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R.K. MERTON
Concentra la sua attenzione sulla presenza di una tensione ineliminabile tra intenzioni dei soggetti e
conseguenze delle loro azioni.
Funzione latente: conseguenze non previste, né esplicitate di un’azione organizzativa, di un processo o di
una norma.
ES: nelle burocrazie la rigidità e la complessità normativa crescenti sono funzioni latenti; la funzione
manifesta, invece, è costituita dall’intenzione di fornire agli individui un trattamento equo e imparziale.
L’inserimento in una struttura burocratica altera lo stile di comportamento dei membri indirizzandoli e
omologandoli affinché seguano alla lettera ordini e regolamenti. Ciò è causato dall’addestramento che
porta conseguenze negative:
Incapacità appresa ad adattarsi, riduzione della ricerca di nuove soluzioni
• Ritualismo burocratico (le norme diventano più simboliche che utili, i regolamenti non vengono
• interpretati)
Riferimento costante alle norme.
• Prevalenza della necessità di rendere difendibile la propria azione rispetto ad altre priorità
• Depersonalizzazione delle relazioni: tra istituzione e utente diventano dominati le relazioni
• secondarie.
Queste caratteristiche negative emergono nel rapporto con l’utente di un servizio; non vengono date
risposte adeguate alla peculiarità della richiesta perché sono dominati le relazioni secondarie. Il
comportamento stereotipato del burocrate è inadatto a rispondere alle esigenze individuali.
Anche il rapporto con i capi presenta però dei problemi. La carriera nelle organizzazioni burocratiche è per
anzianità. Questo da un lato riduce la competizione ed aumenta lo spirito di gruppo, dall’altro può ridurre
la quantità e la qualità delle informazioni che giungono ai capi per due motivi: lo spirito di gruppo aumenta
l’informalità nelle relazioni e quindi diminuisce le attenzioni verso le esigenze capo e la motivazione a
informarlo tempestivamente su tutto anche solo per far bella figura.
Weber ritiene la burocrazia come l’apparato ideale, in quanto opera con razionalità orientata allo scopo,
Merton mette in luce le funzioni latenti che, dall’interno della burocrazia, generano irrazionalità anche
rispetto allo scopo.
A. GOULDNER
Propone un modello di analisi del fenomeno burocratico che ne indica le componenti meccanicistiche,
fondato su un feedback di efficienza o inefficienza. Esso si fonda sull’analisi dell’impersonalità delle regole
tipiche della burocrazia e sugli effetti conseguenti.
Esperimento in una fabbrica di gesso a cui è annessa una miniera per la sua estrazione = si cerca di inserirvi
il modello burocratico. Ma tale processo fallisce perché risulta essere inadeguato rispetto alle
caratteristiche del lavoro in miniera che richiede alta competenza e presenta rischio elevato.
G. critica così l’idealtipo burocratico Weberiano perché non tiene conto dei meccanismi e delle dinamiche
che provengono dal basso e che inficiano l’idea stessa di razionalità insita nel modello. Non tutti i membri di
un organizzazione hanno i medesimi interessi (lavoratori e datori di lavoro hanno interessi diversi).
L’analisi di G. consiste nel verificare se le norme riescono a riflettere la differenza negli interessi. Obiettivi e
motivazioni tra i membri si configurano secondo 3 tipi di burocrazia:
-‐ Finta Burocrazia: regole che non rappresentano gli interessi né dei capi né dei lavoratori = regole
ignorate
-‐ Burocrazia Rappresentativa: nelle regole si rappresentano gli interessi delle parti
-‐ Burocrazia Punitiva: le regole sono imposte dai capi.
Le organizzazioni con maggior tensione e conflitto tendono ad essere le più punitive. Esse si alimentano in
quei contesti in cui c’è la convinzione che gli impiegati non riescono ad ottemperare agli obblighi normativi.
Infine individua un pattern lavorativo non burocratico ( bureauchratic indulgency pattern) dove i supervisori
permettono normalmente la violazione delle regole da parte dei lavoratori per garantirsi un ambiente
lavorativo confortevole. Se però i supervisori dovessero insistere con azioni di controllo i lavoratori
diventerebbero resistenti e non collaborativi.
Circolo vizioso delle norme: nascondono le relazioni di potere e diminuiscono la tensione tra i dipendenti e
superiori; stabiliscono un rendimento minimo con la tacita aspettativa che quello effettivo sia superiore.
Progressivamente il minimo diventa standard; intervengono i capi, aumenta la tensione ed il ricorso ad
ulteriori norme.
Risultato: proliferazione di norme che non aiutano la produttività ma che come unica funzione latente
conservano l’apatia. La burocrazia è possibile solo se c’è accordo, favorevolezza, legittimazione da parte di
direzione e operai.
CAP. 8 -‐ L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO
TAYLORISMO
Taylor è l’espressione più significativa di un percorso di razionalizzazione e ingegnerizzazione del lavoro che
fonda la sue radici nella rivoluzione industriale inglese e dei primi teorici del liberismo.
La catena di montaggio porta agli eccessi il processo di divisione del lavoro che permette di ottenere
prodotti di migliore qualità