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● ATTI FORMALMENTE PRESIDENZIALI E SOSTANZIALMENTE
GOVERNATIVI (ATTI MINISTERIALI) : il contenuto dell'atto è deciso dal
Governo e il Capo dello Stato svolge un ruolo di controllo dell'atto stesso,
specie per profili di illegittimità. Gli atti normativi del Governo (decreti-legge,
decreto legislativo e regolamenti governativi), sono emanati con decreto del
Presidente della Repubblica ma il cui contenuto è determinato dal Consiglio
dei ministri.
● ATTI FORMALMENTE E SOSTANZIALMENTE PRESIDENZIALI: in cui la
volontà del Presidente della Repubblica è determinante anche per quanto
concerne i profili sostanziali dell'atto, (esempio: nomina di 5 senatori a vita e
di cinque giudici della Corte costituzionale). Atti che costituiscono esercizio di
un ruolo di garanzia del PdR. Caso particolare è il potere di grazia, ritenuto
atto sostanzialmente governativo, ma che la Corte Costituzionale ha scritto
agli atti formalmente e sostanzialmente presidenziali.
● ATTI MISTI (O COMPLESSI O DUUMVIRALI) : si tratta di atti alla cui
definizione concorrono sia il Presidente, sia il Governo o Parlamento.
Rientrano in tale categoria due atti:
- lo scioglimento anticipato delle Camere;
- la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri;
Nel primo caso la decisione è il frutto della volontà del Presidente, del Governo e
delle Camere, senza che si sia mai affermata una chiara prassi nella prevalenza
dell'una o dell'altra volontà.
Nel secondo caso, l'atto è il frutto di un'intesa tra il PdR e il Parlamento, che deve
conferire la fiducia al Governo ed è preventivamente audita del Capo dello Stato
tramite le consultazioni. Tale categoria di atti, rappresentano meglio gli altri settori in
cui il ruolo del Presidente può espandersi nei periodi di crisi. La “forza politica” degli
interlocutori è determinante per stabilire la capacità decisionale di ciascuno di essi.
Se la controfirma ministeriale costituisce un requisito di validità degli atti
presidenziali, il ruolo che la stessa assume può essere differenziato a seconda del
tipo di atto. Per gli atti ministeriali, la controfirma attesta la provenienza del l'atto del
Governo. Per gli atti formalmente e sostanzialmente presidenziali manca un potere
decisionale per ogni proposta governativa. Mancando un ministro proponente, si è
posto il problema di quale sia il soggetto legittimato ad apporre la controfirma
ministeriale. Tale lacuna è stata colmata dall’affermarsi di una norma
consuetudinaria; prevede che in tal caso la controfirma esplichi una funzione di
controllo sul corretto esercizio del potere da parte del Capo dello Stato. La
controfirma potrà essere posta dal ministro competente
. Non sono soggetti a
controfirma, gli atti che il Presidente adotta come presidente di un collegio (CSM e
Consiglio supremo di difesa) trattandosi di atti adottati non in qualità di Presidente
della Repubblica, nonché i c.d. atti personalissimi, attendendo alla sfera strettamente
personale del Presidente (dimissioni).
La controfirma ministeriale e la responsabilità del PdR
Il sistema della controfirma ministeriale sopravvive anche in epoca repubblicana,
sebbene il testo costituzionale presenti numerosi atti in cui il PdR ha un potere
decisionale. Il Capo dello Stato resta estraneo al circuito dell'indirizzo politico. Il
Presidente della Repubblica non risponde degli atti compiuti nell'esercizio delle
proprie funzioni, rispondendo per essi il ministro che controfirma. La responsabilità
per gli atti “funzionali” è limitata a due fattispecie:
● alto tradimento (art. 90): fattispecie in cui il Capo dello Stato mette a
repentaglio la sovranità dello Stato;
● attentato alla Costituzione (art. 90): violazione della Carta costituzionale;
Il Presidente della Repubblica ha anche la responsabilità extra funzionale: è pacifico
che il Presidente risponda come ogni altro cittadino per tutte le azioni compiute, fuori
dall’esercizio delle funzioni (tutte quelle che non hanno nulla a che vedere con il suo
incarico). Procedimento d’accusa: messa in stato d'accusa dal Parlamento in seduta
comune e giudicato dalla Corte Costituzionale. Si articola a sua volta da due fasi:
istruttoria (condotta dal comitato parlamentare per i procedimenti. Tale attività può
concludersi con provvedimento di archiviazione per manifesta infondatezza o con
una relazione che contiene le conclusioni favorevoli o contrarie all’accusa) e
decisione. Dopo le decisioni il Presidente può essere sospeso dalla carica in via
cautelare. Il giudizio della Corte costituzionale si divide in tre parti: istruttoria,
dibattito e decisione.
Ambiguità nel testo costituzionale
In materia di attribuzioni. Controversia sull’esercizio del potere di grazia; l’iniziativa
della grazia spetta sia al Ministro che al PdR. All’inizio erano moltissime, fu risolto da
Ciampi con la sentenza 200/2006 (grazia: potestà decisionale del Capo di Stato,
quale organo super partes.
Potere di scioglimento delle Camere
Il Presidente della Repubblica deve consultare anticipatamente i Presidenti delle due
Camere il cui parere non è vincolante. Inoltre egli non può esercitare il potere di
scioglimento, negli ultimi sei mesi di mandato (semestre bianco). Mentre un tempo
era il re a decidere lo scioglimento, dall’avvento del Governo parlamentare. Tale
potere è del Governo, in particolare del Primo Ministro. Il potere di convocare
elezioni anticipate è un fondamentale strumento di stabilizzazione del Governo
parlamentare. Proprio per questo è uno strumento politico per eccellenza. Lo
scioglimento è considerato un potere governativo. A partire dagli anni ‘90 è parso
evolvere il potere sostanzialmente presidenziale. In questa direzione hanno spinto le
difficoltà a sperimentare e applicare la democrazia maggioritaria. Anche per lo
scioglimento, come per le altre attribuzioni presidenziali, vale la regola che nessun
atto del Presidente è valido in assenza della controfirma.
Il Presidente della Repubblica nella prassi
La figura del PdR viene vista come una figura strutturalmente ambigua. Dovrebbe
rappresentare l’unità nazionale, ma alcuni dei poteri che la Costituzione gli
attribuisce, sono tali da farne all’occorrenza, uno dei protagonisti di scelte politiche.
Tale ambiguità si deve anche al fatto che la Carta Costituzionale ha rinunciato a
chiarire nitidamente quali sono da considerare atti suoi propri e quali frutto della
volontà di altri organi costituzionali, che egli ha il compito di rappresentare solo
dall’esterno. Si badi bene anche per gli atti che più evidentemente appaiono solo
formalmente presidenziali, può portare a meccanismi informali di pressione o
influenza di cui poco si da potere e responsabilità. Nel 2000 si è provveduto alla
modifica dell’art. 48 Cost. (introduzione dei voti per gli italiani all’estero).
I “settennati”
Il Capo provvisorio dello Stato, dopo il referendum del ‘46, fino all'entrata in vigore
della Costituzione repubblicana del ‘48, fu Enrico de Nicola che diventò Presidente
della Repubblica, sino all'elezione di Luigi Einaudi. Il primo mandato presidenziale
che si concluse prima dei sette anni fu quello di Antonio Segni interrotto dopo due
anni e mezzo, per dimissioni volontarie. Si dimise in anticipo rispetto alla naturale
scadenza del mandato Giovanni Leone. Ed infine, pochi mesi prima della cessazione
della carica anche Francesco Cossiga nel ‘92. Era in atto un cambiamento di tutto il
sistema politico (stagione di “mani pulite”). Ultimo caso di dimissioni, fu quello di
Giorgio Napolitano, il quale stava svolgendo il suo secondo incarico da Capo dello
Stato, prima volta nella storia italiana, dimettendosi nel gennaio 2015 perché erano
state approvate le riforme costituzionali da lui poste come condizione di un nuovo
mandato (riforma Renzi-Boschi, respinta dal referendum costituzionale del 4
dicembre 2016).
Le autonomie territoriali
L'organizzazione costituzionale include anche livelli di Governo sub-statale. Le
Regioni e gli enti locali sono organizzazioni differenti dallo Stato. Le Regioni possono
essere ad autonomia ordinaria e a statuto speciale (garantire, grazie a determinati
elementi di peculiarità, un regime di maggiore autonomia rispetto alle altre Regioni).
La presenza delle autonomie regionali produce un’organizzazione del potere
pubblico a livello sub-statale, dal quale scaturisce l’indirizzo politico di ciascuna
Regione. La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Tali enti sono titolari di autonomia politica
e normativa. L'autonomia può esprimersi come autonomia finanziaria, intesa come
capacità di reprimere le risorse necessarie a far fronte agli obiettivi che l’ente si è
posto. La scelta del Costituente è stata quella di riconoscere quali enti autonomi, non
solo i Comune e le Province, ma anche le Regioni, enti rappresentativi di comunità
più vaste, dotate di autonomia legislativa, al pari dello Stato .
Le regioni
L'ordinamento regionale
La Costituzione pone una fondamentale distinzione tra Regioni ad autonomia
ordinaria e Regioni ad autonomia speciale, previste dall’art. 116 Cost. (Valle d'Aosta,
Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna). Per le altre regioni
speciali la rafforzata autonomia, nasce dalle esigenze di tutela delle minoranze
anche linguistiche: francese in Valle D'Aosta, tedesca e ladina in Trentino Alto Adige,
germanica e slava in Friuli Venezia Giulia. Le Regioni ad autonomia ordinaria hanno
margini di autonomia garantita in modo uniforme della Costituzione. Sono state
istituite nel 1970. Alle Regioni è riconosciuto un certo grado di autonomia finanziaria.
I Consigli regionali possono presentare disegni di legge al Parlamento e chiedere il
referendum abrogativo. Il Presidente su delibera della Giunta regionale, può
impugnare innanzi alla Corte costituzionale una legge o un atto con forza di legge
statale, nonché sollevare un conflitto di attribuzione con lo Stato. L'art. 132 disciplina
il procedimento per la creazione di nuove Regioni o la fusione di quelle esistenti; tale
modifica avviene con legge costituzionale su richiesta di tanti Consigli comunali che
rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate. La proposta approvata
con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. Con legge della
Repubblica, espressa mediante referendum
, è possibile che singole Province e
singoli Comuni siano staccati