifiutarono di
andare in parlamento (l’Aventino), il Re condannò l’episodio, ma Mussolini dopo una
breve crisi riprese in pieno il potere ed il 3-1-1925 con un discorso alla Camera dei
deputati minacciò l’uso della forza contro opposizioni e sindacati. Molti esponenti
della politica e della cultura si fronteggiarono con “manifesti” e “contro manifesti”
pro e contro il fascismo, molti anti-fascisti furono esiliati.
Nel 1926 con le così dette “leggi fascistissime” furono introdotte la pena di morte e
lo scioglimento dei partiti antifascisti. Fu istituito il “Tribunale speciale per la difesa
dello Stato” ed il “Gran Consiglio del Fascismo” da organo di partito divenne organo
della Stato. Fu proclamata una legge elettorale con lista unica.
Insomma uno Stato totalitario.
La caratteristica dello Stato totalitario italiano fu quello di essere denominato
“totalitarismo imperfetto” perché in Italia convivevano due Stati paralleli: lo Stato
vero e proprio e l’organizzazione del partito fascista. Tra le due cose in Italia (a
differenza della Germania) lo Stato aveva il sopravvento sull’organizzazione del
partito.
Inoltre il capo supremo dello Stato e delle forze armate rimase il Re, che restò
separato dal fascismo . E questa situazione, al momento opportuno sarà
determinante.
GERMANIA- DALLA REPUBBLICA DI WEIMAR AL NAZISMO
La Germania nel 1919, dopo la I^ guerra mondiale, passò da uno Stato a guida
imperiale ad una repubblica democratica con parlamento e presidente della
repubblica, con la Costituzione di Weimar, che venne varata nella città di Weimar.
I neo partiti erano frammentati e divisi e l’opinione pubblica si identificava con
l’impero e non con la repubblica.
Nel 1921, col Trattato di Versailles, gli alleati che avevano vinto la guerra imposero
alla Germania, riconosciuta unica colpevole della guerra, le cosiddette “riparazioni”
cioè delle somme da versare ai vari Stati per aver causato la guerra. Era una cifra
spaventosa 132 miliardi di marchi-oro.
Questa sanzione delle “riparazioni”, scatenò i partiti di opposizione e la stessa
opinione pubblica che vedeva le sanzioni come un sopruso.
Quando la Germania non riuscì a pagare le rate annuali, gli alleati invasero ed
occuparono la Ruhr la regione più industrializzata tedesca-
Negli anni i vari governi tedeschi cercarono di rinegoziare il patto di Versailles delle
“riparazioni” e ci riuscirono in due occasioni:
1 924 – col piano di Dawes - graduava il pagamento e liberava la Ruhr che tornò nel
possesso tedesco,
1929 –col piano di Young – graduazione del pagamento e dilazione a 60 anni del
pagamento.
Ci fu un periodo di relativa calma sia interna che internazionale.
Nel 1929 in Germania cominciò ad affermarsi il partito nazionalsocialista o nazista di
Adolf Hitler. Dopo un tentativo rivoluzionario nel 1925 seguita da una condanna a 5
anni di carcere, Hitler espose i suoi progetti nel libro “Mein Kampft. La mia
battaglia” con cui propugnava la superiorità della razza ariana su tutte le altre,
individuava negli ebrei un popolo inferiore e colpevole di dissoluzione morale e di
misfatti finanziari. Individuava nei comunisti e nel bolscevismo la causa della
decadenza europea. Inoltre voleva respingere le imposizioni di Versailles verso la
Germania, recuperare i territori perduti in guerra espandendosi a est a scapito dei
popoli slavi.
Nelle elezioni del 1924 e del 1928 il partito di Hitler ebbe numeri insignificanti ma
con la crisi mondiale del 1929 e la povertà che colpì la maggioranza dei tedeschi
questi persero la fiducia nella repubblica. Si susseguirono una serie di elezioni
consecutive senza alcun governo stabile e con la crisi economica sempre più forte.
I nazisti aumentavano sempre più i propri voti e il 30-1-1933 ad Hitler fu affidato
l’incarico di primo ministro da parte del Presidente della Repubblica, arrivando la
potere. (quindi legalmente, a seguito di elezioni).
Hitler in pochi mesi trasformò lo Stato liberale in Stato totalitario.
Con una legge diede pieni poteri al governo, sciolse i partiti di opposizione, i
sindacati, divenne contemporaneamente Presidente della Repubblica e Cancelliere
(primo ministro) e quindi capo delle forze armate.
Nasceva il “Terzo reich” basato sul principio del “capo” assoluto.
I regimi totalitari come quello tedesco e quello italiano (anche se questi in maniera
meno eclatante) aspiravano a controllare ed a trasformare la società, cioè il modo