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In quest’ultima sessione molto dibattuta fu la
Farnese e si concluse nel 1563.
dell’arte sacra.
questione Controriforma sull’arte?
Quali conseguenze ebbe la
In realtà il dibattito sulle immagini sacre, definite dai protestanti costose, immorali
e fonte di idolatria e superstizione da parte dei fedeli, ha origini più antiche nella
lotta contro l’iconoclastia che tra l’VIII- IX secolo d.c. vide contrapporsi la Chiesa
romana d’Occidente e la Chiesa d’Oriente.
difendere l’arte sacra da
I teologi cristiani nel tentativo di tali accuse dovettero
le fondamenta su cui poggiava l’arte cristiana dimostrando come le
rafforzare
immagini sacre incitavano alla devozione e alla salvezza e non all’idolatria. Ed è
nei primi trattati d’arte prodotti dalla Controriforma
per tale motivo che
riaffiorarono tutti quegli argomenti già usati nella lotta iconoclasta, come il già
citato motto di Gregorio Magno secondo cui la pittura religiosa era la “ Bibbia
degli analfabeti”.
l’ultima
Nel 1563 durante sessione il Concilio di Trento oltre a ribadire
l’importante ruolo didattico svolto dalle immagini stabili: che i temi e i soggetti
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religiosi dovevano essere scelti da teologi esperti per evitare opere dai significati
oscuri e dei canoni precisi su come eseguire le immagini sacre:
Innanzitutto l’artista
- non doveva associare a dipinti le eresie già accertate ma
doveva attenersi strettamente al soggetto biblico rappresentato senza aggiungere
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elementi di fantasia come: particolari pittoreschi o scenari solenni .
- Bisognava rappresentare con chiarezza i particolari esteriori che componevano le
figure, ad es., gli angeli dovevano avere le ali mentre i Santi le aureole e i relativi
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attributi o iscrizioni che lì identificassero . Se invece si ricorreva alle allegorie esse
dovevano essere semplici e comprensibili.
- Altro quesito importante era quello del decoro infatti nel realizzare un dipinto
l’artista doveva tenere conto del luogo (ad es. chiesa, edificio pubblico o casa
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a cui l’opera era destinata
privata) .
- Infine tutte le immagini contrarie al dogma o disapprovate dal vescovo non
potevano essere collocate né in chiesa né altrove.
3 A tal proposito ricordiamo il processo a Paolo Veronese che nel luglio del 1573 fu convocato nel
dell’Inquisizione per difendere il suo quadro l’Ultima
tribunale Cena ( divenuta in seguito la Cena
a casa di Levi) eseguito per il refettorio del convento dei SS. Giovanni e Paolo e oggi nelle
Gallerie dell’Accademia di Venezia. La principale accusa mossa dagli inquisitori riguardava gli
elementi di fantasia che Veronese aveva introdotto nel quadro come: buffoni, nani, cani, uomini
armati alla tedesca e quant’altro. Questi elementi non solo non erano presenti nel testo biblico ma
“che
non si addicevano a un quadro religioso. Di fronte alle accuse Veronese si giustificò dicendo: Ma
Levi era un uomo ricco e che sicuramente aveva al suo servizio domestici, soldati e nani”.
alla cena egli rispose: “solo
quando gli fu chiesto chi realmente avesse partecipato Cristo e gli
Apostoli ma visto che gli era avanzato dello spazio aveva pensato di aggiungere alcuni elementi di
fantasia”. Respinte le giustificazioni il tribunale ordinò al pittore di modificare alcuni particolari e
di cambiare il nome del quadro che dall’Ultima Cena divenne il Convito in casa di Levi.
4 A tal proposito ricordiamo le censure fatte da Giglio da Fabriano sul Giudizio Universale di
Michelangelo poiché questi aveva rappresentato: gli angeli senza ali, Cristo era in piedi anziché
essere seduto sul trono di gloria, gli angeli che suonavano le trombe erano raffigurati insieme
mentre il testo diceva che si trovavano in quattro angoli diversi della terra e tra le tante figure
spiccava anche quella di Caronte che traghettava le anime.
5 di Michelangelo fu più volte criticato dai trattatisti d’arte
A tal proposito il Giudizio Universale
poiché ritenuto indecoroso e per nulla adatto al luogo cui era destinato: la Cappella Sistina. Inoltre
in più occasioni i pontefici minacciarono la distruzione dell’opera come nel caso di Paolo IV che
prima né ordinò la distruzione poi affidò a Daniele da Volterra il compito di coprire i nudi con dei
numero delle figure “imbraghettate”;
drappeggi; in seguito non soddisfatto Pio IV aumentò il
mentre a Clemente VIII fu impedito di distruggere l’opera grazie all’intercessione dell’Accademia
di San Luca.