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Le discontinuità che sul terreno della previdenza complementare segnano l'impalcatura del Titolo V trovano probabilmente spiegazione nel contesto più generale in cui esse si inseriscono.
Vi è infatti una convergenza di fondo tra i processi di innovazione economica e la riorganizzazione dei rapporti centro-periferia realizzati nel nostro paese nell'ultimo decennio: il graduale ritrarsi dello Stato si manifesta, infatti, con una certa evidenza tanto nell'ambito economico (attraverso l'apertura verso al mercato e alla concorrenza), quanto in quello istituzionale della rielaborazione dei rapporti Stato-altri enti territoriali. Per rimanere su un terreno assai prossimo a quello della previdenza basti pensare all'intreccio realizzatosi nel settore del lavoro pubblico tra privatizzazione (o contrattualizzazione) dello stesso e riassetto politico-funzionale dei rapporti tra Stato centrale e Regioni.
Difficile, dunque, sottrarsi alla convinzione.
di una stretta interconnessione tra le riforme avviate dalla legge n.59 del 1997 e l'inizio di una stagione per molti versi nuova anche nel settore del diritto del lavoro in senso lato. Difficile, in sostanza, immaginare che la complessa riorganizzazione delle funzioni amministrative e dell'amministrazione (statale e locale) nel suo complesso si sarebbe arrestata alle soglie del diritto del lavoro.[19] L'impatto ordinamentale della legge n. 59, in sostanza, è così profondo ed esteso a tanti e tali settori confinanti con quello della previdenza (mercato del lavoro, attività produttive, trasporti, formazione professionale, tutela della salute, assistenza sociale...) che non tarda a riverberare i suoi effetti anche su di essa. Questo spiega la (solo) apparente contraddizione per cui mentre la legge n. 59/97[20] e poi il d.lgs. n.112/1998[21] escludono dal settore dei conferimenti alle Regioni, e all'ordinamento regionale nel suo complesso,
L’intera materia della “previdenza”, i contestuali lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali della XIII legislatura,[22] che si snodano contestualmente alle discussioni e all’approvazione della legge n. 59/1997 conducono, invece, alla separazione della materia (previdenza sociale allo Stato e previdenza complementare alle Regioni) che poi transiterà, senza soluzione di continuità, nella l.cost. 3/2001 all’interno del nuovo articolo 117. L’effetto “trascinamento” che la materia della previdenza complementare e integrativa subisce al cospetto della riorganizzazione anche costituzionale dell’ordinamento si percepisce, per un verso dalla mancanza di un approfondimento specifico sul punto dell’attribuzione alle Regioni ordinarie di competenze specifiche in materia di previdenza complementare e integrativa,[23] e, per altro verso, dalla Relazione D’Onofrio sui lavori del Comitato Forma di Stato e.precisamente nel punto in cui viene specificato il criterio che ha guidato la revisione della distribuzione delle competenze legislative. Si legge, infatti, nella Relazione:L'individuazione delle materie di competenza statale avviene sulla base di tre distinti interessi:La esplicitazione dei tre interessi specifici che vengono direttamente ricondotti in capo allo Stato costituisce la spia più evidente della discontinuità organizzativa che si vuole introdurre nell'ambito dei rapporti Stato-Regioni. La sua traduzione nel settore di quelli che vengono definiti i compiti di benessere è particolarmente esemplificativa di un significativo mutamento.
a) la soggettività internazionale dello Stato;
b) l'organizzazione dello Stato medesimo;
c) i compiti di benessere per i quali viene attribuita allo Stato la potestà legislativa concernente la definizione dei livelli minimi uniformi nazionali per i diritti sociali, economici e civili.
concettuale fondato sulla fine dell'idea di minorità o incapacità delle Regioni che, al di là del dettato costituzionale, ha continuato a caratterizzare lo sviluppo dell'ordinamento regionale sino all'approvazione della legge n. 59/1997. Ed infatti si legge ancora nella Relazione D'Onofrio: "I livelli minimi sono definiti dal Parlamento nazionale, lasciando alle Assemblee legislative regionali l'articolazione dei livelli ulteriori di copertura dei diritti dei cittadini, e la definizione delle scelte amministrative e finanziarie ritenute opportune per il conseguimento degli obiettivi che ciascuna Regione ritiene di voler perseguire". Conseguentemente nella proposta di articolato conclusivo alla competenza dello Stato viene riservata "l'ordinamento generale della tutela e della sicurezza del lavoro" in un contesto che non conosce la competenza concorrente delle Regioni e vede dunque unicamente
L'elenco (chiuso) delle competenze statali. La l. cost. 3/2001 riproduce, senza che in proposito si registri un particolare approfondimento nell'ambito dei lavori preparatori, quella distribuzione di competenze confermando in tal modo che, laddove le attribuzioni di competenze legislative alle Regioni non sono state il frutto di evoluzioni interpretative della materie, così come concepite nel vecchio art. 117, esse sono divenute una logica conseguenza del nuovo assetto federalista impresso all'ordinamento3. Il nuovo riparto di competenze legislative: il ruolo delle Regioni (lo sviluppo delle "politiche" locali)
L'inversione del criterio di attribuzione delle materie segna la fine dell'idea di una minorità politica delle Regioni. L'esiguità delle precedenti competenze ed i vincoli cui l'esercizio del potere legislativo era subordinato non hanno mai consentito alle Regioni di divenire soggetti di "politica" locale.
Di essere cioè investite di un "potere generale di disciplina legislativa e amministrativa dei rispettivi territori e delle libertà delle persone le quali liberamente scelgano di insediarvisi senza che sia tracciato aprioristicamente un discrimine tra il campo delle libertà civili e quello delle libertà sociali o economiche".[24] In questa prospettiva "organica" vanno lette molte delle competenze attribuite alle Regioni, oltreché la stessa clausola residuale. Per rimanere sul settore che qui interessa non è superfluo sottolineare che alla "previdenza complementare e integrativa" si accompagnano una serie di altre materie che fanno sistema con questa (si pensi alla "tutela e sicurezza del lavoro", alla "tutela della salute", alla formazione professionale, all'assistenza sociale) e che consentono alle singole Regioni di elaborare vere e proprie politiche di settore per lo sviluppo.economico e sociale del proprio territorio. La ricostruzione della legge regionale quale fonte di organizzazione e di dislocazione delle funzioni sul territorio è, da questo punto di vista, inevitabilmente tramontata. La legge regionale è oggi, per ambiti di competenza e per strumenti processuali di difesa, fonte di disciplina generale del territorio e delle libertà delle persone.
Il mutamento dei rapporti competenza statale-competenza regionale è stato già sottolineato dalla Corte Costituzionale quando ha osservato che il problema dell'eccesso di competenza di una legge regionale deve muovere, nel quadro del nuovo Titolo V, "non tanto dalla ricerca di uno specifico titolo costituzionale di legittimazione dell'intervento regionale, quanto, al contrario, dalla indagine sulla esistenza di riserve, esclusive o parziali, di competenza statale".[25]
Del resto il nocciolo duro del decentramento è in questa possibilità di legare
saldamente le esigenze locali (del territorio) con una politica legislativa adeguata alle stesse. 4. Segue. Il ruolo dello Stato: la garanzia del diritto di "cittadinanza" sociale L'enucleazione di politiche locali non equivale all'individuazione, come ha avuto modo di precisare la stessa Corte costituzionale, di "popoli" locali. [26] Il decentramento territoriale mantiene (ed anzi si fonda saldamente) l'unitarietà della "cittadinanza" quale collante dei sistemi politici (e legislativi) locali. La sicurezza previdenziale in quanto diritto sociale è costituivo del diritto di "cittadinanza", inteso quale diritto all'eguaglianza sostanziale, cioè alla rimozione, da parte dei pubblici poteri, delle situazioni di impedimento all'esercizio dei diritti. [27] La differenziazione e il policentrismo del sistema, da questo punto di vista, non possono comprimere lo statuto della cittadinanza che, in un sistemacosì differenziato e differenziabile, diventa realmente il terreno della comune appartenenza alla comunità nazionale. Ciò non equivale a dire che garante dei diritti civili e sociali possa essere solo lo Stato, bensì che solo allo Stato compete fissare per tutto il territorio nazionale le condizioni in presenza delle quali si possano assumere come assicurati i livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali. Nella Costituzione la differenza tra le classiche libertà dello stato liberale ed i nuovi diritti sociali risiede essenzialmente nel fatto che, mentre i primi tutelano una sfera dell'individuo nella quale egli può operare liberamente, i secondi richiedono l'intervento dei pubblici poteri per soddisfare esigenze essenziali dei cittadini, avendo come scopo la realizzazione dell'eguaglianza "o più precisamente una sintesi fra libertà ed eguaglianza, o in una parola dellalibertà eguale".[30] Ed anzi gli interventi finalizzati a rimuovere le disuguaglianze di fatto "esigono che la loro attuazione non possa subire difformità o deroghe in relazione alle diverse aree geografiche e politiche del Paese".[31] In questa prospettiva non solo si comprendono i limiti alla competenza legislativa regionale, ma si può giungere a legittimare la permanenza dell'interesse nazionale, al di là della scomparsa del dato testuale dal Titolo V.[32] L'esigenza di ricavare dal testo costituzionale momenti di unitarietà è indispensabile per la tenuta complessiva del sistema. Avendo sostituito 20 legislatori regionali al legislatore nazionale abbiamo certamente compiuto un passo sicuro verso un reale federalismo ma abbiamo, nel contempo, dato vita ad un formidabile dilemma: dove (su quali terreni) e come (con quali strumenti) si ricostruisce l'unitarietà del sistema.
5. La materia della "previdenza
Complementare e integrativa: Il contenuto della formula.
Il quadro appena delineato costituisce lo sfondo nel quale collocare il tema che a questo punto va affrontato circa l'ambito contenutistico della materia della previdenza complementare e integrativa.