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ILIADE
Poema della forza
L’Iliade, datata al IX secolo a.C., è il poema della forza, dell’eroismo guerriero; eroismo
che non è soltanto potenza e destrezza negli scontri, ma è desiderio di gloria, di
lasciare memoria di se ai posteri.
Struttura
Omero non racconta la guerra di Troia dall’inizio alla fine; pone come inizio della
vicenda il turbamento di coscienza di un personaggio (Crise indignato dalla
profanazione del tempio di Apollo e dal rapimento di Criseide da parte di
Agamennone), per poi procedere in cerchi concentrici sempre più ampi, fino a
inglobare nel suo complesso il dramma della guerra. Non si parla delle cause della
guerra, ne se ne racconta la fine, ma il poema viene recuperato da spunti e accenni di
richiamo e dalle parole dei personaggi.
Narra gli ultimi 51 giorni dei 10 anni della guerra di Troia. È una narrazione intrisa di
pathos e l’argomento portante è l’ira di Achille (Achille si ritira nella sua tenda in
odio ad Agamennone che gli ha portato via Briseide). Lo stile narrativo è maestoso.
Attorno all’ira si narrano le ariste, ovvero le prodezze dei guerrieri, e le teomachie, le
Atena Era Apollo, Ares Poseidone
battaglie degli dei con e a favore dei Greci e e dalla
parte dei Troiani. Zeus ha come prediletto Ettore e se fosse per lui lo salverebbe, ma il
Fato Bilancia
destino di Ettore è già segnato dal (Zeus pesa il destino di Ettore sulla
d’Oro). Vi sono inoltre semidei.
L’andamento delle vicende di guerra narrate nel poema è a U. I greci sono inizialmente
incalzati dai troiani fino al raggiungere degli ultimi alle navi greche, che assieme
all’uccisione di Patroclo - che accelera l’incombere tragico del poema - segnano il
vertice: il senso della battaglia si inverte con l’ingresso in guerra di Achille.
Il Fato
Letteralmente dal latino “ciò che è stato detto”. Ogni essere umano nasce con un
disegno preordinato; un disegno individuale e non collettivo. Tutta la guerra di Troia è
opera del fato, e i protagonisti ne sono consapevoli della sua incontrollabilità.
Kleos e vittoria
Nonostante la consapevolezza della morte, gli eroi si espongono senza alcuna
ethos
esitazione ai rischi della battaglia. Questo , che governa quasi tutti i casi - ad
esclusione di Paride che preferisce starsene al sicuro a giacere nel talamo con Elena -
kleos
è riassumibile in una parola: , ovvero la gloria, l’unico rimedio alla morte.
Perendo in battaglia si ottiene il ricordo dei posteri, la gloria eterna . La gloria dipende
dal valore dimostrato in battaglia: se il guerriero che viene vinto mostra di non essere
kleos. kleos
codardo conquista una piccola o grande Insieme alla vittoria e a si
acquisivano anche molti beni materiali.
Le pause
Sono quei momenti del poema in cui l’azione è sospesa, in cui il divenire incessante e
tragico lascia spazio all’emergere dell’essere uomo:
Ettore fugge nel duello con Achille. Quella fuga e quell’inseguimento sono un sogno: in
sogno non si riesce a raggiungere il fuggitivo; non riesce uno a fuggire e l’altro a
raggiungere. Ettore viene spronato da Atena ad affrontare il pericolo, la quale aveva
preso le sembianze di Deifobo.
Gli avi di Troia ammirano sullecinta la bellezza di Elena, simile a Dea, ma maledetta
poiché è causa della guerra, ma la soavità di quella vista contiene le spiegazioni della
battaglia. La bellezza per i greci è un valore importante. Omero muove verso
l’eternità.
Ettore abbandona il campo di battaglia e raggiunge per esortare la madre Ecuba e le
matrone ad offrire sacrifici ad Atena in modo tale che plachi la sua ira. Qui si verifica
l’incontro tra Ettore e la moglie Andromaca. Lei lo rimprovera piangendo di non aver
compassione di lei e del figlio Astianatte; lo incita a non combattere. Ma Ettore non
può perdere il proprio onore, pur nutrendo pietà per la moglie e il figlio; Ettore è
pathos.
incerto, ma non può sfuggire al destino. L’episodio è patetico, basato sul La
moglie Andromaca piange la morte presentita di Ettore. La scena è inoltre rivolta al
futuro, che riguarda Astianatte.
Glauco e Diomede, sul punto di affrontarsi in duello si interrogano l’un l’altro sulla
propria stirpe. Decidono di non combattersi perché sono legati da un antico vincolo di
ospitalità fra i propri avi. La guerra conosce il rispetto di leggi umane. L’etica persiste
anche difronte alla forza di guerrieri.
Priamo giunge a riscattare il corpo di Ettore. Achille e Priamo consumano assieme un
pasto e trovano ammirazione reciproca della loro bellezza. Il divenire dell’universo è
sospeso.
I troiani guidati da Ettore giungono quasi alle navi achee. Achille, esortato alla guerra,
si rifiuta di combattere per l’offesa recatagli. Arriva la notte e la battaglia si arresta.
Ettore ordina che giungano vettovaglie da Troia e accendono fuochi per cucinare e per
far luce. Omero introduce a questo punto una similitudine tra i fuochi
dell’accampamento e le stelle nel cielo: una quantità immensa di stelle radunate
attorno alla luna. Il pastore sorride alla volta celeste, continua Omero. La figura del
pastore, che gioisce al panorama, introduce una concezione proto-estetica (chiamata
ora sublimità).
Il metapoema
Sul quadro di Achille forgiato da Efesto figurano due città, una in pace e armonia,
l’altra in guerra e sotto assedio. Omero fornisce una chiave di lettura al suo poema,
caratterizza la guerra lasciando spazio a queste “pause” che esprimono l’opposto.
Elena tesse un grande manto sul quale ricama la guerra di Troia.
ODISSEA
Il poema
L’Odissea, datata all’ VIII secolo a.C., è il poema del dopo-guerra, presuppone la
Nostoi,
lettura dell’Iliade. Fa parte dei cicli dei i ritorni; narra il ritorno di Ulisse a casa.
L’Odissea odora di mare e sa di salmastro, ma è anche capace di entrare nei palazzi,
nelle capanne, nelle spelonche, nelle selve e nei giardini incantati.
Capisce l’animo di una moglie ferma e fedele, sola per vent’anni.
Si fa commedia “borghese”, quando Alcinoo vuole maritare Nausica con Ulisse ancora
sconosciuto ai Feaci.
È il poema della senescenza, ma celebra la vita e l’amore duraturo di marito e moglie.
Situa al suo centro l’eroe dell’esperienza umana, dell’intelligenza, della conoscenza e
della sopravvivenza.
Fa poesia della memoria, del racconto poetico e del canto. L’agnizione di Ulisse
scaturita dal pianto messo in moto dal canto di Demodoco.
Discute della giustizia divina: nella scena delle vacche del re Sole è il libero arbitrio dei
compagni di Ulisse se rispettarle o no.
Il poema rimane misteriosamente aperto perché la profezia di Tiresia non si è ancora
avverata al termine del racconto.
È la prima opera letteraria che dà un’importanza così centrale al figura della donna:
Nausicaa, Calipso, Circe, sono le salvatrici di Odisseo.
Nella profezia di Tiresia, egli viaggerà, portando un remo sulla spalla, fino a quando
un altro viandante gli dirà che regge sulla spalla un ventilabro: in altre parole, sino a
che non giungerà presso gente che non conosce la navigazione. Solo allora, dopo aver
piantato in terra il remo e aver sacrificato a Poseidone, Ulisse potrà finalmente
tornare a casa, e restarvi sino a quando "morte dal mare" (“ex halos”) gli verrà, molto
dolce, cogliendolo "vinto da serena vecchiezza" e circondato da "popoli beati".
Struttura
Organizzato come l’Iliade in 24 libri.
La struttura è complessa: Omero non narra cronologicamente il ritorno in patria di
Ulisse, ma adopera anticipazioni e flashback per giungere alla fine del racconto.
Il poema è suddivisibile in tre grandi sezioni. La prima (Libri I-IV), la Telemachia, ovvero
i viaggi di Telemaco in cerca di notizie del padre scomparso, dove Odisseo è
fisicamente assente. La seconda (Libri V-XII) dove Ulisse prende il suo posto di
protagonista, dapprima ospite-prigioniero della Ninfa Calipso sull’isola di Ogigia, poi in
navigazione su una zattera verdo Ischeria, l’isola dei Feaci. Qui è Ulisse stesso che
narra in prima persona le vicende del suo viaggio (Libri VIII-XII); costruisce egli stesso
l’Odissea infondendo concretezza e organicità al racconto. La terza sezione del poema
(Libri XIII-XXIV) è dedicata al ritorno a Itaca e alla riconquista di Ulisse della sua reggia.
La Telemachia è importante perché presenta la situazione a Itaca, dove in assenza del
re, i Proci (o “pretendenti”) che erano principi delle città di isole vicine, aspirano alla
mano di Penelope in presunzione della morte di Odisseo, compiendo tracotanze e
gozzoviglie.
La Telemachia e i viaggi di Ulisse sono due nuclei narrativi paralleli che tendono a un
esito convergente.
È l’ira di Poseidone, per l’accecamento del figlio Polifemo, che determina il lungo
errare per mare di Ulisse (due in mare; uno da Circe; 7 da Calipso).