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CONDOTTA/AZIONI

Ogni risultato è frutto di un certo comportamento, il comportamento dipende dalla decisione. Quindi se il risultato è negativo,

in genere è frutto di una decisione sbagliata. Se la prestazione è bassa, cambiamo la condotta.

La decisione è una variabile individuale (dipende dall’individuo) nel modello di Seiler-Ruggiadini. Il termine decisione viene

dal latino “decedo” che letteralmente vuol dire “recidere, tagliar via”, infatti nel processo decisionale si tagliano via tutte le

alternative che ci siamo pre-costituiti, in modo da poterci concentrare solo sull’alternativa scelta.

TEORIA DELLE DECISIONI: Colui che ha elaborato per primo una Teoria delle Decisioni è stato Herbert Simon, che per

questo ha anche ricevuto il premio Nobel. La teoria delle decisioni è importante perché ogni teoria organizzava deve

specificare il modello sottostante secondo cui si ritiene gli individui si comportino per risolvere i problemi economici.

Quindi Simon è considerato il fondatore dell’organizzazione aziendale. Per capire quali sono le azioni da compiere e come

coordinarle nell’organizzazione si deve capire perché l’individuo agisce e perché preferisce alcune azioni ad altre.

Egli elabora una concezione sistemistica dell’impresa, ma qualifica l’impresa come un sistema speciale, un sistema

informatico o cognitivo che acquisisce dati in input, li elabora e li fa diventare informazioni, e poi fa uscire in output altri

dati, informazione e conoscenza.

Questi studi emergono tra gli anni 40’-50’ e 60’, quando viene elaborata la teoria dei sistemi di Von Bartalanfy.

Secondo Simon ogni decisione è il frutto di un complesso processo decisionale articolato in più fasi concatenate, tanto

che questo processo è simile ad un processo di ricerca. In ogni fase si può annidare l’errore che mi porta ad una cattiva

decisione, quindi dobbiamo mettere dei tasselli che ci aiutino a costruire un vadecum, un manuale del buon decisore che

aiuti ad evitare le cattive decisioni. E quindi a un cattivo comportamento e ad un cattivo risultato. Per migliorare le

decisioni dobbiamo capire bene che cosa succede nel processo decisionale.

CONOSCENZE: Il materiale che viene trasformato in un processo di decisione consiste di informazioni, che costituiscono

l’elemento base delle componenti decisionali. E’ importante effettuare una distinzione tra “dati” ed “informazioni”.

I DATI sono notizie, rapporti e numeri che un soggetto percepisce e che confronta, interpreta e seleziona al fine di

trasformarli poi in INFORMAZIONI.

L’attore, percependo e valutando le informazioni (in modo ordinato), trae le sue conclusioni acquisendo in questo modo

delle CONOSCENZE per poi dar vita al processo decisionale.

Il processo decisionale è l’eliminazione di alcune possibilità per accoglierne altre. Esso non parte mai da zero, ossia, alla

sua base c’è sempre un patrimonio di informazioni e di conoscenze (interne) che verrà modificato e arricchito nel processo

stesso e costituirà la base di partenza per le fasi successive.

FASI DEL PROCESSO DECISIONALE: Le fasi sono queste:

I FASE: definizione del problema (Performane gap), presa di coscienza del problema. Se esiste un problema le cause

possono essere varie, es. malfunzionamento del sistema informativo. Ad ogni modo si deve chiarire a se stessi qual è

l’oggetto della decisione: su cosa stiamo decidendo?

II FASE: definizione degli obiettivi: cosa voglio ottenere con la decisione?

III FASE: raccolta delle informazioni: si devono cercare informazioni, quindi serve un’attività di ricerca. Si tratta di una

fase fondamentale e necessaria anche se esistono metodi che permettono di minimizzarla.

IV FASE: selezione delle informazioni: si trattengono solo le informazioni rilevanti.

V FASE: definizione delle alternative: le informazioni rilevanti vengono elaborate per arrivare alla definizione delle

alternative: si costruiscono una serie di percorsi alternativi (o attività di ricerca alternative).

VI FASE: confronto tra le alternative: il confronto viene fatto in base agli obiettivi che ci siamo posti (= trovare

l’alternativa migliore o solo quella soddisfacente).

VII FASE: decisione: ci concentriamo sull’alternativa scelta.

VIII FASE: attuazione della decisione/azione: si attua la decisione ottenendo certe performance.

IX FASE: valutazione e controllo dei risultati: questa è una fase molto importante sia per l’individuo sia per le imprese.

Questa fase implica la possibilità/necessità di tornare indietro se il comportamento non raggiunge i risultati fissati e

genera una cattiva performance. Il controllo avviene con un meccanismo a feed-back il quale fa scattare il Processo di

apprendimento dagli errori: ci permette di capire dove abbiamo sbagliato. L’apprendimento è efficace se ci sono i tempi

necessari per apprendere e se il feed-back arriva in modo tempestivo al decisore.

Quindi se l’azienda è molto complessa tale che aumenta la burocrazia interna (= ci sono tanti livelli gerarchici), possono

esserci degli ostacoli che impediscono il processo di apprendimento:

1.tempi lunghi tra decisione, attuazione della decisione e controllo per verificare che la decisione ha generato una cattiva

azione. Es. : un cliente ha un problema, ma chi ha diretti contatti con il cliente si trova ad un livello gerarchico basso,

quindi deve prima comunicare con il suo superiore, che a sua volta lo comunica ai livelli più elevati fino al dirigente, poi il

dirigente trasmette la decisione, che deve giungere al dipendente più in basso. La catena è lunga quindi è probabile che nel

frattempo il cliente abbia già comprato da un’altra azienda. Per risolvere tale problema si tende ad aumentare il potere

decisionale alla base gerarchica o si tende a eliminare alcuni dei livelli gerarchici.

2.spesso chi decide, chi attua la decisione con l’azione e chi fa il controllo della performance sono 3 soggetti diversi. Quindi è

più facile che si producano cattive performance. Per risolvere tale problema si tende sempre ad aumentare il potere

decisionale dei livelli gerarchici inferiori.

Conclusione: nelle fasi da 6 a 9 possono verificarsi degli errori di decisione.

PROBLEMI STRUTTURATI E NON STRUTTURATI: Simon distingue 2 tipi di problemi in relazione ai quali possiamo

assumere decisioni:

1-problemi strutturati

2-problemi non strutturati

1-i problemi strutturati ammettono una sola soluzione, in genere la migliore, quindi è possibile una “scelta ottimizzante”.

Tali problemi in genere sono risolvibili con un algoritmo che analizza e compara tutte le alternative possibili. Tali problemi

possono essere anche molto complessi tanto che potrebbero sembrare possibili più soluzioni. Simon fa l’esempio del gioco

degli scacchi: è possibile un gran numero di mosse per ogni giocatore, tanto che il problema della mossa può apparire non

strutturato, in realtà la mossa ottima (scacco matto) esiste.

2-i problemi non strutturati sono problemi in cui contano la creatività e le preferenze individuali (qualità, tempi di

consegna, etc.) del decisore (da specificare all’ESAME!). Si potrebbe dire che tali problemi non esistono dato che secondo

alcuni un giorno esisterà un calcolatore in grado di individuare sempre tutte le alternative possibili e di selezionare quella

ottima. Ad ogni modo se il problema è non strutturato non esiste una soluzione ottima, ma la soluzione dipende dai

parametri obiettivo del decisore. Tali problemi sono espressi in modo qualitativo (per risolvere il problema si scelgono

dei parametri da osservare cui si assegna un giudizio tra ottimo, buono, sufficiente): quindi è difficile comparare le

alternative. Per tali problemi non esiste una soluzione ottima, esiste solo la soluzione soddisfacente in base ai parametri

obiettivo del decisore. Allora si deve stabilire quali sono le preferenze (o parametri obiettivo).

I problemi che debbono essere risolti dai manager sono NON strutturati. Nelle imprese le preferenze del decisore vanno

conciliate con quelle di altri soggetti, e ciò rende i problemi più difficili da gestire e da risolvere.

Inoltre se il problema non è strutturato spesso persone con la stessa esperienza arrivano a decisioni diverse. Ogni

decisore ordina le sue preferenze in modo diverso, quindi segue processi decisionali diversi in base a vari fattori:

1.tempo di decisione.

2.ampiezza del processo decisionale: misura la maggiore o minore ricchezza di elementi che immettiamo nel processo

decisionale. Ciò si esprime in termini di accuratezza (livello di dettaglio) del processo decisionale. Non è detto che un

processo decisionale più accurato porti ad una soluzione migliore, contano i criteri e le modalità.

3.numerosità delle alternative messe a confronto.

4.soglie di aspirazione (o soglie di accettabilità).

Tempo e ampiezza sono direttamente proporzionali: se il processo decisionale è più accurato richiederà anche più tempo.

Nei processi decisionali il tempo viene speso soprattutto nella ricerca delle informazioni per trovare le alternative rilevanti.

Ma se il tempo aumenta si possono causare distorsioni nei processi decisionali.

Se una decisione viene presa in brevissimo tempo non è detto che sia sbagliata, nel caso di un manager nel 90% dei casi è

esatta. Infatti basta che sia adottato uno stile decisionale adatto alle circostanze e ai vincoli.

Un buon decisore stabilisce quanto tempo dedicare alla decisione in base alle possibili conseguenze di un errore

decisionale, le quali vengono valutate in base al valore della decisione: quindi se si tratta di una decisione importante vale

la pena di investire più tempo ed essere più accurati.

A volte per ridurre i tempi si seguono delle scorciatoie: ossia si prova a risolvere un problema con “il solito metodo”,

tuttavia ciò può condurre in errore perché non è detto che il nuovo caso sia identico al precedente. La decisione sarà poco

accurata e prima di seguire la scorciatoia devo valutare le conseguenze di un possibile errore.

Il processo decisionale cambia se il problema è o non è strutturato:

-se il problema è strutturato vale la pena di essere più accurati e impiegare più tempo perché la soluzione ottima esiste. I

parametri del problema sono espressi in modo quantitativo. Si parla di MODELLO DELLA RAZIONALITA’ ASSOLUTA.

-se il problema è non strutturato la decisione ottima non esiste. Contano solo le preferenze, quindi si devono saper pesare le

informazioni qualitative. Si ottiene una soluzione soddisfacente e il processo decisionale si dice a RAZIONALITA’ LIMITATA.

L’analisi di Simon parte dalla critica del modello economico Neo-Classico che ipotizza un modello di concorrenza perfetta e

razionalità as

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A.A. 2013-2014
51 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/10 Organizzazione aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Antonio7512 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Gatti Mauro.