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Organizzazione aziendale - le ricerche di Hawthorne e le relazioni umane Pag. 1
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LE RICERCHE DI HAWTHORNE E LE "RELAZIONI UMANE"

Una pietra miliare degli studi organizzativi furono le ricerche di Hawthorne, che diventarono famose perché segnarono dei risultati molto importanti e per molti aspetti inattesi. Il principale protagonista di queste ricerche fu Elton Mayo; sono studi avvenuti in piena epoca taylorista, quindi in piena epoca in cui i principi tayloristi e fordisti cominciavano a prendere piede, a diffondersi, ad essere accettati.

Le ricerche di Hawthorne, che avvennero presso gli stabilimenti della Western Electric (grande fabbrica, azienda del settore elettrico) tra il 1926 e il 1932; nacquero con lo scopo di verificare la relazione tra la luminosità dell'ambiente e il rendimento operaio. Siccome Taylor diceva che occorreva studiare scientificamente il lavoro in tutti i suoi aspetti, dettagli anche molto minuti, i manager della Western Electric presero l'iniziativa e decisero di vedere se fosse possibile trovare una

relazione appunto tra le condizioni ambientali del lavoro, in particolare le condizioni di luminosità, e il rendimento degli operai, per capire come variare, modificare, creare il giusto ambiente per ottimizzare il rendimento; esattamente quello che avrebbe fatto Taylor, l'idea essenzialmente era la stessa: studiamo il lavoro, studiamo le sue condizioni, cerchiamo di modificare quelle condizioni, di ottimizzarle, trovare la "one best way" per ottimizzare la produttività e il rendimento. L'idea quindi era: troviamo quali sono le migliori condizioni di luminosità che ottimizzano le performance. Furono individuati due gruppi di operai, le condizioni di luminosità furono variate, in modo da vedere come variava la performance in relazione alle condizioni di luce, ma quello che si trovò fu un qualcosa di decisamente sorprendente. Quello che si trovò fu che anche nel gruppo che non beneficiava delle migliori condizioni di luminosità,

La produttività incrementava. Ci si aspettava, al contrario, che quando la luce calava o diventava peggiore, la produttività sarebbe calata, al contrario ci si aspettava che a condizioni di migliore luminosità la produttività sarebbe aumentata. Invece si trovò appunto qualcosa di completamente inaspettato. Sembrava quasi impossibile che addirittura condizioni di luminosità diverse (una chiaramente favorevole, l'altra chiaramente sfavorevole) potessero aversi dei livelli di produttività simili, o addirittura che la produttività aumentava senza che vi fossero delle variazioni di luminosità. In un approccio puramente taylorista ci si aspettava in un rapporto meccanico, di causa effetto di tipo assolutamente meccanico tra le condizioni del lavoro e la produttività, così come Taylor proponeva che ci fosse una relazione appunto sistematica, meccanica tra il modo di definire i tempi e metodi del lavoro e la

produttività dell'operaio. Ci si rese conto dunque che c'erano altri fattori che erano intervenuti a modificare il comportamento degli operai, non erano soltanto le condizioni del contesto, non era soltanto il contesto nel senso di come era progettato il lavoro (quindi in termini di tempi e metodi, come aveva detto Taylor); esisteva un fattore umano, che prima non era considerato. Ricordiamo che Taylor aveva una visione dell'uomo molto semplicistica, meccanica, l'unica cosa che motivava le persone secondo Taylor erano gli incentivi economici; se da un lato Taylor pensava fosse importante rendere soddisfatti o comunque creare un clima organizzativo positivo, affinché il proprio approccio potesse funzionare, aveva in mente quindi Taylor che la motivazione umana o quantomeno la soddisfazione delle persone fosse una condizione necessaria per far funzionare la logica della "one best way" ed il suo approccio; nonostante questo, l'unicoil testo formattato con tag html sarebbe il seguente:

Il modo in cui Taylor concepiva il miglioramento dellasoddisfazione e quindi il fattore umano era la paga, l'incentivo economico. Qui invece sembra emergere un fattore umano che non ha a che fare con gli incentivi, con la paga; ha a che fare conqualcos'altro prima mai considerato (siamo nei primi decenni del '900).

Quello che era successo è che le operaie che erano state soggette di questo esperimento, osservate, si sentirono in qualchemodo di essere orgogliose di essere osservate, di far parte di un esperimento scientifico, e sentirono l'orgoglio di doveraumentare la produttività anche indipendentemente dalle condizioni di luce, quindi anche il gruppo di operaie che era incondizioni di luce sfavorevoli si impegnò e attivò di più per aumentare la produttività perché acquisì una sorta di importanza,orgoglio per il fatto di aver partecipato a questo esperimento.

Questa cosa sorprese molto i ricercatori di allora.

e cominciarono a rendersi conto (il gruppo di Elton Mayo e tutti gli altri che in qualche modo parteciparono a questo esperimento) che occorreva integrare la logica tayloristica di organizzazione del lavoro con variabili che Taylor non aveva considerato; occorreva fare un approfondimento sul fattore umano. Questa fu la nascita di un filone di studi, di un approccio allo studio dell'organizzazione del lavoro che poi fu denominato quello delle "human relations", cioè delle relazioni umane; fu chiamato così proprio perché il focus si spostò dal processo di lavoro, dai tempi e metodi, quindi dalla mansione che era il focus tipicamente taylorista, si spostò sulle persone, e su quegli elementi psicologici, culturali, motivazionali soprattutto, che potevano alterare il comportamento delle persone e quindi cambiare la produttività. La ricerca, dopo questi primissimi risultati molto sorprendenti, ha preso una strada del tutto imprevista e

Cominciarono a fare altri studi con gruppi più numerosi di persone, con situazioni diverse, ecc., per capire meglio questi fenomeni, che fino ad allora erano oscuri, mai stati studiati.

Ci fu una prima fase di questa estensione della ricerca, dove il focus fu sulle addette ai relè telefonici (siamo in presenza di dimensioni ancora manuali, siamo ancora in fase di studio dell'organizzazione del lavoro in situazioni di fabbrica).

  1. Furono isolati alcuni gruppi addetti all'assemblaggio di relè telefonici in una stanza allestita per l'esperimento
  2. Per oltre due anni, furono modificati i ritmi di lavoro di queste addette ai relè attraverso una serie di esperimenti cambiamento una serie di fattori contestuali: le pause, l'orario di lavoro, ecc., per capire come queste variazioni avrebbero modificato il comportamento delle persone in termini di produttività.

Si partì in condizioni standard, normali, con 48 ore settimanali di lavoro.

(sabato compreso) e nessuna pausa lavorativa durante la giornata lavorativa; il risultato medio era quello di una produttività che era misurabile in 2.400 relè a settimana per persona.

Queste erano le condizioni di partenza.

La prima modifica fu quella di cambiare un po' il processo produttivo e invece di assegnare delle parti molto ristrette di lavoro, delle mansioni molto parcellizzate (come avrebbe fatto Taylor), assegnarono un intero pezzo da assemblare; l'esperimento andò avanti per circa 8 settimane. Sorprendentemente, vi fu un incremento della produttività.

Dopodiché fu introdotta una pausa al mattino e una pausa al pomeriggio di 5 minuti, per 5 settimane. Il fatto di introdurre delle pause, anche in questo caso aumenta la produttività.

Le pause furono incrementate da 5 a 10 minuti l'una; il risultato fu un deciso aumento della produttività.

A quel punto decisero di aumentare molto le pause, e di introdurre

anziché 2 pause, 6 pause, di 5 minuti ciascuna; in questo caso, rispetto al caso precedente, si ebbe una lieve diminuzione della produttività. Si tornò quindi alle 2 pause, con un pasto offerto durante la pausa; ancora si ebbe un aumento della produttività. Ancora, si decise di ridurre l'orario di lavoro dalle 17 alle 16.30; si ebbe ancora un aumento della produttività. Già qui si capisce come la logica taylorista, dove la produttività della persona è essenzialmente un qualcosa di meccanico, legato soltanto ai gesti, ai metodi, al tempo, non regge più; non ha alcun senso, dal punto di vista taylorista, il fatto che se introduco delle pause, se faccio riposare le persone, se offro un pasto, addirittura se faccio lavorare le persone mezzora in meno al giorno (ovvero alcune ore alla settimana) non ha senso, non è spiegabile da un punto di vista taylorista che ci sia non una diminuzione della produttività, ma

addirittura un aumento. È chiaro che ci sono fattori in gioco che la logica taylorista non riesce a comprendere, fattori psicologici legati alla natura dell'uomo, che va ben oltre il fatto di lavorare per la paga o per l'incentivo.

Si tentò di ridurre ancora la giornata lavorativa dalle 16.30 alle 16; il livello della produttività non calò, quindi lavorando un'ora in meno al giorno rispetto a quanto si facesse all'inizio, decretò un aumento della produttività che fu decisamente significativo.

L'ultimo passaggio fu quello di ritornare a tutte le condizioni iniziali, furono quindi eliminate tutte le modifiche fatte e si ritornò all'inizio per 12 settimane. Fu in questo momento che si raggiunse paradossalmente la massima produttività, si passò da 2.400 a 3000 relè a settimana per persona.

Qui si osserva un'altra cosa: non è soltanto il fatto di cercare il numero delle pause giuste,

Il tipo di pausa giusta, la durata della giornata lavorativa giusta (giusta: quella che ottimizza la produttività), perché questa idea, il fatto che ci sia una lunghezza di pausa ideale, un numero di pause ottimale, una durata della giornata lavorativa ideale (ideale: quella che ottimizza la produttività), ci fa pensare, tutto sommato ancora in logica taylorista, che c'è un rapporto di causa - effetto tra le condizioni del lavoro e la produttività; si tratta soltanto di fare esperimenti e di trovarle. Questa è ancora tutto sommato una logica taylorista.

Quello che è veramente sorprendente è che alla fine di tutto questo percorso, tornare alle condizioni iniziali non ci riporta alle 2.400 relè, come dovrebbe essere se fosse veramente un rapporto di causa - effetto meccanico tra condizioni di contesto e produttività della persona; il fatto che invece si arriva alla massima produttività di 3.000

relè a settimana per persona, significa che il tipo di impegno, di motivazione, e quindi anche di produttività, deriva non soltanto dalle condizioni esterne del lavoro (tempo, pause, ecc.,..) ma dipende anche, per esempio, da questa esperienza che queste 6 addette avrebbero fatto; questa esperienza, molto significativa (anche qui le addette si sentivano parte di un gruppo, si sentivano valorizzate, ecc.), ha influenzato positivamente il loro atteggiamento e la loro performance lavorativa.

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Publisher
A.A. 2020-2021
5 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/10 Organizzazione aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elena_m1997 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Ferrara o del prof Masino Giovanni.