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INTERCONNESSO
basso PLACIDO
basso Forza delle connessioni alto
Sulla base di questo modello si individuano quattro tipologie di ambiente:
• Ambiente placido:in cui opportunità e minacce sono distribuite in modo casuale e
l’incertezza è limitata e controllabile. Tipico dei settori maturi dove possono operare sia
grandi che piccole imprese
• Ambiente placido e connesso:in cui c’è un basso tasso di cambiamento ma comunque sono
alte le connessioni,è un ambiente dominato da gruppi
• Ambiente agitato:tasso cambiamento elevato ma basse connessioni. In esso si punta
all’efficienza,poiché solo le impresse efficienti sopravvivono in tale ambiente
• Ambiente turbolento:in cui il controllo sulle variabili ambientali è molto difficile a causa
dell’incertezza e le imprese attuano strategie collaborative per resistere al cambiamento.
Nell’ambiente interagiscono 3 componenti:
• mercati→ambiente economico
• tecnologia→ambiente scientifico-tecnologico
• istituzioni→ambiente istituzionale 17
Ambiente economico:è il luogo fisico-astratto all’interno del quale avvengono gli scambi tra
input ed output. Sulla base di ciò l’ambiente economico può essere suddiviso in:
1)mercato degli input :è il mercato di fornitura di materie prime,semilavorati,impianti,energia
risorse finanziarie e servizi. In tale mercato l’organizzazione deve fare scelte di make or buy
attenenti il tipo di input da acquistare all’esterno e con quale fornitore relazionarsi.
All’interno del mercato degli input ha particolare importanza il mercato del lavoro. Tale
mercato viene analizzato dall’organizzazione a tre livelli:
• il livello macro:viene cioè analizzato il tasso di disoccupazione e occupazione
• il livello settoriale:viene considerata domanda e offerta relativamente a un comparto
economico o a una porzione territoriale
• livello interno:cioè l’ambito in cui sono attivi i mercati che sono stati definiti interni
Una teoria interessante sul mercato del lavoro è la teoria del dualismo che porta a considerare
due grandi tipologie di mercati: un mercato primario ossia l’occupazione delle grandi aziende
collocate nell’area urbana-industriale in tale mercato l’offerta è sindacalizzata e comprende le
risorse umane di più alto profilo (più professionalizzate, più istruite, più remunerate ecc…) ; e
un mercato secondario,caratterizzato da una bassa sindacalizzazione ed un offerta costituita da
risorse umane di basso profilo(bassa remunerazione ,bassa specializzazione cattive condizioni
di lavoro). Il punto principale di differenza sta però sta nel potere contrattuale che le risorse
umane hanno in uno o nell’altro mercato. Secondo alcuni queste due classi si stanno profilando
in maniera sempre più marcata e questo, nel lungo termine, porterà ad una perdita del peso del
sindacato (il sindacato avrà poco spazio sul mercato primario dove i lavoratori hanno una forte
autonomia contrattuale individuale; avrà sempre meno spazio anche sul mercato secondario
dove verranno ad essere comprese risorse talmente fungibili o irrilevanti per l’economia
sempre più basata sulla conoscenza e sui servizi che il sindacato, anche se rimarrà più
determinante in tale mercato, perderà comunque peso).
2)mercato degli output ossia il mercato di sbocco dei prodotti delle imprese,esso rappresenta
l’oggetto tipico delle strategie d’impresa giocando quindi un ruolo centrale nella progettazione
organizzativa. L’importanza del mercato di sbocco dal punto di vista strategico si ha perché
esso rappresenta la fonte del vantaggio competitivo dell’impresa e quindi della sopravvivenza
della stessa. Sono fonti del vantaggio competitivo la qualità del prodotto e il prezzo dello
stesso.
N.B. Esistono varie metodologie che permettono di studiare l’impatto sui profitti delle strategie
d’impresa adottate. Tali metodologie sono dette P.I.M.S. Tra le strategie adottabili dall’impresa
due hanno particolare importanza:
• forzatura del mercato :ossia si cerca di perseguire l’aumento dimensionale
dell’organizzazione attraverso l’aumento della produzione. L’attuazione di tale strategia
avviene attraverso:
1. aumento della produzione e la vendita preservando il margine
2. adeguando gli investimenti all’aumento
3. aumentare il tasso acquisto di chi già è cliente e estenderlo a chi non lo è
• conquista dei clienti dei concorrenti ,tale strategia si attua soprattutto col mktg e con
l’acquisto dell’impresa del quale si vogliono i clienti.
Una caratteristica tipica dei mercati di sbocco sono le c.d. barriere all’entrata: esse consistono
in ostacoli che possono impedire o rendere difficoltosa l’entrata nel mercato ad una nuova
impresa. Per le imprese già presenti nel mercato in questione esse rappresentano delle difese
dai concorrenti.
In base alla forza di tali barriere all’entrata si può parlare di: 18
• settori bloccati→in cui le barriere sono talmente forti che si ha una sola impresa . E’ il
caso del monopolio naturale ossia quando l’attività tipica di quel settore per sua natura
può essere svolta da una sola impresa(ex. rete ferroviaria).
• settori aperti→in cui le barriere sono facilmente superabili
• settori contestabili→ in cui le barriere sono assenti
Barriere all’entrata possono essere costituite per esempio dal livello dei prezzi poiché le
imprese già presenti nel mercato applicano prezzi che fanno da deterrenti per l’entrata. Il
prezzo che fa da deterrente è un prezzo molto basso in termini di ricavi e che quindi non
stimola l’entrata di altre imprese. Altri tipi di barriera all’entrata possono essere
legali,strutturali,il fabbisogno di capitali ritorsioni dei concorrenti ecc…..
Il mercato di sbocco può avere anche barriere all’uscita:costituite dai c.d. sunk
costs(investimenti sommersi)ossia investimenti che poiché ancora non sono stati totalmente
recuperati impediscono l’uscita dal mercato. Tanto più sono specifici tali investimenti tanto più
aumentano le barriere all’uscita.
Ambiente tecnologico:è il complesso delle condizioni tecniche e organizzative che sono alla
base dei processi di trasformazione materiale, spaziale e temporale degli input produttivi.
La tecnologia è la trattazione sistematica delle regole sulle quali si basa la realizzazione del
processo produttivo. Dire che oggi la tecnologia è trattata sistematicamente (nel senso che le
tecniche vengono trattate sulla base di un sapere scientifico), appare scontato in ambito
aziendale, ma il termine tecnologia, apparso nel diciassettesimo secolo, ha due accezioni:
• una visione ristretta: la tecnologia è vista sotto un aspetto strettamente ingegneristico e
quindi gli elementi costitutivi della tecnologia si riassumono nelle conoscenze necessarie a
trasformare gli input in output.
• una visione allargata: in questa accezione il termine tecnologia è rappresentato sì dalle
conoscenze di natura ingegneristica, però comprende anche conoscenze, strumenti e metodi
di natura amministrativa e di natura organizzativa.
Collegato al concetto di tecnologia, vi è il concetto di innovazione tecnologica. Essa si ha
quando, conseguentemente ad un cambiamento di tecnologia,c’è la decisione imprenditoriale
di sfruttamento in ottica commerciale del cambiamento tecnologico.
Un aspetto importante da studiare all’interno dell’ambiente tecnologico è la propensione delle
imprese a realizzare innovazioni tecnologiche. La propensione di un’impresa ad
innovare,secondo studi accreditati, è da ricondurre a due variabili:
• posizione tecnologica affollata: se l’impresa si trova all’interno di un mercato propenso
all’innovazione allora a parità di altre condizioni avrà un’elevata propensione ad innovare e
viceversa:l’innovazione è spinta dalla tecnologia
• storia innovativa:quanto più l’impresa ha una storia innovativa,tanto più sarà propensa ad
innovare, in particolare se questa storia è ricca di innovazioni di successo (ne è un esempio
la “Beghelli”).
La tecnologia, nel dibattito economico è stata in primis considerata come un dato esogeno
(teorie pre-shupeteriane),in qualche modo indipendente dalle scelte dell’impresa e non
costituente una variabile ambientale rilevante e oggetto di decisioni, poi con Schumpeter è
vista non più come un dato esogeno ma come il dato fondamentale che sta alla base della
competizione tra imprese.
Schumpeter elabora una teoria denominata teoria paleoschumpeteriana (1911), secondo la
quale la tecnologia e le decisioni prese dalle organizzazioni in merito alla tecnologia hanno una
19
funzione ben precisa che consiste nel differenziare il comportamento degli imprenditori,e
proprio le decisioni in merito al comportamento da attuare sono quelle che consentono agli
imprenditori più capaci di conseguire extraprofitti.
Schumpeter in seguito modifica il suo pensiero dando vita alla visione neoschumpeteriana
(1940 ca.). Tale modifica deriva dal fatto che osservando la realtà economica di quegli anni,
Schumpeter vede l’affermarsi delle prime multinazionali dalle quali promanano innovazioni
tecnologiche a causa dei grandi profitti accumulati. È così ribalta il rapporto tra innovazione e
profitto, non vedendo più nell’innovazione tecnologica la fonte del profitto, ma piuttosto nel
profitto la fonte dell’innovazione.
Schumpeter nell’osservare questo rapporto di dipendenza non si preoccupa però di considerare
se i profitti accumulati dalle multinazionali derivano dalle innovazioni, o dalla dominanza sul
mercato o dalla crescita dimensionale derivante da un enorme mercato interno protetto sino ad
allargarsi su scala multinazionale;
Solo in seguito altri studiosi riconoscono il rapporto come interdipendente: l’innovazione crea
e accumula profitti, grazie ai quali può continuare ad innovare.
Un’ulteriore visione deriva(inizi degli anni ’80)dai c.d. neotecnologici i quali affermano:
• che la tecnologia è sì una variabile decisionale importante ma è un aspetto dell’ambiente
che segue una propria traiettoria evolutiva con delle proprie regole interne.
• la diffusione dell’innovazione dipende dal modo in cui viene percepita dalle imprese e più
in generale dalla società (si prenda come esempio lo standard microsoft in confronto a
quello machintosh, o petrolio e suoi derivati piuttosto che idrogeno ad indicare p