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IL POSTMODERNISMO E LE RELAZIONI TRA ORGANIZZAZIONE E AMBIENTE

Uno dei risvolti non considerato dagli interpretativisti-simbolici è che nel momento in cui noi riconosciamo di aver un

ruolo come costruttori sociali di realtà organizzative, possiamo liberarci delle situazioni che non ci piacciono. Questo

tipo di ragionamento è alla base delle riflessioni dei teorici postmodernisti che mirano a cambiamenti radicali

attraverso la decostruzione. Bisogna però tenere in considerazione le conseguenze indotte dalla scelta di alterare la

realtà esistente. Un conto è decidere di decostruire una realtà indesiderata, un altro conto è invece volerla rimpiazzare

con qualcos’altro. La prospettiva postmoderna ha una forte impronta etica in tal senso, e ci ricorda che la

responsabilità per la costruzione delle organizzazioni e di altre realtà ricade sulle nostre spalle. Un’altra idea di stampo

simbolico-interpretativa che è stata ripresa dai teorici postmodernisti è l’importanza del contesto. Molti di essi sono

interessati al contesto storico nel quale hanno luogo i processi organizzativi.. Alcuni teorici influenti hanno adottato la

storia del processo di industrializzazione come punto di partenza per le loro analisi. Essi ritengono, infatti, che i

recenti cambiamenti tecnologici abbiano cambiato completamente il mondo in tutti i suoi aspetti.

Le tre fasi di industrializzazione

La traiettoria dello sviluppo industriale dell’Occidente viene divisa in 3 fasi da Burns.

▪ La prima fase è connessa allo sviluppo delle macchine, utilizzate per aumentare la produttività del lavoro. In questa

fase nasce il sistema della fabbrica. Questo sistema si impose come alternativa al sistema del subappalto. Nel sistema

del subappalto, gruppi di lavoratori, generalmente sotto la guida di un maestro artigiano, venivano assunti a contratto

per svolgere lavori specifici. Nelle fabbriche, il ruolo del lavoratore a contratto venne sostituito da quello del

capomastro che eseguiva gli ordini del direttore generale o del proprietario della fabbrica. Nel complesso, la

responsabilità e le libertà di questi impiegati erano inferiori a quelle dei lavoratori a contratto (dal momento che le

responsabilità di assumere o licenziare, assegnare compiti e stabilire il ritmo di lavoro vennero tutte affidate al

proprietario della fabbrica); tuttavia il loro status sociale grosso modo si equivaleva. Le fabbriche cominciarono a fare

la loro comparsa principalmente nell’industria tessile britannica. In questa prima fase, i macchinari di una fabbrica

erano generalmente tutti di uno stesso tipo, e svolgevano un solo specifico compito o un solo ripetitivo processo di

produzione. Nelle prime fabbriche, i tecnici della manutenzione i supervisori erano quasi sempre uomini, mentre i

lavoratori veri e propri erano per la maggior parte donne spesso affiancate da bambini.

▪ Nella seconda fase il sistema della fabbrica si estese ai capi di abbigliamento e ai prodotti alimentari, all’ingegneria e

alla raffineria di prodotti chimici e, infine, alla lavorazione del ferro e dell’acciaio. Tutti questi prodotti richiedevano

complessi processi di produzione. Secondo Burns, la crescita e la sempre maggior complessità tecnica dei processi di

produzione portarono a un’espansione parallela dei sistemi di organizzazione sociale e burocratici, con la loro enfasi

sul controllo, sulle routine e sulla specializzazione. Ci furono migliorie nel sistema dei trasporti e delle comunicazioni,

da una maggiore libertà di commercio, da un crescente interesse dell’opinione pubblica per i prodotti di consumo

industriali, dai progressi della tecnologia chimica e della lavorazione dell’acciaio allo sviluppo di macchinari vari.

▪ Nella terza fase ci troviamo di fronte a una maggiore sensibilità alle esigenze del consumatore ed anche a nuove

tecniche per stimolare il consumo di beni (come la pubblicità, la presentazione del prodotto, il disegno, la ricerca di

mercato, i sondaggi, il marketing). Le organizzazioni diventano più flessibili, più attente ai bisogni del consumatore,

più attive a livello internazionale e tecnicamente innovative. Diventa inoltre necessario che tutti i membri di

un’impresa si impegnino a sostenerne lo sviluppo economico; ciò comporta uno stile organizzativo più partecipativo

rispetto al passato.

Questi cambiamenti, che Burns attribuisce alla terza fase dello sviluppo industriale, sono stati visti da altri come

manifestazioni di un mutamento più radicale, ovvero il passaggio dal sistema industriale a un sistema postindustriale.

Bell chiamò questa trasformazione “postindustrialismo”. Egli sosteneva che, mentre la società industriale era

organizzata in base al controllo della produzione dei beni, la società postindustriale si basava sulla produzione delle

conoscenze e sull’utilizzo delle informazioni. Secondo l’autore, la società postindustriale si definirebbe in base alle

sue modalità di acquisizione ed elaborazione di informazioni, modalità che sono state tutte rivoluzionate

dall’introduzione del computer. Secondo Bell l’affermazione di un’economia globale è possibile condividendo

istantaneamente informazioni e conoscenze. Tale possibilità viene considerata il frutto della rivoluzione informatica.

La teoria degli stakeholder

Una caratteristica importante condivisa dalle organizzazioni postindustriali è la scomparsa dei confini organizzativi

che sono sempre più trasparenti e permeabili. Le persone che si troveranno a lavorare in organizzazioni postindustriali

non faranno distinzioni tra reparti, posizioni gerarchiche e persino tra diversi impieghi come si tende a fare oggi. Al

contrario, si sforzeranno di collaborare l’uno con l’altro partecipando a gruppi di lavoro di volta in volta diversi,

continuando a studiare e ad apprendere per tenere il passo con situazioni in continuo mutamento. La vita organizzativa

postindustriale è piena di incertezze, contraddizioni e paradossi che contrastano drasticamente con la stabilità, la

routine e la tradizione dell’organizzazione industriale. Questa assenza di confini si estende a quegli stakeholder che

condividono gli interessi dell’organizzazione. Freeman sosteneva che il rapporto tra imprese e stakeholder si fonda su

un contratto sociale che garantisce una serie di diritti a coloro che hanno un interesse (o una posta in gioco, stake) per

le attività dell’organizzazione e/o per i suoi prodotti, la tesi di Freeman è che le organizzazioni che terranno in

considerazione gli interessi di tutti gli stakeholder avranno dei risultati notevolmente superiori a quelli delle

organizzazioni che ignorano alcune categorie di stakeholder. Grazie alla teoria degli stakeholder molte organizzazioni

si sono affacciate al tema dell’etica e hanno considerato il proprio impatto sull’ambiente sociale e fisico dal quale

traggono le risorse. Sono infatti molte le organizzazioni che, riconoscendo il proprio ruolo, hanno preso parte a

iniziative sul tema della sostenibilità ambientale o sulla responsabilità sociale d’impresa.

Il rifiuto dell’egemonia nella teoria organizzativa

Alcuni studiosi postmodernisti sono contrari allo sviluppo di nuove teorie da usare solo in contrapposizione alle teorie

moderniste. Essi manifestano infatti una certa avversione verso le astrazioni teoriche, che a loro modo di vedere

servono a mascherare degli intenti egemonici (per es. affermare il criterio della razionalità per giustificare lo

sfruttamento, da parte del mondo occidentale, delle risorse dell’intero pianeta). I postmodernisti definiscono le teorie

organizzative moderniste delle grandi narrazioni, e mirano a decostruire la loro retorica al fine di rivelare la complicità

dei loro autori con l’egemonia capitalista. Il concetto di egemonia si riferisce alla pratica di considerare universali gli

interessi delle classi dominanti.

CAP. 4 LA STRUTTURA SOCIALE ORGANIZZATIVA

I teorici dell’organizzazione sostengono che le organizzazioni si formino dalle attività che gli individui non sanno esercitare

per proprio conto, o che non possono essere eseguite con altrettanta efficacia ed efficienza rispetto a quanto possibile con lo

sforzo di un gruppo organizzato. Il termine “struttura” si riferisce alle relazioni tra le parti di un insieme organizzato. I

teorici dell’organizzazione sono particolarmente interessati a due tipi di strutture:

- Struttura fisica : relazioni spaziali (e temporali) tra gli elementi fisici di un’organizzazione;

- Struttura sociale : relazioni tra le persone che assumono dei ruoli in un’organizzazione e ai gruppi organizzativi o unità

alle quali essi appartengono (ossia dipartimenti, divisioni). Ovviamente gli aspetti spaziali e sociali delle organizzazioni non

sono completamente separati. Questi si sovrappongono nello stesso modo in cui le persone hanno sia un corpo fisico che

un’identità sociale.

In questo capitolo verranno analizzate le strutture sociali organizzative. Uno dei presupposti è che la struttura sociale sia

un’entità oggettiva con caratteristiche identificabili e misurabili. Un secondo presupposto è che la struttura sociale di

un’organizzazione sia stabile, a meno che il management non decida un cambiamento.

Le origini del concetto di struttura sociale

Tra i primi teorici dell’organizzazione non vi era accordo su come definire al meglio la struttura organizzativa.

L’ideale della burocrazia di Weber

Max Weber pubblicò la sua teoria della struttura organizzativa nei primi anni del Novecento. Egli presentò le burocrazie

come modello ideale delle organizzazioni. Il modello burocratico prevedeva:

- una rigida divisione del lavoro

- presenza di regole generali, severa disciplina e controllo della condotta

- candidati selezionati sulla base di qualifiche tecniche

- gerarchia degli uffici, ognuno con le sue sfere di competenza

- salari stabili pagati in denaro

- promozione garantita secondo criteri di anzianità

Weber utilizzò il termine “ideale” nel senso di un’idea pura, piuttosto che come condizione perfetta e desiderabile. Tuttavia,

ciò che è ideale non necessariamente corrisponde alla bontà o alla virtù (ad es. possono esserci crimini o malattie ideali). Gli

ideali sono astratti e forniscono dunque solo una base per teorizzare. La burocrazia ideale, secondo Weber, trasformava

impiegati di normali capacità in decisori razionali, capaci di servire i loro clienti con imparzialità ed efficienza. La

burocrazia permise di giungere a processi decisionali affidabili, a processi di selezione e promozione impersonali e basati

sul merito, nonché una corretta applicazione delle regole.

I teorici dell’organizzazione hanno definito 3 componenti della struttura sociale organizzativa sulla base delle teorie di

Weber:

1) La divisione del l

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/10 Organizzazione aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher uniczste di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Catanzaro - Magna Grecia o del prof De Nito Ernesto.