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TEORIA ORGANIZZATIVA CLASSICA
- scienza come base legittimante per le performance delle attività lavorative
- esistenza di un unica “best way”
- aspetti formali, analisi del lavoro, trasparenza su metodi&tempi
- parcelizzazione del lavoro, uomo come appendice della macchina
- la mansione prima della persona, gestione come controllo (unicità del comando)
- azienda autonoma rispetto all’ambiente, ed azienda come organizzazione
economica
TAYLOR studiò il nascente fenomeno dell’organizzazione scientifica. Egli osservò
che ogni fabbrica seguiva un metodo proprio per compiere il lavoro assegnato e che
i manager utilizzavano varie forme di incentivo per ottenere la collaborazione dei
lavoratori.
1911 scrisse il “Scientific Managment” basato su 4 punti fondamentali:
- sviluppo del management come una scienza
- selezione e formazione degli operai
- utilizzo di metodi formali per l’analisi del lavoro
- cooperazione tra operai e responsabili, che dovevano curarne il coordinamento
L’approccio di base fu di anatomizzare ogni attività umana, suddividendola in fasi
perfettamente descritte, analizzandone i movimenti di base per modellare una
rappresentazione scientifica della maniera migliore per realizzarla per insegnarla a
tutti.
Le attività parcellizzate dovevano essere semplici che tutti potessero realizzarle.
l’addestramento degli operai si limitava alla comprensione e rispetto del compito
assegnato.
WEBER applica le idee di Taylor alle pubbliche amministrazioni: lo studio e la
realizzazione dei processi, e lo svolgimento inderogabile e preciso delle attività,
permettono di applicare le regole in modo imparziale, dopo secoli di arbitrio. Sono
così gettate le basi della BUROCRAZIA, ovvero un’organizzazione di persone e
risorse destinate alla realizzazione di un fine collettivo secondo criteri di razionalità,
imparzialità e impersonalità.
GILBRETH si concentrarono sui movimenti del lavoro.
FAYOL formalizza la necessità di competenze di management accanto a quelle
tecniche-operative.
1916 “Administration industriale ed general” opera che associa alla specializzazione,
gerarchia e divisione del lavoro di Taylor concetti quali:
- necessità di un programma per ogni unità organizzativa
- il principio “scalare” della gradualità di responsabilità lungo la linea gerarchica
- distinzione tra line e organi di staff
- l’ampiezza di controllo da parte del superiore gerarchico che non deve far insorgere
problemi di comunicazione e di coordinamento.
2.2 La scuola delle relazioni umani e le teorie della motivazione
Con l’aumento delle dimensioni delle medie aziende e dello sviluppo di nuovi settori
industriali emersero dei limiti e delle incompletezze nella teoria classica.
MAYO - “Scuola delle relazioni umane”
- uomo al centro dell’attenzione e dopo viene la mansione
- uomo interagisce con l’ambiente - fisico e sociale - di lavoro
- contano i modelli di leadership
- contano le esigenze e le aspettative individuali
- i lavoratori agiscono come singoli e come membri di gruppi
- i gruppi possono essere formali (gruppi di lavoro) o informali
- la produttività è influenzata da fattori come il coinvolgimento da parte di superiori, le
dinamiche di gruppo e i modi comportamentali
- gli incentivi non solo economici, ma anche di altro tipo.
MASLOW - Teorie della motivazione - sostiene che ogni lavoratore in quanto uomo
ha una scala di bisogni:
- bisogni fisici
- bisogni di sicurezza
- bisogni sociali o di appartenenza
- bisogni dell’ego e di stima
- bisogni di auto-realizzazione
HERZBERG dimostrò che soddisfazione ed insoddisfazione non stanno agli estremi
di un unica scala e perciò distinse tra fattori igienici (che incidono
sull’insoddisfazione ma non sulla soddisfazione) e fattori motivanti (che incidono
sulla soddisfazione). Tra i primi troviamo l’ambiente e le condizioni di lavoro, la
retribuzione; i secondi si riducono ai bisogni più alti della scala di Maslow.
ARGYRIS sostiene che l’uomo segue un percorso di crescita psicologica che lo
spinge da uno stato di passività ad uno di attività, da dipendenza/subordinazione a
indipendenza/proattività, da poche e rituali modi di comportamento a una pluralità di
essi, dai una mancanza di consapevolezza di sé ad una maggiore presa di
coscienza del proprio essere, da prospettive a breve a prospettive a lungo termine,
da interessi vaghi a interessi molteplici.
Alcuni autori dissentono in quanto l’uomo per natura è abitudinario e cerca di
lavorare il meno possibile, essendo privo di ambizioni, non gradendo le
responsabilità e preferisce essere guidato. Egli essendo egocentrico è poco incline a
far parte di un’organizzazione.
Le organizzazioni sono sistemi complessi, costituiti da elementi interconnessi (non si
possono scindere nei singoli elementi), con obiettivi precisi, all’interno delle quali
vengono svolte attività, scambiando input ed output con l’ambiente esterno, in
equilibrio dinamico con esso, con meccanismi di autoregolazione (feedback) ed
adattamento (flessibilità).
2.3 La scuola dei sistemi sociotecnici e le teorie delle contingenze
Questo sistema prevede l’interazione tra variabili organizzative, variabili tecnologiche
e variabili sociali in maniera inscindibile; considera fattori produttivi in input e
prodotti/servizi in output, funzione per perseguire degli obiettivi globali, che tuttavia
non corrispondono alla massimizzazione degli obiettivi locali.
Contributi innovativi della scuola sociotecnica:
- autonomia responsabile dei piccoli gruppi in grado di programmarsi e regolarsi
- partecipazione alla vita attiva dei gruppi di lavoro
- la varietà di mansioni, che permette l’apprendimento e stimoli alla crescita
personale
Questa scuola ha contribuito alla disciplina della ricerca operativa e al Management
Science.
Teorie organizzative delle contingenze: alla base di queste c’è l’assunto della
possibilità della relazione casuale tra i fattori che caratterizzano il contesto in cui
l’organizzazione opera (fattori contingenti) considerati come variabili indipendenti e
le caratteristiche dell’organizzazione, considerati come variabili dipendenti.
Tra i fattori maggiormente influenzabili:
1- stabilità/instabilità dell’ambiente
2- omogeneità/disomogeneità dell’ambiente
3- tecnologia -> diverse soluzioni produttive determinano diversi esseri produttivi
4- strategia
5- dimensioni aziendali
1- Burns e Stalker, circa la stabilità e l’instabilità dell’ambiente, sottolineano la
necessità di strutture organizzative diverse: le organizzazioni “meccanicistiche” non
sono in grado di operare in contesti instabili come invece lo sono le organizzazioni
“organicistiche”. Al crescere dell’instabilità sono necessari una maggiore ampiezza di
controllo, minori livelli gerarchici, elevato rapporto tra unità produttive ed unità di
supporto (staff), decisioni non solo a breve, minori formalismi e specialità delle
attività , flussi informativi anche laterali e strette interdipendenze, gamma retributiva
ristretta ed autorità basata sulla competenza.
2- Laurence e Lorsch sostengono che l’omogeneità /disomogeneità determina la
necessità di differenziare marcatamente le unità organizzative, determinando dei
sotto-sistemi organizzativi che presiedono i corrispondenti sotto.sistemi ambientali,
assumendovi le necessarie caratteristiche che presentano i gradi diversi di
incertezza.
3- Woodward pose l’accento sulla tecnologia come influenzante delle principali
variabili organizzative. In sintesi passando da produzioni di unità singole a
produzioni di piccoli lotti, lotti della grande serie ed infine a produzioni per processo i
livelli gerarchici crescono, l’ampiezza di controllo (capi/operai) decresce, sale il
numero degli indiretti, diminuisce l’incidenza del costo del lavoro, la definizione di
compiti e responsabilità, nonché le comunicazioni sono maggiori nella grande serie.
La tecnologia influenza perlopiù l’organizzazione della produzione e non le altre parti
dell’azienda quando essa è grande, quando invece è piccola la influenza
interamente.
2.4 L’organizzazione come sistema di decisioni/azioni e informazione
Il ruolo del soggetto, quale agente in un processo di decisioni/azioni e nel
trattamento delle informazioni all’interno delle organizzazioni è stato oggetto di
studio da:
HEBERT SIMON sostenne che il processo decisionale avviene in condizioni di
razionalità limitata e conseguentemente le organizzazioni sarebbero in tal senso un
compromesso; le informazioni costano ed i decisori hanno risorse (temporali e
finanziarie) limitate sia per la ricerca che per l’elaborazione delle informazioni.
Potendo essere in conflitto gli obiettivi e/o i dirigenti in relazione a diversi
stakeholders va ricercato un modello che coniughi molti e diversi di questi, di vario
grado e con vincoli da rispettare ed effetti le cui conseguenze non sono prevedibili.
Sul fare ciò sono di aiuto le euristiche, basate sulle proprie esperienze, sul
comportamento di aziende simili e su regole tipiche del settore/ambiente di
appartenenza.
THOMPSON cercò di mediare tra la concezione classica dell’organizzazione come
modello razionale e quella del sistema biologico: la scuola decisionale consente di
superare tale dualismo, ecco allora che le organizzazioni sono in sé dei sistemi
aperti indeterminati che fronteggiano l’incertezza con razionalità.
Le dimensioni dell’incertezza sono due:
1. Chiarezza degli obbiettivi e dei risultati che si vogliono ottenere
2. Nessi causa-effetto tra obiettivi e leve azionabili per conseguirli
L’informazione è la risorsa fondamentale per fronteggiare l’incertezza ed è alla base
dei processi decisionali
GALBRAITH teorizzò la progettazione organizzativa centrata sulla gestione
dell’informazione. Viene introdotto il concetto di task come atto decisionale volto a
definire per produrre e mantenere un output: cosa fare, come farlo, con cosa e con
chi, con che livello di risultato atteso.
Il task globale si suddivide in sub-task affidati alle singole funzioni; la miglior forma di
organizzazione è quella che permette la migliore esecuzione del task stabilito.
Il parametro fondamentale è l’incertezza del task, intesa come gap tra informazioni
necessarie e disponibili.
Le informazioni necessarie dipendono da:
- diversità di output
- diversit