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Repubblica Cisalpina nasce la commissione per il piano dell’economia dei teatri. Le

riforme napoleoniche si applicano nel regno d’Italia con l’istituzione di compagnie

stabili finanaziate dallo stato; nascono infatti due tipi di teatro: quello privato e quello

pubblico. Nasce dunque anche una prima distinzione tra il teatro didattico e quello

commerciale.

L’idea di teatro in quanto merce tuttavia pone un problema: le sovvenzioni sono una

forma di controllo o un modo offerto ai teatri per ottenere l’indipendenza dal punto di

vista della creazione artistica?

L’Idea di teatro nazionale mutuato dalla Francia diffonde l’idea che il teatro

amministrato e sostenuto dalle istituzioni abbia dei fini e dei compiti educativi.

Dopo l’esperienza napoleonica in Italia si ritorna a stati e staterelli e ognuno di essi

legifera per conto proprio. L’unità d’Italia rappresenta il tentativo di creare un progetto

per la costituzione di un sistema teatrale nazionale. Di fatto il progetto non decollò,

ma l’idea era fondare cinque teatri statali principali in città che dovevano avere anche

una scuola per attori, per drammaturghi e ovviamente dovevano possedere delle

compagnie. Non solo il progetto non funzionò, ma si levò anche il finanziamento

statale agli attori. Lo stato infatti delega il compito a Municipi e regioni di occuparsene:

ma le amministrazioni comunali non mantennero il compito di gestire le attività

teatrali, compito che viene delegato a terzi. Per chi deve gestire un teatro c’è di nuovo

un ritorno d’immagine.

Qusta situazione porterà alla temporanea chiusura di due teatri importantissimi: La

Scala e la Fenice. Vista la situazione drammatica, i teatranti stessi iniziano a sentire il

bisogno di una gestione decente. Così dai luoghi di teatro iniziano a muoversi attori,

drammaturghi e compagnia bella: il loro obiettivo è far sentire allo stato i suoi doveri

in ambito culturale (nello specifico, teatrale). Si fa leva sulla capacità dei teatri di

premere sul denaro: un teatro stabile finanziato dallo stato rappresenterebbe uno

stato leale nei confronti dei suoi cittadini. Finalmente, nel 1865 in Italia nasce una

legislazione per il diritto d’autore. Nel 1882 nasce la società per i diritti degli autori (la

SIA, anticamera della futura SIAE, che non solo tutela autori ed editori ma ha anche un

compito di controllo fiscale sulle associazioni). Nel 1907 nasce il sottosegretariato per

le antichità e le belle arti e nel 1912 nasce la commissione permanente; nel ’19 il

primo sciopero. Nel periodo fascista vengono stabilite la maggior parte delle nostre

leggi, tutt’ora vigenti.

5.02.2014

Nel periodo fascista il teatro viene limitato: di priva l’arte di quelle caratteristiche

considerate come libertarie nell’espressione. La censura diventa molto pesante. Nel

1936 viene promulgata la legge 1136 che rende autonomi, dopo La Scala, molti teatri

su tutta l’Italia. Dopo il fascismo e l’istituzione della Repubblica, nel 1954 nasce il

ministero del turismo, spettacolo e sport. Lo spettacolo dunque viene comparato a

turismo e sport, dunque queste discipline vengono considerate comparative. Nel’59 il

ministero in questione si evolve in ministero del turismo e dello spettacolo,

anticipando il comparto del turismo culturale. E le regioni? Previste già dal 1948, in

realtà vengono istituite solo negli anni ’70. Lo stato centrale, temeva che le regioni

legiferassero per conto loro, mentre il potere centrale sarebbe dovuto rimanere allo

stato. Questo potere, per gli operatori è un vantaggio: conoscono meglio il territorio in

cui si trovano a operare e possono reperire un ruolo per ottenere maggiore potere e

controllo. Così le regioni fanno fronte comune e sfidano lo stato: si propone un

referendum per abolire il ministero, il referendum ha successo e lo stato centrale

perde molte aree di controllo.

Il periodo dal ’93 al ’97 non è un periodo facile, ma il periodo immediatamente

successivo è anche peggio. L’azione di forza delle regioni obbligò lo stato a rivedere le

sue competenze. Di cosa si occupa lo spettacolo? Definisce gli indirizzi di politica

generale culturale all’estero e questo può favorire la diffusione del made in Italy. La

promozione all’estero può essere effettuata tramite tournèè o traduzione dei testi di

spettacolo (es. il copione). Garantisce il ruolo delle compagnie e delle istituzioni

concertistico ancestrali, definisce gli indirizzi culturali nelle scuole e nelle università.

Programma e promuove le attività teatrali. Conseguentemente alla legge del 1997

viene istituito il ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC). Il MIBAC nel 2013

diventa MIBACT, la T sta per turismo. Torna di nuovo l’abbinamento del turismo alla

cultura. Se togliamo il turismo, il ministero si divide in due direzioni principali. Tale

struttura si riflette nella legge sul FUS, del quale si occupa la direzione dello spettacolo

dal vivo (la quale si occupa di festival o rappresentazioni teatrali). Gli spettacoli

devono rendicontare (dimostrare tutte le spese con tanto di fatture) direttamente al

ministero. L’altra direzione del ministero è la direzione generale cinema.

Il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) nasce con la legge n°163 nel 1985, anno di crisi

molto forte per lo spettacolo (aumento esponenziale dei costi e diminuzione delle

presenze a teatro). Il FUS viene gestito tramite un complesso comparto di circolari,

attraverso le quali il ministero cerca di volta in volta di risolvere i problemi, tramite

fianziamenti definiti “a pioggia” (un po’ a tutti a mò di contentino). Il secondo articolo

della legge 163 (il primo concerne il FUS), riguarda la partizione delle aliquote. Ad

esempio alle attività musicali o di danza spettano il 45% dei finanziamenti, il 25% al

cinema e così via. L’art. 3 della legge istituisce il consiglio nazionale dello spettacolo.

Anche se la leggr 163 parte come presunto paradiso terrestre, come terra promessa,

in realtà ha delle pesanti pecche: la più grave è che la legge sul FUS è una legge

“madre” ma le mancano i decreti che possano completarla; si trova dunque in una

sorta di limbo. I lati positivi allo stesso tempo, non si vedono. I soldi vengono

incamerati dalle compagnie che li usano come fondo cassa e non li usano per

migliorarsi. Inoltre i fondi per il FUS sono in calo dal 2000 ed è un dato sconcertante.

Inoltre il FUS finanzia le grandi realtà affermate ma penalizza fortemente le piccole

realtà. Una serie di statistiche (cfr. power point del prof) ci mettono in evidenza come il

FUS si sia di fatto congelato nelle stesse attività, e non finanzi le nuove realtà.

Nel 1947 nasce il Piccolo teatro di Milano e prfigura alcuni pilastri della cultura

repubblicana. Diventa un teatro che ha lo scopo di svolgere servizio pubblico e vuole

allontanarsi dall’ideologia fascista. Nel 1946, Paolo Grassi, uno dei fondatori del

Piccolo, si pronunciò proprio su questa idea di teatro come pubblico servizio. Si

combatte il teatro istituzionale e borghese per un teatro alla portata di tutti: gli incassi

del Piccolo serviranno solo a coprire le spese e i cittadini milanesi avranno il loro

teatro. Un teatro che stipula un patto con i cittadini milanesi: promette continuità negli

spettacoli, posti di lavoro etc.. Ma in realtà anche in questa realtà i deficit non tardano

a farsi vedere. Già dal ’60 i fondatori del Piccolo si scagliano contro il teatro stabile e

specialmente contro gli abbonamenti, che non farebbero altro che sminuire lo spirito

critico dello spettatore (abbonamento = pacchetto di spettacoli = ho pagato vado

anche a quelli spettacoli che non mi interessano). Esistono tre tipologie di teatro

stabile:

1. Quello di iniziativa pubblica (come il Piccolo)

2. Quello di iniziativa privata (come l’Arena del Sole)

3. Teatri di innovazione

Oltre a questi tre modeli un’ulteriore distinzione può esser fatta distinguendo tra tre

macro aree: l’area della produzione (compagnia + struttura teatro) l’area della

formazione del nuovo pubblico (è bene insegnare teatro fin da piccoli in modo che si

creino futuri consumatori di teatro) e l’area della distribuzione che però ha subito un

certo colpo nel 2010 con la chiusura dell’ETL.

Negli anni ’80 vengono istituiti i fondi regionali. Il 25% dei cartelloni teatrali si possono

includere in questi percorsi di attività finanziate. L’Italia ha attraversato diverse fasi di

stabilità e – forse – ci stiamo dirigendo verso un – possibile – stabilimento:

- Dal ’47 al ’64: la “prima generazione” (per esempio il Piccolo teatro)

- Dal ’65 al ’75: grandi mutazioni di coscienze e irrigidimento.

- Dal ’75 in poi: nascono ulteriori teatri, con scopi diversi di quelli di partire dal

“basso”.

Si parla di “possibile stabilimento” in quanto l’8 agosto 2013 il governo emette il D.L.

Valore e Cultura, convertito in legge il 7 ottobre 2013, diviso in tre capi:

1. Tutela, restauro e valorizzazione dei beni culturali italiani

2. Rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo

3. Assicurare efficienti risorse al sistema dei beni e delle attività culturali.

10.02.2014

Senza applicativi una legge non può operare. Il decreto valore/cultura declina lo

scenario in cui dovremo muoverci in quanto operatori culturali. Il primo capo del

decreto, quello sul restauro comprende anche altri dettagli importanti, come ad

esempio il fatto che chi otterrà l’appalto per questi luoghi (specialmente Pompei) avrà

un onere simbolico. Non ci si può presentare come singoli ma come associazione che

abbia alle spalle un’attività registrata di spettacoli. Il secondo capo, quello inerente al

cinema etc. cerca di individuare forme di sostegno che si muovono sotto un certo

standard sostenendo l’intero movimento. L’obiettivo è non far chiudere il teatro. Per

ottenere un prestito il teatro deve necessariamente garantire un piano di

comunicazione che gli consenta di aggiudicarselo. Il decreto valore/cultura da anche

indicazioni su come muoversi, basandosi su riforme fatte in altri paesi come ad

esempio la Germania. La legge si occupa anche della creazione del nuovo pubblico.

Cosa accadrebbe se l’apparato normativo venisse attivato in Italia? Si creerebbero 5

teatri nazionali. Un teatro, per guadagnarsi l’etichetta di “nazionale” deve soddisfare

alcuni requisiti:

- La capienza (almeno 1000 posti)

- La messa in scena di almeno due autorni contemporanei (deve scoprire o

promuovere nuovi talenti)

- Deve a

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Publisher
A.A. 2013-2014
6 pagine
3 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Darcy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione e Economia dello Spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Casari Matteo.